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Codice Civile
Codice Penale

Apertura della Liquidazione Controllata e Trattenute Stipendiali

Il Tribunale, pronunciandosi su un’istanza di Liquidazione Controllata, ha stabilito che le trattenute stipendiali, derivanti da pignoramenti presso terzi o cessioni del quinto, devono cessare dopo l’apertura della procedura, in virtù del principio di par condicio creditorum. La sentenza chiarisce che tali crediti futuri sono assoggettati alla procedura concorsuale, garantendo un’equa ripartizione tra i creditori.

N. R.G. 224-1/2024 PU

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE
DI BOLOGNA
SEZIONE QUARTA CIVILE E PROCEDURE CONCORSUALI Riunito in Camera di Consiglio e composto dai seguenti Magistrati:
Dott. NOME COGNOME Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Giudice rel.
Dott.ssa NOME COGNOME Giudice ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A N._166_2024_- N._R.G._1_2024 DEL_01_08_2024 PUBBLICATA_IL_02_08_2024

Nella procedura per la dichiarazione di apertura della Liquidazione controllata promossa con istanza N. 224 -1/2024 rg.
PU da: nato a Casablanca (Marocco) il 27.11.1967, C.F. e residente in Bologna (BO) alla INDIRIZZO
rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME ricorrente

Con ricorso depositato in data 30 luglio 2024, ha presentato domanda di ammissione alla procedura di liquidazione controllata ex artt. 268 e ss. di cui al d.lgs. 14/2019 e ss. modifiche (CCI).

Sussiste ex art. 27 CCI la competenza del Tribunale di Bologna, avendo il ricorrente la residenza, corrispondente al centro principale dei propri interessi, nel circondario di Bologna (cfr. art. 27, III comma, lett. b).

In via generale, si devono ritenere applicabili al procedimento per l’apertura della liquidazione controllata gli artt. 65 e 66 CCI (Sezione I – Disposizioni di carattere generale alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento).

L’art. 270, V comma, CCI consente inoltre, per i casi non regolati dal capo IX, di applicare – purché compatibili – le disposizioni sul procedimento unitario di cui al Titolo III (Strumenti di regolazione della crisi e dell’insolvenza – artt. 26 e ss. CCI).
C.F. Le norme disciplinanti il procedimento unitario, così come quelle dedicate alle procedure di sovraindebitamento, non impongono alcuna integrazione del contraddittorio nel caso di domanda di regolazione della crisi o dell’insolvenza proveniente dal debitore.

Le considerazioni espresse riguardo la applicabilità delle norme in materia di procedimento unitario, inducono a ritenere necessario verificare se – nel caso di domanda di apertura della liquidazione controllata proposta dal debitore – debba farsi applicazione delle previsioni dell’art. 39, I comma, CCI che descrive la documentazione che il debitore deve depositare unitamente alla domanda di accesso a uno strumento di regolazione della crisi e dell’insolvenza o a una procedura di insolvenza.

Al riguardo va osservato che l’art. 269 CCI non contiene alcuna previsione specifica in punto a documentazione da allegare alla domanda, ma al secondo comma dispone che l’OCC nella propria relazione “esponga una valutazione sulla completezza e l’attendibilità della documentazione depositata a corredo della domanda”.

In funzione di tale verifica, pertanto, dovrà essere depositata unitamente al ricorso almeno la documentazione già prevista all’art. 14ter l. 3/2012 in materia di liquidazione del patrimonio (cfr. Tribunale Verona, 20 settembre 2022, pubblicata su www.ilcaso.it).

