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Appalto, riconoscimento dei vizi e impegno a rimuoverli

Il semplice riconoscimento dei vizi e delle difformità dell’opera da parte dell’appaltatore implica la superfluità della tempestiva denuncia da parte del committente, ma da esso non deriva automaticamente, in mancanza di un impegno in tal senso, l’assunzione in capo all’appaltatore dell’obbligo di emendare l’opera, che, ove configurabile, è una nuova e distinta obbligazione soggetta al termine di prescrizione decennale; ne consegue che il predetto riconoscimento non impedisce il decorso dei termini brevi della prescrizione previsti in tema di appalto.

Pubblicato il 12 January 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

L’XXX conveniva in giudizio la società YYY per accertare la sua responsabilità contrattuale o extracontrattuale con riguardo all’esecuzione dell’appalto per i lavori di ripristino della facciata del complesso immobiliare sito in Roma, via, di sua proprietà.
Secondo l’attrice lo stato di degrado della facciata era da imputare ai lavori eseguiti non a regola d’arte dalla controparte.

La società YYY si costituiva in giudizio eccependo la decadenza e la prescrizione dell’azione ex articolo 1667 c.c. e, nel merito, chiedendo il rigetto della domanda.

Il Tribunale accoglieva l’eccezione di decadenza e prescrizione dalla garanzia per vizi e rigettava la domanda.

L’XXX proponeva appello avverso la suddetta sentenza.

La società YYY si costituiva nel giudizio di secondo grado e chiedeva il rigetto del gravame.

La Corte d’Appello di Roma accoglieva l’impugnazione e, in riforma della sentenza di primo grado, condannava l’appellata società YYY al pagamento della complessiva somma di euro 615.025,95 oltre rivalutazione monetaria dal 1° novembre 2018 sino alla data di pubblicazione della sentenza ed interessi legali con la medesima decorrenza sull’importo annualmente rivalutato e interessi legali dalla pubblicazione della sentenza al soddisfo.

La Corte d’appello, richiamata la giurisprudenza sull’articolo 1669 c.c., richiamato anche l’oggetto del contratto e quanto accertato dal consulente tecnico circa i fenomeni di distacco e rigonfiamento della tinteggiatura del sottostrato di rasante e della parte superficiale del preesistente strato di rivestimento in graniglia, riteneva doversi fare applicazione dell’articolo 1665 c.c.

In base al quarto comma dell’articolo citato doveva distinguersi tra atto di consegna ed atto di accettazione dell’opera.

Nella specie, dal certificato di ultimazione dei lavori redatto il 1° dicembre 2023 sottoscritto dal direttore dei lavori e dalla YYY risultava solamente la certificazione del completamento dei lavori ma non vi era stata formale consegna dell’opera, né alcun espresso gradimento.

Tale gradimento non poteva neanche desumersi tacitamente, in quanto dal verbale del 21 giugno 2004 redatto alla presenza dell’appaltatrice e del direttore dei lavori per conto della committente, risultava che le parti concordemente avevano dichiarato che non era possibile procedere al collaudo delle opere dati i notevoli ed evidenti segni di distacco degli intonaci e del rivestimento di graniglia.

La stessa società appaltatrice affermava nella missiva del 13 dicembre 2004 che la committente aveva comunicato l’impossibilità di procedere al collaudo delle opere per le ragioni espresse.

Il 12 giugno 2007 l’ente committente invitava l’impresa a dare inizio al completamento dei lavori al fine di concludere le operazioni di collaudo e il successivo 17 giugno 2007 l’ente committente comunicava che il collaudatore aveva segnalato l’impossibilità di procedere al rilascio del certificato di collaudo a causa dello Stato di degrado riscontrato nelle facciate.

Secondo la Corte d’Appello, l’impresa appaltatrice aveva riconosciuto i vizi dell’opera come risultava dal verbale di mancato collaudo del 21 giugno 2004 e dalla missiva del 13 dicembre con la quale l’impresa si dichiarava disponibile a fornire mezzi, manodopera e materiali per il ripristino della facciata al solo costo degli stessi, rinunciando a qualsivoglia utile d’impresa.

L’impresa appaltatrice, dunque, aveva riconosciuto l’esistenza dei vizi senza che assumesse rilevanza il fatto di non poterne identificare le cause.

Infatti, secondo la giurisprudenza di legittimità, ai fini del riconoscimento del vizio non era necessaria una confessione giudiziale o stragiudiziale, essendo sufficiente l’ammissione dell’appaltatore circa la loro esistenza senza ammissione di sua responsabilità.

