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Codice Penale

Annullata ordinanza ingiunzione lavoro straordinario

Il Tribunale ha rilevato la complessità nel calcolo del termine di 90 giorni per la contestazione delle violazioni in materia di lavoro, sottolineando che decorre dal momento in cui l’autorità ha acquisito e valutato tutti i dati necessari. Nel merito, ha ritenuto che la prova testimoniale non fosse sufficiente a provare l’effettivo svolgimento del lavoro straordinario.

Pubblicato il 30 December 2024 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

TRIBUNALE DI ANCONA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Ancona, sez. Lavoro, in persona del Giudice dott. NOME COGNOME all’esito dello scambio di note scritte con termine sino al 17.10.2024 ai sensi dell’art. 127 ter c.p.c., richiamato il contenuto narrativo degli atti di causa;

viste le deduzioni, eccezioni, istanze e conclusioni formulate dalle parti ed esaurita la discussione con scambio di note scritte depositate in data 11.9.2024, 7.10.2024, 9.10.2024, 15.10.2024;

ha pronunciato e pubblicato la seguente

SENTENZA N._604_2024_- N._R.G._00000433_2023 DEL_06_11_2024 PUBBLICATA_IL_07_11_2024

nella causa n. 433/2023 R.G. Lav., TRA IN PERSONA DEL LEGALE RAPPRESENTANTE PRO TEMPORE rappresentata e difesa dall’avv. COGNOME giusta procura in calce al ricorso introduttivo telematico, elettivamente domiciliati presso il suo studio in Jesi, INDIRIZZO con indicazione della pec per ricevere comunicazioni RICORRENTE IN PERSONA DEL LEGALE RAPPRESENTANTE PRO TEMPORE rappresentato e difeso dal funzionario delegato, elettivamente domiciliato presso gli uffici dell’ente in INDIRIZZO con indicazione della pec per ricevere comunicazioni t ; RESISTENTE OGGETTO:

opposizione ordinanza ingiunzione n. 76/2023.

RAGIONI DELLA DECISIONE Il ricorrente propone opposizione all’ordinanza ingiunzione indicata in epigrafe, eccependo la violazione del termine di cui all’art. 14 legge 689/1981 e l’infondatezza nel merito della contestazione, sostenendo che il lavoratore non aveva mai svolto lavoro supplementare.

costituitosi in giudizio, l’ rileva che il termine di cui all’art. 14 legge merito rileva che dalle dichiarazioni raccolte era emerso lo svolgimento delle ore di lavoro supplementare non registrate sul LUL, sicché si era proceduto ad emettere l’ordinanza ingiunzione impugnata.

La causa è stata istruita con un’ampia istruttoria orale, all’esito della quale veniva discussa con scambio di note scritte ai sensi dell’art. 127 ter c.p.c..

Va innanzitutto disattesa la doglianza circa la violazione del termine di cui all’art. 14 legge 689/1981, per il quale la violazione va contestata immediatamente o al più tardi entro il termine di 90 giorni.

Sul punto, la giurisprudenza di legittimità è consolidata nel ritenere che questo termine debba essere calcolato in base alle caratteristiche del caso concreto, tenendo in considerazione la complessità delle indagini.

Il dies a quo decorre, infatti, non dalla data di commissione della violazione, bensì dall’esito del procedimento di accertamento (cfr. Cass. Sez. lav., sentenza 23608/2009), in quanto si deve consentire all’amministrazione di avere piena contezza degli estremi oggettivi e soggettivi della condotta realizzata;

per tale ragione il termine di 90 giorni ai fini della notifica degli estremi della violazione decorre dal compimento dell’attività di verifica di tutti gli elementi dell’illecito, compreso il tempo necessario all’amministrazione per valutare e ponderare gli elementi acquisiti (cfr. Cass. 2363/2005, 22837/2014, 3524/2019).

Devono, quindi, essere prese in considerazione tutte le attività finalizzate all’accertamento, intendendo con queste sia gli atti di indagine effettuati, sia il tempo necessario all’amministrazione per esaminare in modo adeguato gli elementi già acquisiti (cfr. Cass. 7681/2014).

Rilevante è il momento in cui l’autorità preposta ha acquisito e valutato tutti i dati indispensabili ai fini della verifica dell’esistenza della violazione segnalata, non essendo sufficiente la mera acquisizione del fatto nella sua materialità (cfr. Cass. Sez. 2. Sentenza 3043/2009).

Nel caso di specie, va rilevato che l’accertamento riguarda un periodo che va dal 1.9.2017 al 30.9.2022 e si è concluso con verbale interlocutorio del 17.10.2022 notificato il 26.10.2022;

in data 3.10.2022 è stata richiesta documentazione integrativa relativa alle buste paga del lavoratore interessato da luglio a settembre 2022, necessarie al fine di verificare se le ore di lavoro emerse dalle dichiarazioni dei lavoratori escussi fossero state riportate nel LUL e adeguatamente remunerate, documentazione fornita in data 13.10.2022 come da allegati in atti non tempestivamente contestati da parte ricorrente.

