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Codice Penale

Amministratore della società, ruolo meramente apparente

La responsabilità dell’amministratore di diritto della società non può venir meno per il fatto che il ruolo rivestito sia meramente apparente.

Pubblicato il 08 March 2022 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

TRIBUNALE ORDINARIO di CROTONE
VERBALE DELLA CAUSA n. r.g. 1272/2020

tra

XXX
YYY
ZZZ

RICORRENTI e

KKK
JJJ
SSS
LLL S.R.L.

EEE SOCIETÀ AGRICOLA A R.L.

RESISTENTI

DDD ASSICURAZIONI SPA

TERZO CHIAMATO

Oggi 24 febbraio 2022 il giudice del lavoro, dott.ssa, prende atto che il difensore di parte ricorrente, con note scritte depositate telematicamente il 18.2.22, si riportava al ricorso ed alle conclusioni ivi rassegnate, nonché alle note del 3.1.22 ribadendo in sintesi le analitiche argomentazioni in fatto ed in diritto ivi contenute, chiedendo poi l’applicazione delle tabelle di Roma per la liquidazione del danno.

Con note del 18.2.2022 i difensori di KKK, JJJ e SSS, si riportavano alla memoria ed alle conclusioni ivi indicate.

Con note del 18.2.2022 i difensori di LLL S.r.l. si riportavano alla memoria ed alle conclusioni ivi indicate.

Lo stesso facevano i difensori della società EEE s.r.l. con note del 18.2.2022 e DDD Assicurazioni con note del 17.2.22 in cui, inoltre, ferme le riserve formulate in ordine alla non operatività della polizza, ribadiva che il massimale di polizza è pari ad €1.000.000,00 e come tale astrattamente non capiente rispetto alla pretese avanzate dagli odierni ricorrenti e a quelle avanzate dagli Eredi *** nella causa RGN 2412/2019 rispetto alla quale reiterava l’istanza di riunione.

Il Giudice trattiene la causa in decisione e, all’esito della camera di consiglio, pronuncia dispositivo di sentenza con contestuale motivazione.

Il Giudice

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di CROTONE

Il Tribunale, nella persona del Giudice Dott.ssa, ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 168/2022 pubblicata il 24/02/2022

nella causa di I Grado iscritta al n. r.g. 1272/2020 promossa da:

XXX(C.F.), YYY (C.F.), ZZZ (C.F.), tutte rappresentate e difese dagli avv.ti

PARTI RICORRENTI contro

KKK (C.F.), JJJ (C.F.), SSS (C.F.), tutti rappresentati e difesi, congiuntamente e disgiuntamente dagli Avv.ti
LLL S.R.L. (C.F.), in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in
EEE SOCIETÀ AGRICOLA a.r.l. (C.F.), con sede in

PARTE RESISTENTE

DDD ASSICURAZIONI SPA (C.F.), corrente in

PARTE CHIAMATA

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione

Con ricorso iscritto in data 13.7.2020 XXX, in qualità di moglie di ***, nonché YYY e ZZZ, quali figlie dello stesso, essendo questi deceduto nel corso delle operazioni di scavo effettuate presso l’abitazione privata di *** in data 27.10.2018 a causa del crollo della parete destra, unitamente ad altri soggetti presenti all’interno dello scavo in questione (***, ***) chiedevano di accertare la responsabilità sia contrattuale che extracontrattuale di *** (deceduto), per cui convenivano in giudizio gli eredi di quest’ultimo, nonché la società LLL s.r.l. quale proprietaria dell’immobile condotto in locazione e di EEE s.r.l. quale proprietaria dei mezzi utilizzati per effettuare le operazioni di scavo, nonché datrice di lavoro di alcuni dei soggetti coinvolti, per accertare la loro responsabilità nella causazione del sinistro mortale, con condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali in solido, sofferti iure proprio e iure hereditario, per non aver osservato o fatto osservare la normativa infortunistica di settore e per non aver adottato tutte le cautele necessarie ex artt. 2087 c.c. 2043 c.c., 2049 c.c., 2051 e 2059 c.c. Ricostruita la dinamica del sinistro sostenevano la responsabilità di *** in qualità di committente e datore di lavoro di fatto di tutti i lavoratori coinvolti nel sinistro, nonché socio di maggioranza di tutte le società convenute, oltre che per aver dato inizio ai lavori contattando i diversi lavoratori e per averli diretti senza nominare il coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione e di esecuzione e per aver omesso di verificare i requisiti tecnicoprofessionali dell’impresa esecutrice EEE s.r.l. in violazione degli artt. 90, 91 e 92 D.Lgs 81/2008, per non aver redatto il piano di sicurezza e coordinamento ed i vari P.O.S. in violazione dell’art. 96, per non aver verificato le condizioni di pericolo dei lavori e per non aver richiesto il P.O.S. all’impresa esecutrice, oltre che per non aver provveduto a far dare una certa inclinazione o un tracciato allo scavo adeguato alla natura del terreno, ovvero senza armarlo, né impedendo la presenza dei lavoratori all’interno dello stesso ex art. 118 D.Lgs 81/2008, neppure applicando le armature di sostegno (art 119), nonché consentendo di posizionare il materiale di riporto sul ciglio dello scavo (art. 120) e, infine, per aver impiegato lavoratori privi di esperienza professionale adeguata (artt. 36 e 37), oltre che omettendo di attenersi alle regole di sicurezza nella fase di progettazione e di esecuzione dell’opera. In ogni caso, sosteneva che il *** -e per lui i suoi eredi- dovesse rispondere in qualità di custode del cantiere ex art. 2051 c.c., ovvero in qualità di committente di lavori pericolosi ex art. 2050 c.c.. Sosteneva, inoltre, la responsabilità delle società coinvolte nel sinistro per omessa vigilanza e controllo e, in particolare, della società EEE in qualità di datore di lavoro di *** e *** per aver omesso di vigilare in merito al tipo di lavori ai quali venivano addetti i suoi dipendenti in assenza di misure di sicurezza e sotto la direzione di soggetto privo delle necessarie competenze e per non aver impedito l’utilizzo dei mezzi meccanici di sua proprietà nell’esecuzione dello scavo (esecutore e terna meccanica), nonché per violazione degli artt. 18, 73 co. 4 in combinato disposto con l’art. 37 e 96 D.Lgs 81/2008. Sosteneva poi la responsabilità della LLL s.r.l. in qualità di proprietaria dell’immobile concesso in locazione a ***, socio di maggioranza, e quindi di committente per le medesime violazione ascritte a quest’ultimo, in mancanza della nomina di un CSP e CSE, come pure in mancanza di PSC e dei POS, nonché l’assenza di responsabilità del lavoratore deceduto, con conseguente diritto al risarcimento del danno da perdita del rapporto parentela, nonché del danno sofferto dal de cuius deceduto nella consapevolezza dell’imminente soffocamento, oltre al danno patrimoniale dovuto alla perdita del mantenimento fornito dal de cuius, per spese funerarie e per l’assistenza stragiudiziale, oltre al danno da svalutazione monetaria pari ad interessi compensativi nella misura del 5 % sulla somma rivalutata.

Si costituiva tempestivamente la società EEE società agricola s.r.l. contestando di aver messo a disposizione personale e mezzi per la realizzazione dello scavo, di cui non era a conoscenza neppure essendo ditta esecutrice dei lavori, né avendo mai intrattenuto rapporti nè con il ***, né con il ricorrente. Sosteneva, quindi, l’estraneità della società dai fatti di causa per la mancanza di rapporti contrattuali con il ricorrente ed in mancanza dell’allegazione di responsabilità extra contrattuale, oltre che per l’insussistenza di obblighi di vigilanza al di fuori del rapporto di lavoro e per aver affidato i mezzi utilizzati per lo scavo al dipendente *** che li custodiva e che, avendone la disponibilità, aveva prestato la propria collaborazione a favore di ***, nell’ambito di un rapporto di amicizia.

