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Apertura della liquidazione controllata su istanza di creditore

Il caso analizza la legittimazione attiva del creditore nella proposizione della domanda di apertura della liquidazione giudiziale o controllata, la differenza tra le due procedure concorsuali, i requisiti per l’apertura della liquidazione controllata e la nomina degli organi della procedura. Viene, inoltre, analizzata la differenza tra litisconsorzio necessario e facoltativo e l’ipotesi di giudicato riflesso.

Pubblicato il 01 September 2024 in Diritto Fallimentare, Giurisprudenza Civile

RG TARGA_VEICOLO -1/2024 PROC.
UNITARIO

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI TORINO – SEZIONE SESTA CIVILE

Il Tribunale di Torino, Sezione Sesta Civile, riunito in camera di consiglio nelle persone dei magistrati dott. NOME COGNOME Presidente dott.ssa NOME COGNOME Giudice Relatore dott. NOME COGNOME Giudice ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._355_2024_ N._R.G._2_2024 DEL_05_08_2024 PUBBLICATA_IL_08_08_2024

nel proc. unitario n. 209-1/2024 avente ad oggetto il ricorso per l’apertura della liquidazione giudiziale e in subordine per l’apertura della liquidazione controllata proposto da (CF ), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Milano ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME del Foro di Torino – RICORRENTE- nei confronti di (CF ), in persona del liquidatore e legale rappresentante pro tempore, con sede legale a Torino, in INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOMEC.F. – CONVENUTA – C.F. ricorso depositato il 24 aprile 2024 (d’ora innanzi per brevità solo “ ) ha domandato in via principale l’apertura della liquidazione giudiziale e, in subordine, l’apertura della liquidazione controllata nei confronti della società a responsabilità limitata , con sede legale a Torino, in INDIRIZZO Sotto il profilo della legittimazione, la ricorrente ha allegato di essere creditrice sulla base dell’ordinanza ex art. 702 bis c.p.c. n. 1842/2020 del Tribunale di Siena.

Con tale provvedimento, il giudice di primo grado, ha condannato quale debitore principale, nonché i fideiussori , in via solidale, al pagamento di euro 37.749,86 per canoni insoluti e spese, relativi al contratto di leasing n. NUMERO_DOCUMENTO, oltre euro 1.041 mensili dal 14.9.2016 sino al rilascio del bene -in allora non avvenuto- in favore (la quale successivamente, risulta fusa per incorporazione Il ricorso ed il decreto di fissazione di udienza sono stati notificati alla parte convenuta a mezzo pec da parte della Cancelleria il 6.5.2024. si è costituita depositando memoria in data 28.5.2024, con cui ha sostenuto di essere qualificabile come impresa minore, pertanto sottratta alla liquidazione giudiziale, ed ha contestato in punto quantum il credito di Sotto tale profilo, ha allegato che l’ordinanza ex art. 702 bis c.p.c. n. 1842/2020 del Tribunale di Siena è stata impugnata dal fideiussore.

La convenuta ha sostenuto che la pronuncia verrà riformata in punto quantum e ciò comporterà anche la rideterminazione del credito di nei confronti di , che potrà valersi della pronuncia favorevole.

Prima dell’udienza, fissata al 4.6.2024, sono state depositate memorie non autorizzate da entrambe le parti (in data 30.5.2024 e 3.6.2024).

All’udienza 4.6.2024 è comparso il liquidatore della società convenuta, che ha dichiarato che oltre ai debiti con e l’erario ci sono circa 10/15.000 euro di debiti, i quali secondo quanto dichiarato dal legale della società in tale occasione sono antecedenti al 2013 e mai azionati, probabilmente prescritti anche prudenzialmente alcuni sono stati mantenuti nel bilancio.

Inoltre, in esito al rilievo del giudice relatore che le memorie 30.45.2024 e 3.6.2024 sono state depositate senza autorizzazione, le parti hanno chiesto termine per deposito di Parte Parte Parte Parte Partedeterminato dall’assenza in atti dell’informativa richiesta ad con il decreto di fissazione di udienza.

