N. R.G. 28340 / 2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di MILANO Sezione Settima Civile In funzione di giudice unico nella persona del dott. NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._3247_2025_- N._R.G._00028340_2023 DEL_16_04_2025 PUBBLICATA_IL_16_04_2025
nella causa civile iscritta al numero di ruolo sopra riportato, promossa da:
CF/PI: , con l’avv. COGNOME domicilio eletto presso il suo studio in Milano, INDIRIZZO
-attore opponente- CONTRO CF/PI:
, con l’avv. COGNOME domicilio eletto presso il suo studio in Milano, INDIRIZZO
-convenuto opposto- Conclusioni:
come precisate entro il termine perentorio del 13 dicembre 2024 fissato ai sensi dell’art. 189 c.p.c..
§ § §
Concise ragioni della decisione 1.
Sui fatti di causa.
L’odierno opposto ha agito in via monitoria nei confronti dell’opponente chiedendo e ottenendo ingiunzione di pagamento della somma di € 665.399,08, oltre interessi e spese di ingiunzione, quale corrispettivo dei servizi di deposito e distribuzione prestati in esecuzione del contratto in essere fra le parti, come da fatture emesse.
Parte opponente ha tempestivamente avversato la pretesa creditoria del convenuto opposto eccependo come parte del corrispettivo azionato, per € 54.499,34, non sia dovuto in quanto corrispondente a fatture in relazione alle quali il convenuto opposto emise, ante causam, note di credito a storno;
come il convenuto opposto fu gravemente inadempiente al contratto, in quanto, a far data dalla ricezione della comunicazione di disdetta dal contratto, prestò i servizi logistici promessi in maniera deficitaria;
P. per prodotti perduti o deteriorati (€ 71.670,35), per campionature perdute o deteriorate (€ 65.597,40), per materiali promozionali perduti o deteriorati (€ 33.969,61), per prodotti destinati al macero (€ 11.438,74), per spese aggiuntive di trasporto (€ 47.323,90), e così per € 230.000,00 complessivi.
Su tali basi parte opponente ha domandato, in via riconvenzionale, che il contratto sia risolto per inadempimento del convenuto opponente e che comunque, anche ai sensi dell’art. 1460 c.c., sia accertato l’inadempimento del convenuto opposto, con sua condanna al risarcimento del danno indicato nella somma di € 230.000,00, oltre interessi e rivalutazione.
Parte convenuta opposta non si è costituita nel termine di cui all’art. 166 c.p.c., in scadenza al 6 novembre 2023, ed è stata dunque inizialmente dichiarata contumace.
Parte convenuta opposta si è costituita tardivamente con comparsa depositata il 5 dicembre 2023, non contestando l’avvenuto storno di alcune delle fatture azionate, sì che la somma di € 54.499,34 è effettivamente non dovuta, e argomentando come le doglianze dell’opponente sullo smarrimento della merce sarebbero fisiologiche nell’esecuzione dei contratti di logistica quali quello per cui è causa.
Ha contestato la domanda di risoluzione del contratto, posto che esso si è già sciolto al 31 dicembre 2022 a seguito della disdetta dell’opponente;
ha eccepito l’esistenza di una clausola limitativa del rimborso, pattuita al n. 8 del contratto;
ed ha sottolineato come, anche tenendo conto delle eccezioni e domande risarcitorie dell’opponente, comunque emerge un credito di € 380.899,74 non contestato in favore dell’opposto.
Ha dunque concluso, in comparsa di risposta, perché le domande dell’opponente siano respinte e perché questi sia condannato a pagare a suo favore la somma di € 610.899,74.
La causa è stata istruita tramite assunzione dell’interrogatorio formale del convenuto opposto, sui capitoli dedotti dall’opponente e ammessi, e giunge in decisione sulle conclusioni precisate dalle parti entro il termine perentorio del 13 dicembre 2024 fissato ai sensi dell’art. 189 c.p.c..
La causa è stata trattenuta in decisione con provvedimento del 14 marzo 2025.
2.
Sul contratto in essere fra le parti e sulla domanda di risoluzione per inadempimento del convenuto opposto.
