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Accertamento di Società di Fatto e Liquidazione Giudiziale

La sentenza affronta il tema della società di fatto e dell’estensione della liquidazione giudiziale. Il Tribunale, sulla base degli elementi probatori presentati, ha accertato l’esistenza di una società di fatto tra due società, evidenziando la comunione di intenti e la commistione patrimoniale. Di conseguenza, ha disposto l’estensione della liquidazione giudiziale ai soci illimitatamente responsabili di entrambe le società.

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI TORINO

Sezione Sesta civile in persona dei Magistrati:
dott. NOME COGNOME Presidente rel.
est. dott.sa NOME COGNOME dott. NOME COGNOME ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._357_2024_- N._R.G._1_2024 DEL_03_08_2024 PUBBLICATA_IL_09_08_2024

nel procedimento unitario n. 343 /2024 R.G. – su istanza presentata dal Curatore della Liquidazione giudiziale (n. 48/2024), dott. elettivamente domiciliata in Torino, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende per procura speciale unita al ricorso – ricorrente – nei confronti di RAGIONE_SOCIALE , con sede in Torino, INDIRIZZO, e dei soci illimitatamente responsabili (codice fiscale ), residente in Moncalieri (TO), INDIRIZZO e (codice fiscale ), residente in Moncalieri (TO), INDIRIZZO e (codice fiscale ), residente in Moncalieri (TO), INDIRIZZO (codice fiscale ), residente in Torino, INDIRIZZO tutti rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME per procura speciale unita alla memoria – resistente società costituita il 9.3.2015 e sottoposta a liquidazione giudiziale con sentenza di questo Tribunale dep. 12.2.2024 (n. 48/2024), ha esercitato l’attività di commercio di prodotti alimentari nell’area mercatale INDIRIZZO, sita in Torino, INDIRIZZO in forza di due contratti d’affitto di ramo di azienda stipulati in data 29.4.2015 con (doc. 2-3 ric. ), per un corrispettivo di 1.500 euro/mese ciascuno, aventi a oggetto due licenze per l’esercizio del commercio ambulante su aree pubbliche, rispettivamente per l’attività di Macelleria e di Gastronomia, due banconi negozio motorizzati e attrezzature varie.

Altre attrezzature sono state vendute da secondo le risultanze degli estratti conto prodotti (doc. 5 Dei due banconi negozio, uno risulta essere stato rubato nel mese di marzo 2020, come da denuncia di furto 28.3.2020 (doc. 6 ).

Malgrado il furto, ha continuato a RAGIONE_SOCIALE bancone che “doveva esserci consegnato entro pochi mesi” (ma ciò non è accaduto) e, pur senza esercitare il commercio nell’area mercatale, “la poteva teoricamente fare gastronomia e vendere ai ristoranti”.

La licenza per Gastronomia, rimasta priva di bancone e attrezzature, è stata venduta da a terzi con atto in data 21.5.2024 (doc. 7 ), successivo all’apertura della liquidazione giudiziale di mentre a seguito della risoluzione per inadempimento dell’affitto, intimata il 9.1.2024 (doc. 6 ric. ) , pochi giorni prima della sentenza di apertura della liquidazione giudiziale, la RAGIONE_SOCIALE ha ripreso a esercitare il ramo d’azienda RAGIONE_SOCIALE.

Il curatore di chiede accertarsi l’esistenza di una società di fatto tra a motivo della perfetta identità dei soci e della sede sociale (in Torino INDIRIZZO) e dell’apporto da parte di entrambe le società di beni strumentali all’esercizio dell’impresa (ricorso pag. 3).

In via consequenziale, il curatore ha chiesto accertarsi l’insolvenza della società di fatto tra , con conseguente apertura della liquidazione giudiziale per la società di fatto, per e per i soci illimitatamente responsabili di quest’ultima.
e i soci illimitatamente responsabili contestano l’esistenza di una società di fatto, visto che i rapporti tra le due società sono sempre stati di scambio (affitto, vendita di attrezzature), che per i due banconi negozio ha versato una cauzione di 100.000 euro per ciascuno e che, infine, la è stata costituita per proseguire l’attività con nuovi investimenti, visto che la RAGIONE_SOCIALE
non era finanziabile.