Si costituiva tempestivamente l’LLL contestando che il *** avesse agito per conto della società e sostenendo l’estraneità dai fatti di causa per essere l’immobile locato nell’esclusiva disponibilità del *** con il quale la società non intratteneva alcun rapporto se non quello di locazione, cui era inapplicabile l’art. 2049 c.c.. Eccepiva la nullità del ricorso introduttivo per indeterminatezza in merito al titolo della responsabilità della società resistente, quale proprietaria dell’immobile o titolare del rapporto di lavoro. Eccepiva altresì il difetto di competenza funzionale del giudice del lavoro, non trattandosi di rapporto di lavoro, bensì di contratto di appalto o di prestazione d’opera, con conseguente inapplicabilità del D.Lgs 81/2008. Infine, in virtù della polizza assicurativa a copertura dei danni relativi all’immobile per cui è causa, chiamava in causa DDD Assicurazioni S.p.a. che, tempestivamente costituitasi, eccepiva l’incompetenza funzionale del giudice del lavoro, la connessione del presente giudizio con quello proposto dagli eredi *** e l’inoperatività della garanzia per la responsabilità civile verso terzi per la mancanza di accidentalità del fatto causativo del danno, essendo scontato che si sarebbe verificato il crollo in conseguenza delle operazioni di scavo, quale danno necessario ed ai sensi dell’art. 67 b) delle condizioni di assicurazione che esclude la responsabilità per quei danni derivanti dalla rottura di tubazioni, condutture o impianti interrati, eccepiva il limite del massimale assicurato di 1.000.000,00 e, in subordine, si associava alle difese dell’assicurata, sosteneva l’esclusiva responsabilità del de cuius o, comunque, degli appaltatori chiedendo sul punto l’acquisizione del fascicolo penale. Chiedeva, inoltre, di ripartire fra i convenuti il grado di responsabilità nella causazione del sinistro e contestando la sussistenza del danno per genericità delle allegazioni ed insufficienza delle prove offerte.

Infine, in data 20.1.2021 si costituivano tardivamente gli eredi ***, previa istanza di rimessione in termini volta a sentir dichiarare la tempestività della loro costituzione avvenuta in data 18.1.2021 e rifiutata dalla cancelleria per errore fatale. In particolare, contestavano la dinamica del sinistro descritta in ricorso sostenendo che furono i soggetti presenti il giorno dell’infortunio a titolo amicale, quali operai edili, a convincere *** ad autorizzarli ai lavori di riparazione della conduttura che aveva causato un allagamento, che fra il Dr. *** ed il Sig. *** non era mai intercorso alcun rapporto lavorativo, come risultava dalla natura gratuita della prestazione resa a titolo di amicizia e dall’insussistenza di un rapporto di lavoro con le società del gruppo, e che, il *** non coordinava gli scavi, nonché sostenendo l’impossibilità di prevedere il cedimento del terreno, anche in ragione della mancanza di competenze tecniche. Sostenevano la contraddittorietà dell’inquadramento giuridico della vicenda, con conseguente nullità del ricorso, con particolare riferimento all’asserito svolgimento dei lavori da parte del signor *** per conto della LLL, incompatibile con la responsabilità personale dello stesso e, dunque, degli eredi. Contestava altresì la responsabilità del EEE per mancata indicazione delle norme precauzionali violate e per aver affidato la custodia dei mezzi al dipendente che li utilizzava quotidianamente nello svolgimento dell’attività lavorativa. Eccepivano, inoltre, l’incompetenza funzionale del giudice del lavoro per la mancanza di un rapporto di lavoro e, in ogni caso, sostenevano, anche qualora sussistente, l’inapplicabilità del D.Lgs 81/2008, ai sensi degli artt. 2 e 3, trattandosi di lavoratore occasionale addetto ai servizi familiari, come pure l’insussistenza della qualità di preposto e la mancata partecipazione all’attività pericolosa ex art. 2050 c.c.

Differita la prima udienza al fine di consentire la costituzione di DDD Assicurazioni, chiamata in causa dalla LLL, ritenuta la competenza del giudice del lavoro nonché la causa matura per la decisione senza ulteriore attività istruttoria, la causa è così decisa.

Preliminarmente, a fronte delle deduzioni sollevate dalle parti per l’udienza odierna, deve ribadirsi la competenza funzionale del giudice del lavoro atteso che, come più ampiamente esposto nell’ordinanza del 21.10.2021, da intendersi qui integralmente richiamata, in sintesi, avuto riguardo alla prospettazione di parte attrice, trattatasi di un rapporto di lavoro “di fatto” riconducibile alle controversie di cui all’art. 409, n. 1, cod. proc. civ. in cui la pretesa risarcitoria fatta valere in giudizio nei confronti di *** si ricollega direttamente al detto rapporto, essendo irrilevante l’eventuale non coincidenza delle parti in causa con quelle del rapporto di lavoro” (Cass. 17092/12). Quanto poi alle domande azionate nei confronti delle altre società convenute in giudizio ricorre poi un’ipotesi di cumulo soggettivo di azioni diverse, alcune da trattarsi con rito ordinario (responsabilità ex art. 2050 c.c. nei confronti di EEE c.c. ed ex art. 2043 c.c. nei confronti dell’LLL s.r.l.) ed altre da trattarsi con rito speciale -quella nei confronti del datore di lavoro di fatto-, con conseguente applicabilità per tutte le domande proposte del rito speciale in materia lavoro ai sensi dell’art. 40, co. 3 c.p.c. e, dunque, “competenza” del Tribunale in funzione di giudice del lavoro.

Trattandosi di istanza riproposta da DDD Assicurazioni nelle note di trattazione dell’udienza odierna, si ribadisce altresì l’insussistenza dei presupposti per la trasmissione degli atti al Presidente del Tribunale per l’eventuale riunione ex art. 274 c.p.c. del presente giudizio con quello iscritto al n. 2412/2019 del Tribunale di Crotone -sezione civile- introdotto da “altri parenti del Sig. ***”, non altrimenti specificato, in mancanza dell’indicazione delle ragioni di connessione oggettiva ed in virtù del principio di economia processuale, avuto riguardo alla fase processuale in cui si trova la presente causa, già trattenuta in decisione.

Ciò detto, è tempestiva la costituzione di KKK, JJJ e SSS allegata all’istanza di remissione in termini depositata in data 20.1.2021, anzitutto avuto riguardo alla data della prima udienza di discussione in quanto, pur se originariamente fissata in data 28.1.2021, è stata poi differita su istanza di autorizzazione alla chiamata in causa di DDD Assicurazioni formulata da LLL all’udienza del 6.5.2021, e ciò alla luce del principio per cui, ai fini del rispetto del termine di cui all’art. 416 c.p.c. deve aversi riguardo all’udienza di discussione differita d’ufficio e non anche a quella originariamente fissata (cfr. Cass. 14288/2007). Peraltro, anche a voler considerare l’udienza del 28.1.2021, risulta dalla ricevuta di avvenuta consegna della “memoria di costituzione”, rilasciata da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia del 18.1.2021, alle ore 17.37 in atti, il deposito della stessa entro il giorno di scadenza (di dieci giorni prima l’udienza ex 416 c.p.c.), a nulla rilevando la successiva comunicazione intervenuta in pari data dal medesimo indi*** pec di “errore imprevisto”, con necessità di ulteriori controlli, ovvero la comunicazione di “rifiuto deposito” intervenuta il giorno successivo del 19.1.2021, bastando ai fini del perfezionamento del deposito degli atti processuali a mezzo pec la ricevuta di avvenuta consegna (cfr. Cass. 17328/2019 e 6743/2021).