Nel caso di debitore persona fisica non esercente attività di impresa, in particolare, appare necessario – anche alla luce delle previsioni dell’art. 67, II comma, in materia di ristrutturazione dei debiti del consumatore – produrre i seguenti documenti:
1) dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni o, nel caso in cui non siano state presentate, la relativa dichiarazione negativa e l’indicazione delle ragioni dell’omessa presentazione;
2) inventario dei beni;
3) elenco dei creditori, con specificazione dei rispettivi crediti e delle cause di prelazione, oltre che dei terzi titolari di diritti sui beni del debitore, con indicazione per ciascuno soggetto del domicilio digitale;
4) elenco degli atti dispositivi compiuti nei cinque anni antecedenti (anche in funzione delle scelte che il liquidatore dovrà compiere ai sensi dell’art. 274, II comma, CCI) e, in caso negativo, la dichiarazione del debitore di omessa esecuzione di atti dispositivi;
5) stato di famiglia, provvedimenti relativi ad obblighi di mantenimento, stipendi (o pensioni) ed altre entrate del debitore, elenco delle spese necessarie al mantenimento del debitore e della famiglia, fornendo specifiche indicazioni con riguardo all’intero reddito familiare (indicazioni necessarie per consentire di adottare i provvedimenti di cui all’art. 268, IV comma, lett. b CCI).

A corredo del ricorso introduttivo, sono stati depositati e acquisiti gli atti e i documenti richiesti dal dettato normativo ut supra richiamato.

Al ricorso è stata allegata la relazione particolareggiata redatta dai professionisti delegati dall’Organismo di Composizione della Crisi da sovraindebitamento presso l’Ordine degli Avvocati di Bologna, avv. NOME COGNOME avv. NOME COGNOME e avv. NOME COGNOME contenente la valutazione sulla completezza e attendibilità della documentazione depositata dal ricorrente in allegazione alla domanda, oltreché l’analisi della situazione economica, patrimoniale e finanziaria del debitore come previsto dall’art. 269, II comma, CCI. Dalla narrativa dell’istanza e dalla documentazione allegata risulta altresì che il ricorrente si trova in stato di sovraindebitamento (inteso nella fattispecie in esame come lo stato di crisi o di insolvenza ex art. 2, I comma, lett. c, CCI).

Ricorrono inoltre i rimanenti presupposti di cui all’art. 2, I comma, lett. c) CCI in quanto il debitore, persona fisica, non risulta assoggettabile a liquidazione giudiziale ovvero ad altra procedura di regolazione della crisi o dell’insolvenza.

La domanda, pertanto, può essere accolta.

L’istante non è intestatario di beni mobili registrati, mentre, sulla scorta della documentazione in atti, risulta titolare del diritto di proprietà dei terreni tutti ubicati nel Comune di Alto Reno Terme (BO), così come meglio descritti nella attestazione del Gestore della RAGIONE_SOCIALE ed il cui valore “stimato dal Geom. al 20.12.2023 è pari a euro 3.345,60, trattandosi di terreni agricoli di montagna adibiti a castagneti” (cfr. pagina 5 della relazione dell’OCC).

La fonte di guadagno dell’istante è determinata dal reddito da lavoro subordinato con contratto a tempo indeterminato presso la società RAGIONE_SOCIALE” (P.I. , per cui percepisce una retribuzione “netta mensile di circa euro 1.666,00, calcolata per il periodo febbraio 2023 – febbraio 2024, comprensiva di tredicesima mensilità” (cfr. pagina 5 della relazione dell’OCC), al netto della decurtazione effettuata in forza di procedura esecutiva mobiliare presso terzi con pignoramento di quota dello stipendio pari ad euro 321,59;
– oltre al beneficio rappresentato dall’assegno unico e universale per il figlio a carico erogato mensilmente dall’ e di importo pari a circa euro 221,00 mensili.

Avendo il ricorrente formulato in ricorso la richiesta di sospensione della suddetta procedura esecutiva mobiliare presso terzi, occorre significare che al momento della presentazione del ricorso la predetta esecuzione era già conclusa sotto il profilo processuale, essendo già stata emessa l’ordinanza di assegnazione al creditore pignoratizio da parte del Giudice dell’Esecuzione.

