Le pattuizioni contenute in un contratto che siano dirette ad eludere, in tutto o in parte, la normativa fiscale, non implicano di per sé la nullità del contratto stesso, trovando nel sistema tributario le relative sanzioni (Sez. 2, Sentenza n. 4785 del 28/02/2007 (Rv. 596267; Sez. 3, Sentenza n. 12327 del 05/11/1999 (Rv. 530914).
Solo l’amministrazione finanziaria, quale terzo interessato alla regolare applicazione delle imposte, è legittimata a dedurre (prima in sede di accertamento fiscale e poi in sede contenziosa) la simulazione assoluta o relativa dei contratti stipulati dal contribuente, o la loro nullità per frode alla legge, ivi compresa la legge tributaria (articolo 1344 c.c.) e in tal caso la relativa prova può essere fornita con qualsiasi mezzo, anche attraverso presunzioni (Sez. 5, Sent. n. 20816 del 2005 vedi anche tra le tante Sez. 5, Ord. n. 17743 del 2021 e Sez. 5, Ord. n. 11055 del 2021).
In altri termini la frode fiscale, diretta ad eludere le norme tributarie sui trasferimenti dei beni, trova soltanto nel sistema delle disposizioni fiscali la sua sanzione, la quale non è sanzione di nullità o di annullabilità del negozio.
Il divieto di abuso del diritto in materia tributaria si traduce in un principio generale che opera esclusivamente nei confronti del fisco per individuare la base imponibile di una determinata operazione o il reddito di un determinato soggetto o il disconoscimento della possibilità di ottenere determinate deduzioni ma la sua affermazione non incide sulla validità del contratto nei rapporti tra le parti contraenti.
In proposito deve richiamarsi l’articolo 10 bis dello Statuto del contribuente (l. n. 212 del 2000) recante “Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale” che stabilisce il generale principio secondo cui dall’abuso del diritto per violazione della norma tributaria non consegue alcuna nullità ma solo l’inefficacia relativa del negozio, ovvero la sua inopponibilità all’amministrazione finanziaria che può disconoscerne i vantaggi, determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni.
In altri termini, gli atti negoziali compiuti dal contribuente a fini antielusivi per beneficiare di un trattamento fiscale più vantaggioso non sono nulli (salvo diversa previsione di legge) ma l’amministrazione finanziaria ha il potere di riqualificarli prescindendo dalla volontà concretamente manifestata dalle stesse per assoggettarli ad un trattamento fiscale meno favorevole di quello altrimenti applicabile.
Resta fermo, pertanto, il generale principio della non configurabilità della nullità negoziale per le violazioni della normativa tributaria, principio sancito in via generale dal citato articolo 10 bis dello Statuto del Contribuente oltre che da altre disposizioni quale a titolo esemplificativo del Decreto del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, articolo 37 bis.
Diversamente, nella materia contrattuale, l’abuso del diritto è configurabile allorché il titolare di un diritto soggettivo, pur in assenza di divieti formali, lo eserciti con modalità che contrastino con gli obblighi di correttezza e buona fede, causando uno sproporzionato ed ingiustificato sacrificio della controparte contrattuale, ed al fine di conseguire risultati diversi ed ulteriori rispetto a quelli per i quali quei poteri o facoltà sono attribuiti (Sez. L, Sentenza n. 10568 del 07/05/2013 (Rv. 626199).
In altri termini nella materia contrattuale l’abuso del diritto verte sui rapporti tra le parti e non trova applicazione a tutela di interessi terzi estranei alle parti, venendo in rilievo solo l’uso distorto di un potere connesso alla titolarità di un diritto e non, come nel campo tributario, la tutela di un interesse pubblico proprio dell’amministrazione finanziaria.
Corte di Cassazione, Sezione Seconda, Ordinanza n. 3170 del 2 febbraio 2023
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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