Occorre poi premettere che il sinistro in questione, per circostanza pacifica fra le parti e risultante dalla documentazione in atti (all. 9a ric.) si è verificato in data 27.10.2018, durante i lavori di scavo a cielo aperto nel terreno adiacente ad un immobile, volti alla riparazione di una conduttura interrata che il giorno precedente, caratterizzato da una pioggia consistente, aveva causato l’allagamento dei locali terreni del predetto immobile sito in -residenza privata della famiglia di ***, padre e coniuge degli odierni convenuti, condotta in locazione e di proprietà della LLL-, oltre ad alcune zone del terreno circostante, come dedotto dai resistenti JJJ e SSS e non contestato da alcuna delle parti costituite.

In particolare, secondo ***, sentito a sommarie informazioni nel procedimento penale “i lavori di scavo sono iniziati partendo dall’abitazione in prossimità del pozzo nero, nello scavo sono stati posizionati dei tubi corrugati da 400 mm che sostituivano la vecchia rete fognaria che risultava non funzionante” ed erano iniziati in data 26.10.2018 “commissionati e diretti da ***” allontanatosi dalle 8.00 alle 12.00, mentre i lavori ripresero alle 7.30 del giorno successivo tramite un escavatore “manovrato da ***, credo anche lui dipendente di un’altra società facente capo al signor ***” (sul punto *** ha riferito di essere dipendente della *** s.r.l. di cui l’amministratore è SSS). Con riferimento al 26.10.2018 *** a dichiarato: “alle ore 12.00 il dr *** è rientrato ed ha seguito direttamente l’andamento dei lavori effettuati da ***, l’escavatorista e *** per poi essere raggiunti alle ore 15.00 ***, *** e *** che “procedevano seguendo lo scavo l’innesto dei tubi ogni circa sei metri”, in particolare alternandosi all’interno dello scavo per procedere all’innesto dei tubi. Sempre secondo quanto riferito da ***, giunti quasi alla fine dello scavo, il giorno successivo, ovvero il 27.10.2018, ***, ***, *** e *** si trovavano intenti nell’innesto dei tubi all’interno dello scavo, in particolare a circa sei sette metri di profondità ma poiché non riuscivano a completare l’operazione di innesto dell’ottavo tubo, la testa del tubo veniva sospinta nel manicotto di quello precedente dalla benna dell’escavatore. Secondo quanto riferito da *** mentre mancavano pochissimi centimetri a completare l’innesto con la benna dell’escavatore, crollava la parete destra dello scavo ricoprendo i lavoratori e lo stesso *** che, trovandosi al ciglio dello scavo, al contrario degli altri, riusciva tuttavia a riemergere in superficie mentre gli altri, fra cui ***, padre e coniuge degli odierni ricorrenti, decedevano (all. 1-9 a) ric.). È poi pacifico che *** decedeva per “insufficienza cardio-respiratoria acuta per asfissia meccanica da schiacciamento toracico dovuto a crollo della parete DX (lato nord) dello scavo a cielo aperto”, dunque in conseguenza dell’infortunio di cui si discute.

I fatti come descritti da *** sono stati poi confermati da ***, *** e ***, con dichiarazioni di analogo tenore (all. 9 a e 9 b ric.). In particolare, *** ha dichiarato che il giorno precedente a quello dell’infortunio, hanno provveduto a togliere/smontare tutte le tubature e cavi elettrici presenti sul percorso dello scavo per la posa del tubo fognario, prima di procedere alla posa dei tubi come descritto da ***.

Così ricostruita la dinamica del sinistro sulla scorta delle sommarie informazioni rese da ***, gli eredi di *** contestano che questi effettivamente abbia incaricato gli altri soggetti coinvolti della realizzazione dello scavo e che abbia diretto i lavori, come invece dichiarato da *** e come sostenuto dai ricorrenti che lo identificano quale “datore di lavoro di fatto” del de cuius.

Sul punto, occorre premettere che secondo recente giurisprudenza di legittimità, anche con riferimento all’obbligo di cui all’art. 2087 c.c. deve aversi riguardo alla “nozione prevenzionale” di datore di lavoro, diversa da quella lavoristica, dando atto che “In tema di infortuni e sicurezza sul lavoro, opera una nozione di datore di lavoro in senso prevenzionale che, per espressa previsione normativa, comprende non solo il datore di lavoro formale ma anche il titolare dei poteri di decisione e di spesa in materia di prevenzione e sorveglianza degli obblighi antiinfortunistici” (Cass. Civ., Sez. L – Ordinanza n. 1399 del 22/01/2021).

In particolare, il D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 299 prevede che “1. Le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all’art. 2, comma 1, lettere b), d) ed e), gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti”.

L’art. 2 del medesimo decreto, infatti, a sua volta, definisce “datore di lavoro” “il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l’assetto dell’organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell’organizzazione stessa o dell’unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa”. La responsabilità per l’obbligo generale di tutela della sicurezza sul lavoro ex art. 2087 c.c., come pure quelli speciali di cui al D.Lgs 81/2008, ricade dunque tanto al datore di lavoro formale, quanto su colui che abbia esercitato in concreto il potere direttivo sul lavoratore e che, quindi, di fatto, ha assunto tale ruolo, di fatto, del garante, esercitando in concreto i poteri di decisione e di spesa. Sul punto, fra i possibili indici rivelatori del c.d. datore di lavoro di fatto, la giurisprudenza penale ha individuato il costante intervento nell’esecuzione dei lavori, l’acquisto dei materiali ed attrezzature, la predisposizione e gestione della organizzazione del lavoro e nel rilascio di istruzione e direttive (Cass. sez. 4, sent. n. 7954 del 10.10.2013, Ventura e altro, rv. 259274), come pure di altre circostanze idonee a dare indicazioni sul ruolo assunto da un determinato soggetto all’interno di una compagine aziendale, quali, ad esempio, il vincolo parentale con il datore di lavoro formale (cfr. Cass. Pen. 44131/2015).

Nondimeno la giurisprudenza ha via via identificato i limiti della responsabilità del committente dell’opera, ovvero ai sensi dell’art. 89, co. 1 lett. a) D.Lgs 81/2008 “il soggetto per conto del quale l’intera opera viene realizzata”, sempre da intendersi in senso lato e in estrema sintesi, come colui che giuridicamente o di fatto trae vantaggio dall’esecuzione dell’opera e che, pertanto, ha il potere di esigere dagli addetti ai lavori un determinato comportamento per avere il governo della fonte di rischio (cfr. Cass. Pen. 1256/2017, 26335/2021), oltre che la conoscenza dell’ambiente di lavoro e, quindi, responsabile anzitutto in relazione ai rischi a questo connessi e della verifica dell’idoneità tecnicoprofessionale delle imprese affidatarie dei lavori, delle imprese esecutrici e dei lavoratori autonomi. Dunque, in virtù della normale autonomia e responsabilità dell’appaltatore, quale elemento naturale del contratto – sussiste la responsabilità del committente nei casi di culpa in eligendo o di ingerenza nell’esecuzione dell’appalto (11757/2011, 10588/2008, 21540/2007, 15185/2004, 9065/2006) o alla luce del fatto concreto ( Cass. 25758/2013, 2451/2011), esulando invece l’ipotesi in esame dal campo di applicazione dell’art. 26 T.U. 81/2008 che riguarda invece gli obblighi del committente in casi di appalto dei lavori all’interno dell’azienda.