Le parti hanno depositato le memorie autorizzate, in particolare con la memoria di replica ha argomentato circa la sussistenza di insolvenza della convenuta ed in punto propria legittimazione attiva.

Con memoria 18.6.2024 ha invece eccepito la mancanza di prova definitiva del credito attuale sotteso alla domanda, chiarendo che la odierna convenuta ha deciso di non costituirsi nel giudizio di appello, pur essendo stata ritualmente evocata, e nel quale è stata dichiarata contumace.

Ha sostenuto che la decisione di non costituirsi nell’appello è stata determinata dalla constatazione che ha impugnato l’ordinanza ex art. 702 bis c.p.c. in tutte le sue parti, ritenendo che così GP possa ritrarre i benefici di una riforma in secondo grado senza sostenere spese.

In merito, la convenuta ha argomentato di ritenere che vi sia tra debitore principale ( e fideiussore ( ) litisconsorzio processuale necessario e che una pronuncia nel secondo grado favorevole al fideiussore influisca anche sul rapporto principale sotteso a quello fideiussorio.

Inoltre, nella memoria di replica la convenuta ha ribadito di non ritenere sussistente l’insolvenza, rappresentando tra il resto di aver aderito alla c.d. rottamazione del debito erariale e di aver regolarmente corrisposto le prime quattro rate.

Ha allegato, altresì, che il liquidatore si è attivato per vendere a terzi il patrimonio immobiliare sociale al fine di procedere al regolare rientro del debito erariale e all’adempimento delle obbligazioni sociali, dando priorità al pagamento del debito di natura privilegiata rispetto a quello, contestato, e comunque di natura chirografaria di Infine, ha dato atto di aver trasmesso alla camera di commercio i bilanci sino al 2023 (che dalla visura camerale allegata al ricorso e datata 24.4.2024 risultavano depositati solo fino all’anno 2009).

Alla successiva udienza del 25.6.2024 è stato disposto un nuovo rinvio, stante l’assenza nel fascicolo dell’informativa richiesta ad con il decreto di fissazione di udienza, mandando alla cancelleria di sollecitarne il deposito.

Tale informativa, datata 6.5.2024, è stata inserita nel fascicolo telematico il 22.7.2024 e riporta la situazione debitoria di cui si dirà oltre.

Infine, all’udienza 23.7.2024 la ricorrente ha insistito per l’apertura della liquidazione giudiziale e in subordine della liquidazione controllata nei confronti di Parte convenuta, in relazione alla certificazione di cui sopra ha argomentato che Parte Parte escluse dalla definizione agevolata risultano € 31.266,61, tra cui una cartella notificata successivamente al Giugno 2023 (termine indicato dalla parte come ultimo per l’adesione alla definizione agevolata) e cartelle precedenti al 2015, di cui si è detta ignara della ragione per cui il commercialista non le abbia inserite nella istanza di adesione alla definizione agevolata. Richiamate le pregresse difese, si è opposta all’accoglimento delle domande.

Il giudice relatore ha riservato di riferire al Collegio.

***

Ritiene il Collegio che sussistano i presupposti previsti dalla legge per la dichiarazione di apertura della liquidazione controllata e non per la dichiarazione di apertura della giudiziale per le ragioni che seguono.

Preliminarmente deve affermarsi la legittimazione attiva della ricorrente.

Al riguardo, occorre premettere in diritto che come è noto, “In tema di iniziativa per la dichiarazione di fallimento, l’art. 6 legge fall.
, laddove stabilisce che il fallimento è dichiarato, fra l’altro, su istanza di uno o più creditori, non presuppone un definitivo accertamento del credito in sede giudiziale, né l’esecutività del titolo, essendo viceversa a tal fine sufficiente un accertamento incidentale da parte del giudice, all’esclusivo scopo di verificare la legittimazione dell’istante” (Cass. civ. Sez. Unite Sent. , 23/01/2013, n. 1521; Cass. civ. Sez. I Sent. , 22/05/2014, n. 11421; Cass. civ. Sez. I Ord., 28/11/2018, n. 30827).

