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Appalto per illuminazione pubblica

La Corte d’Appello, in accoglimento del gravame, ha riformato la sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda di pagamento del corrispettivo di un contratto di appalto per la manutenzione di un impianto di illuminazione pubblica, ritenendo che la prova del credito non fosse stata fornita in quanto la fattura prodotta era successiva alla stipula del contratto di appalto. Inoltre, ha ritenuto inammissibile la domanda subordinata di arricchimento senza causa, in quanto il rapporto dedotto in giudizio aveva natura contrattuale.

Pubblicato il 11 December 2024 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Corte D’Appello di Genova Terza

Sezione Civile La Corte d’Appello di Genova, riunita in camera di consiglio, in persona dei Magistrati Dott.ssa NOME COGNOME Presidente Dott. NOME COGNOME Consigliere Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere relatore ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._1405_2024_- N._R.G._00000719_2023 DEL_20_11_2024 PUBBLICATA_IL_22_11_2024

Nella causa iscritta al n. 719/2023 R.G. promossa da:

(C.F.: ), in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO ALBENGA (SV), presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende in forza di mandato in atti;

PARTE APPELLANTE CONTRO (C.F.: ), in persona del rappresentante legale pro tempore, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO MILANO, presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende in forza di mandato in atti;

PARTE APPELLATA E APPELLANTE INCIDENTALE CONDIZIONATA

CONCLUSIONI

DELLE PARTI Per la parte appellante principale:

“Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello di Genova, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, accogliere per i motivi tutti dedotti in narrativa il proposto appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza n. 333/2023 nella causa civile RG 2722/2021 del Tribunale di Savona, in persona del Giudice Dott. COGNOME depositata in cancelleria in data 10 maggio 2023: P.• in via pregiudiziale e cautelare, sospendere e/o revocare la provvisoria esecutorietà della sentenza impugnata per i motivi tutti meglio dedotti nel presente atto; • respingere le domande tutte formulate dalla siccome infondate in fatto ed in diritto;

• in via subordinata, nella denegata ipotesi in cui il Giudice ritenesse, ma non si vede come, fondata la pretesa creditoria in forma solo parziale, accertarsi la diversa e/o minor somma dovuta in relazione a tutto quanto esposto e dedotto in atti, nella misura strettamente provata, e, conseguentemente, ridursi secondo giustizia ed equità quanto vantato dall’attrice.

• dichiarare tenuta e per l’effetto condannare la al pagamento delle spese, diritti ed onorari del giudizio, oltre oneri fiscali e previdenziali come per legge.

Per parte appellata e appellante incidentale condizionata:

“Voglia l’Ill.ma Corte d’Appello adita così giudicare:

• IN INDIRIZZO

rigettare in quanto inammissibile e, in ogni caso, infondata l’istanza di sospensione della provvisoria esecuzione della sentenza • IN INDIRIZZO

dichiarare inammissibile e, in ogni caso, rigettare in quanto infondato l’appello promosso dal e confermare la sentenza n. 333/23 pubblicata il 10.05.23 dal Tribunale di Savona RG 2722/21 e appellata dal • IN INDIRIZZO

condannare il al pagamento di ogni diversa somma ritenuta dovuta nei confronti di • IN INDIRIZZO CONDIZIONATA:

condannare il al pagamento di ogni diversa somma ritenuta dovuta nei confronti di titolo di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c. oltre interessi dal dovuto al saldo.

• IN OGNI CASO:

con vittoria di spese e compensi, oltre 15% per spese generali, oltre CPA e successive.

MOTIVAZIONE

1. Con atto di citazione notificato il 16/10/2021, conveniva in giudizio, nanti il Tribunale di Savona, il , deducendo di essere creditrice di quest’ultimo in forza di contratto di cessione del credito pro soluto RAGIONE_SOCIALE – della somma di € 41.722,08 per sorte capitale, attestata dalla fattura n. NUMERO_DOCUMENTO del 30/09/2017 emessa da a carico del – degli interessi moratori maturati e maturandi sulla citata somma per sorte capitale “determinati nella misura degli interessi legali di mora” ex artt. 2 e 5 D.lgs. 231/2002, come novellato dal D.lgs. 192/2012, con decorrenza dal giorno successivo a quello di scadenza del termine di pagamento della fattura costituente la anzidetta somma per sorte capitale, sino al saldo; – degli interessi anatocistici prodotti dai medesimi interessi di mora, scaduti da oltre sei mesi dalla notifica dell’atto di citazione e decorrenti dal giorno della domanda giudiziale e dell’ulteriore sanzione prevista dall’art. 6, c. 2 D.lgs. 231/2002, pari ad € 40,00.