Ebbene nel caso di specie ***, si ritiene che abbia cumulato la qualifica di datore di lavoro di fatto e committente.

Quanto al primo profilo, risulta dalle sommarie informazioni assunte da *** che l’attività di scavo era svolta da tutti i presenti e ciò, anziché in ragione di rapporti amicali come vorrebbero i resistenti, mai riferiti dalle persone informate, in virtù del loro rapporto di lavoro con “società facenti capo a ***”, come dallo stesso dichiarato con riferimento a ***, escavatorista, “anche” lui dipendente di società facente capo a ***, in particolare riferendo, anziché di rapporti di amicizia: “sono dipendente della *** s.r.l. di cui l’amministratore è il signor SSS”, ovvero l’odierno resistente figlio di ***. Anche ***, sentito a sommarie informazioni ha dichiarato: “Erano all’incirca le ore 23.00 del giorno 27.10.2018, mi trovavo nei pressi dell’abitazione del signor *** insieme agli altri lavoratori della società *** s.r.l. ad eseguire lavori consistenti nello scavo del terreno adiacente all’abitazione. Detti lavori servivano per l’allaccio di tubi corrugati da utilizzare partendo dal pozzo nero per convogliare la fogna. I lavoratori presenti erano ***, *** che erano intenti a porgere dei tubi corrugati della lunghezza di metri sei, che porgevano agli altri lavoratori posizionati nello scavo profondo circa sei sette metri e largo due circa. I lavoratori nello scavo di cui conosco solo il nome erano ***, ***, *** e il dr *** (..) Per eseguire il lavoro di scavo e innesto dei tubi sono stato chiamato dal dr. ***. Ho preso a lavorare alle 15.30 del 27.10.2018, ho fatto una pausa pranzo alle 21-22 circa e poi ho ripreso a lavorare fino a quando è accaduto l’infortunio” (all. 9 a)-2 ric.).

***, sentito a sommarie informazioni (all. 9 b) ha fatto riferimento a *** come all’ ”escavatorista”, a *** “quale manovale”, riferendo che tutti i lavoratori erano stati chiamati direttamente dal dott. *** che lui conosceva come datore di lavoro. Inoltre, come si legge nell’informativa di reato in atti (all. 9a ric.) *** era lavoratore irregolare della *** come dallo stesso riferito, come pure *** assunto regolarmente (all. 9 e), mentre *** e *** erano dipendenti di EEE s.r.l, come da attestazioni del centro per l’impiego in atti (all. 9d ric.). Al contrario, il de cuius continuava a lavorare senza regolare assunzione in seguito alla scadenza dell’ultimo contratto di lavoro somministrato a tempo determinato a favore della *** s.r.l., come *** in costanza di contratto di lavoro somministrato e *** Antonio (all. 9c ric.).

Ebbene, il contesto lavorativo trova conferma nei rapporti societari intercorrenti fra le predette società, datrici di lavoro dei soggetti coinvolti nel sinistro -EEE società agricola s.r.l., *** s.r.l. e *** s.r.l.-, oltre che con l’LLL che, per circostanza pacifica fra le parti, era proprietaria dell’immobile condotto in locazione da ***. In particolare, risulta dalle visure in atti (all. 9a ric.) che amministratore unico della *** s.r.l. – impresa avente ad oggetto attività di edilizia- era KKK, coniuge di ***, odierna resistente, proprietaria della società al 50 % con SSS, il quale era anche amministratore unico di LLL s.r.l., di proprietà al 100 % di *** s.r.l.. In particolare, di quest’ultima era socio di maggioranza *** che ne deteneva la somma di € 232.948,91 di capitale (complessivamente pari a € 255.987,80), mentre, come da visura in atti, ulteriori tre quote di € 7.679 erano di proprietà di *** e dei figli di ***: SSS -proprietario al 50 % di *** e amministratore di LLL- e JJJ. Infine, EEE società agricola s.r.l., datore di lavoro di ***, che manovrava l’escavatore, era soggetta ad attività di direzione e coordinamento da parte della *** s.r.l., come si legge nella visura in atti, apparteneva al gruppo facente capo alla *** s.r.l. che ne possedeva le quote al 94 %, mentre il 6 % era di proprietà di tale ***. In definitiva è emerso dalla documentazione in atti che *** s.r.l. –di cui era socio di maggioranza ***- esercitava attività di direzione e coordinamento su EEE, mentre a *** s.r.l., amministrata dalla moglie del ***, era di proprietà della stessa e del nipote.

Alla luce dei predetti collegamenti societari e dei legami familiari con i soggetti formalmente titolari dei poteri di amministrazione, come pure dell’effettiva disponibilità dei mezzi di proprietà del EEE s.r.l.(escavatore e terna), nonchè del personale di tutte le società in questione, si ritiene raggiunta la prova della qualità, in capo a ***, di datore di lavoro di fatto di tutte le società coinvolte nel sinistro, in particolare in quanto socio di maggioranza della *** s.r.l. quale società controllante (oltre che la LLL) la società agricola EEE s.r.l., nonché coniuge e zio dei proprietari e dell’amministratore della ***. S.r.l.-, dunque, titolare di potere di decisione e di spesa, anche in materia di sicurezza sul lavoro.

Posto il contesto lavorativo dell’opera di sostituzione della fognatura, riferito da tutte le persone sentite a sommarie informazioni, sopra descritto, con particolare riferimento alla disponibilità dei “lavoratori” è poi emerso che i soggetti coinvolti nel sinistro erano stati incaricati dell’esecuzione dell’opera di scavo e sostituzione della condotta di raccolta di acque bianche/meteoriche direttamente da *** –ad eccezione di *** che secondo quanto dichiarato da *** si era offerto spontaneamente di dare una mano (all. 9 b ric,)-, e ciò come riferito da ***, nonché dedotto dai ricorrenti con riferimento agli altri soggetti coinvolti e non specificatamente contestato dalle parti resistenti che si sono limitate a dedurre rapporti amicali, al contrario sforniti di prova. Sul punto, inoltre, *** ha riferito: “Sono stato contattato direttamente dal dott. ***, quando vi erano lavori da fare era lui che chiamava direttamente i lavoratori”. Anche *** ha dichiarato di aver prelevato l’escavatore dal capannone delEEE “come mi aveva riferito la sera precedente personalmente *** e per come era stato ordinato dal dott. ***. (….) Generalmente venivo chiamato dal dott. ***. All’inizio per tale lavoro sono stato avvisato da *** e successivamente in data 27.10.2018 alle ore 3.00 sono stato avvisato tramite messaggio sul telefonino direttamente da ***”, il che dimostra, oltre all’incarico diretto ai lavoratori in questione, anche la disponibilità dei mezzi e delle attrezzature delle società coinvolte nell’esecuzione dei lavori di scavo. Quanto all’incarico di partecipare ai lavori dato al de cuius ***, ritenuto in ragione di quanto riferito da ***, secondo cui in genere era *** a chiamare i singoli lavoratori, trova conferma anche nelle sommarie informazioni rese alla polizia giudiziaria dalla coniuge, KKK, odierna ricorrente, secondo cui: “sabato mattina del 27.10.2018 alle 6.00 circa, mio marito prima di uscire di casa mi informava che si sarebbe recato dapprima in un cantiere dell’azienda ***, per poi recarsi presso la villa del dott. *** per finire un lavoro di scavo già il giorno 26.10.2018 direttamente dal dott. *** (all. 9 f ric.)

