REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI BARI SEZIONE III CIVILE
In funzione di giudice di appello Il Tribunale, in composizione monocratica, ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente
SENTENZA N._4031_2024_- N._R.G._00009876_2017 DEL_02_10_2024 PUBBLICATA_IL_02_10_2024
nella causa civile di II grado iscritta al n. 9876/2017 R.G., avente ad oggetto “mandato”, promossa da:
in persona del legale rappresentante pro tempore, con il patrocinio dell’Avv. NOME COGNOME Appellante contro , con il patrocinio dell’Avv. NOME COGNOME Appellato
Conclusioni:
come da note depositate per l’udienza del 2.10.2024 – sostituita dal deposito di note di trattazione scritta ex art. 127 ter c.p.c. – quivi da intendersi integralmente trascritte.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Si procede alla redazione della presente sentenza senza la parte sullo svolgimento del processo ai sensi dell’art. 45 c. 17 L. n. 69/2009.
Nei limiti di quanto rileva ai fini della decisione (cfr. il combinato disposto degli artt. 132 co. 2 n. 4 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c), le posizioni delle parti possono riepilogarsi come segue.
Con atto di citazione notificato il 31.5.2017 il Condominio di INDIRIZZO in Bari ha interposto appello avverso la sentenza n. 2721/2016 resa dal Giudice di Pace di in seno al procedimento di I grado n. 267/2015 R.G. e depositata il 5.12.2016 (non notificata), con cui è stata rigettata l’opposizione proposta dal avverso il decreto ingiuntivo n. 4340/2014 del Giudice di Pace di emesso il 27.10.2014, con il quale veniva ingiunto il pagamento in favore di della somma di euro 1.736,33 oltre interessi e spese della procedura monitoria, a titolo di spese anticipate per conto dell’amministrazione condominiale durante l’attività di amministratore. In particolare, l’appellante ha censurato la sentenza di I grado sulla scorta dei seguenti motivi:
– errata valutazione del giudice sull’eccepita inefficacia del decreto ingiuntivo per omessa notifica nei termini di cui all’art. 644 c.p.c.:
il primo giudice avrebbe errato nel ritenere valida la notifica del decreto ingiuntivo opposto, essendo stata effettuata ad un soggetto diverso dal destinatario dell’atto, ovvero a in luogo di quale effettivo amministratore del de quo, in virtù del certificato di attribuzione del codice fiscale del di cui il giudice di prime cure non ha tenuto conto;
– errata ricostruzione dei fatti di causa, erronea e carente motivazione della sentenza in ordine alla valutazione ed alla sussistenza dei presupposti delle ragioni giuridiche applicabili al caso di specie, nonché dell’art. 116 c.p.c.:
il primo giudice avrebbe errato nel ritenere che il abbia dimostrato le ragioni del proprio credito, in quanto il consuntivo non è idoneo a fondare la pretesa di rimborso delle somme anticipate, non essendo stato approvato dall’assemblea condominiale né ratificato, sicché di conseguenza il credito non doveva considerarsi né liquido né esigibile;
– errata convinzione della ritenuta assorbenza di ogni altra questione dedotta in giudizio:
il primo giudice non avrebbe esaminato le ulteriori questioni finalizzate ad escludere che il abbia derogato alle norme che prevedono l’obbligo per l’amministratore di presentare un rendiconto annuale e la sua approvazione da parte dell’assemblea, né alcun valore poteva attribuirsi al verbale di consegna come erroneamente fatto dal primo giudice, giacché la dichiarazione non proviene dal debitore ma da un terzo, peraltro con riserva di verifica;
– carenza del presupposto per chiedere il compenso per la redazione del modello 770/2014:
il primo giudice avrebbe errato nel ritenere provata la pretesa di euro 160,32, difettando di un conferimento di incarico ad opera del Pertanto, l’appellante ha concluso chiedendo:
in via pregiudiziale, di sospendere la provvisoria esecutività della sentenza impugnata;
in via preliminare, di dichiarare l’inefficacia del decreto ingiuntivo n. 4340/2014 ex art. 644 c.p.c. per omessa notifica nei termini;
nel merito, di revocare il decreto ingiuntivo n. 4340/2014, con condanna alle spese del doppio grado di giudizio.
si è costituito il 26.9.2017 contestando le avverse difese e pretese ed instando per il rigetto dell’appello.
Con ordinanza del 17.11.2017 è stata rigettata l’istanza di sospensione dell’efficacia della sentenza di primo grado.
All’esito, la causa è stata rinviata per la decisione.
A partire dall’udienza del 17.12.2019 l’appellante ha dato atto di aver corrisposto le somme di cui all’impugnata sentenza, chiedendone la restituzione in caso di accoglimento dell’appello.