Al riguardo, deduceva che il credito a lei ceduto trovava origine nel contratto di fornitura di energia elettrica indicato nel contratto di riqualificazione degli impianti di illuminazione pubblica dal quale si evinceva l’affidamento di tale servizio a Inoltre, deduceva di aver diritto al pagamento di € 2.634,38 a titolo di interessi moratori relativi al mancato pagamento di crediti diversi da quello sopra menzionato, fatturati con Nota di Debito n. 90001503/20 oltre al riconoscimento degli interessi anatocistici e della somma di € 40,00 ex art. 6, c. 2 D.lgs. 231/2002 per il mancato pagamento di detto importo. Pertanto, chiedeva:

– in via principale, la condanna del al pagamento:

I. di € 41.722,08 per sorte capitale, come da fattura prodotta in giudizio;

II.

degli interessi moratori maturati e maturandi sulla predetta sorte capitale ex artt. 2 e 5 del D.lgs. n. 231/2002, con decorrenza dal giorno successivo a quello di scadenza del termine di pagamento della fattura costituente la predetta sorte capitale al saldo;

III.

degli interessi anatocistici prodotti dagli interessi moratori maturati sulla predetta sorte capitale ex artt. 2 e 5 del D. Lgs. n. 231/2002, con decorrenza dalla data di notifica dell’atto di citazione;

IV.

€ 40,00 ex art. 6, c. 2 D.lgs. n. 231/2002 per il mancato pagamento della citata fattura; .

€ 2.634,28 a titolo di interessi di mora ulteriori rispetto a quelli maturati e maturandi sulla predetta sorte capitale indicati sub II, in quanto maturati a causa del tardivo pagamento di crediti diversi da quello indicato nella citata fattura;

VI.

degli interessi anatocistici prodotti dagli anzidetti interessi di mora oggetto della nota di debito, ex artt. 2 e 5 del D.lgs. n. 231/2002, con decorrenza dalla data di notifica dell’atto di citazione;

VII.

della somma di € 40,00 ai sensi dell’art. 6, c. 2 del D.lgs. n. 231/2002 corrispondente all’importo di € 40 moltiplicato per n. 1 fattura il cui tardivo pagamento da parte dell’Ente locale aveva generato gli interessi di mora oggetto della nota di debito;

– in via subordinata, la condanna del al pagamento di ogni diversa somma ritenuta dovuta:

per sorte capitale, per interessi di mora maturati e maturandi su detta sorte capitale, per interessi anatocistici maturati su questi ultimi, ex art. 6, c. 2 D.lgs. 231/2002 per il mancato pagamento della somma per sorte capitale, per interessi di mora maturati e maturandi relativi al credito ulteriore rispetto a quello sopra citato, per interessi anatocistici maturati su questi ultimi, ex art. 6, c. 2 D.lgs. 231/2002 per il mancato pagamento di detto ulteriore credito;

– in via ulteriormente subordinata, la condanna del pagamento delle somme richieste, a titolo di ingiustificato arricchimento ex art. 2041 c.c. 2.

Il rimaneva contumace.

