REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE CIVILE DI LATINA I SEZ CIVILE
in composizione monocratica, in persona della dott.ssa, ha emesso la seguente
SENTENZA n. 3001/2018 pubblicata il 12/12/2018
nella causa civile iscritta al numero del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2017, trattenuta in decisione all’udienza del 9.10.2018 e vertente
TRA
XXX (C.F.), rappresentata e difesa dall’avvocato
, giusto mandato in calce dell’atto di citazione ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in
ATTRICE E
YYY
CONVENUTO CONTUMACE
SUCCINTE RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE
Con atto di citazione ritualmente notificato la Sig.ra XXX agiva in giudizio nei confronti del Sig. YYY chiedendo di accertare l’appartenenza alla comunione legale tra i coniugi di un appartamento e di un garage in Latina, entrambi oggetto dell’atto pubblico di compravendita del (Rep. Racc. n.), nel quale la stessa era intervenuta per rifiutare l’acquisto, rendendo dichiarazione ex art. 179 I lettera F cc, sul presupposto che i predetti beni sarebbero stati acquistati con il prezzo del trasferimento dei beni personali del coniuge.
A tale fine, l’attrice ha sostenuto che il coniuge acquirente non disponeva in precedenza di altri beni dalla cui dismissione abbia potuto ricavare le risorse necessarie all’acquisto dell’immobile per cui si procede, – che il prezzo di acquisto dell’immobile veniva quasi interamente finanziato mediante mutuo, che parte del prezzo di acquisto dell’immobile era stato pagato anche grazie a risorse dell’attrice, provenienti dalla dismissione di un bene immobile alla stessa appartenente prima del matrimonio.
Il convenuto, pur regolarmente evocato in giudizio, non si costituiva, per cui ne veniva dichiarata la contumacia.
Instaurato il giudizio, il Giudice, ritenuta la causa di natura documentale, all’udienza del 9.10.2018 tratteneva la causa in decisione con termine per il deposito di comparse conclusionali.
Ciò premesso, va richiamata la pronuncia della Corte di cassazione se Sezioni Unite n. 22755 del 2209, che ha ammesso la proponibilità dell’azione di accertamento negativo in ordine all’acquisto di bene in via esclusiva da parte di uno solo dei coniugi, pur se nella vigenza del regime di comunione legale, quando effettuato con beni personali del primo, ma ha stabilito, in tema di prova, che la asserita falsa dichiarazione ex art. 179, lett. f, c.c., avente valore confessorio, è revocabile solo nei limiti in cui è ammessa ai sensi dell’art. 2732 c.c., ovvero errore di fatto o violenza, fattispecie non evocate dall’attrice che non adduca alcuna motivazione in ordina alla asserita falsa dichiarazione rilasciata.
La Corte, in tale pronuncia, precisa quanto segue: “Tuttavia, se l’intervento adesivo ex art. 179 c.c., comma 2 assunse il significato di riconoscimento dei già esistenti presupposti di fatto dell’esclusione del bene dalla comunione, l’azione di accertamento presupporrà la revoca di quella confessione stragiudiziale, nei limiti in cui è ammessa dall’art. 2732 c.c. Se invece, come nel caso in esame, l’intervento adesivo ex art. 179 c.c., comma 2 assunse il significato di mera manifestazione dei comuni intenti dei coniugi circa la destinazione del bene, occorrerà accertare quale destinazione il bene ebbe effettivamente, indipendentemente da ogni indagine sulla sincerità degli intenti così manifestati”.
