3, Sentenza n. 7553 del 17/03/2021), la conclusione di un appalto di opere non comporta in alcun modo la perdita della custodia da parte del committente, non essendo in alcun modo sostenibile che la consegna dell’immobile, affinché vi siano eseguiti i lavori, equivalga a un corrispondente trasferimento del ruolo di custode verso i terzi, poiché una simile evenienza finirebbe con l’integrare una sorta di esonero contrattuale da responsabilità nei confronti di chi del negozio non è parte.
Secondo un orientamento consolidato (v. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 16609 del 11/06/2021; Sez. 3, Sentenza n. 7553 del 17/03/2021), la conclusione di un appalto di opere non comporta in alcun modo la perdita della custodia da parte del committente, non essendo in alcun modo sostenibile che la consegna dell’immobile, affinché vi siano eseguiti i lavori, equivalga a un corrispondente trasferimento del ruolo di custode verso i terzi, poiché una simile evenienza finirebbe con l’integrare una sorta di esonero contrattuale da responsabilità nei confronti di chi del negozio non è parte.
La conclusione dell’appalto tra due parti non può giungere a incidere surrettiziamente sulla sfera giuridica del terzo, nel senso di deprivarlo del proprio diritto risarcitorio nei confronti del committente/custode; e d’altronde, nell’appalto d’opere siano esse pubbliche o private – il committente non può non conservare un rapporto con il bene sul quale (o nel quale) vengono eseguite le opere, poiché l’iniziativa consistente nel disporre l’esecuzione di talune opere sul proprio bene non rappresenta null’altro che l’esercizio di un potere giuridico o di fatto su di esso; se, dunque, rispetto all’appaltatore, il titolare di tale potere è un committente, rispetto ai terzi è un custode: l’autonomia dell’appaltatore rimane un fatto di natura tecnica esclusivamente endocontrattuale, e in relazione agli illeciti extracontrattuali si riverbera sull’articolo 2055 c.c., a prescindere dai casi in cui l’appalto sia ab origine concepito alla stregua di un mero schermo, o che comunque, nella fase esecutiva, si sia radicalmente svuotato, ossia a prescindere dai casi in cui il soggetto che realizza l’opera sia un mero nudus minister.
Da qui l’affermazione del principio di diritto ai sensi del quale, nei confronti dei terzi danneggiati dall’esecuzione di opere effettuate in forza di in contratto di appalto, il committente è sempre gravato della responsabilità oggettiva di cui all’articolo 2051 c.c., la quale non può venir meno per la consegna dell’immobile all’appaltatore ai fini dell’esecuzione delle opere stesse, bensì trova un limite esclusivamente nel ricorso del caso fortuito; il che naturalmente non esclude ulteriori responsabilità ex articolo 2043 c.c. del committente e/o dell’appaltatore.
Il caso fortuito, poi, non può essere applicato con una modalità peculiare e riduttiva, così da reintrodurre, per altra via, un’abusiva contrattualizzazione della fattispecie: esso non può automaticamente coincidere con l’inadempimento dell’appaltatore agli obblighi contrattualmente assunti nei confronti del committente, non potendosi sminuire il concetto di imprevedibilità/inevitabilità che costituisce la sostanza del caso fortuito previsto dall’articolo 2051 c.c. come limite della responsabilità oggettiva in riconfigurata.
L’imprevedibilità – inevitabilità, pertanto, non dev’essere degradata a una vuota fictio, bensì afferire a una condotta dell’appaltatore non percepibile in toto dal committente che, adempiendo così rettamente al suo obbligo di custodia, abbia seguito l’esecuzione del contratto con un continuo e adeguato controllo, eventualmente tramite un esperto direttore dei lavori.
Corte di Cassazione, Ordinanza n. 41709 del 28 dicembre 2021
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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