3. Con sentenza n. 333 del 10/05/2023, il Tribunale di Savona:

– accoglieva la domanda spiegata da condannando il al pagamento di € 41.722,08 per sorte capitale, nonché al pagamento degli interessi moratori maturati e maturandi sulla predetta sorte capitale determinati nella misura degli interessi legali di mora ex artt. 2 e 5 D. Lgs. 231/2002, con decorrenza dal giorno successivo a quello di scadenza del termine di pagamento della fattura sino al saldo, oltre al pagamento degli interessi anatocistici prodotti dagli interessi moratori maturati sulla predetta sorte capitale, scaduti da oltre sei mesi alla data di notifica dell’atto di citazione, nella misura prevista dalla medesima normativa e con decorrenza – rigettava la domanda di con riferimento al diverso importo di € 2.634,28 per difetto di legittimazione attiva; – condannava il al pagamento di € 40,00 ai sensi dell’art. 6, c. 2 D. Lgs. 231/2002;

– condannava il al pagamento delle spese di lite in favore di Il Tribunale riteneva provata la domanda di sulla base delle fatture prodotte in giudizio, in quanto oggetto della cessione di credito intervenuta tra e la e sulla prova documentale del rapporto di manutenzione degli impianti di illuminazione pubblica di proprietà della Inoltre, il Tribunale affermava che la contumacia del costituiva argomento di prova ex art. 116, c. 2 c.p.c. rispetto alla fondatezza della pretesa attorea.

Quanto agli interessi di mora, ne stabiliva la decorrenza dal giorno successivo al termine previsto per il pagamento indicato nella fattura, riconoscendoli come da domanda, non essendo stato provato il pagamento.

Al riguardo, puntualizzava che, pur mancando in giudizio la prova dell’avvenuta consegna delle fatture al debitore, operava il criterio sussidiario ex art. 4 D.lgs. 231/2002 di decorrenza degli interessi di mora dal momento della prestazione del servizio.

Il Tribunale, invece, rigettava la domanda della per il diverso importo richiesto di € 2.634,38 inerente agli interessi di mora per tardivo pagamento di crediti diversi dalla sorta capitale per carenza di legittimazione attiva, in quanto il credito incorporato nella nota di debito prodotta in giudizio non era specificamente indicato nell’atto di cessione del credito.

Inoltre, accoglieva la domanda di riconoscimento degli interessi anatocistici, condividendo l’orientamento giurisprudenziale secondo cui, ai sensi dell’art. 1283 c.c., tali interessi sono riconosciuti al creditore a condizione che, alla data della domanda giudiziale, gli interessi principali siano scaduti da almeno sei mesi e che sia proposta specifica domanda dal creditore, stabilendo che tali interessi dovevano essere calcolati , trattandosi di quota parte di capitale scaduto, ovvero di interessi non concordati prima ex art. 1284, c. 4, c.c. Infine, accoglieva la domanda ex art. 6 D.lgs. 231/2002, stabilendo che la somma di € 40,00 prevista dalla norma fosse dovuta per ciascuna fattura rimasta inevasa, essendo tale somma espressione di un danno predeterminato dalla legge per la singola prestazione, che, nel caso di specie, doveva essere individuata nel periodo temporale in cui si è svolta la fornitura.

4. In data 14/07/2023, il proponeva appello avverso detta sentenza, formulando quattro motivi di impugnazione e istanza di sospensione degli effetti della sentenza di primo grado ex art. 283 c.p.c. 4.1 Con il primo motivo di appello, l’appellante lamentava l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui aveva ritenuto provato il credito vantato da sul presupposto che la fattura riguardasse un contratto di somministrazione di energia elettrica e che, in ogni caso, vi fosse traccia documentale del rapporto di manutenzione degli impianti di illuminazione pubblica di proprietà di mentre la fattura oggetto del presente giudizio riguardava un contratto relativo a opere di manutenzione straordinaria, non prodotto in giudizio. Al riguardo, l’appellante affermava, che l’unico contratto prodotto in giudizio aveva ad oggetto la riqualificazione degli impianti di illuminazione pubblica mediante l’installazione del sistema “RAGIONE_SOCIALE” ed era stato sottoscritto il 26/03/2018, ossia circa sei mesi dopo l’emissione della fattura (del 30/09/2017).

Inoltre, l’appellante sosteneva la mancata produzione delle intimazioni di pagamento che, secondo non avrebbe contestato.