Il contratto in essere fra le parti (doc. 1 fasc. mon. ) va qualificato come appalto di servizi logistici:
con esso il convenuto opposto si obbligò a prestare in favore dell’opponente (e, inizialmente, di altri soggetti, che a seguito dei rinnovi non fecero più parte del rapporto contrattuale, come affermato dall’opponente a pag. 3 della citazione e non contestato dal convenuto opposto) i servizi di ricezione dei prodotti farmaceutici e dei campioni prodotti dall’opponente, custodia in magazzino e trasporto presso gli indirizzi di spedizione indicati dagli acquirenti, in tutta Italia eccettuate le sole regioni informazioni relative ai livelli di scorte dei diversi prodotti in deposito e ai prodotti con scadenza ravvicinata. Quanto all’obbligo di trasporto con destinazione gli acquirenti della merce, le parti previdero stringenti obiettivi di risultato nell’allegato “C” al contratto, ove sono indicati termini di consegna previsti fra le 24 e le 72 ore dall’affidamento al corriere.
Come pattuito nell’ultimo addendum (doc. 3 fasc. mon. ), il contratto vide come termine finale di efficacia il 31 dicembre 2022, con previsione di proroga tacita annuale per il caso di mancata disdetta da inviarsi almeno entro sei mesi prima la scadenza.
È pacifico fra le parti che, per effetto di tempestiva disdetta datata 29 giugno 2022 (doc. 33 opponente), il contratto cessò di avere efficacia con la fine dell’anno 2022.
In primo luogo, occorre esaminare la domanda di risoluzione del contratto per inadempimento del convenuto opposto, formulata dall’attore opponente in via riconvenzionale.
Al riguardo, parte opposta ha affermato che la domanda di risoluzione sarebbe “impropria”, posto che il contratto si sciolse per effetto della disdetta e del conseguente mancato rinnovo.
La domanda dell’attore opponente e la difesa del convenuto opposto impongono dunque di esaminare il tema della risoluzione per inadempimento del contratto di durata il quale, alla data della domanda di risoluzione, sia già cessato per decorso del termine di efficacia.
Sul punto, si richiamano le condivisibili considerazioni espresse dalla Corte di cassazione:
«Il nucleo comune dei primi due motivi di ricorso è che non si può risolvere per inadempimento un contratto la cui efficacia è già cessata.
Di conseguenza, non potevano trovare applicazione nel caso di specie le norme che disciplinano gli effetti della risoluzione, ed in particolare l’art. 1526 c.c..
Osserva al riguardo il Collegio che la sola circostanza che un contratto sia soggetto ad un termine di efficacia o di durata, in teoria, di per sé non impedisce che se ne possa domandare la risoluzione per inadempimento, anche dopo che quel termine sia spirato.
Se, infatti, si escludesse la possibilità di domandare la risoluzione d’un contratto soggetto a termine, dopo che questo sia scaduto, il contraente non inadempiente non potrebbe, dinanzi all’inadempimento della controparte, che domandare l’adempimento od il risarcimento del danno.
La risoluzione, invece, oltre a produrre effetti risarcitori, produce anche effetti liberatori e restitutori (di norma retroattivi), effetti dunque diversi da, e più ampi di, quelli consentiti dalle domande di adempimento o di risarcimento.
Così, ad esempio, nessuno dubiterebbe che possa chiedersi la risoluzione per inadempimento di un contratto d’appalto anche dopo che sia spirato il termine entro il quale l’appaltatore si era obbligato a completare l’opus.
5.1.
Per valutare l’ammissibilità d’una domanda di risoluzione per inadempimento proposta dopo la scadenza del termine di adempimento o di durata cui il contratto era soggetto conseguire con la sola domanda di risarcimento del danno da inadempimento.
Questa Corte ha già stabilito, infatti, che la domanda di risoluzione d’un contratto di durata (in quel caso, un contratto di agenzia) è inammissibile quando essa non possa produrre “effetti sostanzialmente diversi da quelli già verificatisi” per effetto dello scioglimento del contratto per altra causa (così Sez. 3, Sentenza n. 2643 del 22/07/1968, Rv. 335160 – 01).
5.2.