La domanda è fondata come segue.

1. Primario indice di esistenza della società di fatto, oltre alla sostanziale identità delle due compagini sociali e all’identità della sede legale risultante da Registro delle imprese (come da visure in atti), è la comune destinazione dei patrimoni di all’esercizio di un’unica impresa, senza che tale comune destinazione trovi causa– come è tesi dei convenuti – in un contratto di scambio, quale l’affitto di ramo di azienda.
ha messo a disposizione della il laboratorio-magazzino di INDIRIZZO come ha riferito il legale rappresentante:
RAGIONE_SOCIALE
ha in locazione il laboratorio – magazzino che si trova INDIRIZZO dove si trova la sede legale.
È stato volturato alla RAGIONE_SOCIALE
ma non so dire quando.

Nel contratto di affitto non c’era una specifica previsione sul subentro della locazione e il contratto di locazione è rimasto intestato alla s.n.c. , durante l’affitto di azienda, nel laboratorio lavorava esclusivamente la Come ha riferito il legale rappresentante, in nessuno dei contratti d’affitto è stata prevista la cessione del contratto o la sublocazione dell’immobile a né in ogni caso l’inclusione la concessione del godimento a Part Inoltre, risulta dai bilanci dal 2021 al 2023 (doc. 14 ) che ha continuato a corrispondere alla proprietà il canone di locazione (voce “Fitti passivi beni immobili”) di circa 17 mila euro annui, senza esercitare alcuna rivalsa nei confronti di , pertanto ha contribuito a sostenere l’impresa della e/o finanziariamente. Considerazioni analoghe, sintomatiche della confusione tra soggetti e patrimoni, valgono per il marchio con cui ha distinto la propria attività, come da estrazioni dal sito web (doc. 10 att.) e fotografie del bancone negozio in funzione (doc. 11 att.).

A verbale di udienza la società resistente s’è difesa con riguardo al sito web, deducendo che “si voleva semplicemente rappresentare la conservazione della qualità della , ma il punto che qui interessa sottolineare è che i contratti di affitto, pur indicando analiticamente i beni compresi nel ramo d’azienda affittato, tralasciano di considerare il marchio, che pertanto ha bensì messo volontariamente a disposizione – com’è ovvio, stante l’identità dei soci – ma, anche in tal caso, informalmente, per un titolo diverso dall’affitto di azienda, e perciò fuori da un puro e semplice scambio negoziale. Oltre agli apporti di beni strumentali fatti da per il funzionamento dell’impresa gestita da deve considerarsi l’evidente sostegno economico che ha dato a continuando a versare il canone di affitto del ramo pari a 18 mila euro annui, nonostante (1) il furto del bancone negozio con tutte le attrezzature, (2) la cessazione dell’attività di nel mercato di INDIRIZZO.za Bengasi, (3) la mancanza di concrete prospettive di utilizzo diverse, visto che appare rimasta pura teoria – secondo lo stesso legale rappresentante delle due società – l’uso della licenza per “fare gastronomia e vendere ai ristoranti”. Il legale rappresentante ha spiegato di aver continuato a pagare l’affitto a “perché il nuovo bancone doveva esserci consegnato entro pochi mesi”, ma la difesa è scopertamente debole.

Primo, la e non la ha ordinato il nuovo bancone negozio e pagato i relativi acconti (doc. 11 ) ed è dunque evidente che il ramo d’azienda veniva a consistere nella sola licenza di commercio ambulante su area pubblica, cosa che avrebbe comportato in una negoziazione tra estranei una apprezzabile riduzione del canone.

Secondo, in disparte possibili rimedi civilistici radicali, quali la risoluzione per impossibilità sopravvenuta o la disdetta dell’affitto, concluso per la durata di un anno e tacitamente rinnovato di anno in anno in assenza di disdetta (doc. cit.), sarebbe stato ragionevole dal punto di vista dell’affittuaria negoziare la sospensione e/o riduzione del canone fino a ripresa dell’attività.