Per tali ragioni, deduceva l’assenza di prova del credito vantato da dovendosi peraltro escludere che la propria contumacia in primo grado avesse valore confessorio o essere considerata alla stregua di una mancata contestazione dei fatti allegati da controparte ex art. 115 c.p.c. 4.2 Con il secondo motivo di censura, l’appellante – pur ritenendo assorbente il primo motivo di impugnazione – lamentava l’erroneità della sentenza di primo grado nella /2002, in quanto l’oggetto della fattura riguardava lo svolgimento di un’opera di manutenzione straordinaria e non la consegna di merci o la prestazione di servizi con la conseguenza che al più, erano applicabili gli interessi legali, pur affermando la non debenza di alcun tipo di interesse, non avendo controparte provato né il titolo, né di aver svolto l’opera di cui alla fattura prodotta. 4.3

Con il terzo motivo di gravame, l’appellante censurava la decisione del Tribunale nella parte in cui aveva riconosciuto alla gli interessi anatocistici, per le stesse ragioni dedotte nei precedenti motivi di appello.

4.4 Con il quarto motivo di impugnazione, l’appellante censurava la sentenza di primo grado nella parte in cui aveva riconosciuto a la somma di € 40,00 a titolo di risarcimento del danno ex art. 6, c. 2 D.lgs. 231/2002, per le medesime ragioni dedotte nei precedenti motivi di appello.

4.5

Inoltre, l’appellante chiedeva il rigetto della domanda proposta in via subordinata da richiamando le deduzioni svolte in merito alla domanda principale.

4.6

Infine, deduceva l’infondatezza della domanda di arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c. formulata in via ulteriormente subordinata dalla e ritenuta assorbita dal Tribunale, assumendo che, non essendo stata provata la stipula di un regolare contratto tra il e la ai sensi dell’art. 191, c. 4 T.U.E.L., il rapporto obbligatorio doveva, in ogni caso, considerarsi instaurato tra la Banca e il funzionario, essendo venuto meno il rapporto di immedesimazione organica.

5. Si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello avversario e la conferma della sentenza di primo grado, proponendo appello incidentale condizionato all’eventuale fondatezza del gravame avversario con riferimento alla propria domanda di arricchimento senza causa.

Al riguardo, la deduceva la sussistenza del requisito del riconoscimento dell’utilità della prestazione ricevuta siccome il Comune aveva beneficiato del servizio senza opporre alcuna contestazione.

In ogni caso, affermava l’infondatezza dell’appello avversario, deducendo che il contratto relativo alla fattura contestata era stato prodotto in giudizio ed aveva ad oggetto la riqualificazione degli impianti di illuminazione pubblica mediante interventi di manutenzione ordinaria degli impianti promiscui alle reti di proprietà di ) ad un canone annuo determinato, per la durata di nove anni nel periodo dall’1/03/2016 al 28/02/2025.

In proposito, la deduce che la fattura oggetto di giudizio del 30/09/2017 era stata emessa a titolo di canone e che essa riportava il C.I.G. di tale contratto, ossia il codice identificativo della gara.

Inoltre, deduce la novità delle censure dell’appellante riferite:

– alla mancanza di prova del contratto e del credito, non avendo il mai contestato tali circostanze, come anche l’erogazione della prestazione;

– all’applicabilità del D.lgs. 231/2002 al caso di specie, essendo pacificamente ammessa dalla giurisprudenza ed essendo il contratto oggetto di causa posteriore alla novella introdotta dal D.lgs. 192/2012;

– alla debenza degli interessi anatocistici, pacificamente riconosciuti dalla giurisprudenza, in casi analoghi a quello di specie.

6. Disposta la sospensione dell’esecutorietà della sentenza con ordinanza in data 11/12/2023, all’udienza del 24/10/2024, sostituita dal deposito di note scritte, decorsi i termini ex art. 352

c.p.c. per il deposito delle note di precisazione delle conclusioni e delle memorie conclusionali, il Consigliere Istruttore rimetteva la causa al Collegio per la decisione.

7. Preliminarmente, deve rilevarsi che non ha proposto appello incidentale avverso la statuizione di rigetto della propria domanda di condanna del al pagamento della somma di € 2.634,38 a titolo di interessi di mora maturati rispetto ad un credito diverso da quello di cui alla fattura del 30/09/2017, con conseguente passaggio in giudicato di tale capo della sentenza.