Tale ammissione peraltro implicava l’assunzione di una nuova obbligazione diversa ed autonoma rispetto a quella originaria soggetta al solo termine prescrizionale ordinario decennale che nella specie non era decorso essendo stato proposto ricorso per accertamento tecnico preventivo nel mese di gennaio 2008 e l’atto di citazione notificato il 14 dicembre 2009 entro il termine di 10 anni decorrente dal riconoscimento avvenuto nell’anno 2004.

Peraltro, come riscontrato in sede di accertamento tecnico preventivo, i vizi erano da imputare ai lavori non eseguiti a regola d’arte dalla ditta appaltatrice.

Il costo delle opere necessarie per l’eliminazione dei suddetti vizi e difetti era stato quantificato dal consulente sulla base dei prezzi unitari desunti dal prezzario del genio civile per le opere di recupero ristrutturazione e manutenzione riferiti al mese di ottobre nell’importo pari ad euro 615.025,95.

La società YYY proponeva ricorso per cassazione.

La Corte d’Appello ha fatto corretta applicazione del seguente principio di diritto: In tema di appalto, il riconoscimento da parte dell’appaltatore dei vizi e delle difformità dell’opera, agli effetti dell’art. 1667, secondo comma, cod. civ., non richiede la confessione giudiziale o stragiudiziale della sua responsabilità, né formule sacramentali e può, pertanto, manifestarsi per fatti concludenti, essendo sufficiente, affinché l’eccezione di decadenza del committente dalla garanzia per vizi possa ritenersi rinunciata e preclusa, che l’appaltatore abbia tenuto, nel corso del giudizio di primo grado, un comportamento incompatibile con la volontà di avvalersi di detta decadenza (Sez. 2, Sentenza n. 2733 del 05/02/2013, Rv. 624876 – 01).

Tuttavia, la Corte d’Appello ha compiuto un errore allorquando ha ritenuto sufficiente il riconoscimento del vizio per mutare l’obbligazione dell’appaltatore in obbligazione di garanzia che si prescrive in dieci anni.

La Corte d’appello, infatti, ha erroneamente ritenuto irrilevante il fatto che non fossero state identificate le cause dei vizi e, soprattutto, ha erroneamente ritenuto sufficiente l’ammissione dell’appaltatore circa la loro esistenza senza ammissione di sua responsabilità.

La Suprema Corte, sul punto, ha già avuto modo di affermare il seguente principio di diritto cui il Collegio intende dare continuità: Il semplice riconoscimento dei vizi e delle difformità dell’opera da parte dell’appaltatore implica la superfluità della tempestiva denuncia da parte del committente, ma da esso non deriva automaticamente, in mancanza di un impegno in tal senso, l’assunzione in capo all’appaltatore dell’obbligo di emendare l’opera, che, ove configurabile, è una nuova e distinta obbligazione soggetta al termine di prescrizione decennale; ne consegue che il predetto riconoscimento non impedisce il decorso dei termini brevi della prescrizione previsti in tema di appalto (Sez. 2, Ordinanza n. 19343 del 16/06/2022, Rv. 664999 – 02).

In tale occasione, infatti, si è precisato che occorre tenere distinto il profilo del riconoscimento dei vizi dal ben diverso profilo dell’assunzione dell’impegno a rimuoverli e della conseguente assunzione di una obbligazione diversa ed autonoma rispetto a quella originaria, svincolata dal termine decadenziale e soggetta al solo termine prescrizionale ordinario.

La Corte territoriale ha ritenuto sufficiente il riconoscimento dei vizi e irrilevante la mancata assunzione di responsabilità in ordine alla loro causa con il conseguente impegno a rimuoverli.

Deve dunque ribadirsi che anche in presenza di un riconoscimento dei vizi e delle difformità dell’opera da parte dell’appaltatore – riconoscimento che elide l’onere di effettuare la denuncia- non può farsi discendere automaticamente dal riconoscimento medesimo l’assunzione in capo all’appaltatore dell’obbligo di emendare l’opera, in assenza della prova di un impegno in tal senso, con la conseguenza che il predetto riconoscimento non impedisce il decorso dei termini brevi della prescrizione previsti in tema di appalto (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 15283 del 21/07/2005 – Rv. 582730 – 01).

Corte di Cassazione, Sezione Seconda, Ordinanza n. 33053 del 18 dicembre 2024

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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