REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI ROMA SEZIONE QUARTA
CIVILE Riunita in camera di consiglio e così composta dr.ssa NOME COGNOME presidente dr.ssa NOME COGNOME consigliere rel. dr. NOME COGNOME consigliere ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._680_2025_- N._R.G._00005061_2020 DEL_31_01_2025 PUBBLICATA_IL_31_01_2025
nella causa civile in grado d’appello iscritta al numero 5061/2020 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2020 a cui è riunito il giudizio iscritto al n. 5081/2020, decisa a seguito di discussione orale, ex art. 281-sexies c.p.c, all’udienza del giorno 31/01/2025 e vertente TRA (p.Iva ) in persona dell’amministratore legale e del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv.to NOME COGNOME in virtù di mandato rilasciato in calce all’atto di appello ed elettivamente domiciliati presso lo studio di detto difensore in Latina, INDIRIZZO APPELLANTE – APPELLATO nel giudizio 5081/2020 P.(c.f. e P.Iva in persona del legale rappresentante amministratore p.t., rappresentato e difeso dall’avv.to NOME COGNOME in virtù di procura speciale in calce alla comparsa di costituzione nel presente grado ed all’atto di appello nel giudizio 5081/2020 ed elettivamente domiciliati presso l’indirizzo pec di detto difensore, APPELLATO-APPELLANTE nel giudizio 5081/2020
OGGETTO: appello contro sentenza n. 1185/2020 del Tribunale di Latina pubblicata in data 30/06/2020
FATTO E DIRITTO
§ 1. – La vicenda da cui ha tratto origine il presente giudizio di appello è così riassunta nella sentenza impugnata:
“Il (d’ora in poi denominato soltanto ”) con contratto di appalto 07.10.2014 (all.1) ha commissionato alla società Ricorrente i lavori di ordinaria manutenzione del fabbricato in condominio INDIRIZZO per un importo complessivo di € 100.077,00 (oltre iva) a cui si sommano lavori extra per un importo di € 31.227,90 (oltre iva), giusto stato finale contabile redatto dal direttore dei lavori nominato dal medesimo Condominio, arch. (all.2).
In sostanza, sono stati commissionati all’impresa:
– lavori oggetto del contratto 07.10.2014 (per un importo di € 100.077,00 oltre iva) – lavori extra (per un importo di € 31.227,90 oltre iva).
Il contratto 07.10.2014 prevede la modalità di pagamento mediante RAGIONE_SOCIALE (di cui il primo alla sottoscrizione del contratto) con trattenuta su ognuno di essi (dunque a partire dal ) di una percentuale pari al 10% del RAGIONE_SOCIALE a titolo di garanzia.
L’impresa ha eseguito tutti i lavori di cui al contratto 07.10.2014 senza che abbia nulla osservato/eccepito/contestato.
Di contro, il ha trattenuto la percentuale del 10% sui RAGIONE_SOCIALE dal n.2 al n.6.
Più precisamente:
– 2° SAL fattura 8/15 di € 20.188,20, pagati dal € 18.169,38 al netto della ritenuta a garanzia del netto della ritenuta a garanzia del 10% (all.4);
– 4° SAL fattura 69/15 di € 20.188,20, pagati dal € 18.169,38 al netto della ritenuta a garanzia del 10% (all.5);- 5° SAL fattura 197/15 di € 22.181,82, pagati dal € 19.963,64 al netto della ritenuta a garanzia del 10% (all.6);- 6° SAL fattura 108/15 di € 20.188,20, pagati dal € 18.169,38 al netto della ritenuta a garanzia del 10% (all.7).A fronte dei SAL suddetti l’impresa è dunque creditrice della somma di € 10.293,46, oltre iva al 10%, per un totale complessivo di € 11.322,806.
A tale somma devono aggiungersi € 5.390,00 a saldo della fattura n.137/2015
il cui importo complessivo è di € 10.890,00 dei quali il Condominio ha versato in acconto € 5.500,00 (all.7bis).
Pertanto, il complessivo credito della Ricorrente per i titoli dedotti ammonta ad € 16.712,81”.
Otteneva pedissequo d.i. n.1165/16.
Proponeva opposizione la committenza eccependo:
in rito, – l’inefficacia del decreto ingiuntivo in quanto notificato senza il ricorso;
nel merito, – l’inesistenza del credito azionato per avere il Condominio corrisposto l’intero importo del contratto nonché ulteriori Euro 6.250,30 (così arrivando a corrispondere complessivi Euro 116.535,00) mentre la ditta appaltatrice aveva abbandonato arbitrariamente il cantiere;
– l’errata contabilizzazione, quali lavori extracontrattuali, di Euro 21.976,00 per demolizione totale intonaci, laddove la demolizione degli intonaci doveva essere già ricompresa nel corrispettivo originariamente convenuto dell’appalto;
– la mancata conclusione dei lavori, con il conseguente diritto del di trattenere la ritenuta di garanzia prevista dall’art. 8 del contratto;
– la presenza di vizi dell’appalto (per la rimozione dei quali sarebbero stati necessari Euro 19.230,00;
– il ritardo nella consegna, con conseguente penale.
Per il maggior avere il spiegava pertanto anche domanda riconvenzionale.
Si costituiva la ditta appaltatrice contestando le avverse deduzioni e allegando:
– di avere dovuto interrompere i lavori per la morosità della committenza;
– di avere contabilizzato la demolizione di tutti gli intonaci della facciata come extracontratto dal momento che nel contratto era prevista la demolizione solo di quelli fatiscenti (e non dell’intera facciata).
Disposta CTU tecnica e ritenute superflue le orali, la causa è stata infine trattenuta in decisione con i termini di cui all’art. 190 cpc come richiamati dall’art. 281 quinquies cpc.>> § 2. – Il Tribunale di Latina con sentenza n. 1185/2020 così statuiva:
<< revoca il decreto ingiuntivo 1165/16;
operata la compensazione giudiziale, condanna la al pagamento in favore del della somma di Euro 3.967,622 (iva al 10% già compresa per le voci in cui era dovuta) oltre interessi dalla domanda giudiziale al saldo;
pone le spese di CTU, già liquidate come da decreto in atti, interamente a carico di condanna al pagamento delle spese di lite, che liquida in € 406,50 per esborsi e in € 4.835,00 per compensi, oltre spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge;
spese di cui dispone la distrazione in favore del procuratore di controparte, dichiaratosi antistatario.
>> § 3. – Il tribunale a sostegno della decisione osservava:
<< Il CTU, a seguito di elaborato percipiente, così argomentava -condivisibilmente – sui quesiti:
1. Accerti l’esistenza dei vizi indicati ai punti 1 e 2 di pag. 14 e 15 della citazione in opposizione e stimi gli eventuali costi di ripristino;
Alle pag. 14 e 15 della Citazione in opposizione al Decreto Ingiuntivo, come irregolare esecuzione dei lavori vengono indicate le due opere di cui si riferisce nel seguito.
Innanzi tutto, si lamentano delle infiltrazioni nell’appartamento interno INDIRIZZO, attribuite ad una cattiva esecuzione di lavori extracontrattuali eseguiti sul sovrastante terrazzo, per cui se ne chiede l’integrale rifacimento, indicando quale compenso l’importo di € 5.711,90, oltre I.V.A., previsto nei lavori extracontrattuali.
A tale riguardo dal sopralluogo eseguito è emerso che effettivamente in passato si sono verificate delle infiltrazioni in uno degli ambienti dell’appartamento in questione, ma al momento sembra che, salvo eventuali verifiche nel periodo invernale, le stesse non siano più di attualità.