Si ritiene, pertanto, che il termine di 90 giorni debba decorrere dal 13.10.2022 e sia stato del tutto rispettato.

Venendo al merito della controversia, esso attiene all’orario di lavoro svolto dal dopo il pensionamento, evidenziandosi che la maggiore qualifica riconosciuta non rileva ai fini di causa potendo avere incidenza unicamente sull’aspetto retributivo e contributivo che non attiene la presente controversia.

Gli ispettori hanno, infatti, ritenuto che, nonostante l’assunzione attività lavorativa a tempo pieno come faceva prima di andare in pensione.

Al fine di valutare il materiale probatorio raccolto, va osservato che le dichiarazioni rese agli ispettori durante l’accertamento amministrativo non sempre sono state pienamente confermate nel corso del giudizio.

Al riguardo in linea generale vanno ricordati i principi elaborati in materia di valutazione delle prove in controversie analoghe alla presente dalla Suprema Corte di Cassazione, come da ultimo riaffermati anche in recenti pronunce (Cass. 32290/2022).

Quanto alla capacità a deporre, con particolare riferimento alla figura del lavoratore interessato , “essa si verifica, in linea generale, solo quando il teste sia titolare di un interesse personale, attuale e concreto, che lo coinvolga nel rapporto controverso, alla stregua dell’interesse ad agire di cui all’art. 100 c.p.c., tale da legittimarlo a partecipare al giudizio in cui è richiesta la sua testimonianza, con riferimento alla materia in discussione, non avendo, invece, rilevanza l’interesse di fatto a un determinato esito del processo (salva la considerazione che di ciò il giudice è tenuto a fare nella valutazione dell’attendibilità del teste), né un interesse, riferito ad azioni ipotetiche, diverse da quelle oggetto della causa in atto, proponibili dal teste medesimo o contro di lui, a meno che il loro collegamento con la materia del contendere non determini già concretamente un titolo di legittimazione alla partecipazione al giudizio (Cass. 8 giugno 2012, n. 9353; Cass. 5 gennaio 2018, n. 167);

peraltro, nel giudizio tra datore di lavoro ed ente previdenziale, avente ad oggetto il mancato pagamento di contributi, questa Corte (pure avendo anche diversamente ritenuto: Cass. 26 febbraio 2009, n. 4651; Cass. 8 febbraio 2011, n. 3051; Cass. 11 marzo 2015, n. 14123) reputa, con indirizzo più recente che, qualora sorga contestazione sull’esistenza del rapporto di lavoro subordinato, presupposto dell’obbligo contributivo, il lavoratore, i cui contributi siano stati omessi, sia incapace a testimoniare, non essendo, tuttavia, preclusa al giudice la possibilità, avvalendosi dei poteri conferitigli dall’art. 421c.p.c. , di interrogarlo liberamente sui fatti di causa (Cass. 25 gennaio 2016, n. 1256; Cass. 11 settembre 2018, n. 22074);

3.3.

in ordine poi al valore probatorio del verbale di accertamento dell’infrazione, nel giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione irrogativa di sanzione amministrativa, è noto che esso faccia piena prova, fino a querela di falso, in relazione ai fatti attestati dal pubblico ufficiale rogante come avvenuti in sua presenza e conosciuti senza alcun margine di apprezzamento o da lui compiuti, nonché alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale e alle dichiarazioni delle parti;

mentre la fede privilegiata non si estende agli apprezzamenti e alle valutazioni del verbalizzante né ai fatti di cui i pubblici ufficiali abbiano avuto notizia da altre persone, ovvero ai fatti della cui verità si siano convinti in virtù di presunzioni o di personali considerazioni logiche (Cass. 7 novembre 2014, n. 23800; Cass. 4 agosto 2021, n. 22265; Cass. 10 marzo 2022, n. 7841);

sicché, il verbale ispettivo è prova documentale liberamente valutabile dal giudice in concorso con gli altri elementi probatori”.

Considerato che già nel corso dell’accertamento ispettivo quanto dichiarato dal lavoratore interessato, contro il suo stesso interesse ad una , il Giudice ha ritenuto opportuno escutere nuovamente non solo il lavoratore interessato, ma anche i colleghi già sentiti dagli ispettori.

i lavoratori escussi nel corso del giudizio hanno riferito che vedevano il sia la mattina che il pomeriggio, ma non hanno saputo indicare con e ore di presenza giornaliere, precisando che il luogo di lavoro era diviso in reparti, sicché non era possibile vedere sempre chi fosse presente al lavoro.