Dall’ampia documentazione prodotta dai resistenti, la scelta di di continuare a pagare stazione non goduta, senza attivare strumenti negoziali di autotutela, Part negli anni dal 2021 al 2023 e verosimilmente anche negli anni anteriori. dichiara debiti nei confronti di fornitori “per € 19.752 di cui € 4.596 nei confronti di RAGIONE_SOCIALE generato da fatture risalenti agli anni 2014 e 2015 rispetto al quale si allega l’elenco delle fatture sub doc. 23 ed € 15.156 verso RAGIONE_SOCIALE che ha svolto negli anni attività di consulenza contabile” (memoria pag. 10). Visto che la tenuta della contabilità ha un’incidenza annua di circa 2.500 euro (doc. 14 HICA), ciò vuol dire che la società di servizi non viene pagata regolarmente da almeno sei anni.

L’esposizione nei confronti di Agenzia delle Entrate Riscossioni è altrettanto risalente, ma di gran lunga più grave.

Dalla lettura del doc. 22 risultano cartelle di pagamento notificate e non integralmente pagate a partire dal 2015, prima facie riferibili dunque a debiti anteriori all’affitto dei rami d’azienda.

Nelle ultime righe del documento si legge il dato dell’esposizione iniziale (153 mila euro) e il residuo attuale, comunque importante (85 mila euro).

L’unica fonte di ricavi di da cui trarre i flussi di cassa per ridurre l’esposizione debitoria, è evidentemente L’unico altro attivo patrimoniale, che consente alla s.n.c. di uscire con un patrimonio netto contabile almeno sulla carta positivo, è un importante credito verso soci.

È tuttavia difficile presentare il credito come una posta facilmente liquidabile e utilizzabile per ridurre i debiti nei confronti di terzi e dell’Erario in particolare, visto che nel 2021 era di circa 260 mila euro e in due anni s’è ridotto di soli 30 mila euro.
Evidente dunque la scelta, quasi obbligata, di di continuare a versare a canone di affitto integrale, malgrado la perdita di un ramo d’azienda, per consentirle da un lato di adempiere certe passività correnti – in primis la locazione del laboratorio-magazzino – dall’altro di ridurre sia pure con grande lentezza il debito pregresso.

Ciò è tuttavia un ulteriore, decisivo segnale della confusione tra il patrimonio della e quello della e dei suoi soci.

In definitiva:
(a) la RAGIONE_SOCIALE
ha volontariamente messo a disposizione della cioè conferito in godimento, beni strumentali indispensabili all’esercizio dell’impresa al di fuori dei contratti di scambio stipulati tra le parti (affitto di ramo d’azienda, vendite);
(b) la ha volontariamente erogato alla s.n.c.
per un periodo non trascurabile (dalla primavera 2020 fino all’insolvenza della un’apprezzabile liquidità (18 mila euro annui) riveniente dall’impresa sociale comune, ingiustificata secondo il contratto di scambio esistente tra le parti;
(c) pertanto, sia pure in via indiziaria, la società di fatto tra deve ritenersi provata.

2.
In punto insolvenza, deve considerarsi specificamente l’insolvenza riferibile alla società di fatto, quale soggetto imprenditore a titolo principale e non quella del socio, che è sottoposto a fallimento (art. 147 l.f.) e oggi a liquidazione giudiziale (art. 256 CCII), in dipendenza ed nella quale uno o più soci illimitatamente responsabili siano costituiti da società di capitali, il fallimento di quest’ultime costituisce una conseguenza ex lege prevista dall’art. 147, comma 1, l. fall.
senza che sia necessario l’accertamento della loro specifica insolvenza”.

Ancora, secondo Cass. 27.12.2023 n. 35942, “il fallimento della supersocietà costituisce presupposto logico e giuridico della dichiarazione di fallimento, per ripercussione, dei soci, per cui l’indagine del giudice dev’essere indirizzata all’accertamento sia dell’esistenza di una società occulta (o di fatto) cui sia riferibile l’attività dell’imprenditore già dichiarato fallito, sia della sua insolvenza, posto che all’insolvenza del socio già dichiarato fallito potrebbe non corrispondere l’insolvenza della supersocietà di fatto”.

