L’interdizione e l’inabilitazione sono istituti tesi a tutelare quei soggetti incapaci di curare i propri interessi, evitando, in tal modo, che compiano atti economicamente pregiudizievoli. Sono definibili come situazioni giuridiche, di carattere permanente, che incidono sulla capacità giuridica di agire. In particolare le persone che devono essere necessariamente interdette sono:il maggiore di età e il […]
L’interdizione e l’inabilitazione sono istituti tesi a tutelare quei soggetti incapaci di curare i propri interessi, evitando, in tal modo, che compiano atti economicamente pregiudizievoli. Sono definibili come situazioni giuridiche, di carattere permanente, che incidono sulla capacità giuridica di agire. In particolare le persone che devono essere necessariamente interdette sono:il maggiore di età e il minore emancipato, i quali si trovano in condizioni di abituale infermità di mente che li rende incapaci di provvedere ai propri interessi; mentre possono essere inabilitati:il maggiore di età infermo di mente, lo stato del quale non è talmente grave da far luogo all’interdizione; coloro che, per prodigalità o per abuso abituale di bevande alcoliche o di stupefacenti, espongono sé e la loro famiglia a gravi pregiudizi economici; il sordomuto e il cieco dalla nascita o dalla prima infanzia, se non hanno ricevuto un’educazione sufficiente, quando risulta che essi sono del tutto incapaci di provvedere ai propri interessi. Relativamente alla posizione del minore non emancipato, questi può essere interdetto o inabilitato nell’ultimo anno della sua minore età, avendo gli istituti richiamati, effetto dal giorno in cui lo stesso raggiunge l’età maggiore. L’interdizione o l’inabilitazione possono essere promosse dal coniuge, dai parenti entro il quarto grado, dagli affini entro il secondo grado, dal tutore o curatore ovvero dal pubblico ministero. Se l’interdicendo o l’inabilitando si trova sotto la patria potestà o ha per curatore uno dei genitori, l’interdizione o l’inabilitazione non può essere promossa che su istanza del genitore medesimo o del pubblico ministero. Promosso il giudizio d’interdizione, può essere dichiarata anche d’ufficio l’inabilitazione per infermità di mente. Se nel corso del giudizio d’inabilitazione si rivela l’esistenza delle condizioni richieste per l’interdizione, il pubblico ministero fa istanza al tribunale di pronunziare l’interdizione, e il tribunale provvede nello stesso giudizio, premessa l’istruttoria necessaria. A supporto dell’interdetto e dell’inabilitato, si pongono due importantissime figure, il tutore per il primo, il curatore per il secondo. Il tutore, nominato da giudice tutelare, rappresenta l’inabilitato, svolge funzioni di pubblico interesse ed è un ufficio essenzialmente gratuito ed irrinunciabile; è tenuto ad amministrare i beni dell’interdetto, sostituendosi integralmente ad esso, provvedendo, altresì, alla sua cura. L’incarico dura 10 anni, a meno che non sia nominato tutore un congiunto dell’interdetto stesso; nel qual caso non esistono limiti temporali. Può compiere atti sia di ordinaria amministrazione che di straordinaria amministrazione, ma in questo caso è necessario il controllo del giudice tutelare. Al tutore sono espressamente vietati atti di natura strettamente personale. Può essere sospeso o addirittura rimosso dal suo ufficio, nel caso di accertati comportamenti gravosi a carico dell’interdetto. Relativamente alla figura del curatore, essa, entra a supporto dell’inabilitato, seguendo le stesse formalità di nomina esaminate per il tutore, ma a differenza di quest’ultimo va a coadiuvare l’inabilitato nella realizzazione di atti di natura amministrativa e patrimoniale, ma non interferisce nella sua sfera personale.
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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