Del resto, ***, dipendente della *** s.r.l. come fino a poco prima del sinistro anche ***, ha dichiarato di non conoscere il proprio datore di lavoro, riferendo sul punto “Non lo conosco, Conosco solo ***”. Anche ***, ha dichiarato: “No, non ricordo (il datore di lavoro) ma personalmente ho avuto sempre a che fare con il dott. ***”, con conseguente prova, in mancanza di elementi di segno contrario, del carattere sistematico dell’ingerenza di quest’ultimo nella gestione dell’impresa, in particolare tramite l’organizzazione e direzione dei lavoratori alle sue dipendenze (all. 9 b ric.).

Infine, il de cuius *** partecipava e dirigeva personalmente ai lavori come riferito dalle persone informate sui fatti e dimostrato dal suo decesso, avvenuto all’interno dello scavo. Che si sia occupato della direzione dei lavori risulta, in particolare, dalle sommarie informazioni rese da *** (all. 9b) che, al contrario della mancanza di esperienza e dell’estraneità dai lavori sostenuta dai suoi eredi, ha riferito come questi abbia “tracciato il percorso dello scavo”, come confermato anche da ***, che doveva terminare a circa 54 metri dal pozzo nero (cfr. sit ***) e che chiedeva di continuare i lavori anche dopo cena, come confermato anche dalle altre persone sentite. Secondo ***: “Il dott. *** che sul telefonino guardava le condizioni meteo ci chiedeva se volevamo continuare il lavoro in quanto erano previste avverse condizioni climatiche e quindi se pioveva c’era la possibilità di allagamento dello scavo e dell’interrato dell’abitazione”, come avvenuto il giorno precedente. Secondo *** “Quindi tutti insieme abbiamo deciso di continuare i lavori anche si sera, ovvero dopo le 17.10. Dalle 17.10 alle 19.00 i lavori andavano avanti senza problemi sotto la supervisione e direttive del dott. *** che operava dentro lo scavo con noi”. Le specifiche direttive impartite da *** sulle modalità di esecuzione dei lavori di scavo e posa delle tubature trovano poi conferma nelle sommarie informazioni di *** il quale ha riferito “Giunto sul posto erano presenti (…) A questo punto il dott. *** dava indicazione sui lavori da eseguire a tutti i presenti. Ad un certo punto il dott. *** è andato via (…). Direttamente al dott. *** ho esternato le mie perplessità sullo scavo e sul terreno di riporto, a questo punto il dott. *** decideva di far togliere il terreno da riporto posto sul ciglio dello scavo con l’escavatore e con il camion guidato da *** lo faceva allontanare. Il dott. *** si allontanava dal luogo e noi proseguivamo il lavoro come deciso dal dottore. Successivamente dopo circa due ore è tornato ed ha dato nuove disposizioni, ovvero di sospendere l’allontanamento del terreno con il camion e di rimettere il terreno una volta scavato sul ciglio delle pareti” (all. 9b ric.). In seguito all’infortunio di ***, *** ha riferito di aver avvisato *** del parziale crollo della parete destra dello scavo dichiarando: “Il dottore si è voluto calare all’interno dello scavo (…) per verificare lo stato dello scavo e del tubo, a questo punto mi ha ordinato di tagliare parte del tubo rovinato dal crollo con la benna dell’escavatore quindi, interrompeva i lavori e ci invitava a cena a casa sua (…) Abbiamo ripreso il lavoro sospeso in quanto già in precedenza ci aveva avvisato che essendo le previsioni meteo avverse dovevamo terminare il lavoro, altrimenti essendo lo scavo in corso si sarebbe del tutto allagato in quanto non c’era lo sfogo dell’acqua” (…). Secondo quanto dichiarato dall’escavatorista le direttive di *** sulle modalità di esecuzione del lavoro erano continue, ad esempio indicando ai lavoratori quando e come posizionare il tubo, alla fine dello scavo, in particolare riferendo: “Una volta praticato il tratto di scavo per inserire il tubo, *** mi sospendeva e diceva agli altri di prendere il tubo che veniva portato da sopra all’interno dello scavo. Successivamente mi ordinava di avvicinare la benna sul ciglio della parete in modo tale che i lavoratori ***, *** e il dott. *** vi salissero per poi scenderli nella base dello scavo. Detti lavoratori prima untavano di grasso le teste dei tubi e successivamente posizionati uno nell’altro il dott. *** mi ordinava il dott. *** mi ordinava di spingere con cautela tramite la benna il tubo da innestare (….)”.

Alla luce de predetti elementi e, in particolare, dell’incarico di esecuzione dei lavori -come pure della loro prosecuzione- dato da ***, dell’esercizio del potere direttivo da parte dello stesso sulle modalità di esecuzione dell’opera, oltre che della disponibilità in capo allo stesso di mezzi e persone, oltre che del contesto lavorativo formale riferito da tutti i testimoni e risultante dalle comunicazioni al centro per l’impiego in atti, deve disattendersi la tesi degli eredi ***, secondo i quali i lavori di scavo e posa della fognatura sono stati realizzati di spontanea iniziativa dei soggetti coinvolti nel sinistro ed in virtù di rapporti amicali con ***, al contrario non provati e non riferiti da alcuno dei soggetti coinvolti, come neppure è stata dimostrata la natura gratuita delle prestazioni di lavoro svolte, anzi contraddetta, come sopra detto, dai rapporti di lavoro subordinato intercorrenti fra i soggetti che avevano partecipato alle lavorazioni in questione e le società controllate dalla *** s.r.l., oltre che con quest’ultima, ovvero da società amministrate e di proprietà di soggetti legati da stretti vincoli di parentela con il de cuius, come sopra detto (*** s.r.l.). Del resto, secondo il consolidato insegnamento della Corte di legittimità ogni attività oggettivamente configurabile come di lavoro subordinato si presume effettuata a titolo oneroso, salva la prova – da fornirsi da colui che contesti l’onerosità – che la stessa sia caratterizzata da gratuità, al contrario non fornita nel caso di specie. Una tale prova, peraltro, non può essere desunta soltanto dalle formali pattuizioni intercorse tra le parti, ma deve consistere nell’accertamento, specie attraverso le modalità di svolgimento del rapporto, di particolari circostanze, oggettive o soggettive (modalità, quantità del lavoro, condizioni economico-sociali delle parti, relazioni tra esse intercorrenti), che giustifichino la causa gratuita e consentano di negare, con certezza, la sussistenza di un accordo elusivo dell’irrinunciabilità della retribuzione (cfr. Cass. 7925/2017), circostanze nel caso di specie sfornite di allegazione e prova.

Ciò detto, avuto riguardo alla qualità di datore di lavoro di fatto di ***, a fronte dell’allegazione della violazione delle specifiche norme a tutela della sicurezza sul lavoro invocate dai ricorrenti, manca la prova dell’esatto adempimento, il cui onere era in capo al de cuius. Invero, secondo recente giurisprudenza: “Nel caso di omissione di misure di sicurezza espressamente previste dalla legge, o da altra fonte vincolante, cd. nominate, la prova liberatoria incombente sul datore di lavoro si esaurisce nella negazione degli stessi fatti provati dal lavoratore; viceversa, ove le misure di sicurezza debbano essere ricavate dall’art. 2087 c.c., cd. innominate, la prova liberatoria è generalmente correlata alla quantificazione della misura di diligenza ritenuta esigibile nella predisposizione delle indicate misure di sicurezza, imponendosi l’onere di provare l’adozione di comportamenti specifici che siano suggeriti da conoscenze sperimentali e tecniche, quali anche l’assolvimento di puntuali obblighi di comunicazione” (Cass. 10319/2017).