Trattasi, in particolare, di inconvenienti verificatisi in una sola zona peraltro limitata, in epoca e per cause imprecisate ed al momento non più presenti.
Per tale motivo il sottoscritto NOMERAGIONE_SOCIALE non ha ritenuto di dover provvedere a lunghe ed onerose prove tecniche sul solaio , per cui, nel lungo periodo trascorso, eventuali consistenti difetti di esecuzione avrebbero provocato ulteriori e maggiori danni al momento non presenti.
Per le motivazioni ora esposte, essendo comunque necessario provvedere alla eliminazione del danno ancora presente (Foto n°4-5), il sottoscritto C.T.U. ha ritenuto di poter limitare le prescrizioni, salvo eventuali diversi riscontri in verifiche eseguite nel periodo invernale, al completo rifacimento della zona interessata e la nuova tinteggiatura di tutto l’ambiente, per cui può ritenersi ipotizzabile un costo per il ripristino pari ad € 2.000,00, oltre I.V.A..
L’altra opera ritenuta non eseguita a regola d’arte
è la verniciatura delle ringhiere in ferro dei parapetti dei terrazzi dei due fronti dell’edificio ed anche in questo caso se ne chiede l’integrale rifacimento, indicando un costo di € 5.918,00, oltre ad € 13.312,00 per la piattaforma mobile.
Dal sopralluogo eseguito è emerso che effettivamente la verniciatura delle ringhiere risulta in molte parti eseguita non correttamente (Foto n°6-9), per cui si ritiene che, anche per uniformità, essa debba essere rifatta nella sua globalità.
Al riguardo sembra comunque che gli interventi possano essere abbastanza facilmente eseguiti dall’interno, senza la necessità di una piattaforma mobile.
(omissis) È, pertanto, possibile l’accesso ai balconi in condizioni di assoluta sicurezza direttamente dai singoli alloggi e la lavorazione eseguita dall’interno è da ritenersi sostanzialmente priva di probabili rischi, data appunto la presenza di detti parapetti, costituenti certamente un elemento di sicura protezione.
(omissis) In conclusione, sulla base di quanto così esposto, il sottoscritto C.T.U., per le lavorazioni sulle ringhiere in ferro dei parapetti dei balconi, ritiene congruo quello già prospettato e, secondo le indicazioni contrattuali, oltre I.V.A., pari a:
mq 269,00 x 22,00 €/mq = € 5.918,00Occorre, poi, considerare anche l’onere dovuto quale tassa comunale per l’occupazione dell’area da impegnare, considerando una superficie di 92,02 mq ed un tempo di 15 giorni (comprensivo delle opere non completate) ed, applicando i criteri di calcolo espressamente illustrati in risposta al seguente quesito 6., per l’importo di:
mq 92,02 x 0,645 €
/mq x 15 g. = € 890,29 con l’aggiunta del costo della polizza ad € 134,10.
Per le lavorazioni in esame risulta, quindi, un importo complessivo pari ad:
€ (5.918,00 + 890,29 + 134,10) = € 6.942,39.
” 2. Ricostruita la tempistica dei lavori quantifichi gli eventuali ritardi (prospettando i probabili importi delle penali);
Il CTU, dopo un’articolata analisi dell’andamento dell’appalto, formulava due distinte ipotesi in ordine al calcolo della penale.
Quella preferibile appare la seconda (ovvero quella che considera tre sospensioni accordate, oltre a quella feriale.
Il CTU afferma quindi che, “Nel secondo caso, risulta, invece:
– Ritardo:
g. 116 – (30 + 4 + 2 + 20) = giorni 60 – Penale:
g. 60 x 50,00 €/g.
= € 3.000,00.
Si precisa che nei suindicati conteggi non si è tenuto conto dei periodi delle sospensioni, sia perché non chiaramente definiti, ma anche in quanto, a parere del sottoscritto C.T.U., le previsioni dell’art.9 del Contratto d’Appalto vanno intese come riferite, non all’importo della singola fattura, bensì a quello complessivo “dovuto per i lavori eseguiti” fino alla data della stessa.
” 3. Dica se al momento della sospensione dei lavori i pagamenti degli acconti fossero regolari, accertando il debito sussistente al momento della sospensione;
“Nella risposta al precedente quesito è stato dettagliatamente descritto l’iter dell’Appalto in esame e la relativa tempistica, con la precisa specificazione di tutte le fatture in acconto emesse dalla Ditta e dei relativi pagamenti effettuati dal , nonché l’indicazione che, nel corso dei lavori, si sono verificate due sospensioni degli stessi.
In risposta al presente quesito, quindi, richiamando quanto già riferito si precisa che, al momento di ciascuna sospensione, i pagamenti relativi a tutti gli acconti fatturati risultavano regolari, sussistendo soltanto un debito parziale limitatamente all’ultima fattura, come di seguito riportato:
– Sospensione in data 26/8/2015:
Fatture in acconto per un importo totale di € 113.008,68 Ultima Fattura n.108 in data 20/7/2015 per un importo di € 19.986,32, con debito pari ad € 7.986,32, poi saldato con bonifico in data 21/9/2015.
– Sospensione in data 12/10/2015:
Fatture in acconto per un importo totale di € 123.898,68 Ultima Fattura n.137 in data 30/9/2015 per un importo di € 10.890,00, con debito pari ad € 5.390,00, non più saldato.
” “4. Dica quale parte dei lavori sia rimasta inattuata e quale sia il costo, pattuito tra le parti, delle lavorazioni mancanti;
” dell’edificio prospettante sulla , per quanto attiene alle riprese dell’intonaco, rasatura e tinteggiatura di pareti verticali e dell’intradosso del solaio dei balconi al primo piano.
Dalla verifica effettuata è stato possibile riscontrare tale circostanza (Foto n°10-12) ed, a parere del sottoscritto C.T.U., in base a quanto pattuito tra le Parti, per tali interventi è da ritenersi congruo l’importo ricavato nella Consulenza Tecnica di Parte presentata dal Condominio di INDIRIZZO pari ad € 4.790,73, oltre all’impiego della piattaforma mobile occorrente per tali interventi, per la quale è ipotizzabile un importo pari a mq 180,00 x 13,00 €/mq = € 2.340,00 per un costo complessivo, valutato in base alle indicazioni contrattuali pari ad: € (4.790,73 + 2.340,00) = € 7.130,73, oltre I.V.A.” 5. Verifichi e quantifichi gli importi complessivamente versati dalla committenza;
Per dare risposta al presente quesito è sufficiente richiamare quanto già in precedenza dettagliatamente esposto in riferimento alle fatture in acconto emesse dalla Ditta ed ai relativi pagamenti effettuati dal , come viene di seguito specificato:
Fatture Importo versato – N.1 n.115 in data 09/10/2014 € 11.103,40 – N.2 n.8 in data 26/01/2015 € 19.986,32 – N.3 n.33 in data 16/03/2015 € 19.986,32 – N.4 n.69 in data 14/05/2015 € 19.986,32 – N.5 n.197 in data 31/12/2015 € 21.960,00 – N.6 n.108 in data 20/07/2015 € 19.986,32 – N.7 n.137 in data 30/09/2015 € 5.500,00 TOTALE € 118.508,68 6.
Stimi gli oneri di occupazione di suolo pubblico e verifichi chi ne ha effettuato il pagamento (che ex art. 10 comma 3 del contratto era espressamente a carico della ditta appaltatrice).