Con maggiore dettaglio, la Suprema Corte ha chiarito che “La dichiarazione di fallimento presuppone un’autonoma delibazione incidentale, da parte del tribunale fallimentare, compatibilmente con il carattere sommario del rito, circa la sussistenza del credito dedotto a sostegno dell’istanza, quale necessario postulato della verifica della legittimazione del creditore a chiedere il fallimento.

In tale ambito il giudice deve valutare non solo le allegazioni e le produzioni della parte istante ma anche i fatti rappresentati dal debitore che valgano a dimostrare l’insussistenza dell’obbligazione addotta o la sua intervenuta estinzione” (Cass. civ. Sez. VI – 1 Ord., 27/10/2020, n. 23494).

Nella fattispecie il credito della ricorrente soggetto risultante – come da atto del 20.04.2023 Notaio dott. (rep. 42437, racc. 21719) (doc. 1) – dalla fusione per incorporazione di è provato dall’ordinanza ex art. 702 bis n. 1842/2020 del Tribunale di Siena, da ritenere ormai passata in giudicato in relazione alle statuizioni di condanna relative all’odierna resistente.

Con tale provvedimento, accertata l’avvenuta scadenza naturale nel settembre 2016 del contratto di leasing stipulato tra e la dante causa di cui questa è subentrata nel contratto, il Tribunale ha condannato RAGIONE_SOCIALE. a restituire immediatamente l’immobile alla società di leasing e la ha condannata, quale debitore principale, al pagamento di euro 37.749,86 per canoni insoluti e spese relativi al contratto di leasing n. NUMERO_DOCUMENTO, oltre euro 1.041 mensili dal 14.9.2016 sino al rilascio del bene -in allora non avvenuto – , oltre interessi di mora al tasso contrattuale, in favore di. L’ordinanza ha altresì condannato in via solidale a tale pagamento i fideiussori , questi ultimi sino alla concorrenza di euro 77.460 al netto dell’IVA.

Pacificamente tale ordinanza è stata impugnata dalla sola e non dalla debitrice principale né da Ciò posto, deve respingersi la tesi difensiva della società odierna convenuta secondo cui, pur non avendo impugnato l’ordinanza ex art. 702 bis c.p.c. potrebbe giovarsi di una eventuale riforma della stessa in punto riduzione del quantum dovuto.

Devono considerarsi al riguardo le seguenti statuizioni della Suprema Corte, la quale ha chiarito che “La fideiussione fa sorgere un vincolo di solidarietà passiva tra debitore principale e fideiussore e, in caso di pluralità di garanti, tra i diversi fideiussori.

Atteso che l’obbligazione solidale passiva non comporta, sul piano processuale, l’inscindibilità delle cause e non dà luogo a litisconsorzio necessario, è sempre possibile, anche in caso di fideiussione, la scissione del rapporto processuale.

Questo, pertanto, può svolgersi nei confronti di uno solo dei coobbligati e nel caso di giudizio impugnazione proposto da uno solo dei debitori solidali, la sentenza passa in giudicato nei confronti dei condebitori non impugnanti” (Cass. n. 18578/2004).

Con specifico riferimento all’ipotesi di impugnazione proposta dal fideiussore contro la sentenza che lo condanna in solido con il debitore principale, è stato chiarito che trattandosi di litisconsorzio facoltativo in cause scindibili, la c.d. principio del giudicato riflesso, ovvero il principio per cui un coobbligato può avvalersi del giudicato favorevole emesso in un giudizio promosso da altro coobbligato anche se non vi ha partecipato, può essere invocato solamente da un soggetto che non sia diretto destinatario di un diverso e contrario giudicato formatosi nel frattempo (Cass. n. 6694/2004, Cass. n. 12401/2003; Cass. n. 134/2003; Cass. n. 4320/1976; Cass. n. n. 3260/1974).