8. Tanto premesso, l’appello è meritevole di accoglimento per le seguenti ragioni.

9. Il primo motivo di appello è fondato.

9.1.

Va preliminarmente osservato che come insegna la Corte di Cassazione “alla contumacia del convenuto non può riconnettersi la mancata contestazione dei fatti allegati dall’attore, dal momento che la non negazione fondata sulla volontà della parte non può presumersi per il solo fatto del non essersi la stessa costituita in giudizio, con appello”.

(Sez. 3, Ordinanza n. 14372 del 24/05/2023).

Conseguentemente deve essere vagliato l’appello del che contesta la sussistenza del credito ossia della prestazione di cui alla fattura azionata dal 9.2 In primo luogo, deve rilevarsi che il contratto dedotto in giudizio, in base al quale è stata emessa la fattura del 3079/2017, oggetto di cessione da RAGIONE_SOCIALE ha ad oggetto la manutenzione straordinaria e ordinaria dell’impianto di illuminazione pubblica del e non di somministrazione di energia elettrica, come si evince chiaramente dall’art. 1 del contratto. Tanto puntualizzato, dall’esame degli atti e dei documenti di causa, deve affermarsi che non ha provato il credito azionato in giudizio, per due distinte ragioni.

9.3 Anzitutto, a sostegno della propria pretesa creditoria, ha allegato e prodotto la fattura n. 1730050857 del 30/09/2017 dell’importo di € 41.722,08 per sorte capitale, oggetto della cessione con del 14/12/2018, assumendo la debenza di tale somma in forza del citato contratto con il Tuttavia, tale fattura, che riposta la dicitura “canone manutenzione straordinaria” e “oneri finanziari”, risulta essere posteriore alla data di stipula del contratto di manutenzione straordinaria avvenuta il 26/03/2018 (contratto repertoriato il medesimo giorno al n. 756), con conseguente impossibilità di riferire la maturazione del credito in essa riportato all’accordo con l’Ente locale.

Il riferimento della creditrice a prestazioni di epoca precedente alla sottoscrizione del contratto non rileva in quanto riguarda le opere di ordinaria manutenzione dell’impianto elettrico già oggetto di precedenti delibere, per il periodo 2016-2025 che esulano dall’oggetto della domanda di cui alla fattura che, come detto, riguarda il canone di manutenzione straordinaria ossia la riqualificazione dell’impianto per cui era previsto, nel detto contratto, il pagamento dell’importo di € 290.000,00 oltre IVA da corrispondersi in nove anni, in esecuzione della determinazione n. 59 dell’11/6/2015 approvata dalla giunta comunale n. 9 del 23/2/2015.

Ciò in quanto, se si dovesse ritenere che il contratto in argomento (stipulato nel 2018) possa riguardare prestazioni rese in data precedente alla sua stipula (2017), si perverrebbe all’elusione della prescrizione di legge che prevede la forma scritta per i pubblici a pena di nullità, non avendo, peraltro, l’appellata allegato e provato l’esistenza di un precedente accordo scritto con il 9.4 Inoltre, l’art. 3 del contratto subordina il diritto al pagamento del canone al verificarsi di determinate condizioni e, in particolare, l’emissione della certificazione attestante la regolare esecuzione degli interventi da parte di ha diritto alla liquidazione dell’importo relativo alla riqualificazione in oggetto dietro certificazione attestante la regolare esecuzione degli interventi come da canone di manutenzione straordinaria Allegato A al presente contratto ed a seguito di certificazione attestante il raggiungimento degli obiettivi energetici pari a 264.742 Kwh/anno certificati in fase di offerta nella documentazione RT172112.0 e RT172113.0 pagina 8 e 9 di 21 prot. 0038513 del 29/04/2014.

Qualora non sia conseguito il risparmio energetico indicato, è decurtata dal canone la cifra corrispondente ai Kwh non risparmiati per il costo degli stessi, corrisposto dal Comune in tale momento.