Peraltro, la condivisa giur. di legittimità (Cass. 29.12.2023 n. 36378), mentre nega rilevanza all’insolvenza del socio in quanto tale, riconosce che “qualora, dopo la dichiarazione di fallimento di un imprenditore individuale o societario, risulti che la relativa impresa è, in realtà, riferibile ad una società di fatto tra il soggetto già fallito e uno o più soci occulti, che possono essere a loro volta altre società o persone fisiche (id est una cd. supersocietà di fatto), i debiti assunti da tale soggetto in relazione all’impresa che si palesa sostanzialmente sociale sono giuridicamente imputabili alla società occulta”.

In specie, visto che nei rapporti coi terzi ha operato, almeno dal 2015 fino all’apertura della liquidazione giudiziale, la sola quale esercente i rami d’azienda e fatta esclusivamente carico del debito verso il locatore – debito adempiuto – senza peraltro contribuire al ripianamento delle passività di nei confronti dei terzi – è accaduto anzi esattamente il contrario, come spiegato sub § 1 – il quadro probatorio è il medesimo già scrutinato in occasione dell’apertura della liquidazione giudiziale di (doc. 1 att.). In particolare, a pag. 4, si leggono come indici di insolvenza, a parte il “totale disinteresse nei confronti della presente procedura”, il debito nei confronti dell’Erario, accertato in oltre 43 mila euro, i tentativi di esecuzione infruttuosamente promossi dall’allora ricorrente e il mancato deposito di bilanci a partire dall’anno 2021 (cfr. visura , doc. 5).

L’incapacità di adempiere della società di fatto è ancor più evidente adesso, considerando che è documentato che Banca CRS ha risolto il contratto di finanziamento per morosità iscrivendo in sofferenza (doc. 8 ric. ) e che in termini più estesi, l’indebitamento risultante dallo stato passivo delle domande tempestive (doc. 14 ric. ) ammonta a 197 mila euro in privilegio e 311 mila al chirografo a fronte di un attivo quasi inesistente, visto che il superstite ramo d’azienda è stato messo in vendita da per soli 48 mila euro (doc. 11 ric.
).

3. Per quanto concerne i limiti dimensionali, i resistenti deducono (memoria pag. 8 ss.) che Part Part superiori a € 500.000,00.

La deduzione è irrilevante, poiché, come l’insolvenza, anche i limiti dimensionali devono essere verificati con riguardo al soggetto imprenditore a cui è riferita la procedura liquidatoria principale (la società di fatto) e non al socio illimitatamente responsabile, che è sottoposto a procedura liquidatoria in via di estensione.

Degno di nota è che, nel passaggio dalla legge fallimentare al codice della crisi, anche la liquidazione controllata della “RAGIONE_SOCIALE minore” conosce oggi (art. 270 comma 1 CCII) per rinvio all’art. 256 CCII una disciplina identica dell’estensione della liquidazione dalla società al socio illimitatamente responsabile.

La procedura aperta in estensione è nondimeno omogenea a quella principale, come risulta dai ripetuti riferimenti nell’art. 256 alla liquidazione giudiziale del socio (commi 1 e 4 in particolare).

Ciò vale a ribadire il principio, non controverso con riguardo all’art. 147 l.f. , che i limiti dimensionali dovessero verificarsi con riguardo al solo imprenditore fallibile in INDIRIZZO principale.

Nella specie, è sufficiente osservare che i tre esercizi rilevanti perché chiusi anteriormente all’anno della domanda sono quelli dal 2021 al 2023 e che nell’anno 2021 l’impresa di aveva ricavi per l’attività d’impresa, giuridicamente imputabile alla società occulta, superiori a 900 mila euro.