Ha, poi, precisato la Corte che la dichiarazione resa nell’atto dall’altro coniuge non acquirente, ai sensi dell’art. 179, secondo comma, cod. civ., in ordine alla natura personale del bene, si atteggia diversamente a seconda che tale natura dipenda dall’acquisto dello stesso con il prezzo del trasferimento di beni personali del coniuge acquirente o dalla destinazione del bene all’uso personale o all’esercizio della professione di quest’ultimo, assumendo nel primo caso natura ricognitiva e portata confessoria di presupposti di fatto già esistenti, ed esprimendo nel secondo la mera condivisione dell’intento del coniuge acquirente. Ne consegue che l’azione di accertamento negativo della natura personale del bene acquistato postula nel primo caso la revoca della confessione stragiudiziale, nei limiti in cui la stessa è ammessa dall’art. 2732 cod. civ., e nel secondo la verifica dell’effettiva destinazione del bene, indipendentemente da ogni indagine sulla sincerità dell’intento manifestato (cfr. anche Cass. civ. sez. II, 2 febbraio 2009, n. 2569).
Sennonché può la dichiarazione prevista dall’art. 179 comma 2 c.c. ha natura ricognitiva e portata confessoria quando risulti descrittiva di una situazione di fatto e non quando sia solo espressiva di una manifestazione di intenti.
Esemplificando, può avere, dunque, natura ricognitiva la dichiarazione con la quale uno dei coniugi riconosca appunto che il corrispettivo dell’acquisto compiuto dall’altro coniuge viene pagato con il prezzo del trasferimento di altri beni già personali (art. 179, comma 1, lettera f), mentre non può attribuirsi natura ricognitiva alla dichiarazione con la quale uno dei coniugi esprima condivisione dell’intento dell’altro coniuge di destinare alla propria attività personale il bene che viene acquistato.
Nel caso di specie ricorre la prima delle ipotesi, per cui la dichiarazione ha natura confessoria (su tale natura cfr. Cass., 19.2.2000, n. 1917, Cass., 27.2.2003, Cass., 24.9.2004, n. 19250).
Ne deriva che essa è superabile mediante la prova che la dichiarazione sia derivata da errore di fatto o da dolo e violenza nei limiti consentiti dalla legge.
Né può pervenirsi ad un esito processuale diverso, facendo leva sul carattere generico della dichiarazione ex art. 179, lett. f., c.c., ossia il non aver indicato quali fossero stati i beni personali dalla vendita dei quali si ricavava il prezzo utilizzato per l’acquisto esclusivo.
Quando ricorre, infatti, l’ipotesi di cui all’art. 179 lett. f) rileva la dichiarazione espressa che il bene risulta acquistato con denaro personale, per cui è evidente il suo carattere confessorio, posto che avendo partecipato anche l’altro coniuge all’atto, la stessa dichiarazione è a quest’ultimo riconducibile.
Ebbene, nel caso di specie, il coniuge, intervenuto all’atto, ribadiva l’esclusione confermando la veridicità di quanto dichiarato dal coniuge in ordine all’uso di denaro personale per l’acquisto. Da qui il contenuto confessorio della dichiarazione e, quindi, l’applicabilità dell’art. 2732 c.c., acconsentendo il coniuge non acquirente a che nell’atto pubblico sia riportata una siffatta dichiarazione e consapevole già dell’effetto pregiudizievole per lui, effetto tipico dell’istituto della confessione, nel caso di specie stragiudiziale ex art. 2730 c.c.
A tutto voler concedere, in ogni caso, l’assenza, in capo al coniuge di altri beni da cui poter aver ricavato il denaro per l’acquisto dell’immobile non rileva, visto che nell’atto si parla semplicemente di denaro personale, per cui ben potrebbe essere stato utilizzato denaro derivante dall’esercizio della professione o di cui il coniuge era proprietario prima del matrimonio.
Inoltre, non vi è prova alcuna né del contributo dell’attrice al pagamento del prezzo di vendita per effetto dell’alienazione, avvenuta ben sette anni prima, dell’immobile di proprietà personale né della partecipazione della stessa al pagamento delle rate di mutuo.
Non è neppure documentato che la stessa svolgesse alcuna attività lavorativa.
La domanda va quindi rigettata.
Nulla sulle spese, stante la contumacia del convenuto.
P.Q.M.
Il Tribunale di Latina, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando in persona della dott.ssa, così provvede:
– rigetta la domanda proposta da XXX,
– nulla sulle spese
Latina, 12.12.2018
Il Giudice
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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