Con decreto depositato l’11.9.2024 l’udienza del 2.10.2024 è stata sostituita dal deposito di note di trattazione ex art. 127 ter c.p.c. In via preliminare, va osservato che la causa è matura per la decisione.
Con il primo motivo di appello il ha dedotto che il Giudice di prime cure abbia errato nel ritenere valida la notificazione del decreto ingiuntivo opposto, in quanto eseguita nei confronti di un soggetto diverso dall’amministratore in carica, per di più estraneo al , né abilitato al ritiro, per cui il decreto ingiuntivo doveva essere dichiarato inefficace.
Alla luce di quanto prodotto dalle parti e dalle difese svolte, contrariamente a quanto affermato dal Giudice di prime cure, non poteva considerarsi il nuovo amministratore per il sol fatto di aver sottoscritto il passaggio di consegne con l’amministratore uscente, pur qualificandosi all’atto della sottoscrizione “amministratore subentrante” (cfr. all. 1 fasc. primo grado del , in quanto, come correttamente evidenziato dall’appellante, dal certificato di attribuzione del codice fiscale del datato 24.6.2014 si evince ex actis che era l’effettivo amministratore del Condominio de quo all’atto della notifica. In ogni caso, non può trascurarsi che l’appellante non ha mai contestato né disconosciuto il passaggio di consegne tra (cfr. pag. 4 appello);
né dal verbale di nomina del nuovo amministratore del 30.4.2014 (cfr. all. 1 fasc. primo grado del è dato evincere chi fosse l’amministratore in carica, se avendo l’assemblea deliberato testualmente “viene nominato il sig. ingenerando non poche perplessità riguardo alla effettiva nomina.
Ad ogni buon conto, ogni formalità non rispettata nella notificazione del decreto ingiuntivo n. 4340/2014 è da intendersi superata in virtù del principio di raggiungimento dello scopo ex art. 156 c. 3 c.p.c.:
nel caso di specie, indipendentemente dalla sussistenza della irregolarità lamentata, l’eventuale nullità della notificazione è da ritenersi sanata, avendo il in persona dell’amministratore in carica proposto l’opposizione di cui si discute, svolgendo tutte le difese che ha ritenuto di dover esporre, senza incorrere in preclusioni o decadenze e, quindi, senza limitazioni dell’attività defensionale nel merito, per cui l’atto notificato ha raggiunto lo scopo cui era destinato.
I restanti motivi di censura possono trattarsi congiuntamente, essendo strettamente connessi.
esclude che l’appellato fosse creditore delle somme richieste con la procedura monitoria, sostenendo che i documenti prodotti dal a corredo della sua pretesa creditoria non fossero idonei a provare la sussistenza del credito ingiunto, in quanto le spese che assume essere state anticipate durante l’attività di amministratore condominiale non sarebbero mai state oggetto di preventiva delibera assembleare, né tanto meno di successiva ratifica.
Preliminarmente, giova evidenziare come il credito dell’ex amministratore, avente per oggetto il rimborso delle somme anticipate nell’interesse del condominio, deve essere ricondotto, per costante giurisprudenza di legittimità, alla previsione dell’art. 1720 c.c. secondo cui il mandante è tenuto a rimborsare al mandatario le anticipazioni effettuate per suo conto ed a pagargli il compenso pattuito.
Tale rapporto di mandato, poi, tenuto conto delle peculiarità proprie del , si dovrà svolgere nei limiti delle attribuzioni indicate dall’art. 1130 c.c., limiti che possono essere superati solo se il regolamento di condominio o l’assemblea riconoscano maggiori poteri all’amministratore.
Questi, infatti, non ha – salvo quanto previsto dagli artt. 1130 e dall’art. 1135 c.c. in tema di lavori urgenti – un generale potere di spesa, in quanto spetta all’assemblea condominiale il compito generale non solo di approvare il conto consuntivo, ma anche di valutare l’opportunità delle spese sostenute dall’amministratore (cfr. Cass. n. 14197/2011; n. 18084/2014; n. 454/2017).
L’amministratore, dunque, ha anche l’onere di precisare quali pagamenti abbia effettuato nell’interesse del , nei limiti dei suoi poteri o su autorizzazione dell’assemblea (eventualmente, mediante approvazione del conto preventivo in cui la relativa spesa figuri), ovvero di iniziativa, ma ottenendo la ratifica dell’assemblea (eventualmente contenuta nel conto consuntivo approvato).
In caso contrario, non può sorgere diritto al rimborso, non potendosi verificare se gli importi anticipati afferiscano effettivamente ad una legittima azione gestoria.
Ciò posto, nella specie l’opposto ha dedotto di aver anticipato le spese nell’interesse del durante l’attività di amministratore, attesa l’incapienza del fondo costituito ed al fine di garantire continuità alle forniture primarie.