Nel caso di specie, a fronte della specifica allegazione dell’inadempimento degli obblighi incombenti sullo stesso, quale datore di lavoro di fatto gli eredi *** non hanno fornito alcuna allegazione e prova, limitandosi a negare l’applicabilità delle norme del T.U..

Al contrario, si ritiene l’applicabilità del D.Lgs 81/2008 alle opere di scavo in questione atteso che, come già argomentato, tutti i soggetti coinvolti nel sinistro, come dagli stessi riferito, prestavano la propria attività a favore di *** in virtù del loro rapporto di lavoro subordinato con società a lui riconducibili e gestito, di fatto, da *** come dagli stessi riferito. Neppure, per le medesime considerazioni può trattarsi di rapporti di lavoro occasionale accessorio di cui all’art. 3, co. 8 primo periodo D.Lgs 81/2008, di contro non provati. Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dai resistenti, non può ritenersi che i lavori effettuati, di cui si discute, siano riconducibili a “piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresi l’insegnamento privato supplementare e l’assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani, agli ammalati e ai disabili” di cui all’art. 3, co. 8 secondo periodo D.Lgs 81/2008, nel testo ratione temporis applicabile, trattandosi invece di lavori di sostituzione di rete fognaria riconducibili a lavori edili o di ingegneria civile di cui all’allegato X, nella specie di demolizione, riparazione, costruzione di opere idrauliche (rete fognaria) e di scavo e, di conseguenza, ad un cantiere temporaneo di cui all’art. 89, lett. a) D.Lgs 81/2008, con conseguente applicabilità del Capo I del T.U. che, difatti, ai sensi dell’art. 3, co. 1 D.Lgs 81/2008 si applica “a tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio”, ad eccezione delle ipotesi ivi espressamente indicate.

In particolare, quale datore di lavoro di fatto del de cuius *** e, quindi, del lavoratore (irregolare) di impresa esecutrice dell’appalto, come pure degli altri dipendenti delle imprese appaltatrici di ritiene che *** massimo avrebbe dovuto, ai sensi dell’art. 96 T.U, oltre che c) curare la disposizione o l’accatastamento di materiali o attrezzature in modo da evitarne il crollo o il ribaltamento; d) la protezione dei lavoratori contro le influenze atmosferiche che possono compromettere la loro sicurezza e la loro salute, e) curare le condizioni di rimozione dei materiali pericolosi, f) che lo stoccaggio e l’evacuazione dei detriti e delle macerie avvenissero correttamente, come ivi previsto, altresì redigere il piano operativo di sicurezza di cui all’articolo 89, comma 1, lettera h). In particolare, quale datore di lavoro di fatto il de cuius *** è responsabile dell’inadempimento dell’obbligo di prevedere ed attuare una inclinazione dello scavo idonea a prevenirne il crollo ex art. 118, co. 1 T.U., come pure dell’omessa previsione ed attuazione dell’armatura e consolidamento del terreno ex art. 118, co. 2, necessaria per la prevedibilità del franamento in ragione delle persistenti piogge dei giorni precedenti, che avevano dato causa all’allegamento (all. 10 ric.), come pure alla luce dei precedenti crolli delle pareti di scavo riferiti dalle persone sentite a sommarie informazioni (come quello che ha portato al ferimento di ***) e come pure effettivamente previsto da *** che aveva allertato il *** sul punto, ovvero dell’omesso impedimento dell’accesso dei lavoratori alla base di attacco dello scavo ex art. 118, co. 5. In particolare, ai sensi dell’art. 118, D.Lgs 81/2008, per quel che qui interessa: “Nei lavori di splateamento o sbancamento (…,) le pareti delle fronti di attacco devono avere una inclinazione o un tracciato tali, in relazione alla natura del terreno, da impedire franamenti. (…) 2. Quando per la particolare natura del terreno o per causa di piogge, di infiltrazione, di gelo o disgelo, o per altri motivi, siano da temere frane o scoscendimenti, deve essere provveduto all’armatura o al consolidamento del terreno. (..) 5. Ai lavoratori deve essere fatto esplicito divieto di avvicinarsi alla base della parete di attacco (…)”. In particolare, alla luce della perizia geologica in atti, volta a verificare la stabilità del terreno in questione, è emerso che l’inclinazione dello scavo avrebbe verosimilmente evitato il sinistro considerando che, secondo il perito nominato nel corso del procedimento penale dalla Procura della Repubblica, la parete di scavo era “sub veriticale, mentre svasando lo scavo il coefficiente di sicurezza rientra nei valori permessi dalla normativa per le opere di scavo che superano i 1,50 m di profondità per le quali è obbligatorio controventare o svasare sulla base di necessari calcoli basati su calcoli rilevati in situ” e che “il movimento di mezzi pesanti (escavatore e terna) nonché l’accumulo del materiale di risulta a bordo dello scavo non può che aver avuto effetti negativi sulle condizioni dello scavo”, rilevando altresì l’apertura di crepacci paralleli al bordo scavo, forieri del movimento gravitativo, si sono aperti nella fase precedente il crollo ma a causa della scarsa visibilità notturna –nonostante i fari dell’escavatore che secondo le persone informate illuminavano le operazioni- non sono stati avvistati (all. 10 ric.).

Ebbene, a fronte dell’allegazione dei predetti inadempimenti degli obblighi di sicurezza previsti dalle leggi speciali, nulla hanno dedotto o dimostrato i resistenti, come neppure in merito all’obbligo di predisposizione di armature di sostegno necessario in caso di scavo, come nel caso di specie, di trincee profonde più di m 1,50 (lo scavo in questione misurava circa sette-sette metri e mezzo nel punto di crollo, come risulta dalla perizia geologica in atti, all. 10 ric.), in assenza di garanzie di stabilità, ovvero dell’omesso impedimento del posizionamento di materiale da riporto sul ciglio dello scavo ex art. 120 T.U. e, infine, per omesso impiego di lavoratori muniti di idonea formazione- informazione.

Non si ritengono invece applicabili al caso di specie gli obblighi incombenti sul datore di lavoro (di fatto) dei dipendenti dell’impresa affidataria di cui all’art. 97 T.U., mancando allegazione e prova dell’impresa titolare del contratto di appalto con il committente ex art. 89.

Ciò detto sussiste altresì la responsabilità di *** per l’inadempimento degli obblighi che gravano sul committente dei lavori, essendo documentalmente provato, oltre che non oggetto di contestazione, che *** all’epoca dei fatti aveva la piena disponibilità dell’immobile sito in Isola di Capo Rizzuto, ove abitava con la sua famiglia, in virtù di contratto di locazione stipulato con la LLL s.r.l.. e, dunque, dell’ambiente di lavoro in cui si è verificato il sinistro. Alla luce della qualità di conduttore dell’immobile al cui servizio era la conduttura fognaria oggetto dei lavori di riparazione, inoltre, traeva vantaggio dall’esecuzione dell’opera, volta, infatti, a prevenirne ulteriori allagamenti, con la conseguenza che su di lui incombevano altresì gli specifici obblighi in materia di sicurezza sul lavoro previsti in capo al committente di cui agli art. 89 e ss. T.U. 81/2008. Del resto, la figura di committente di cui all’art. 89 T.U., ovvero di colui per conto del quale l’opera viene realizzata, equivalendo l’espressione “per conto“ a quella “per incarico di” “a favore di”, si sovrappone alla figura civilistica di committente, quale soggetto che commissiona un lavoro, delineandone la specifica responsabilità in materia di sicurezza (cfr. Cass. 26335/2021) nel caso di specie, come sopra detto, commissionato da *** che ha dato l’incarico di eseguire e proseguire i lavori, e da lui effettivamente diretto.