Tuttavia, trattandosi di pignoramento presso terzi di una quota dello stipendio, l’assegnazione non aveva e non ha tuttora esaurito i suoi effetti, destinati a protrarsi sui crediti futuri che si ricollegano, come fatto costitutivo, al medesimo rapporto;
di conseguenza se l’assegnazione continuasse a spiegare effetti anche in relazione ai crediti che diventano esigibili dopo il deposito del ricorso da parte del sovraindebitato, si consentirebbe una soddisfazione preferenziale del solo creditore che ha agito in sede esecutiva in contrasto con il principio di concorsualità e di universalità, ledendo altresì il principio della par condicio creditorum espressamente previsto per la liquidazione controllata per effetto del richiamo contenuto all’art. 270, V comma, CCI all’art. 151 dettato per la liquidazione giudiziale. La procedura di Liquidazione controllata può aver riguardo anche ai crediti futuri oggetto di cessione, in quanto – al pari del restante patrimonio – gli stessi costituiscono una risorsa che può essere posta a disposizione di tutti i creditori concorsuali.

Del resto, già nel vigore della legge 3/2012, si era comunemente affermato che la norma che consentiva la falcidia e la ristrutturazione anche dei debiti derivanti da contratti di finanziamento (art. 8, comma Ibis), se pur dettata solo per l’accordo ed il piano del consumatore, potesse trovare applicazione anche per la liquidazione del patrimonio.

Tale conclusione vale certamente anche nell’attuale contesto della liquidazione controllata, caratterizzata – al pari della liquidazione giudiziale – dallo spossessamento dei beni del debitore (art. 275, II comma, CCI attribuisce al liquidatore l’amministrazione dei beni che compongono il patrimonio di liquidazione) e dall’apertura del concorso dei creditori, con il divieto di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari (cfr. art. 270, V comma, CCI che richiama gli artt. 143, 150 e 151 CCI).

Con riferimento all’analoga ipotesi di fallimento, la Corte di legittimità, ha avuto modo di affermare che “in caso di fallimento del debitore già assoggettato ad espropriazione presso terzi, il pagamento eseguito dal “debitor debitoris” al creditore che abbia ottenuto l’assegnazione del credito pignorato ex art. 553 c.p.c. è inefficace, ai sensi dell’art. 44 l.fall. , se intervenuto successivamente alla dichiarazione di fallimento, non assumendo rilievo, a tal fine, l’anteriorità dell’assegnazione, che, disposta “salvo esazione”, non determina l’immediata estinzione del debito dell’insolvente, sicché l’effetto satisfattivo per il creditore procedente è rimesso alla riscossione del credito, ossia ad un pagamento che, perché eseguito dopo la dichiarazione di fallimento del debitore, subisce la sanzione dell’inefficacia.

Ed invero, fatta eccezione per l’ipotesi prevista dall’art. 56 l.fall. , il principio della “par condicio creditorum”, la cui salvaguardia costituisce la “ratio” della sottrazione al fallito della disponibilità dei suoi beni, è violato non solo dai pagamenti eseguiti dal debitore successivamente alla dichiarazione di fallimento, ma da qualsiasi atto estintivo di un debito a lui riferibile, anche indirettamente, effettuato con suo denaro o per suo incarico o in suo luogo, dovendosi ricondurre a tale categoria il pagamento eseguito dal terzo debitore in favore del creditore del fallito destinatario dell’assegnazione coattiva del credito ex art. 553 c.p.c., la cui valenza estintiva opera, oltre che per il suo debito nei confronti del creditore assegnatario, anche per quello del fallito, e lo fa con mezzi provenienti dal patrimonio di quest’ultimo” (Cass., Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 1227 del 22/01/2016).

Si ritiene che tali principi debbano applicarsi anche alle procedure di composizione della crisi da sovraindebitamento, avendo la Suprema Corte valorizzato in più occasioni la natura concorsuale di tali procedure, facendo applicazione della legge fallimentare anche ove non espressamente richiamata (cfr. “sebbene la I. n. 3 del 2012 non contenga un esplicito richiamo all’art. 55, secondo comma, legge fall., resta che la regola per cui tutti i crediti anteriori si considerano scaduti alla data dell’apertura della procedura deve trovare applicazione anche rispetto all’accordo di composizione della crisi da sovraindebitamento (ovvero al piano del consumatore), attesa la comune natura di procedura caratterizzata dal crisma della concorsualità, per quanto rivolta (l’accordo) agli imprenditori non fallibili e (il piano del consumatore) ai soggetti in condizione di insolvenza cd. civile” (cfr. Cass., sez. I, 17834/2019).