(omissis) In conseguenza dei dati ora riportati l’onere complessivo per l’occupazione del suolo pubblico risultava il seguente:
– mq 92,02 x 0,323 €/mq x 30 g. = € 891,67- mq 57,60 x 0,645 €
/mq x 20 g. = € 743,04 – mq 39,15 x
0,645 €/mq x 20 g. = € 505,04 = € 2.139,75, a cui va aggiunto anche il premio della polizza assicurativa obbligatoria pari ad € 135,41, pagato dal , per un totale di:
€ (6.057,32 + 135,41) = € 6.192,73.
Dagli atti del giudizio si rileva che il dichiara di aver provveduto direttamente al pagamento completo del suddetto onere, posto per Contratto a carico della Ditta Appaltatrice, ma, nonostante ripetute concreta di un tale effettivo impegno.
” Orbene, occorre ora ricordare che la ditta appaltatrice aveva conteggiato il corrispettivo complessivo come segue:
IMPORTO CONTRATTUALE € 100.077,00 (oltre iva al 10%)
€ 31.227,90 (oltre iva al 10%) TOTALE DOVUTO € 131.304,09 (oltre iva al 10%).
Il totale, iva compreso, ammontava quindi ad euro 144.434,499 (iva compresa).
Avendo agito per il pagamento, a saldo, solo di euro 16.712,81 (compresa iva), ne deriva che vengono riconosciuti dalla ditta pagamenti, effettuati dal , per euro 127.721,7 (iva compresa).
In ordine all’importo complessivo dell’appalto le contestazioni del non possono essere avallate dal momento che il rifacimento dei soli intonaci fatiscenti (previsto dal contratto) è cosa diversa dal rifacimento completo di tutti gli intonaci di facciata.
Ciò posto però, a fronte del credito, a saldo, di euro 16.712,81 (iva compresa) azionato dalla risultano definitivamente accertati i seguenti controcrediti del – € 2.000,00, oltre I.V.A. per ripristino infiltrazioni;
– € 6.942,39, oltre IVA, per ripristino ringhiere;
– € 3.000,00 per penale da ritardo (non soggetta ad iva);
– € 7.130,73, oltre I.V.A., per completamento lavori con ditte terze.
Complessivamente il controcredito del RAGIONE_SOCIALE ammonta ad euro 20.680,432 (già compresa iva al 10% per le voci in cui è dovuta).
Operata la compensazione giudiziale, risulta un credito a favore del condominio di euro 3.967,622, iva al 10% già compresa (per le voci in cui era dovuta), oltre interessi dalla domanda giudiziale al saldo.
Il decreto ingiuntivo deve essere quindi revocato e, operata la compensazione giudiziale, la deve essere condannata al pagamento della somma di euro 3.967,622, iva compresa, oltre interessi dalla domanda giudiziale al saldo.
Le spese di CTU, già liquidate come da decreto in atti, vengono poste definitivamente a carico della che deve pertanto rifondere al la quota da questi eventualmente già anticipata.
Le spese di lite seguono la prevalente soccombenza della venendo liquidate come in dispositivo sulla base del D.M. 55/14 e con distrazione in favore del procuratore antistatario.
>> § 4. – Ha proposto appello iscritto al n. 5061/2020 formulando due motivi di gravame, di seguito illustrati;
avanzava istanza di inibitoria e rassegnava le seguenti conclusioni:
<< in via principale e nel merito, accogliere, per i motivi tutti dedotti in narrativa, il proposto appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accogliere tutte le conclusioni rassegnate in prime cure, che di seguito si riportano:
“respingere l’opposizione, in quanto infondata in fatto ed in diritto e comunque non provata, confermando il decreto ingiuntivo n.1165/2016
emesso dal Tribunale di Latina”.
Vittoria delle spese del doppio grado.
Condanna del a ripetere alla tutte le somme che quest’ultima fosse costretta a sborsare in conseguenza di una eventuale esecuzione forzata posta della sentenza impugnata.
>> § 5. – Ha proposto appello il iscritto al n. 5081/2020.
Formulava cinque motivi di gravame di seguito illustrati e rassegnava le seguenti conclusioni:
<< 1) accertare e dichiarare che gli oneri consistenti nella tassa per l’occupazione del suolo pubblico (T.O.S.A.P.), e quantificati in CTU in € 6.192,73, sono a carico di 2) accertare e dichiarare che l’importo di € 21.796,00 relativo alla demolizione, rifacimento e rasatura degli intonaci di facciata è ricompreso nell’importo dei lavori contrattuali, trattandosi di intonaci rivelatisi anch’essi fatiscenti, e, per l’effetto, condannare corrispondere detto importo al condominio;
3) previo accertamento e dichiarazione del relativo obbligo, condannare a corrispondere al Condominio l’importo restante di € 3.711,90 per il ripristino integrale delle infiltrazioni verificatesi nell’interno 12 di proprietà della ;
4) previo accertamento e dichiarazione del relativo obbligo, condannare corrispondere al Condominio l’importo di € 13.312,00 necessario per eseguire i lavori di ripristino delle ringhiere a norma di legge con l’utilizzo della piattaforma mobile;
5) accertare e dichiarare il ritardo della consegna delle lavorazioni e condannare al pagamento della penale da ritardo nella somma di € causa, comunque superiore ai 3.000 euro quantificata in sentenza;
6) accertare e dichiarare l’insussistenza del diritto dell’appaltatore di richiedere la ritenuta in garanzia pari al 10 € dei SAL corrisposti, non essendo ultimati i lavori e non essendo stato rilasciato il certificato di regolare esecuzione.
Con ogni conseguente statuizione ed il favore delle spese di causa, diritti ed onorari – da distrarsi al sottoscritto procuratore che si dichiara antistatario giusta procura speciale in calce al presente atto>>.
§ 6. – Nel giudizio iscritto al n. 5061/2020 si costituiva il formulava istanza di riunione con il giudizio r.g. 5081/2020 ed eccepiva l’inammissibilità e, comunque, l’infondatezza in fatto ed in diritto del gravame.
Rassegnava le seguenti conclusioni:
§ 7. – Nel giudizio iscritto al n. 5081/2020 si costituiva rassegnava le seguenti conclusioni:
<< respingere tutti i motivi di appello proposti dal appellante, con conseguente vittoria di spese del doppio grado di giudizio>>.
§ 7.1 – Con ordinanza del 27 -29 gennaio 2021 la Corte rigettava l’istanza di inibitoria e rinviava la causa per la precisazione delle conclusioni, poi più volte differita.
In data 29 gennaio 2021 veniva riunito al presente il giudizio iscritto al n. 5081/2020.
La causa, da ultimo, veniva rinviata all’udienza del 31 gennaio 2025 per la precisazione delle conclusioni.
Con decreto presidenziale del 4 dicembre 2024 veniva disposto il mutamento del rito e la discussione orale ex art. 281-sexies c.p.c con assegnazione alle parti del termine di giorni trenta prima dell’udienza per il deposito di note.
Hanno depositato note entrambi i difensori che all’odierna udienza precisavano le conclusioni come da verbale e discutevano brevemente la causa che veniva contestualmente decisa.
§ 8. – i motivi di gravame del giudizio iscritto al n. 5061/2020 § 8.1 – Con il primo motivo titolato:
<<nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 n. 4 cpc. Difetto assoluto di motivazione.
Motivazione apparente.
Inadeguatezza della motivazione, omesso esame di un fatto decisivo >> censura la sentenza di primo grado per avere il Tribunale fondato la decisione << interamente ed acriticamente >> sulla CTU, senza tener conto delle note critiche sollevate dalle parti, contrariamente a quanto avrebbe dovuto fare secondo la giurisprudenza di legittimità.