4. In conclusione, la società di fatto è regolata dalle disposizioni sulla società in nome collettivo, perciò la liquidazione giudiziale si estende ai due soci di fatto e, per lo stesso titolo, ai quattro soci illimitatamente responsabili di Per la procedura principale e per quelle dipendenti deve nominarsi un unico giudice delegato e un unico curatore (art. 257 comma 1 CCII), ferma la distinzione tra le masse attive e passive.

dichiara

1) l’apertura della liquidazione giudiziale della Società di fatto corrente tra con sede in Torino INDIRIZZO (C.F. ), già sottoposta a liquidazione giudiziale (n. 48/2024), e C.F. ), con sede in Torino, INDIRIZZO avente a oggetto il commercio ambulante su area pubblica di generi alimentari;

2) visto l’art. 256 CCII, la liquidazione giudiziale in estensione – della (C.F. ) e dei soci illimitatamente responsabili di quest’ultima (C.F. (C.F. (C.F. ) e (C.F. nomina il dott. NOME COGNOME Giudice Delegato per la procedura;
C.F. C.F. C.F. C.F. di rispettare i termini di cui all’art. 213 CCI, con invito ad accettare l’incarico entro due giorni dalla comunicazione della nomina;
autorizza il Curatore, con le modalità di cui agli artt. 155 quater, 155 quinquies e 155 sexies disp. att. c.p.c.:
1) ad accedere alle banche dati dell’anagrafe tributaria e dell’archivio dei rapporti finanziari;
2) ad accedere alla banca dati degli atti assoggettati a imposta di registro e ad estrarre copia degli stessi;
3) ad acquisire l’elenco dei clienti e l’elenco dei fornitori di cui all’art. 21 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito dalla L.30 luglio 2010, n. 122 e successive modificazioni;
4) ad acquisire la documentazione contabile in possesso delle banche e degli altri intermediari finanziari relativa ai rapporti con l’impresa debitrice, anche se estinti;
5) ad acquisire le schede contabili dei fornitori e dei clienti relative ai rapporti con l’impresa debitrice;
ordina al legale rappresentante della società sottoposta a liquidazione giudiziale di depositare entro tre giorni i bilanci, le scritture contabili e fiscali obbligatorie – in formato digitale nei casi in cui la documentazione è tenuta a norma dell’art. 2215 bis c.c. – i libri sociali, le dichiarazioni dei redditi, IRAP e IVA dei tre esercizi precedenti, nonché l’elenco dei creditori corredato dall’indicazione del loro domicilio digitale, se già non eseguito a norma dell’art. 39 CCI;
stabilisce il giorno 17.12.2024 alle ore 15,00 nell’aula INDIRIZZO del Tribunale (ingresso INDIRIZZO), per procedere all’esame dello stato passivo, davanti al Giudice Delegato;
assegna il termine perentorio di trenta giorni prima dell’adunanza per l’esame dello stato passivo, ai creditori ed a tutti i terzi che vantano diritti reali o personali su cose in possesso della società sottoposta a liquidazione giudiziale, perché presentino le relative domande di insinuazione e la documentazione allegata con le modalità di cui all’art. 201 CCI mediante trasmissione delle stesse all’indirizzo di posta elettronica certificata del curatore e con spedizione da un indirizzo di posta elettronica certificata; avvisa i creditori e i terzi che tali modalità di presentazione non ammettono equipollenti, con la conseguenza che eventuali domande trasmesse mediante deposito o invio per posta presso la cancelleria e/o presso lo studio del Curatore, o mediante invio telematico presso la cancelleria, ricevere le comunicazioni dal Curatore, con la conseguenza che, in mancanza di tale indicazione, le comunicazioni successive verranno effettuate esclusivamente mediante deposito in cancelleria ai sensi dell’art. art.10, co. 3, CCI;
segnala al Curatore che deve tempestivamente comunicare al Registro delle Imprese l’indirizzo di posta elettronica certificata relativo alla procedura al quale dovranno essere trasmesse le domande da parte dei creditori e dei terzi che vantano diritti reali o personali su beni in possesso del debitore;
autorizza la prenotazione a debito ai sensi dell’art. 146, d.p.r. 30.5.2002 n.115, ponendo sin da ora a carico del curatore l’onere di segnalare il sopraggiungere di ‘disponibilità liquide’ per consentire il recupero delle somme prenotate a debito;
dispone che la presente sentenza venga comunicata al debitore soggetto a liquidazione giudiziale, al pubblico ministero, al Curatore ed al ricorrente ed iscritta presso l’Ufficio del Registro delle imprese, ai sensi degli artt. 45 e 49, co.4, CCI.

Così deciso in Torino nella camera di consiglio del 25.7.2024 Il Presidente estensore (dott. NOME COGNOME

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