Dunque, in continuità all’orientamento già espresso da questo Tribunale in punto a cessioni del quinto dello stipendio sotto il vigore della legge n. 3/2012, sia l’assegnazione di quote di stipendio in esito a pignoramento presso terzi che le trattenute derivanti da cessioni del quinto dello stipendio devono cessare in quanto inopponibili alla procedura dopo la sua apertura.

Dalla documentazione prodotta emerge altresì che l’istante è titolare di rapporto di conto corrente sul quale risulterebbero giacenti delle somme di denaro.

Le giacenze sui conti correnti bancari non derivanti dal versamento dello stipendio nella misura riservata al mantenimento del debitore, devono ritenersi acquisite alla procedura.

Il Liquidatore provvederà altresì a verificare i presupposti di esigibilità, nel corso della procedura, di eventuali altre entrate e/o altri redditi (eventualmente anche a titolo di anticipo di TFR e di altri emolumenti equipollenti).

La determinazione dell’importo da destinare al mantenimento del debitore non costituisce contenuto necessario della sentenza ex art. 270 CCI.

Tenuto conto delle indicazioni contenute nel ricorso e della valutazione compiuta dall’OCC, si ritiene potersi già provvedere provvisoriamente in questa sede sulla base degli atti, fatta salva la successiva rivalutazione da parte del giudice delegato ex art. 268, IV comma, lett. b) CCI una volta aperta la procedura.

A tal fine il Liquidatore dovrà compiere i necessari accertamenti sulla condizione personale del ricorrente e della sua famiglia, da sottoporre all’attenzione del giudice delegato con relazione (e documentazione di supporto allegata), da depositarsi entro trenta giorni dalla presente sentenza e nella quale prendere posizione sulle richieste del debitore.

Allo stato può dunque essere lasciata a parte ricorrente la somma mensile netta di euro 1.600,00, mentre i redditi ulteriori dovranno essere posti a disposizione dei creditori.

Con riguardo alla durata della procedura, osservato che le norme del Codice della Crisi e dell’Insolvenza non contengono indicazioni analoghe a quelle previste nella legge 3/2012 (artt. 14quinquies, IV comma e 14undecies).

La procedura può quindi essere chiusa una volta terminata la liquidazione dei beni e compiuto il riparto finale, nonché negli altri casi previsti all’art. 233 CCI (richiamato dall’art. 276).

Conformemente all’orientamento già espresso da una parte della giurisprudenza di merito (cfr. Trib. Padova, 20.10.2022, www.ilcaso.it), questo Tribunale ha tuttavia individuato, tenuto conto delle norme previste in tema di esdebitazione del soggetto sottoposto a liquidazione controllata, un termine minimo di durata della procedura coincidente con quello richiesto per pronunciare all’esdebitazione, nonché – in caso di esdebitazione – un identico termine massimo, in considerazione delle previsioni dell’art. 21, III comma, della Direttiva 1023/2019 (Direttiva sulla ristrutturazione e l’insolvenza – recepita in Italia con il d.lgs. 83/2022).

Tali orientamenti hanno trovato recentemente conferma nella sentenza del 19 gennaio 2024, n. 6 della Corte Costituzionale che, nel rigettare le questione di illegittimità sollevata dal Tribunale di Arezzo, ha affermato che ai fini della decisione riguardo alla durata della procedura il parametro di riferimento deve essere costituito dal soddisfacimento dei crediti concorsuali e di quelli aventi a oggetto le spese della procedura, coerentemente con la funzione dell’istituto della liquidazione controllata, correlata alla responsabilità patrimoniale del debitore. Tale parametro deve poi coordinarsi con due ulteriori istanze:
“da un lato, deve raccordarsi con l’istituto della esdebitazione, che comporta una responsabilità patrimoniale contenuta nel tempo e, pertanto, limita l’apprensione dei beni sopravvenuti del debitore.