Sostiene, pertanto, che la sentenza sia nulla per violazione dell’art. 132, n.4, c.p.c., << non essendo possibile percepire il fondamento della decisione >> posto che l’unica parte riferibile al Giudice sarebbe quella relativa alla compensazione giudiziale (cfr. pp. 10 e 11 della sentenza impugnata).
Con ulteriore profilo censura la sentenza imputando al primo giudice la violazione del disposto di cui all’art. 112 c.p.c., in quanto il Tribunale avrebbe omesso di pronunciarsi sulle deduzioni contrarie alla CTU di essa appellante, in particolare su quelle sollevate nel verbale di udienza del 4/12/2018.
In sintesi, in tale sede, lamentava, con riferimento alle infiltrazioni, che il danno era stato stimato dopo aver premesso che non sussistevano infiltrazioni e si lamentava l’esorbitanza del costo stimato.
Con riguardo alla verniciatura delle ringhiere in ferro lamentava che il ctu aveva affermato che le ringhiere di tutto il fabbricato dovessero essere ripristinate, senza tuttavia averle visionate personalmente, posto che l’ausiliare aveva potuto esaminare unicamente quelle di cui ai piani quarto e quinto.
§ 8.2 – Con il secondo motivo titolato:
<< soccombenza.
Violazione falsa applicazione artt. 91-92-118 disp. att. c.p.c. Difetto assoluto di motivazione.
Motivazione apparente >> censura la decisione del Tribunale nella parte in cui ha condannato essa Impresa al pagamento delle spese di lite, in assenza di idonea e/o sufficiente motivazione.
Sostiene che il Giudice, al fine di valutare la soccombenza, avrebbe dovuto tenere conto dell’esito complessivo della lite.
A tal riguardo, significa che, nel caso di specie, vi sarebbe stata soccombenza reciproca, posto che:
<< – è stata rigettata la domanda del con cui era stata chiesta la pronuncia di inefficacia in rito );
– è stata rigettata la domanda del di accertamento di violazione e falsa applicazione dell’art.8 del contratto di appalto (punto B delle conclusioni del riportate in sentenza);
– è stata rigettata la domanda del al pagamento della somma di € 5.000,00 per illegittimo allacciamento alla rete elettrica (punto C delle conclusioni del riportate in sentenza);
– è stata rigettata la domanda del al pagamento della somma di € 6.192,73 per oneri derivanti dall’occupazione di suolo pubblico (punto C delle conclusioni del Condominio riportate in sentenza) >>.
§ 9 – I motivi di gravame del giudizio iscritto al n. 5081/2020 § 9.1 – Con il primo motivo titolato:
<< omessa pronuncia in relazione agli oneri di occupazione del suolo pubblico.
In subordine, violazione del contratto di appalto e motivazione carente ed incoerente.
Violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. >> il censura la sentenza di primo grado per avere il Tribunale omesso di pronunciarsi sulla domanda così formulata:
<< c) accertata la violazione degli accordi contrattuali, dichiarare la al pagamento della somma di € 6.192,73 per oneri derivanti dall’occupazione del suolo pubblico>>, chiedendone il riesame in sede di appello.
Sostiene risulti acclarata la debenza di tale somma, anche in base alle risultanze della CTU, precisando, tuttavia, di non aver mai richiesto le somme a causa dell’inottemperanza da parte dell’impresa, bensì al fine di recuperare quanto da essa corrisposto e da tanto conseguiva l’irrilevanza – come spiegato dal ctu – del fatto che non fosse stata prodotta la prova che il avesse provveduto al pagamento di tali oneri.
Pertanto, in via subordinata, censurava la sentenza anche per l’ipotesi in cui si dovesse ritenere che la domanda sia stata implicitamente respinta sulla base delle conclusioni a cui era pervenuto il CTU.
§ 9.2 – Con il secondo motivo titolato:
<> censura la decisione di primo grado nella parte in cui il Tribunale afferma:
<< in ordine all’importo complessivo dell’appalto le contestazioni del non possono essere avallate dal momento che il rifacimento dei soli intonaci fatiscenti (previsto dal contratto) è cosa diversa dal rifacimento completo di tutti gli intonaci di facciata >>.
Sostiene che, in tal modo, il primo Giudice ha ritenuto di natura extracontrattuale e spettante all’impresa l’importo di euro 21.796,00, mentre, come emerge dal capitolato dei lavori (voce A2) allegato al contratto, esso prevedeva espressamente la:
Inoltre, l’appalto era << a forfait globale chiuso e non a misura >> e l’importo complessivo era stato convenuto in euro 100.941,00, oltre IVA nella misura del 10%.
In conclusione, afferma che l’importo di euro 21.796,00, relativo alla demolizione, rifacimento e rasatura degli intonaci di facciata era ricompreso nell’importo contrattuale.
§ 9.3 – Con il terzo motivo titolato:
violazione ed errata applicazione del contratto di appalto – motivazione carente ed incoerente – violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c.>> critica la sentenza per avere il primo giudice aderito alle risultanze della CTU e senza tenere in considerazione le critiche mosse dal consulente di parte di esso e per aver quantificato in soli euro 2.000,00 il costo del ripristino delle infiltrazioni verificatesi nell’interno 12, a fronte dell’importo di euro 5.711,90 stimato dal CTP.
Critica, inoltre, la CTU per non aver effettuato alcuna verifica circa l’andamento delle pendenze e l’impermeabilizzazione del terrazzo di copertura che si estende al quinto piano, al di sopra degli interni 11 e 12, e per aver affermato che le infiltrazioni non fossero << più di attualità >>, trattandosi di conclusione illogica in quanto impossibile a verificarsi in assenza di interventi risolutivi e, conseguentemente critica la sentenza per avere il primo giudice aderito a tali conclusioni illogiche.
Censura la relazione di CTU anche nella parte in cui ha fornito risposta solo parziale al quesito n.1, relativo all’accertamento dell’errata assegnazione delle pendenze e alla difettosa impermeabilizzazione eseguita e, § 9.4 – Con il quarto motivo titolato:
violazione del contratto di appalto – motivazione carente ed incoerente.
Violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. >> censura la sentenza di primo grado nella parte in cui il Tribunale ha respinto la domanda di esso alla condanna dell’impresa al pagamento dei costi necessari per la piattaforma mobile di euro 13.312,00, relativa ai lavori di rispristino delle ringhiere.
Evidenzia che, sul punto, il primo Giudice si è limitato a recepire le conclusioni dell’ausiliare secondo il quale non vi era necessità di una piattaforma mobile per eseguire gli interventi;
significava che tale conclusione era errata ed ignorava le puntuali osservazioni critiche di parte, secondo cui la piattaforma mobile sarebbe imprescindibile anche al fine di garantire la sicurezza dei lavoratori, ex art. 122 d.lgs. n. 81/2008 che impone l’uso, nell’esecuzione di lavori in quota, di attrezzature di sicurezza (ponti di servizio) che devono essere previste nell’altrettanto obbligatorio piano operativo di sicurezza ( POS) e il rispetto del Regolamento di polizia urbana del Comune di Latina.
Significava che l’inosservanza delle perentorie misure dettate dal D.Lgs n. 81/2008 comportava l’applicazione di sanzioni penali.
§ 9.5 – Con il quinto motivo titolato:
<< sulla penale da ritardo:
violazione del contratto di appalto – motivazione carente ed incoerente.
Violazione dell’art. 132 n. 4 c.p.c. >> affermava che, anche con riguardo alla penale da ritardo, il primo Giudice aveva errato per aver recepito acriticamente la CTU.
Sosteneva l’erroneità della consulenza nella parte in cui aveva fatto riferimento alla data del 12/11/2015 mentre, a tale data, non era certo che i lavori fossero conclusi e non sarebbero più ripresi.