Inoltre a propria cura e spese deve nel termine di 60 giorni dalla comunicazione, concordare con il Comune e provvedere ad eseguire tutti gli adeguamenti tecnici necessari al raggiungimento del risparmio energetico indicato in offerta.

In caso di inerzia provvede il decurtandone le spese dal canone.

Nella specie, non ha prodotto né l’allegato A richiamato dal contratto né la certificazione richiesta dalla norma contrattuale, con conseguente mancanza di prova dell’esecuzione degli interventi di manutenzione alle precise condizioni stabilite dall’art. 3, risultando, pertanto, non provato il proprio diritto di credito.

10. All’accoglimento del primo motivo di appello consegue l’accoglimento degli ulteriori motivi di censura per le medesime ragioni, in quanto aventi ad oggetto la debenza di obbligazioni accessorie e dipendenti dalla sussistenza del credito dedotto nel presente giudizio, non provata, con conseguente riforma della sentenza di primo grado altresì nella parte in cui ha condannato il al pagamento, in favore di degli interessi di mora ex artt. 2 e 5 D.lgs. 231/2002, degli interessi anatocistici e della somma di € 40,00 ex art. 6, c. 2 D.lgs. 231/2002. 11.

Tanto considerato, a fronte della fondatezza del gravame, deve essere esaminata la.1 La domanda va rigettata, in quanto inammissibile per difetto di sussidiarietà, da intendersi in astratto, secondo l’insegnamento del recente arresto delle Sezioni Unite, dal momento che il rapporto dedotto in giudizio ha pacifica natura contrattuale:

“Ai fini della verifica del rispetto della regola di sussidiarietà di cui all’art. 2042 c.c., la domanda di arricchimento è proponibile ove la diversa azione, fondata sul contratto, su legge ovvero su clausole generali, si riveli carente ab origine del titolo giustificativo.

Viceversa, resta preclusa nel caso in cui il rigetto della domanda alternativa derivi da prescrizione o decadenza del diritto azionato, ovvero nel caso in cui discenda dalla carenza di prova circa l’esistenza del pregiudizio subito, ovvero in caso di nullità del titolo contrattuale, ove la nullità derivi dall’illiceità del contratto per contrasto con norme imperative o con l’ordine pubblico. (Cass. Civ., S.U., 5/12/2023, n. 33954).

12.

L’accoglimento dell’appello determina la riforma del regolamento delle spese di lite stabilito dalla sentenza di primo grado.

13.

Le spese legali del doppio grado di giudizio seguono il principio della soccombenza e sono liquidate, avuto riguardo al valore della causa, nel modo seguente:

– per il primo grado, in € 7.616,00 per compensi oltre spese generali, C.P.A. ed I.V.A. (€ 1.701,00 per la fase di studio, € 1.204,00 per la fase introduttiva, € 1.806,00, per la fase istruttoria o di trattazione, € 2.905,00 per la fase della decisione, in ragione dell’attività processuale effettivamente svolta, in applicazione dei parametri medi ex D.M. 147/2022);

– per il presente grado, in € 9.991,00 per compensi oltre spese generali, C.P.A. ed I.V.A. (€ 2.058,00 per la fase di studio, € 1.418,00 per la fase introduttiva, € 3.045,00 per la fase istruttoria o di trattazione, € 3.470,00 per la fase della decisione, in ragione dell’attività processuale effettivamente svolta, in applicazione dei parametri medi ex D.M. 147/2022).

definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, azione ed eccezione:

1) accoglie l’appello proposto dal , in persona del Sindaco pro tempore, avverso la sentenza del Tribunale di Savona n. 333/2023 del 10/05/2023, e in riforma della stessa ) rigetta le domande proposte da nei confronti del 3) condanna in persona del rappresentante legale pro tempore, al pagamento delle spese legali del doppio grado di giudizio in favore del che liquida per il primo grado in € 7.616,00 oltre 15% per spese generali e oltre C.P.A. e I.V.A., e per il presente grado in € 9.991,00, oltre 15% per spese generali e oltre C.P.A. e I.V.A. Genova, 30 ottobre 2024. Il Consigliere relatore Il Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Dott.ssa NOME COGNOME

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