Da un altro lato, va considerata l’esigenza di porre un limite alla durata della procedura concorsuale, che indirettamente si riverbera sulla durata del meccanismo acquisitivo, in quanto il procedimento giurisdizionale non può protrarsi per una durata irragionevole, tanto più ove si consideri che la sua apertura inibisce ogni azione individuale esecutiva o cautelare (art. 150 CCII)”.

La Corte riconosce che, nel rispetto del diritto dell’Unione europea (art. 21, comma 1, della direttiva 2019/1023/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019), “l’esdebitazione pone un limite temporale massimo alla apprensione dei beni sopravvenuti del debitore, poiché incide sulle stesse ragioni creditorie, d’altro canto, in presenza di crediti concorsuali non ancora soddisfatti prima del triennio, essa finisce per operare anche quale termine minimo.

Ove, infatti, per adempiere ai debiti relativi ai crediti concorsuali e a quelli concernenti le spese della procedura sia necessario acquisire i beni sopravvenuti del debitore (compresi i crediti futuri o non ancora esigibili), i liquidatori – salvo che riescano a soddisfare integralmente i citati crediti tramite la vendita di beni futuri o la cessione di crediti futuri o non ancora esigibili – sono tenuti a prevedere un programma di liquidazione che sfrutti tutto il tempo antecedente alla esdebitazione e che, dunque, sia di durata non inferiore al triennio”; precisando altresì che la durata dell’apprensione dei beni sopravvenuti dipende “dall’ammontare delle risorse complessive disponibili e dall’entità dei crediti concorsuali, oltre che delle spese di procedura, fatto salvo il limite temporale desumibile dall’istituto dell’esdebitazione e fermo restando il rispetto della ragionevole durata della procedura”.

Ne deriva dunque che se è vero che la procedura può certamente proseguire finché tutti i beni non sono liquidati, si deve tuttavia rilevare che qualora il debitore ottenga l’esdebitazione, riconoscibile dopo tre anni dalla apertura della procedura, “l’apprensione di quote di reddito non è più possibile, poiché la prosecuzione dell’attività liquidatoria è limitata ai beni già presenti nel patrimonio del debitore in quel momento” (cfr. Trib. Verona citato).

Il termine di tre anni, pertanto, costituisce – in caso di riconoscimento dell’esdebitazione – anche il limite temporale massimo per l’acquisizione della quota di stipendio.

La nomina del Liquidatore, compiuta in dispositivo, è effettuata ai sensi dell’art. 270, II comma, lett. b), CCI secondo il quale – salvo che ricorrano giustificati motivi – in caso di domanda del debitore va confermato l’OCC di cui l’art. 269 CCI.

Va rilevato che tale disposizione, che fa riferimento all’Elenco di cui al D.M. 202/2014 relativo ai Gestori della Crisi, istituito in ossequio all’art. 15 L. 3/2012, dev’essere coordinata con quella di nuovo conio di cui all’art. 356 CCI, facente riferimento all’Albo istituito presso il Ministero della giustizia, vigente a partire dal 1° aprile 2023, relativo ai soggetti “destinati a svolgere, su incarico del Tribunale, le funzioni di curatore, commissario giudiziale o liquidatore, nelle procedure previste nel codice della crisi e dell’insolvenza. ” Tale coordinamento impone – secondo la tesi sostenuta da parte della giurisprudenza di merito, cui si ritiene di aderire – la necessità che la scelta del Liquidatore ricada nell’alveo di coloro che sono iscritti non solo – stante il chiaro tenore letterale dell’art. 270 CCI – “nell’elenco dei gestori della crisi di cui al decreto del Ministro della giustizia 24 settembre 2014, n. 202”, ma anche – in considerazione del carattere generale della previsione contenuta all’art. 356 CCI – all’Albo dei soggetti “destinati a svolgere, su incarico del tribunale, le funzioni di curatore, commissario giudiziale o liquidatore, nelle procedure previste nel codice della crisi e dell’insolvenza”, (cfr. Trib. Torino 11.05.2023; Trib. Milano 16.06.2023; Trib. Salerno 10.07.2023; Trib. Palermo 14.07.2023).