Inoltre, ha specificato che tutte le somme richieste erano state analiticamente indicate nel bilancio consuntivo, precisando che nel condominio de quo era stato autorizzato un sistema a consuntivo bimestrale con previsione di approvazione automatica e costituzione di fondo riservato, come da proposta approvata in data 7.3.2008 dall’assemblea di condominio (cfr. all. 3 fascicolo primo grado Invero, diversamente da quanto affermato dall’appellato, dall’esame della deliberazione del 7.3.2008 (allegata alle note autorizzate del depositate il 7.5.2015 in I grado) si evince che ivi il approvava un “sistema di incasso quote” condominiali per garantire l’anticipazione dei pagamenti delle spese correnti, prevedendo inoltre “di cui si darà puntuale e ampia rendicontazione al termine di ciascun bimestre”, sì escludere l’approvazione automatica eventuali deroghe agli obblighi dell’amministratore di presentare il rendiconto annuale e la sua approvazione da parte dell’assemblea;
di tale circostanza il Giudice di prime cure non ha tenuto conto.
Inoltre, va rilevato che i dati contabili predisposti unilateralmente dall’amministratore uscente e allegati alla pretesa creditoria– verbale di passaggio di consegne e situazione contabile – non possono assumere alcuna valenza probatoria in favore dell’amministratore stesso né il mero disavanzo, ossia un risultato di segno negativo, costituisce prova dell’anticipazione effettuata dal Va, altresì, considerato che, quand’anche il bilancio con disavanzo sia approvato, non ne deriverebbe di per sé il riconoscimento di un credito in capo all’amministratore, perché ciò non dimostrerebbe che sia stato questi ad anticipare somme corrispondenti a tale disavanzo: è, quindi, necessario che l’amministratore fornisca la prova in concreto, come prevede l’art. 2697 c.c., di aver provveduto con proprie risorse al pagamento delle spese che sopravanzino le entrate.
Sotto tale profilo, la posizione dell’appellato si è rivelata deficitaria, posto che si è risolta nella sola indicazione dell’ammontare complessivo del presunto credito, senza alcuna indicazione della natura delle spese che sarebbero state sostenute nell’interesse del , del momento in cui sarebbero state affrontate, né è stata fornita alcuna prova in ordine alla circostanza che, all’uopo, siano stati utilizzati fondi personali dell’amministratore.
Sul punto, la giurisprudenza ha chiarito che, qualora il rendiconto si limiti ad evidenziare l’esistenza di un disavanzo tra entrate ed uscite, la sua approvazione non consente di ritenere dimostrato in via di prova deduttiva che la differenza è stata versata dall’amministratore con danaro proprio, ovvero che questi è creditore del per un importo corrispondente, in quanto la ricognizione di debito richiede pur sempre una manifestazione di volontà dell’assemblea su un oggetto specificamente sottoposto all’esame dell’organo collettivo (cfr. Cass. n. 10153/2011). Ne consegue che, in assenza di una deliberazione dell’assemblea (come nel caso di specie), il credito per anticipazioni vantato dal nei confronti del appellante non poteva essere azionato in sede monitoria, difettando dei requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità all’uopo necessari.
Né, tantomeno, è sufficiente a provare l’esistenza del presunto credito, la consegna a della documentazione contabile in data 6.6.2014, dalla quale emerge un disavanzo delle poste contabili in entrata ed in uscita, non corrispondendo l’accettazione del passaggio di consegne, peraltro “con riserva di verifica”, ad un riconoscimento del debito.
In particolare, la sottoscrizione, da parte del nuovo amministratore, del verbale di consegna, da cui risulti il credito dell’ex amministratore, non ha valore di riconoscimento di debito, in quanto questo presuppone che chi lo effettui abbia la disponibilità della vicenda giuridica cui si riferisce.
Pertanto, solo l’assemblea condominiale può validamente effettuare una ricognizione di debito, che deve essere espressa e chiaramente indirizzata al creditore.