Ebbene, di norma la domanda di risoluzione per inadempimento d’un contratto ad esecuzione continuata o periodica, formulata dopo lo spirare del termine di efficacia del contratto, non può avere alcuna utilità per chi l’abbia proposta.
Infatti la scadenza del termine fa cessare gli effetti del contratto, rendendo inutile la pronuncia di scioglimento;
i danni causati dall’inadempimento possono essere invocati dal danneggiato ai sensi dell’art. 1218
c.c., rendendo inutile invocare gli effetti risarcitori della risoluzione;
le prestazioni scadute e non adempiute possono essere pretese dalla parte non inadempiente senza bisogno di passare per una pronuncia di risoluzione, giacché l’effetto liberatorio di questa nei contratti di durata non travolge le prestazioni già scadute e non eseguite (art. 1458 c.c., comma 1, secondo periodo;
in tal senso già Sez. 3, Ordinanza n. 8760 del 29/03/2019, Rv. NUMERO_DOCUMENTO – 02; Sez. 3, Sentenza n. 4855 del 14/04/2000, Rv. NUMERO_DOCUMENTO – 01).
Di norma, quindi, la domanda di risoluzione d’un contratto di durata proposta dopo la scadenza del termine di efficacia di esso sarà inammissibile, perché dal suo accoglimento non potrebbe discendere alcun effetto che non si sia già prodotto, o che non sia conseguibile con la generale azione di danno ex art. 1218 c.c..
» (Cass., sez. III, ordinanza 25 febbraio 2020, n. 5022, in motivazione).
La domanda di risoluzione del contratto di durata già scaduto deve dunque superare un vaglio di ammissibilità, volto a determinare se essa miri a conseguire una qualche utilità per la parte che la formula.
Trattasi, a ben vedere, della verifica della sussistenza dell’interesse ad agire in risoluzione, ciò che manifesta che trattasi di questione processuale (ammissibilità o inammissibilità) e non di merito (fondatezza o infondatezza).
Nel caso di specie, è opinione del Tribunale che la domanda sia inammissibile, posto che (i) l’accoglimento o rigetto della domanda di risoluzione non condiziona l’esame delle domande risarcitorie azionate via riconvenzionale, che sono articolate come conseguenza dell’inadempimento, e non dello scioglimento del contratto imputabile al convenuto opposto;
e che (ii) l’eventuale accoglimento della domanda di risoluzione non potrebbe comunque condurre allo sperato esito liberatorio rispetto alle obbligazioni pecuniarie azionate dal convenuto opposto, posto che l’irretroattività della risoluzione del contratto di durata stabilita dall’art. 1458 c.c. fa sì che, comunque, le obbligazioni scadute e non adempiute rimangono ferme.
ingiunzione, erano state già stornate da note di credito;
ma non sollevano alcuna specifica questione quanto alla correttezza degli importi fatturati in relazione alla qualità e quantità di servizi prestati dal convenuto opposto nel secondo semestre dell’anno 2022.
È dunque evidente, a parere del Tribunale, che l’eccezione di inadempimento sollevata dall’opponente si sostanzia, in definitiva, nella domanda risarcitoria formulata in via riconvenzionale, e che, una volta esaminata, ed eventualmente accolta per quanto di ragione, la domanda riconvenzionale di condanna, nulla osta a che il convenuto opposto si veda riconosciuto il corrispettivo dovuto per i servizi contrattuali prestati.
La domanda riconvenzionale di risoluzione del contratto per inadempimento del convenuto opposto deve dunque essere dichiarata inammissibile.
Su tali basi, potranno essere esaminate le reciproche domande di condanna.
3. Sulla domanda riconvenzionale di risarcimento del danno.
Come visto, con la citazione parte opponente ha domandato che il convenuto opposto sia condannato a risarcire i seguenti danni:
per prodotti perduti o deteriorati (€ 71.670,35), per campionature perdute o deteriorate (€ 65.597,40), per materiali promozionali perduti o deteriorati (€ 33.969,61), per prodotti destinati al macero (€ 11.438,74), per spese aggiuntive di trasporto (€ 47.323,90), e così per € 230.000,00 complessivi.
Per ciascuna di tali poste di danno l’opponente ha prodotto un documento (doc. da 38 a 42) che costituisce specifica esplicazione degli elementi che conducono alla cifra richiesta.