Infatti, il coobbligato non può invocare a proprio vantaggio la diversa successiva pronuncia emessa nei riguardi di altro debitore in solido, nel caso in cui egli non sia rimasto inerte, ma abbia partecipato ad un un giudizio già conclusosi in modo a lui sfavorevole (Cass. n. 13997/2002).

Si tratta, quindi di un diritto potestativo sostanziale che presuppone la mancanza di specifico giudicato o di preclusioni nei confronti del soggetto che intende esercitare tale diritto (Cass. n. 1681/2000).

Il principio dell’opponibilità della sentenza favorevole ottenuta dal condebitore di cui all’art. 1306 c.c., non opera, quindi, a vantaggio del condebitore che sia vincolato da giudicato formatosi direttamente nei suoi confronti e alla parte non impugnante non si estendono gli effetti derivanti dall’impugnazione proposta da altre parti contro una sentenza sfavorevole emessa nei confronti di tutte le parti (Cass. n. 7053/1991 e Cass. n. 11251/1990).

Con specifico riguardo ai rapporti tra debitore principale e fideiussore, la giurisprudenza riconosce, infatti, che la posizione dipendente è quella del fideiussore, il quale, non potendo rispondere in misura eccedente rispetto al debitore principale ex art. 1941 c.c., non può esser obbligato a risponde di un debito che sia stato accertato inesistente nei confronti del debitore principale o accertato esistente per un ammontare inferiore.

Tanto che La Suprema Corte (Cass. 27/02/1985 n. 1706) riconosce in tale evenienza che l’accoglimento dell’impugnazione proposta dal solo debitore principale “viene a travolgere anche la condanna del fideiussore quando comporti il disconoscimento del debito principale”.

Non sussiste per contro una dipendenza dell’obbligazione principale da quella del fideiussore, atteso che come la fideiussione non è essenziale, così è ben possibile che il debitore principale che ha prestato acquiescenza resti obbligato pur se il fideiussore in sede di gravame è stato liberato dalla propria obbligazione.

Applicando tali principi al caso in esame, deve, dunque, ritenersi sussistente la legittimazione della ricorrente, non avendo debitore principale ed obbligato in solido coi fideiussori, impugnato nei termini l’ordinanza ex art. 702 bis c.p.c. citata, così che gli eventuali effetti di tale sentenza non potranno, a prescindere dall’esito di tale giudizio, avere effetto rispetto all’esistenza (ed alla misura) del credito di Né può accogliersi la tesi difensiva della resistente secondo cui l’avvenuta restituzione dell’immobile nel novembre 2021, dopo la pronuncia dell’ordinanza ex art. 702 bis c.p.c., avrebbe un qualche rilievo come fatto sopravvenuto. Si tratta, infatti, certamente di una sopravvenienza che ha come unica conseguenza quella di cristallizzare la somma dovuta mensilmente, sulla base dell’ordinanza passata in giudicato nei confronti di sino a tale momento, come in effetti appare calcolato nell’atto di precetto.

Non occorre pertanto esaminare i motivi di impugnazione da parte di essendo l’ordinanza coperta dal giudicato in relazione alla condanna di Ancora in via preliminare, questo Tribunale è territorialmente competente ai sensi dell’art. 27 co 2 CCII, atteso che la sede legale della società convenuta è a residenza del convenuto è a Torino, in INDIRIZZO (cfr. visura camerale del 9.5.2024).

Ciò posto, la domanda proposta in via principale dalla ricorrente deve essere respinta perché la convenuta ha provato il possesso congiunto dei requisiti di cui all’art. 2 co 1 lett. d) CCI, norma che prevede che sia qualificabile come «impresa minore» “l’impresa che presenta congiuntamente i seguenti requisiti:
1) un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall’inizio dell’attivita’ se di durata inferiore;
2) ricavi, in qualunque modo essi risultino, per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall’inizio dell’attivita’ se di durata inferiore;
3) un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro cinquecentomila”.