Come sopra evidenziato, il potere di rappresentanza ex mandato che lega l’amministratore al condominio è contenuto nei limiti delle attribuzioni indicate dall’art. 1130 c.c., limiti che possono essere superati solo se il regolamento di condominio o l’assemblea gli conferiscano maggiori poteri, mancanti nel caso di specie, non rientrando tra le attribuzioni dell’amministratore del condominio – quale organo di rappresentanza dell’ente di gestione, deputato all’ordinaria amministrazione dei beni comuni – il potere di disporre, senza apposita autorizzazione assembleare, tramite transazione ovvero mera ricognizione di debito, di una situazione giuridica che si riflette sulla sfera patrimoniale dei singoli Piuttosto, deve reputarsi all’uopo necessaria una delibera assembleare di contenuto ricognitivo delle eventuali situazioni debitorie facenti capo al medesimo, come ribadito dalla Suprema Corte (cfr. Cass. n. 8498/2012): “il nuovo amministratore di un condominio, se non autorizzato dai partecipanti alla comunione non ha potere di approvare incassi e spese condominiali risultanti da prospetti sintetici consegnatigli dal precedente amministratore e, pertanto, l’accettazione di tali documenti non costituisce prova idonea del debito nei confronti di quest’ultimo da parte dei condomini per l’importo corrispondente al disavanzo tra le rispettive poste e contabili, spettando, invece, all’assemblea dei condomini approvare il conto consuntivo, onde confrontarlo con il preventivo ovvero valutare l’opportunità delle spese affrontate d’iniziativa dell’amministratore” (la SRAGIONE_SOCIALE. in applicazione dell’enunciato principio ha confermato la sentenza di merito, la quale aveva ritenuto che la sottoscrizione del verbale di consegna della documentazione, apposta dal nuovo amministratore quand’era già immesso nell’esercizio delle sue funzioni, non integrasse una ricognizione di debito fatta dal in relazione alle anticipazioni di pagamenti ascritti al precedente amministratore e risultanti dalla situazione di cassa registra). Da ultimo, la giurisprudenza di legittimità ha ribadito che la sottoscrizione del verbale di consegna della documentazione, apposta dal nuovo amministratore, non integra, pertanto, una ricognizione di debito fatta dal in relazione alle anticipazioni di pagamenti ascritte al precedente amministratore e risultanti dalla situazione di cassa registrata (cfr. Cass. n. 15702/2020; n. 5062/2020).
Quanto alla somma di euro 160,32 chiesta dal a titolo di retribuzione per l’invio del modello 770/2014, trattasi di posta che non poteva essere riconosciuta nella procedura monitoria, difettando della prova dell’invio e dell’originale, come prescritto nel verbale di consegna del 6.6.2014 (….si impegna a fornire originale con relativa documentazione) e del conferimento di incarico da parte del per l’inoltro, atteso che con il verbale di passaggio di consegne cessava la sua attività.
Pertanto, anche tale credito non può essere riconosciuto.
Alla luce di quanto evidenziato, il ha omesso di dimostrare la sussistenza del credito sia in sede monitoria sia, in ogni caso, nella presente fase di merito (che apre un giudizio di cognizione in cui il creditore-opposto assume la qualità di attore), assumendo efficacia dirimente in tal senso i fatti impeditivi allegati dal Pertanto, l’appello deve essere accolto e, in riforma della sentenza impugnata, va revocato il decreto ingiuntivo n. 4340/2014, con conseguente condanna dell’appellato alla restituzione in favore del di quanto da questi eventualmente versato in esecuzione della sentenza di I grado, oltre interessi legali dall’esborso al soddisfo. In considerazione dell’accoglimento del gravame, le spese processuali seguono la soccombenza dell’appellato per ambedue i gradi di giudizio (cfr. sul punto Cass. n. 6369/2013, secondo cui il criterio della soccombenza, al fine di attribuire l’onere delle spese processuali, non si fraziona a seconda dell’esito delle varie fasi del giudizio, ma va riferito unitariamente all’esito finale della lite, senza che rilevi che in qualche grado o fase del giudizio la parte poi definitivamente soccombente abbia conseguito un esito ad essa favorevole) e sono liquidate come da dispositivo in base al D.M. n. 55/2014 e ss.mm.ii. (per il giudizio di I grado:
tabella n. 1; valori medi dello scaglione n. 2, in considerazione del valore della controversia;
per il presente giudizio di appello:
tabella n. 2; valori medi dello scaglione n. 2, in considerazione del valore della controversia;
in entrambi i casi, con riduzione delle voci di compenso nella misura del 50% ex art. 4 c. 1, in considerazione della non particolare difficoltà delle questioni affrontate e della ridotta attività difensiva).
il Tribunale, in funzione di giudice di appello, definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe indicata, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone:
– accoglie l’interposto appello e, in riforma della sentenza appellata n. 2721/2016 resa dal Giudice di Pace di (corretta con provvedimento reso a verbale di udienza del 13.7.2017), revoca il decreto ingiuntivo n. 4340/2014 emesso dal Giudice di Pace di condanna a restituire in favore del quanto da questi eventualmente versato in esecuzione della sentenza gravata, oltre interessi dall’esborso al soddisfo;
– condanna alla rifusione delle spese processuali di ambo i gradi di giudizio in favore del Condominio di INDIRIZZO in Bari, liquidate in euro 1.908,50 per compensi professionali ed in euro 279,71 per esborsi documentati, oltre rimborso spese forfetarie nella misura del 15%, C.P.A. ed I.V.A, se dovuta, come per legge.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di competenza.
Bari, 2.10.2024 Il Giudice NOME COGNOME
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