Al riguardo, parte opposta, costituitasi in giudizio tardivamente, non ha contestato in alcun modo la richiesta risarcitoria né i fatti allegati a sostegno, limitandosi a constatare come sia “fisiologico” che la merce venga smarrita ed eccependo come, alla clausola n. 8 del contratto, fu previsto un limite di risarcimento per perdita o avaria delle merci viaggianti dal deposito all’indirizzo dei clienti.
Entrambe le difese non giovano all’opponente:
lo smarrimento della merce obbliga certo il convenuto opposto al risarcimento del danno, e ciò proprio in forza della clausola n. 8 del contratto (secondo paragrafo);
la clausola n. 8 quale limite alla responsabilità (quinto paragrafo) risulta poi invocata a sproposito, posto che i danni lamentati dall’opponente attengono le condizioni e le quantità delle merci in magazzino sì come esso fu trasferito al nuovo appaltatore a seguito della cessazione degli effetti del contratto, e non invece smarrimenti o avarie della merce in viaggio verso i clienti finali.
A seguito della mancata contestazione del danno in comparsa di risposta, il convenuto opposto ha poi mancato di depositare la prima memoria integrativa.
maturate, quando i fatti allegati dall’opponente sin dalla citazione (con richiamo anche ai doc. da 38 a 42 prodotti) e non contestati dovevano già ritenersi pacifici e come tali esclusi dal thema probandum.
Si individua dunque un danno risarcibile di € 230.000,00;
trattandosi di obbligazione risarcitoria, debito c.d. di valore, la somma va portata all’attualità dal 31 dicembre 2022 tramite applicazione della rivalutazione secondo l’indice ISTAT;
e così per € 236.210,00.
Non avendo l’attore opponente allegato che il possesso del denaro nel biennio in parola gli avrebbe dato frutti civili superiori rispetto alla rivalutazione applicata d’ufficio, non è luogo per l’applicazione di interessi c.d. compensativi.
4. Sulla domanda azionata in INDIRIZZO
Come detto, esaminata e accolta la domanda riconvenzionale di condanna formulata dall’opponente, nulla osta a che l’opposto si veda riconosciuto il corrispettivo per i servizi logistici pacificamente prestati.
Dalla somma azionata in via monitoria di € 665.399,08, occorre sottrarre le note di credito pacificamente emesse e neglette dal convenuto opposto (per € 54.499,34) e la somma oggi liquidata a titolo di danno (€ 236.210,00), e così per € 374.689,74.
Su tale importo, in relazione alla quale il rifiuto di pagamento era ingiustificato, vanno computati interessi al saggio di cui all’art. 5 d.lgs. 231/2002 dalla scadenza delle ultime fra le fatture azionate sino al pagamento.
Ritenuto in conclusione che La domanda riconvenzionale dell’opponente di risoluzione del contratto d’appalto per inadempimento dell’opposto va dichiarata inammissibile.
In parziale accoglimento dell’opposizione, il decreto ingiuntivo deve essere revocato e l’attore opponente deve essere condannato a pagare a favore del convenuto opposto la somma di € 374.689,74, oltre interessi al saggio di cui all’art. 5 d.lgs. 231/2002 dalla scadenza delle ultime fra le fatture azionate sino al pagamento.
Stante la reciproca soccombenza fra le parti (soccombenza dell’opposto sulla domanda risarcitoria;
soccombenza dell’opponente sulla domanda di pagamento della minore somma dovuta), sussistono i presupporti dell’art. 92 c.p.c. per l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.
Il Tribunale di Milano, definitivamente pronunciando sull’opposizione proposta, con citazione notificata il 24 luglio 2023, da nei confronti di ) accoglie in parte l’opposizione;
2) revoca il decreto ingiuntivo opposto;
3) condanna l’opponente a pagare in favore dell’opposto la somma di € 374.689,74, oltre interessi al saggio di cui all’art. 5 d.lgs. 231/2002 dalla scadenza delle ultime fra le fatture azionate sino al pagamento;
4) dichiara integralmente compensate fra le parti le spese di lite.
Così deciso in Milano il 16 aprile 2025.
Il Giudice (NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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