Dai dati riportati nei bilanci dei tre esercizi antecedenti al deposito del ricorso risultano un attivo annuo non superiore a 300.000 euro e ricavi annui non superiori a 200.000,00.

In particolare, per l’anno 2021: l’attivo è di euro 132.751,00 e i ricavi pari ad euro 5.462,00.
Per l’anno 2022 l’attivo è di euro 132.751,00 e i ricavi sono pari a zero.
Per l’anno 2023 l’attivo è di euro 149.984,00 ed i ricavi pari ad euro 86.440.

Parte introduttivo in euro 116.209,96, devono sommarsi le somme risultanti dalla informativa trasmessa da per complessivi euro 85.389,84 e le ulteriori somme di 10/15.000 euro dichiarati dal liquidatore all’udienza 4.6.2024.

Occorre osservare che dalla visura allegata al ricorso e datata 24.4.2024 l’ultimo bilancio depositato era relativo all’esercizio 2009.

Tuttavia dalla visura aggiornata al 23.7.2024, in atti, risulta l’avvenuta trasmissione dei bilanci 2023, 2022, 2021 e 2020, rimanendo ancora non depositati quelli relativi agli anni dal 2019 al 2010 compreso.

Il solo ritardo nel deposito dei bilanci delle ultime tre annualità non costituisce di per sé ragione di inattendibilità degli stessi, in assenza di specifiche ragioni di inattendibilità, peraltro non evidenziate dalla parte ricorrente.

Per quanto esposto, appare provato il possesso congiunto dei requisiti sopra indicati e la convenuta deve ritenersi impresa minore, come tale non soggetta a liquidazione giudiziale, così che la domanda proposta in via principale da non può essere accolta.
Sussistono, invece, i requisiti per l’accoglimento della domanda proposta in via subordinata dalla ricorrente.

Appare, infatti, superata la soglia di 50.000 per debiti scaduti indicata come necessaria all’art. 268 co 2 CCII al fine di pronunciare l’apertura della liquidazione controllata in ipotesi di domanda proposta dal creditore.

Il credito della ricorrente, per le ragioni sopra esposte, è supportato da pronuncia passata in giudicato ed è superiore a 50.000 euro.

Devono considerarsi anche le somme risultanti dall’informativa per complessivi euro 85.389,84, comprese le somme oggetto di definizione agevolata devono considerarsi tra i debiti scaduti in quanto la rateizzazione del debito per somme iscritte al ruolo non determina una novazione dell’obbligazione (ex multis Cass. n. 26515/2022).

E’ provato anche lo stato di insolvenza di cui all’art. 268 CCII, definito dall’art. 2 co 1 lett. b) CCII come “stato del debitore che si manifesta con inadempimenti o altri fatti esteriori, i quali dimostrino che il debitore non è più in grado di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni”.

Tale stato si è manifestato attraverso l’incapacità di far fronte al debito già scaduto nei confronti di coperto dal giudicato caduto sull’ordinanza ex art. 702 bis c.p.c. citata, in relazione al quale è stato precisato nelle difese di questo giudizio che non è stato proposto gravame per non gravare.

Significativa è anche la circostanza che dal 2009 sino al 24.4.2024 (data della visura camerale allegata al ricorso) non siano Parte Parte procedimento), senza che allo stato siano stati trasmessi i bilanci per le annualità dal 2010 al 2019 compresi.

Dal bilancio 2023, inoltre, risulta inoltre un patrimonio netto negativo per euro 36.453,00 e una perdita di esercizio pari ad euro 64.867, in aumento rispetto all’anno 2022 nel quale era indicata una perdita per euro 889.

Si tratta di elementi che, unitariamente considerati, depongono a favore l’impossibilità per il debitore di soddisfare regolarmente le proprie obbligazioni.