In particolare, in qualità di committente, avrebbe dovuto provvedere alla nomina del coordinatore per la progettazione, deputato alla redazione del piano di sicurezza e coordinamento di cui all’art. 100 T.U., nonché del coordinatore per l’esecuzione dei lavori effettuati da dipendenti di diverse imprese appaltatrici, come sopra descritto, ai sensi dell’art. 90, co.3 e 4 T.U., oltre che verificare l’idoneità tecnico-professionale delle imprese esecutrici in relazione alle funzioni o ai lavori da affidare come previsto dall’art. 90, co. 9 lett. a) T.U..

E’ poi pacifica fra le parti la sussistenza del nesso di causalità fra detti inadempimenti ed il sinistro mortale di cui si discute atteso che, laddove fosse stato effettivamente redatto il piano di sicurezza e coordinamento, come pure i piani operativi di sicurezza, sarebbero state previste le misure di sicurezza, idonee ad evitare il crollo della parete dello scavo quali, in particolare, fra le altre, l’inclinazione della parete dello stesso ed il divieto di accumulo del materiale da riporto sul ciglio, che si ritiene abbiano determinato il crollo della parete, come risulta dalla perizia in atti e, dunque, il decesso dei lavoratori coinvolti, come pure, anche in caso di crollo, idonee misure di protezione degli stessi dal rischio di seppellimento (armature e consolidamento del terreno), nel caso di specie non approntate.

Quanto alla responsabilità della società LLL s.r.l. a titolo di committente dei lavori, anzitutto si osserva che manca la prova che *** abbia agito quale preposto della stessa, di cui, peraltro, era socio di maggioranza e non anche dipendente suscettibile di ricevere incarichi o direttive come invece previsto per il preposto ex art. 2, lett. e) e come invece vorrebbero i ricorrenti che intendono ascrivere alla società la violazione degli obblighi di sicurezza imputabile al *** in qualità di “preposto”. Ciò detto, tuttavia, si ritiene raggiunta la prova che i lavori di realizzazione della nuova conduttura fognaria in questione, quali lavori di manutenzione straordinaria eseguiti su un’opera fissa di natura strutturale ed a carico del proprietario ex art. 1576 c.c., siano effettivamente avvenuti con “l’avvallo” della società proprietaria, come sostenuto dai ricorrenti. Ciò in ragione, anzitutto, della natura dei lavori effettuati, di notevole entità, trattandosi della realizzazione di uno scavo a cielo aperto di profondità e larghezza variabili, rispettivamente da due a sette metri e largo circa due-tre metri, con la posa di otto tubi lunghi 6 metri, con conseguente lunghezza della trincea di circa 48 metri (cfr. sommarie informazioni *** all. 9b ric.), peraltro finalizzato alla sostituzione parziale della rete idrico-fognaria, nonché in ragione della durata dei lavori, protrattasi dal venerdì mattina al sabato notte, come pure dei rapporti intercorrenti fra le società del c.d. “gruppo ***” e dunque considerando che *** era, indirettamente, socio di maggioranza in quanto socio al 94 % della *** s.r.l. che, a sua volta, deteneva al 100 % la proprietà dell’LLL s.r.l., nonché lo zio del legale rappresentante di quest’ultima SSS e, infine, considerando che questi, come risulta dalle sommarie informazioni in atti, sopra richiamate, si interfacciava direttamente con il personale delle società del gruppo, disponendo altresì dei relativi mezzi, con la conseguenza che lo stesso deve presumersi anche in relazione all’immobile della LLL, di cui pertanto, disponeva con l’assenso, o l’autorizzazione implicita della società.

Valga la pena osservare, infine, che non si ritengono attendibili le dichiarazioni rese da SSS in qualità di indagato in quanto non vincolato all’obbligo di verità e relative al “forte rapporto personale” che legava il *** agli operai dipendenti delle società, contraddetto dalle altre dichiarazioni assunte nel procedimento penale ( all. 9 b ric.).

In definitiva, raggiunta la prova che la società, avvisata dei lavori, abbia acconsentito alla loro realizzazione da parte del *** in qualità conduttore, benché per questi vietate in base alla disciplina legale della locazione, la società era legittimata e, anzi, obbligata, ai sensi degli artt. 832, 1576 e 2043 c.c., ad ingerirsi e a sorvegliare l’attività autorizzata o, comunque, consentita, allo scopo di evitare che da essa potesse derivarne un ingiusto danno ai terzi, dovendo altrimenti rispondere in solido con il conduttore ex artt 2043 e. 2055 c.c. (cfr. Cass. 516/2020 e Cass. 9193/1995). Così riqualificata la responsabilità della LLL, non quale committente secondo il T.U. 81/2008, bensì quale proprietaria dell’immobile e per violazione dell’obbligo di sorveglianza sull’esecuzione dei lavori e sull’osservanza degli obblighi di sicurezza che incombevano sul conduttore committente sopra descritti, si ritiene la responsabilità solidale della stessa nella causazione del sinistro in questione.

Valga la pena osservare che, nella fattispecie concreta mancano i requisiti necessari per inquadrarla nello schema di cui all’art. 2051 c.c., che individua il fatto genetico del danno, ex art. 2051 c.c., in un dinamismo intrinseco della cosa, causa diretta di esso, mentre nel caso in esame, come già detto, il danno è riconducibile alla condotta colposa del datore di lavoro-committente e della società proprietaria dell’immobile. Neppure può ritenersi la società responsabile ex art. 2050 c.c. non avendo svolto attività pericolosa in quanto estranea ai lavori di cui è causa.