L’unica data certa sarebbe, invece, quella del 4/07/2016, momento in cui veniva notificato il ricorso del decreto ingiuntivo.
Traeva da tanto la conclusione che, anche a voler aderire alla tesi dell’impresa che esclude i sabati e le domeniche, i giorni di ritardo sarebbero 276, anziché i 116 calcolati dal consulente e dal primo Giudice che ne aveva fatto proprio il contenuto.
Censura, infine, la sentenza per aver recepito la CTU nella parte in cui riconosce l’applicazione del conteggio delle ferie pari a venti giorni nel mese di agosto 2015, mentre esse si sarebbero dovute conteggiare in proporzione alla durata giorni.
Di conseguenza, la quantificazione della penale da ritardo doveva essere accertata sottraendo i giorni di ferie così come calcolati e ammontava o ad euro 11.700, oppure ad euro 11.600.
§ 10 – le questioni preliminari La Corte non ravvisa l’inammissibilità dell’appello di eccepita dall’appellato , ai sensi dell’art. 342 c.p.c., in quanto i motivi dedotti dall’appellante a sostegno della impugnazione sono sufficientemente specifici e chiari afferendo al denunciato vizio di motivazione per avere il tribunale aderito alla relazione di CTU senza avvedersi che la stessa era incompleta in quanto il consulente non aveva replicato alle note critiche delle parti (primo motivo) e la violazione del criterio della soccombenza nella liquidazione delle spese di lite ( secondo motivo) ed è così possibile esaminare il merito dell’appello. Come anche di recente riaffermato dalla giurisprudenza della Suprema Corte, l’art. 342 c.p.c. impone all’appellante «di individuare in modo chiaro ed esauriente il quantum appellatum, circoscrivendo il giudizio di gravame con riferimento agli specifici capi della sentenza impugnata nonché ai passaggi argomentativi che la sorreggono, e formulando, sotto il profilo qualitativo, le ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo giudice, sì da esplicitare la idoneità di tali ragioni a determinare le modifiche della decisione censurata; sia pure con un grado di specificità ben più accentuato rispetto al passato, imponendo la norma novellata un ben preciso ed articolato onere processuale, compendiabile nella necessità che l’atto di gravame, per sottrarsi alla sanzione di inammissibilità ora specificamente prevista, offra una ragionata e diversa soluzione della controversia rispetto a quella adottata dal primo giudice» (da ultimo, Cass. n. 4541/2017;
si tratta di principi affermati, peraltro, anche nel vigore del precedente testo dell’art. 342 c.p.c. dalla nota sentenza delle sezioni unite n. 16/2000).
Va, altresì, precisato che comunque l’appello non deve necessariamente tradursi nella prospettazione di un progetto alternativo di sentenza e non deve rivestire particolari della sentenza che vengono impugnati e, quanto meno per alcuni di essi, il ragionamento che viene contrapposto, a prescindere poi dalla fondatezza delle doglianze stesse che, in quanto strettamente connesse tra loro, possono essere unitamente delibate.
§ 11 – L’analisi dei motivi dell’appello proposto da iscritto al n. 5061/2020 § 11.1 – Il primo motivo è infondato Giova premettere che il Tribunale ha disposto consulenza percipiente, di ausilio nella soluzione di questioni necessitanti specifiche conoscenze, essendo il contenzioso afferente alla verifica dei lavori di manutenzione affidati dal ed all’accertamento della tempistica degli stessi, risultando avanzata domanda per il riconoscimento di penali in ipotesi di ritardo.
Osserva la Corte che il primo giudice ha espressamente dichiarato di aderire alle risultanze della CTU in quanto ne condivideva gli accertamenti e le conclusioni.
Si legge a pag. 5 nel preambolo della parte motiva:
<< Il CTU, a seguito di elaborato percipiente, così argomentava – condivisibilmente – sui quesiti:>>;
il Tribunale procedeva poi con tecnica redazionale nella quale, anteposta la trascrizione di ogni singolo quesito (appositamente numerato ed evidenziato in grassetto) trascriveva l’elaborato peritale per la parte di interesse.
La motivazione è quindi puntuale e completa.
Va osservato che è manifestamente infondato il rilievo che la “CTU non ha minimamente tenuto conto delle note critiche sollevate dalle parti” e che “nel caso in esame, pur in presenza di articolate note critiche delle parti, come detto, non riscontrate e non replicate in ctu “.
Si osserva, invero, che il consulente ha depositato relazione titolata “relazione definitiva” e separatamente ma in pari data il documento titolato “risposta alle osservazioni delle parti” nel quale l’ausiliare dà atto:
<< Nel rispetto dei termini fissati dal Sig. G.I. della Causa Civile in per far pervenire eventuali osservazioni.
A tale riguardo entrambi i Consulenti Tecnici delle Parti hanno inviato in riferimento alla Consulenza delle proprie note, che vengono allegate e per le quali viene riportata nel seguito una separata trattazione.
(omissis)>>.
Seguono 17 pagine di analisi delle osservazioni dei consulenti di parte e la valutazione del CTU in risposta alle stesse, poi trasfusa nella relazione definitiva.
Si osserva, in sintesi, che il consulente ha trasfuso nella relazione finale di CTU le valutazioni rese alle osservazioni ricevute che, tra l’altro, per migliore comprensione e chiarezza, aveva riportato in un documento dedicato.
Sarebbe perciò stato onere di parte appellante specificare sia quale fosse il chiarimento rimasto non esaminato dal CTU (e quindi ignorato dal tribunale che aveva motivato la propria decisione in maniera conforme alla relazione finale del CTU), sia la decisività ai fini della statuizione finale dell’elemento di valutazione mancante o non adeguatamente valutato, attività assertiva che si appalesa del tutto mancante nel motivo in esame.
Deve quindi trovare applicazione il principio di diritto secondo il quale:
<< Il giudice di merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, dei rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l’obbligo della motivazione con l’indicazione delle fonti del suo convincimento>>;
(così Cass. n. 33742/2022).
Nel caso in esame non si pone questione circa le contrarie allegazioni del consulente tecnico di parte della essendo queste state espressamente confutate e disattese nella relazione finale.
§ 11.2 – Il secondo rimane assorbito dalla riforma parziale della sentenza per effetto del parziale accoglimento dell’appello del di cui infra in motivazione.
§ 12 – L’analisi dei motivi dell’appello proposto dal iscritto al n. 5081/2020 § 12.1 – Il primo motivo è fondato.
Il come si evince dalle conclusioni trascritte nella sentenza impugnata (pag. 3) alla lettera c) della domanda riconvenzionale chiedeva che venisse :
<< accertata la violazione degli accordi.192,73 per oneri derivanti dall’occupazione del suolo pubblico.
Va osservato che veniva conferito al CTU specifico quesito:
<< 6. Stimi gli oneri di occupazione di suolo pubblico e verifichi chi ha effettuato il pagamento (che ex art. 10 comma 3 del contratto era espressamente a carico della ditta appaltatrice >> a cui il consulente risponde a pagina 32 della relazione evidenziando che:
A tale riguardo, a seguito di apposita richiesta, il di Latina – Area OO.PP.
– Servizio LL.PP.
– Occupazione Suolo Pubblico – aveva rilasciato le seguenti apposite Autorizzazioni:
– AUTORIZZAZIONE N° 10/2015/C in data 27/4/2015 Mq 92,02 Dal 29/3/2015 per n. 30 giorni – AUTORIZZAZIONE N° 10/2015/C – INTEGRAZIONE Mq 57,60
Dal 28/5/2015 per n.20 giorni Mq 39,15 A seguire per n.20 giorni.