Ritenuto, pertanto, che non possa confermarsi quale Liquidatore nessuno dei tre professionisti che hanno svolto le funzioni di OCC ex art. 269 CCI, in quanto non risultano iscritti all’Albo di cui all’art. 356 CCI.

Al momento dell’accettazione dell’incarico, il Liquidatore dovrà dichiarare l’insussistenza di situazioni significative ai sensi degli artt. 35, comma 4-bis, 35.1 e 35.2 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159.

Tra i compiti del Liquidatore vi è anche valutare criticamente quantificazione e qualificazione (anche in punto alla prededucibilità del compenso dell’Advisor) dei crediti alla luce dei parametri in vigore e del tenore restrittivo dell’art. 6 CCI inserito tra i principi generali del Codice, che nell’individuare i crediti prededucibili, si riferisce espressamente ai soli “crediti relativi a spese e compensi per le prestazioni rese dall’organismo di composizione della crisi da sovraindebitamento” (lett. a), senza nulla prevedere con riferimento al compenso spettante al professionista che abbia assistito il debitore nella presentazione del ricorso per l’apertura della procedura di liquidazione controllata del sovraindebitato.

Proseguendo, poi, alle lettere b) e c) del medesimo art. 6, comma I, CCI, sono qualificati come prededucibili esclusivamente i crediti professionali sorti in funzione delle sole procedure ivi espressamente indicate (“domanda di omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti o del piano di ristrutturazione soggetto a omologazione e per la richiesta delle misure protettive” e “domanda di concordato preventivo nonché del deposito della relativa proposta e del piano che la correda”), fra le quali non è compresa quella di liquidazione controllata.

Alla luce di quanto sopra esposto, il Liquidatore, con particolare riferimento ai crediti dell’ dovrà richiedere la restituzione di somme eventualmente passibili di azione revocatoria e, in caso di rifiuto, esperire, ove ne sussistano i presupposti, ai sensi del combinato disposto dell’art. 274 CCI secondo comma, e 151 CCI, ogni azione diretta a far dichiarare inefficaci gli atti compiuti dal debitore in pregiudizio dei creditori, al fine di ristabilire il principio della par condicio creditorum espressamente previsto per la liquidazione controllata per effetto del richiamo contenuto all’art. 270, V comma, CCI all’art. 151 dettato per la liquidazione giudiziale.

Il Tribunale di Bologna, visti ed applicati gli artt. 40 e ss. e 268 e ss. CCI d i c h i a r a l’apertura della Liquidazione controllata nei confronti di nato a Casablanca (Marocco) il 27.11.1967, C.F. e residente in Bologna (BO) alla INDIRIZZO
n o m i n a

Giudice Delegato la dott.ssa NOME COGNOME

n o m i n a Liquidatore l’avv. NOME COGNOME dando atto che entro due giorni dovrà accettare la nomina mediante dichiarazione da depositare in Cancelleria con le previsioni di cui all’art. 270, III comma, CCI;
C.F. o r d i n a al debitore di depositare, entro sette giorni, l’elenco dei creditori, se non già allegato al ricorso;
a s s e g n a ai creditori ed ai terzi che vantino diritti sui beni del debitore e ai creditori risultanti dall’elenco depositato il termine non superiore a 60 giorni dalla ricezione della notifica della sentenza entro il quale – a pena di inammissibilità – devono trasmettere al Liquidatore a mezzo posta elettronica certificata, la domanda di restituzione, rivendicazione o insinuazione al passivo, da predisporsi ai sensi dell’art. 201 CCI;