Si ritiene altresì sussistente la responsabilità della società agricola EEE s.r.l. atteso che, secondo giurisprudenza consolidata in materia di obblighi di tutela della sicurezza sul lavoro, la responsabilità dell’amministratore di diritto della società non può venir meno per il fatto che il ruolo rivestito sia meramente apparente e ciò in ragione della posizione di garanzia ad esso assegnata dall’ordinamento (cfr. Cass. pen 49732/2014). La ratio sottesa al sistema, infatti, va ricercata nella finalità di assicurare a determinati beni giuridici una tutela rafforzata, attribuendo a soggetti diversi dai titolari, in ragione del ruolo che rivestono, l’obbligo di evitarne la lesione mediante l’esercizio di doveri di vigilanza e di controllo e ciò perché gli interessati non hanno il completo dominio delle situazioni che potrebbero mettere a rischio l’integrità dei loro beni. La funzione di garanzia, pertanto, non può che derivare direttamente dall’assunzione formale del ruolo, senza possibilità per colui che si presenta come garante di invocare la mera apparenza quale ragione di esonero da colpa (Cass. Sez. 4 n. 35120 del 2013). Nel caso di specie, il fatto che i dipendenti della società agricola EEE prendessero ordini direttamente da *** che, di fatto, rivestiva il ruolo di datore di lavoro, non poteva esimere il formale datore di lavoro, legale rappresentante della società, dall’adempimento degli obblighi derivanti ex lege dal T,U. 81/2008 fra i quali quello di redigere il P.O.S. ex art. 96 T.U., ovvero di cui all’art. 18, co. 1 lett. e), di prendere le misure appropriate affinché’ soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni e specifico addestramento accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico e, dunque, nella specie, di non aver impedito l’accesso di *** e ***, suoi dipendenti, al cantiere in cui si è verificato il sinistro. Inoltre, ai sensi dell’art. 73, co. 4 T.U.: “Il datore di lavoro provvede affinché’ i lavoratori incaricati dell’uso delle attrezzature che richiedono conoscenze e responsabilità particolari di cui all’articolo 71, comma 7, ricevano una formazione, informazione ed addestramento adeguati e specifici, tali da consentire l’utilizzo delle attrezzature in modo idoneo e sicuro, anche in relazione ai rischi che possano essere causati ad altre persone”, circostanza nel caso di specie non verificatasi avendo *** provveduto all’accumulo del materiale da riporto sul ciglio dello scavo, circostanza determinante la causazione del sinistro mortale de quo, come descritto nella perizia geologica sopra indicata. Le condotte colpose sopra descritte, illecite a fronte degli obblighi di azione contenuti nelle norme del T.U. 81/2008 a carico del legale rappresentante dell’impresa appaltatrice, avendo concorso alla causazione del sinistro -in quanto laddove fosse mancato l’apporto di ***, che manovrava l’escavatore, non sarebbero stati possibili i lavori di scavo, né si sarebbe verificato l’accumulo del materiale sul ciglio dello scavo e l’evento mortale non si sarebbe verificato- determinano la responsabilità extracontrattuale della società agricola, datore di lavoro formale di *** e ***, oltre che proprietaria dei mezzi adoperati per i lavori in questione, per il decesso di *** ai sensi dell’art. 2043 c.c., con conseguente concorso nell’obbligo risarcitorio a favore degli eredi, in via solidale ex art. 2055 c.c. Inoltre, contrariamente a quanto dedotto dalla società nella memoria di costituzione e risposta è irrilevante che l’obbligo di impedire l’accesso a cantieri edili in assenza di adeguata informazione, ovvero di impedire l’utilizzo dei mezzi aziendali in mancanza di idonea informazione e formazione -nel caso di specie non sussistente con riferimento a *** in quanto dipendente di società agricola e, dunque, privo di formazione con riferimento all’utilizzo dell’escavatore per lavori edili -, o ancora l’omessa predisposizione del P.O.S. siano previsti dalle norme sopra richiamate quali obblighi propri del vincolo contrattuale del rapporto di lavoro, ovvero del contratto di appalto, rilevando invece, nel caso di specie, la loro violazione per il danno subito da soggetto terzo, così connotando la condotta della società appaltatrice in termini di colpa ed antigiuridicità ex art. 2043 c.c.. Del resto, avuto riguardo ai fatti tempestivamente allegati dalle parti, ritualmente acquisiti al processo, spetta al giudice l’inquadramento della fattispecie nel diritto e, quindi, l’individuazione della norma rilevante. Pertanto, nel caso di specie, le condotte tempestivamente allegate da parte ricorrente, invariato il nesso di causalità fra queste rispetto al danno-evento di cui è causa, si ritengono generatrici di responsabilità extracontrattuale, pur se compatibili con la responsabilità ex art. 2087 c.c. laddove il danno si sia prodotto a carico di un dipendente dell’impresa anziché, come nel caso di specie, nei confronti di un soggetto terzo (Cass. 21333/2019).

Ciò detto, per i medesimi motivi alla base del coinvolgimento dell’LLL, quali l’entità dei lavori effettuati, oltre che la loro durata, la posizione rivestita da *** all’interno del gruppo di imprese riconducibili alla sua famiglia e la concreta disponibilità di personale e mezzi aziendali, contrariamente a quanto sostenuto dalla società, neppure può ritenersi che i lavori siano avvenuti all’insaputa del legale rappresentante, sulla sola base della volontà di *** ed al di fuori delle mansioni svolte, trattandosi di utilizzo di mezzo aziendale per due giorni consecutivi, di cui uno lavorativo (iniziati il venerdì se sabato era il giorno del sinistro cfr. dichiarazioni SSS all. 9f ric.), nonché di attività svolta da lavoratore subordinato della società, come ampiamente sopra argomentato ed in mancanza di elementi di segno contrario, essendosi limitata la società a dedurre capitoli di prova inammissibili perché negativi e non aventi ad oggetto specifiche circostanze di fatto ex art. 244 c.p.c..

Infine, non sussiste un comportamento del lavoratore idoneo ad escludere la responsabilità dell’LLL ex art. 2043 c.c. e 1576 c.c. atteso che, come è noto, in tema di infortuni sul lavoro, il cd. rischio elettivo, che comporta la responsabilità esclusiva del lavoratore, e che varrebbe, quindi, ad escludere anche il nesso di causalità fra l’omessa vigilanza del locatore sulla corretta esecuzione dei lavori da parte del conduttore committente, anche in punto di adempimento degli obblighi di legge in materia di sicurezza sul lavoro, sussiste soltanto ove questi abbia posto in essere un contegno abnorme, inopinabile ed esorbitante rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, sulla base di una scelta arbitraria volta a creare e ad affrontare, volutamente, per ragioni o impulsi personali, una situazione diversa da quella inerente l’attività lavorativa, creando condizioni di rischio estranee alle normali modalità del lavoro da svolgere e ponendosi, in tal modo, tecnici interrati ex art. 67 contratto di assicurazione, peraltro non prodotto, atteso che nel caso di specie, la rsponsabilità della società proprietaria dell’immobile deriva dall’omessa vigilanza in ordine al rispetto della disciplina della sicurezza sul lavoro, come sopra detto, e dunque dalla condotta colposa dell’assicuato, anziché dalla rottura di tubature seminterrate che ha costituito solo l’occasione dei lavori e non anche la causa del sinistro.

In definitiva, il ricorso dev’essere accolto nei predetti limiti, assorbite le questioni non espressamente trattate.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo sulla base dei parametri di cui al DM 55/2014 aggiornati con DM 37/2018 in base al valore della controversia determinato in ragione dei limiti in cui le domande sono state accolte, esclusa l’attività istruttoria e quelle di decisione e compensate per il 25 % in ragione della reciproca soccombenza parziale.

PQM

Il Tribunale, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, disattesa ogni contraria istanza, così dispone:

Accoglie il ricorso proposto da XXX, YYY e ZZZ iure proprio per la perdita del proprio congiunto *** e per l’effetto condanna i resistenti, in solido, al pagamento della somma di € 304.007,70 a favore di XXX e della somma di € 294.201,00 a favore di ciascuna figlia, oltre interessi compensativi al tasso legale calcolati sull’importo di cui sopra devalutato alla data dei fatti (27.10.2018) e quindi di anno in anno rivalutato fino al soddisfo; Accoglie la domanda di manleva proposta da LLL s.r.l. e, per l’effetto, dichiara DDD Assicurazioni S.p.a. tenuta ad indennizzarla di tutte le somme che dovrà corrispondere in favore delle ricorrenti in adempimento del punto che precede, ivi comprese quelle liquidate di seguito a titolo di spese di lite, per effetto ed in conseguenza della presente decisione;

Rigetta per il resto il ricorso;

Condanna altresì le parti resistenti in solido a rimborsare ai ricorrenti le spese di lite, che si liquidano in € 11.148,00, oltre 15% spese generali oltre a i.v.a. e c.p.a. come per legge oltre contributo unificato, da distrarsi a favore del procuratore antistatario.

Sentenza resa ex art. 221, co. 4 D.L. 34/2020 e s.m..i.

Crotone 24 febbraio 2022

Il Giudice

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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