Il relativo onere giornaliero era fissato, in base alla Deliberazione Comunale n.60 in data 22/10/2013 ed al Regolamento TOSAP, pari ad1,29 €/mq, prevedendo una riduzione del 50% per durate pari o superiori a 15 giorni ed una ulteriore riduzione del 50% per 30 o più giorni, con conseguenti importi unitari rispettivamente di 0,645 e 0,323 €/mq.
In conseguenza dei dati ora riportati l’onere complessivo per l’occupazione del suolo pubblico risultava il seguente:
– mq 92,02 x 0,323 €/mq x 30 g. = € 891,67 – mq 57,60 x 0,645 €
/mq x 20 g. = € 743,04 – mq 39,15 x
0,645 €/mq x 20 g. = € 505,04 = € 2.139,75.
>> Tanto premesso ed essendo indiscusso che l’onere del pagamento di detti importi spettava contrattualmente all’Impresa, va accolta la domanda del Condominio volta ad ottenere una pronuncia dichiarativa che, a mente del disposto di cui all’art. 10 comma 3 del contratto di appalto, ponga gli oneri di occupazione di suolo pubblico a carico della ditta appaltatrice, oneri che risultano accertati dal CTU come dovuti, in ragione dei giorni di occupazione e delle correlate aliquote, nella misura di € 2.139,75.
§ 12.2 – Il secondo motivo non è fondato il motivo in esame il critica la sentenza nella parte in cui ha affermato:
Con il motivo in esame il riferisce che dalla verifica condotta in fase esecutiva era emerso che tutti gli intonaci erano risultati fatiscenti e, trattandosi di appalto a corpo e non a misura, nell’importo complessivo andava ricompresa la lavorazione di rifacimento di tutti gli intonaci.
Osserva la Corte che le deduzioni sono infondate avendo il espressamente autorizzato detti lavori come lavori extra-contrattuali.
Si osserva che il CTU nello studio della tempistica dei lavori e nella valutazione della buona esecuzione degli stessi rappresentava che:
<< Il Direttore dei Lavori RAGIONE_SOCIALE in data 16/1/2015 inviava all’Amministratore del una nota ad oggetto “Lavori di manutenzione facciate condominiali.
Comunicazioni.
”, con la quale, a seguito di riscontri effettuati, come da allegata documentazione fotografica, consigliava la demolizione totale degli intonaci, con esclusione di quelli all’interno dei balconi, carenti di ancoraggio con il supporto della parete, la totale sostituzione delle piattabande, ossidate e prive di consistenza e, per problemi di infiltrazioni, il rifacimento dei balconi per chi ne avesse interesse.
A seguito di ciò lo stesso D.L. in data 20/1/2015 inviava alla Ditta e per conoscenza al Condominio, una comunicazione per “Richiesta lavori extra-contrattuali” nella quale – dichiarando che la Committenza aveva autorizzato la precedente nota in data 16/1/2015 – richiedeva i costi occorrenti per i suindicati lavori aggiuntivi, fornendo indicazioni sulle relative quantità e le modalità dei pagamenti.
In detta nota veniva anche comunicato che:
“In caso di accettazione da parte del Condominio, si riconosceranno gg.30 (trenta) lavorativi di proroga.
” La forniva risposta in data 21/1/2015, indicando i prezzi per le singole lavorazioni e demandando il relativo pagamento all’emissione di quantità già appaltate, risultava pari ad € 21.796,00, oltre I.V.A., a cui sarebbe stato poi aggiunto quello relativo alle piattabande.
A seguito di ciò, nel corso di un’Assemblea del Condominio di INDIRIZZO tenutasi in data 26/2/2015, per i motivi in precedenza indicati si approvava la demolizione totale degli intonaci delle facciate, comportante la modifica dei costi complessivi da computarsi a parte.
>> Osserva cha Corte che il contratto di appalto prevedeva, come evidenziato dal giudice di prime cure, il rifacimento degli intonaci fatiscenti;
in corso d’opera il direttore dei lavori nominato dal accertava che, con ulteriore spesa, era possibile effettuare il rifacimento di tutte le facciate realizzando, nell’interesse del un lavoro definitivo e in sintesi migliore in luogo di quello, a macchia di leopardo, ove si fosse intervenuti solo sugli intonaci fatiscenti di ogni singola facciata.
§ 12.3 – Il terzo motivo è infondato lamenta che il consulente ha sottovalutato i danni da infiltrazioni avendo omesso di effettuare verifiche tecniche finalizzate a constatare l’andamento delle pendenze e l’impermeabilizzazione del terrazzo di copertura con conseguente erroneità della sentenza che ne ha recepito le superficiali conclusioni.
Osserva la Corte che l’ausiliare ha allegato alla propria relazione le foto n. 4 e 5 per poi commentare, sulla base di detto dato oggettivo e in esito ai sopralluoghi effettuati, che i danni da infiltrazioni erano limitati a detta zona circoscritta (una porzione di soffitto di una stanza dell’appartamento n.12).
All’evidenza il CTU ha riscontato che trattavasi di macchia di umidità vecchia, ormai asciutta per la quale doveva escludersi che vi fossero fenomeni in atto da indagare con lunghe e costose prove tecniche sul solaio sovrastante.
Nel documento titolato risposta osservazioni il CTU indica, in dettaglio, l’attività svolta in sede di sopralluogo in esito alla quale riscontrava una:
“situazione di scarsissimo rilievo”.
Si osserva, conclusivamente, che nel motivo in esame il giudizio del CTU risulta ancora presenti e se vi siano o meno fenomeni di rigonfiamenti al soffitto o alle parteti in prossimità della macchia di umidità fotografata dall’ausiliare o in altre zone o in altri appartamenti.
§ 12.4 – Il quarto motivo non è fondato si duole che il tribunale, in spregio alle norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro e di tutela dei lavoratori impegnati nell’esecuzione di lavori in quota, abbia rigettato la domanda volta ad ottenere il riconoscimento dell’importo di € 13.312,00
quale costo necessario per l’utilizzo di piattaforma mobile nei lavori di rispristino delle ringhiere.
Osserva la Corte che il Tribunale ha recepito le risultanze della CTU, trascrivendo in motivazione numerosi stralci delle considerazioni svolte dall’ausiliare.
E’ sufficiente integrare la motivazione suddetta facendo richiamo alle parti omesse che ben chiariscono che il CTU non ha né omesso di esaminare le critiche avanzate dal consulente di parte del alla bozza di relazione, né tantomeno sottovalutato i :
>> avendo chiaramente specificato che, nel caso in esame, potessero ritenersi sufficienti a tutelare l’incolumità del lavoratore i sistemi di protezione individuale in luogo di quelli collettivi.
A pagina 6 della sentenza il tribunale richiama, all’ultimo capoverso, il seguente stralcio della relazione di consulenza:
Al riguardo sembra comunque che gli interventi possano essere abbastanza facilmente eseguibili dall’interno senza la necessità di una piattaforma mobile.
>> inserendo quindi un <>.
La relazione di consulenza così proseguiva illustrando le ragioni di tale valutazione:
<< Nel caso specifico, per definire le modalità esecutive dell’intervento, va fatto riferimento alla normativa italiana riguardante la sicurezza dei lavori in quota e, cioè, al D.Lgs. n.81/08, relativo appunto alla tutela di tali lavorazioni.
Detto Decreto all’art.111, – Obblighi del misure di protezione individuale;
b) dimensioni delle attrezzature di lavoro confacenti alla natura de lavori da eseguire, alle sollecitazioni prevedibili e ad una circolazione priva di rischi.