dispone che il Liquidatore − notifichi la sentenza al debitore, ai creditori ed ai titolari di diritti sui beni oggetto di liquidazione ex art. 270, IV comma, CCI, indicando un indirizzo PEC al quale inoltrare le domande;
− esegua l’inserimento della sentenza sul sito web del Tribunale di Bologna:
www.tribunale.bologna.giustizia.it, nel rispetto della normativa della GDPR Privacy ex art. 270, II comma, lett. f), CCI, e quindi, in relazione alle finalità della pubblicità in rapporto alla disciplina sulla tutela dei dati personali, con oscuramento di tutti i dati del ricorrente diversi da: nome, cognome e codice fiscale;
a tal fine il Gestore della crisi entro 5 giorni provvederà al deposito nel fascicolo di apposita versione oscurata della sentenza;
− aggiorni entro trenta giorni dalla comunicazione della sentenza l’elenco dei creditori ai quali notificare il presente provvedimento;
− depositi entro trenta giorni dall’apertura della liquidazione controllata la relazione sulle condizioni del debitore (unitamente alla documentazione di supporto)
ai fini dell’adozione del provvedimento di cui all’art. 268, IV comma, lett. b) da parte del giudice delegato, prendendo posizione sulle richieste del debitore;
− entro novanta giorni dall’apertura della liquidazione controllata completi l’inventario dei beni del debitore e rediga il programma di liquidazione ex art. 272, II comma, CCI, che dovrà essere depositato in cancelleria per l’approvazione del giudice delegato;
− scaduti i termini per la presentazione delle domande da parte dei creditori, predisponga un progetto di stato passivo ai sensi dell’art. 273, I comma, CCI e lo comunichi agli interessati.

Il Liquidatore è tenuto a valutare criticamente quantificazione e qualificazione (anche in punto a prededucibilità del compenso dell’Advisor) dei crediti alla luce dei parametri in vigore e del tenore restrittivo dell’art. 6 CCI.

Lo stato passivo, una volta formato, dovrà essere depositato in cancelleria (unitamente alla prova della notifica ai creditori) e inserito nel sito web del tribunale ex art. 273, III comma, CCI;
− ogni sei mesi dall’apertura della liquidazione, presenti una relazione al giudice delegato riguardo l’attività compiuta e da compiere per eseguire la liquidazione, unitamente al conto della gestione e copia degli estratti conto bancari aggiornati alla data della relazione;
− due mesi prima della scadenza del triennio dall’apertura della liquidazione, trasmetta al debitore ed ai creditori una relazione in cui prende posizione sulla sussistenza delle condizioni di cui all’art. 280 CCI;
esamini e prenda posizione riguardo alle eventuali osservazioni e, in ogni caso, depositi al tribunale una relazione finale (allegando eventuali osservazioni e, in ogni caso, la prova della notifica della relazione ai creditori) entro il mese successivo alla scadenza del triennio;
− provveda, una volta terminata l’attività di liquidazione, a presentare il rendiconto ex art. 275, III comma CCI ed a domandare la liquidazione del compenso;
− chieda, una volta compiuto il riparto finale tra i creditori, la chiusura della procedura ex art. 276 CCI;
a u t o r i z z a il Liquidatore, con le modalità di cui agli articoli 155-quater, 155-quinquies e 155-sexies delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile:
1) ad accedere alle banche dati dell’anagrafe tributaria e dell’archivio dei rapporti finanziari;
2) ad accedere alla banca dati degli atti assoggettati a imposta di registro e ad estrarre copia degli stessi;
3) ad acquisire la documentazione contabile in possesso delle banche e degli altri intermediari finanziari relativa ai rapporti con il debitore, anche se estinti;
o r d i n a la consegna o il rilascio dei beni facenti parte del patrimonio di liquidazione e che gli stessi siano messi immediatamente nella disponibilità del Liquidatore;
o r d i n a la trascrizione della presente sentenza nei registri immobiliari a cura del Liquidatore;
d i s p o n e che sia lasciata allo stato nella disponibilità del ricorrente somma mensile netta di euro 1.600,00 ai sensi dell’art. 268, IV comma, lett. b) CCI, in considerazione della necessità di destinarla al mantenimento in base alle spese che il ricorrente ha quantificato come necessarie per il sostentamento proprio e familiare, mentre i redditi ulteriori – anche sopravvenuti – dovranno essere posti a disposizione del Liquidatore mano a mano che maturano.

Si comunichi all’OCC ed al Liquidatore.

Così deciso in Bologna, nella Camera di Consiglio della Sezione Quarta Civile e Procedure concorsuali del Tribunale in data 1agosto 2024 La Giudice Rel.
Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME

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