In particolare, il teste ha riferito che da una postazione di lavoro non si riesce a vedere le e il lavorava in un’altra campata sicché lo vedeva poco;

peraltro, dopo il mento del periodo oggetto di accertamento, ha ricordato che lo vedeva la ur non sapendo quante ore facesse, mentre il pomeriggio non lo vedeva quasi mai.

Le dichiarazioni modificano quanto affermato dinanzi agli ispettori, laddove il aveva affermato che aveva visto il lavorare tutte le mattine le 12 e almeno una volta a settimana riggio anche se non per tutte le ore del turno pomeridiano.

Il teste ha precisato che negli ultimi otto anni stava poco in ditta in quanto era a a fare le consegne e pur avendo visto a volte il pomeriggio non ha saputo indicare le ore di lavoro da questi s durante l’ispezione aveva riferito di non avere visto sempre il mattina e di pomeriggio, visto che aveva anche mansioni di consegne, dunque non era sempre presente in azienda.

Il teste ha riferito di avere visto il volte la mattina a volte il pomeriggio, senza però indicare le ore di lavoro di questi.

Le dichiarazioni collimano con quanto riferito in sede ispettiva allorquando ha affermato di avere visto il al lavoro 3 o 4 volte a settimana per qualche ora alla mattina o he ora al pomeriggio, precisando che, avendo una postazione fissa mentre il girava per tutti il capannone, era possibile che non lo vedesse bench al lavoro.

Il teste ha detto che incontrava al lavoro ma non ha saputo affermare con precisione se stesse i giorni e in modo continuativo, né che orario facesse.

Durante l’accesso ispettivo aveva affermato che fino a prima del COGNOME vedeva lavorare il tutte le mattine e tutti i pomeriggi per 4 ore, dopo il Covid lo av avorare tutte le mattine per 4 ore e almeno tre pomeriggi a settimana.

Il teste ha riferito di avere incontrato il la mattina nello spogliatoio, n saper riferire i suoi orari in q ostazioni erano divise e dunque non era possibile vedere tutti i colleghi di lavoro;

in particolare non ha saputo riferire quante volte avesse visto il nel pomeriggio.

Durante l’ispezione aveva riferito di avere visto il tutti i giorni al lavoro dal lunedì al venerdì con un orario di 8 ore gior Al contrario, il lavoratore sia nel corso del giudizio che in sede , se non poteva completare l’orario giornaliero la mattina, tornava a tale fine nel pomeriggio;

anche l’amministratore della società sentito in libero interrogatorio nel corso del giudizio, h versione dei fatti già dichiarata agli ispettori nella fase amministrativa.

Orbene, dall’analisi delle dichiarazioni sopra riportate emerge in modo evidente che nessuno dei lavoratori escussi sa riferire con precisione l’orario di lavoro del ma tutti hanno concordato che questi era presente sia la mattina sia a volte nel pomeriggio.

D’altro canto, la concorde ricostruzione del luogo di lavoro che non permetteva di vedere tutti quelli presenti vista la separazione dei vari reparti rende maggiormente attendibili le dichiarazioni rilasciate nel corso del giudizio a specificazione di quanto riferito nel corso dell’accertamento ispettivo.

Peraltro, l’attendibilità del lavoratore interessato viene avvalorata dalla congruità tra quanto dichiarato in sede ispettiva e quanto affermato nel corso del giudizio, peraltro contrario come si diceva ai propri interessi economici.

Per tali ragioni si ritiene che il ricorso debba essere accolto, non avendo fornito la convenuta come era suo onere prova sufficiente dei fatti posti a fondamento dell’ordinanza ingiunzione e non ritenendosi sufficienti alla luce delle precisazioni fornite nel corso del giudizio le dichiarazioni rese nel corso dell’accertamento ispettivo, durante il quale già si era rilevata una incongruità tra le dichiarazioni del lavoratore e quelle dei colleghi di lavoro.

L’infondatezza dell’eccezione preliminare ex art. 14 legge 689/1981 fa ritenere sussistenti i presupposti per la compensazione per 1/3 delle spese di lite ponendo i residui 2/3 liquidati come da dispositivo a carico di parte resistente per il principio di soccombenza.

Il Tribunale di Ancona in composizione monocratica, in persona della dott.ssa NOME COGNOME quale giudice del lavoro, definitivamente pronunciando in contraddittorio tra le parti, così provvede, ogni altra domanda, istanza ed eccezione disattesa:

1) Annulla l’ordinanza ingiunzione n. 76/2023;

2) Compensa per un terzo tra le parti le spese di lite e condanna rifondere a i residui due terzi che liquida in Euro oltre rimbo VA e CPA come per legge.

Così deciso in Ancona, il 6.11.2024 all’esito della trattazione scritta svoltasi ai sensi dell’art. 127 ter c.p.c. con termine per note sino al 17.10.2024.

IL GIUDICE (dr.ssa NOME COGNOME (Atto sottoscritto digitalmente)

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