” A tale proposito il sottoscritto C.T.U. ovviamente condivide il concetto che debba essere garantita la sicurezza dei lavoratori impegnati per gli interventi in questione, ma ritiene possibile prevedere al riguardo, pur sempre nel rispetto dei dettami del succitato D.Lgs. n.81/08, una diversa modalità operativa La stessa normativa, infatti, all’art.122 prevede che occorre adottare
“…..
adeguate impalcature o ponteggi o idonee opere provvisionali o comunque precauzioni …..
”, ed allo stesso art.111 fa riferimento a diverse modalità operative “…..
in circostanze in cui, a seguito della valutazione dei rischi, risulta che il lavoro può essere effettuato in condizioni di sicurezza e l’impiego di un’altra attrezzatura di lavoro considerata più sicura non è giustificato a causa della breve durata di impiego e delle caratteristiche esistenti dei siti ….
Il sottoscritto NOMERAGIONE_SOCIALE ritiene che nel caso specifico, date le circostanze in cui è possibile operare, possa farsi riferimento proprio a quanto ora riportato, con la sostituzione, sempre nel rispetto delle necessarie garanzie di sicurezza, di idonee misure individuali a quelle collettive.
Trattasi, infatti, di operare sulle ringhiere in ferro dei parapetti posti a protezione dei balconi dei vari appartamenti facenti parte del fabbricato >> Il contenuto della relazione nella parte in cui afferma:
<< ovviamente condivide il concetto che debba essere garantita la sicurezza dei lavoratori impegnati per gli interventi in questione,>> va interpretato come una chiara risposta dell’ausiliare alle osservazioni del CTP alla bozza di relazione, avendo il CTU nella relazione conclusiva scritto di condividere “ovviamente” il concetto che debba essere garantita la sicurezza dei lavoratori che effettuano prestazioni in quota per poi aggiungere che, nel caso concreto, per la specifica tipologia di lavoro, non è necessaria la piattaforma mobile ma è sufficiente una imbracatura per il lavoratore. Osserva la Corte che a pagina 7 della sentenza dopo la trascrizione del passo:
<< è pertanto possibile l’accesso ai balconi in condizioni di assoluta sicurezza direttamente di probabili rischi, data appunto la presenza di detti parapetti, costituenti certamente in elemento di sicura protezione>> il primo giudice inseriva un << omissis>> tralasciando la parte in cui il consulente esplicitava le ragioni della soluzione tecnica suggerita:
<< In ogni caso, per una maggiore sicurezza, considerando che il lavoratore possa doversi anche sporgere parzialmente all’esterno, si ritiene di dover prevedere un ulteriore elemento di protezione, sempre nel rispetto delle indicazioni del succitato D.Lgs. n.81/08, che all’art.115 – Sistemi di protezione contro le cadute dall’alto – così recita:“(1) Nei lavori in quota nel caso non siano state attuate misure di protezione collettive come previsto all’art. 111, primo comma, lettera a), è necessario che i lavoratori utilizzino idonei sistemi di protezione, idonei per l’uso specifico, composti diversi elementi, non necessariamente presenti contemporaneamente, conformi alle norme tecniche, quali i seguenti: a) assorbitori di energia;
b) connettori;
c) dispositivo di ancoraggio;
d) cordini;
e) dispositivi retrattili;
f) guide o linee vita flessibili;
g) guide o linee vita rigide;
h) imbracature.
” Ciò stante, a parere del sottoscritto C.T.U. l’ulteriore elemento di protezione dovrebbe appunto consistere nell’impiego di idonee imbracature per il lavoratore, legato con un apposito cordino ad una linea vita fissata alle pareti esterne del fabbricato.
>> Il consulente, con motivazione che questa Corte condivide, ha suggerito per l’incolumità del lavoratore, nel momento in cui, a completamento dell’opera di riverniciatura delle ringhiere, dovesse sporgersi dal parapetto, l’utilizzo di idonea imbracatura ancorata ad un punto fisso.
Tanto in ragione delle particolari condizioni di lavoro rappresentate dalla riverniciatura di ringhiere poste sul terrazzino (cfr. fotografie da 5 a 9) in cui la ringhiera stessa, essendo fissa, costituisce il parapetto a protezione del lavoratore.
La lavorazione di riverniciatura è effettuabile dall’interno in ragione delle caratteristiche della ringhiera.
§ 12.5 – Il quinto motivo è parzialmente fondato lavorativi, naturali e consecutivi per l’ultimazione e la riconsegna del cantiere libero da persone e cose.
Il CTU ha correttamente calcolato che:
<< Con inizio dalla data suindicata, escludendo tutti i sabato e le domeniche, oltre alle festività riconosciute, il termine di ultimazione dei lavori veniva a scadere il giorno 3/6/2015>>.
Invero, il sabato non è compreso nel CCNL per l’edilizia come lavorativo.
La sentenza di prime cure va confermata nella parte in cui ha considerato che il avesse accordato tre proroghe rispettivamente di 30, 4 e 2 giorni.
Il riscontro è documentale.
La prima proroga di 30 giorni risulta concessa dalla Direzione lavori in relazione al conferimento dei lavori extra contratto relativi al “rifacimento di tutte le facciate e non solo parti fatiscenti “;
la seconda proroga di giorni 4 risulta concessa dalla direzione avori in relazione al conferimento dei lavori extra contratto “ per la fornitura e posa in opera di guaina elastomerica “ e la terza proroga di giorni 2 per la richiesta avanzata dal Direttore dei Lavori in data 19/6/2015 di lavori extracontrattuali per la impermeabilizzazione del soffitto del salone dell’appartamento del Sig. indicando la superficie su cui intervenire.
Il Direttore dei Lavori ha comunicato all’Impresa esecutrice il riconoscimento di alcune proroghe al termine di ultimazione in occasione delle richieste di lavori extracontrattuali ed in particolare:
– richiesta in data 20/1/2015 giorni 30;
– richiesta in data 20/2/2015 giorni 4;
– richiesta in data 19/6/2015 giorni 2, per un totale di n.36 giorni;
tutte assentite dal Procedendo all’individuazione della data di ultimazione lavori in virtù delle proroghe concesse, dal 12/1/2015 i 100 giorni scadevano il 3/6/2015 e, calcolando i successivi 36 giorni per le tre proroghe autorizzate (sempre escludendo le giornate del sabato, le domeniche e le festività riconosciute), risulta il termine finale del 23 luglio 2015.
Va osservato, invero, che il CTU ha rilevato che dall’esame della documentazione di causa:<
>> e che le parti non hanno contestato detta circostanza.
, non è lavorativo e, quindi, risultano 20 giorni lavorativi.
Essendo il contratto in esame pari ad una durata di 136 giorni in virtù delle concesse proroghe, i giorni di ferie maturati dai lavoratori dell’impresa nei confronti del Condominio committente vanno rapportati a detto arco temporale e risultano 8 giorni (365:20=136:X e così 136×20:
365 = 7,45 da arrotondare a 8).
Aggiungendo dal 24 luglio gli 8 giorni di ferie risulta come data finale dei lavori il 4 agosto.
Si tratta quindi di verificare quale sia la data finale del ritardo, data che il CTU individua nel 12 novembre 2015 e l’appellante, nel motivo in esame, nel 4 luglio 2016, data di deposito del decreto ingiuntivo, essendo quest’ultima, a suo dire, l’unica data certa in cui l’Impresa ha manifestato al la volontà di non proseguire più i lavori.