Deve rilevarsi, inoltre, che trattandosi di società in liquidazione, appaiono applicabili i principi enunciati dalla Suprema Corte nella vigenza della l.f. in base ai quali “la valutazione del giudice, ai fini del giudizio sulla sussistenza dello stato di insolvenza, deve essere diretta unicamente ad accertare se gli elementi attivi del patrimonio sociale consentano di assicurare l’eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali, e ciò in quanto – non proponendosi l’impresa in liquidazione di restare sul mercato, ma avendo come esclusivo obiettivo quello di provvedere al soddisfacimento dei creditori previa realizzazione delle attività ed alla distribuzione dell’eventuale residuo tra i soci – non è più richiesto che essa disponga, come invece la società in piena attività, di credito e di risorse, e quindi di liquidità, necessari per soddisfare le obbligazioni contratte” (Cass. Ord., 18/12/2017, n. 30297).

Nella fattispecie non constano elementi di attivo che consentano la soddisfazione delle obbligazioni contratte, avendosi evidenza di attivo attuale consistente nei soli immobili valutati complessivamente circa 97.000,00 euro dalla perizia prodotta come documento n. 7 dalla convenuta e non essendo state indicate altre poste utilmente liquidabili di attivo, a fronte di un passivo superiore considerati di debiti nei confronti della ricorrente e dell’erario.

Per quanto esposto, si ritengono sussistenti i presupposti per la dichiarazione di apertura della liquidazione controllata ex art. 268 ss. CCII.

Ciò posto, quanto alla apertura della liquidazione controllata deve osservarsi che spetterà al liquidatore ogni verifica circa la consistenza del patrimonio liquidabile.

Infine, deve provvedersi alla nomina del Liquidatore, tenuto conto dei criteri indicati dall’art. 270 co 2 lett. b) CCII (che prevede la nomina tra gli iscritti all’elenco di cui al decreto del Ministero della Giustizia n. 2020/2014, scegliendo di regola tra i gestori residenti nel circondario del Tribunale) e del disposto del successivo art. 356 CCII, il quale prevede l’Istituzione dell’Albo Nazionale dei soggetti “destinati a svolgere, su incarico del Tribunale, le funzioni di curatore, commissario giudiziale o liquidatore nelle procedure previste dal codice della crisi e dell’insolvenza”, albo consultabile dal 1 aprile 2023. dichiara l’apertura della liquidazione controllata dei beni di (CF ), in persona del liquidatore e legale rappresentante pro tempore, con sede legale a Torino, in INDIRIZZO;
nomina la dott.ssa NOME COGNOME Giudice Delegato per la procedura;
nomina liquidatore il dott. , con invito ad accettare l’incarico entro due giorni dalla comunicazione della nomina;
ordina al debitore il deposito entro sette giorni dei bilanci, delle scritture contabili e fiscali obbligatorie, nonché dell’elenco dei creditori;

assegna ai terzi che vantano diritti sui beni della debitrice e ai creditori risultanti dall’elenco depositato termine di 60 giorni entro il quale, a pena di inammissibilità, devono trasmettere al liquidatore, a mezzo posta elettronica certificata, la domanda di restituzione, di rivendicazione o di ammissione al passivo, predisposta ai sensi dell’articolo 201 CCII;

ordina la consegna o il rilascio dei beni facenti parte del patrimonio di liquidazione;

dispone l’inserimento, ad opera del liquidatore, della sentenza nel sito Internet del Tribunale (con omissione dei dati dei terzi estranei nonché dei dati sensibili e sensibilissimi) e, nel caso in cui il debitore svolga attività di impresa, presso il registro delle imprese;

ordina qualora nel patrimonio vi siano beni immobili o beni mobili registrati, la trascrizione della sentenza presso gli uffici competenti, a cura del liquidatore;

dispone a cura del liquidatore, la notifica della sentenza al debitore, ai creditori e ai titolari di diritti sui beni oggetto di liquidazione.

Così deciso in Torino, all’esito della camera di consiglio del 24 Luglio 2024 Giudice rel.
ed est. Il Presidente (dott.ssa NOME COGNOME (dott. NOME COGNOME

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