Ritiene la Corte di aderire alla prospettazione del CTU che si fonda sulle comunicazioni effettuate dall’Impresa al ai sensi e per gli effetti dell’art. 6 del contratto.
Va osservato, infatti che in data 26/8/2015 l’Impresa inviava al Condominio una nota avente ad oggetto:
“Comunicazione sospensione cantiere – sollecito di pagamento”, con la quale comunicava quanto segue:
L’ in riferimento all’art. 6 del contratto di appalto, ed essendo trascorsi i termini previsti da tale articolo, comunica che i lavori presso il Condominio rimarranno sospesi finché non sarà avvenuto il pagamento a saldo dell’ultimo SAL, per il quale è stata emessa la relativa fattura.
” Prevede l’art. 6 che la penale per ritardata ultimazione resta fissata in € 50,00 per ogni giorno di ritardo e in caso di ritardato pagamento da parte del Committente, oltre dieci giorni dall’emissione del la ditta ha diritto (…) nonché può sospendere i lavori fino al momento del pagamento della somma di spettanza e di rescindere il contratto come per legge.
Dall’esame della documentazione in atti emerge, come puntualmente rilevato dal CTU Contsollecito di pagamento”, con la quale comunicava quanto segue:
“L – in riferimento all’art. 6 del contratto di appalto per l’esecuzione di lavori di manutenzione presso il ;
– essendo trascorsi oltre dieci giorni dall’emissione del SAL datato 30/09/2015;
– non essendo pervenuto alla data odierna il saldo della fattura n° 137 del 30/09/2015, relativa al SAl predetto;
COMUNICA che i lavori presso il sono sospesi a partire dalla data odierna e tale sospensione perdurerà fino a che non sarà pervenuto il pagamento a saldo del citato SAL, per il quale è stata emessa la relativa fattura n° 137 del 30/09/2015.
” Il Direttore dei RAGIONE_SOCIALE in data 16/11/2015 inviava al una nota, priva di oggetto, nella quale, dopo aver fornito dei chiarimenti su alcuni aspetti emersi in una recente Assemblea, concludeva con le seguenti comunicazioni:
“Vi comunico, inoltre, che la Ditta ha sospeso nuovamente i lavori, ai sensi dell’art. 6 del contratto d’appalto, per morosità del.
Prima della ripresa dei lavori dovranno essere smontate i paramenti in lamiera del negozio “RAGIONE_SOCIALE”, così come già fatto su INDIRIZZO
Eventuali penali saranno calcolate e detratte dalla somma tenuta a garanzia dal.
Si trasmette la contabilità finale al 12.11.2015.
”>> Dalla data del 12 novembre 2015 risultava certo che l’Impresa non avrebbe più effettuato lavori ritenendo legittima la sospensione degli stessi a causa della morosità del.
L’ultima fattura pagata risulta la n. 137 del 30 settembre 2015 di € 5.500,00 relativa al SAL n. 7;
in favore dell’Impresa risulta accertato giudizialmente un credito, a saldo, di € 16.712,81 Iva inclusa.
Procedendo al calcolo ed individuata la data del 4 agosto come data di fine lavori in virtù delle concesse proroghe, risulta che dal 5 agosto al 12.11.2015 (in cui l’impresa ha formalizzato la sospensione dei lavori per morosità del e risulta rimessa dal DL la contabilità finale dei lavori) risultano giorni 72 in luogo di 60 riconosciuti in primo grado e la penale pertanto ammonta ad € 3.600,00 (€50 x72gg
=) in luogo di € 3000,00 riconosciuti in primo grado.
controcredito accertato del è quindi pari ad € 21.280,43 ed operata la compensazione giudiziale risulta dovuto dall’Impresa al l’importo di € 4.567,62 in luogo di € 3.967,62 liquidato dal primo giudice, con accessori come calcolati in primo grado non risultando impugnata detta statuizione.
Da ultimo si osserva che la domanda trascritta al punto 6 delle conclusioni << accertare e dichiarare l’insussistenza del diritto dell’appaltatore a richiedere la ritenuta in garanzia pari al 10% dei SAL corrisposti, non essendo ultimati i lavori e non essendo stato rilasciato il certificato di regolare esecuzione>> è inammissibile nel presente grado non risultando svolto motivo di gravame avverso l’omessa pronuncia o il rigetto implicito da parte del giudice di prime cure sulla domanda proposta in primo grado nell’atto di opposizione al decreto ingiuntivo del seguente contenuto: << accertare e dichiarare l’avvenuto versamento del in favore di della somma pari ad euro 116 con n. 9 bonifici eseguiti quali pagamenti dei SAL comprendenti anche quota parte delle ritenuta in garanzia che, invece, il avrebbe dovuto trattenere, pari a euro 8.299,29 comprensiva di Iva (…)>> § 13.
– le spese di lite La riforma parziale della sentenza comporta la rimodulazione delle spese di lite del doppio grado di giudizio.
Sussistono i presupposti per la parziale compensazione delle spese di lite nella misura della metà, in ragione del solo parziale accoglimento delle domande spiegate da entrambe le parti ed essendo emersi, all’esito del giudizio, crediti in capo sia all’Impresa che al Condominio.
Per la restante metà esse vanno poste a carico dell’Impresa in ragione della soccombenza prevalente e del rigetto del motivo di merito del gravame.
Esse vengono liquidate in dispositivo sulla base del valore di causa (fino a € 52.000,00) nei valori medi per tutte le fasi, con distrazione in favore dell’avv.to COGNOME.
Gli oneri di CTU vanno posti a definitivo carico di entrambe le parti nella misura della § 14.
– Il rigetto dell’appello di iscritto al n. 5081/2020 comporta la declaratoria, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.p.r. n. 115/2002, dell’obbligo di detto parte appellante di pagare l’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’appello, se dovuto, restando demandate in sede amministrativa le verifiche sull’effettiva sussistenza dell’obbligo di pagamento (cfr. Cass. n. 26907/2018, Cass. n. 13055/2018).
PQM
La Corte definitivamente pronunciando sull’appello proposto da nei confronti del e sull’appello proposto da quest’ultimo nei confronti di contro la sentenza resa tra le parti dal Tribunale di Latina n. 1185/2020 pubblicata in data 30/06/2020, ogni altra conclusione disattesa, così provvede:
1. rigetta l’appello proposto da iscritto al n. 5061/2020 RGAC, accoglie parzialmente l’appello proposto dal iscritto al n. 5081/2020 RGAC e, per l’effetto, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, che nel resto conferma:
a) accerta e dichiara che gli oneri di occupazione di suolo pubblico nella misura di € 2.139,75 sono a carico della ditta appaltatrice e, b) condanna al pagamento in favore del della somma di € 4.567,62 in luogo di € 3.967,62 liquidata dal primo giudice;
2. Compensa tra le parti nella misura di ½ le spese del doppio grado di giudizio e condanna alla rifusione in favore del della restante metà di dette spese che liquida, per l’intero, quanto al primo grado in € 7.616,00 per compensi e quanto al presente grado, per l’intero in € 9.991,00 per compensi, oltre, per entrambi i gradi, rimborso forfetario ed accessori di legge con distrazione a favore dell’avv.to NOME COGNOME dichiaratosi antistatario per il primo e secondo grado;
Pone a definitivo carico di entrambe le parti nella misura di ½ ciascuno gli oneri di CTU come liquidati in primo grado:
4. dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, DPR 115/2002 per porre a carico di l’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’appello, se dovuto.
Così deciso in Roma il giorno 31/01/2025.
Il Consigliere est.
Il Presidente dott.ssa NOME COGNOME dott.ssa NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?
Prenota un appuntamento.
La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.
Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.
Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.
Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.