N. 5705/2013 R.G.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE
DI BARI SEZIONE SECONDA CIVILE
Il Giudice Monocratico, dott.ssa NOME COGNOME ha pronunziato la seguente
S E N T E N Z A N._4038_2024_- N._R.G._00005705_2013 DEL_01_10_2024 PUBBLICATA_IL_03_10_2024
nella causa civile di secondo grado iscritta al n. 5705/2013 R.G. e vertente T R A rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso il loro studio in Bari, INDIRIZZO APPELLANTE C O N T R O , rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Bari, INDIRIZZO APPELLATO
Oggetto: appello avverso la sentenza del Giudice di Pace di Bari n. 1/2013
Conclusioni:
come da verbale d’udienza del 13.3.2024 FATTO E DIRITTO Con atto di citazione notificato in data 21.05.2013 proponeva appello avverso la sentenza n. 1/2013 emessa dal Giudice di Pace di Bari con cui era stata accolta solo parzialmente la sua domanda riconvenzionale diretta ad ottenere la declatoria di inadempimento contrattuale del convenuto, , la riduzione dell’importo del corrispettivo dell’appalto, nonché il risarcimento dei danni;
contestava la decisione assumendo una erronea valutazione degli elementi di prova da parte del primo giudice che avrebbe dovuto accogliere nella sua interezza la domanda riconvenzionale proposta e quantificare correttamente le spettanze in favore dello Chiedeva pertanto la riforma della decisione resa con compensazione delle opposte ragioni di credito e debito delle parti e condanna dell’appellato al risarcimento dei danni subiti nella somma di € 5.000,00 e/o di quell’altra maggiore o minore da stabilirsi in corso di causa. Il tutto con il favore delle spese di lite.
Con comparsa di risposta depositata in data 1.07.2013 si costituiva deducendo l’infondatezza e l’inammissibilità dei motivi di appello proposti, rimarcando che l’importo convenuto per l’esecuzione dei lavori fosse inizialmente di € 5.500,00 oltre IVA e che tale importo fosse poi stato concordemente aumentato in sede di sopralluogo di € 1.500,00 prima dell’inizio dei lavori, quando si era stato constatato che la superficie della veranda corrispondeva ad una misura maggiore rispetto a quella dichiarata.
Chiedeva il rigetto dell’appello proposto e la conferma della sentenza impugnata, con vittoria di spese, diritti e onorari del giudizio.
Ritenuta la causa sufficientemente istruita la stessa veniva rinviata all’udienza del 13.03.2024 per la precisazione delle conclusioni e quindi introitata in decisione con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. L’appello è fondato per quanto di ragione per i motivi che si vanno di seguito ad esporre.
L’appello censura l’accoglimento parziale della domanda riconvenzionale proposta ed il rigetto delle ragioni poste dallo a sostegno di un credito esistente nei confronti del compensare nel rapporto di dare-avere tra le parti.
La domanda riconvenzionale proposta ha ad oggetto la richiesta dello nella sua qualità di committente, dell’accertamento dell’inadempimento posto in essere dal con conseguente richiesta di riduzione del corrispettivo dovuto dell’importo di € 2.200,00, versato per completare i lavori non terminati dall’appaltatore e non eseguiti a regola d’arte nonché di condanna al risarcimento del danno patito anche per il ritardo nella consegna dei lavori appaltati (prevista per il 30.6.2009).
Contesta l’appellante, in primo luogo, la quantificazione dell’importo concordato per l’esecuzione dei lavori di ristrutturazione, con particolare riguardo all’inclusione dell’IVA nel prezzo iniziale dell’appalto.
Assume al contrario l’appellato che il corrispettivo concordato per l’esecuzione dei lavori di ristrutturazione fosse pari a € 5.500,00, IVA esclusa.
Deve sotto tale profilo condividersi la conclusione a cui è giunto il primo giudice.
Invero, in assenza di pattuizione scritta, l’importo, oltre IVA, è stato formalmente riconosciuto dallo stesso all’udienza del 19.9.11 in sede di interrogatorio formale, a differenza di quanto dichiarato nella comparsa di costituzione e risposta.
Tale circostanza è stata altresì confermata dal teste, , amico di entrambi e presente al momento della conclusione del contratto, il quale ha dichiarato che le parti avevano stipulato un contratto verbale, concordando il pagamento di € 5.500,00, esclusa l’IVA per i lavori di ristrutturazione, consistenti nella rimozione del vecchio rivestimento in piastrelle, rifacimento pozzi luce in vetrocemento con calcestruzzo, fornitura e posa in opera di guaina 4 mm, rimozione ringhiera in cemento, posa in opera di 25 ml di mappetta in marmo, realizzazione massetto in cemento, posa in opera nuova pavimentazione, risanamento muro perimetrale. Dunque, è emerso che per la realizzazione dei lavori le parti avevano concordato un prezzo a corpo di € 5.500,00 IVA esclusa;
di questa somma, ha pacificamente corrisposto a titolo di acconto la somma di € 3.000,00.
Deve ritenersi altresì provato che detto importo era stato poi aumentato in sede di sopralluogo:
il sempre in sede di interrogatorio, ammette di aver aumentato il prezzo di € 1.500,00 dell’appalto, concordandolo con l’appaltante in fase di contrattazione e trattativa (non a “lavori intrapresi”, cfr. atto di appello) e alla presenza di un terzo, (“nei primi di luglio ci incontrammo alla presenza del sig. e decidemmo di aumentare il prezzo dell’appalto…”).
Tale circostanza è stata confermata dal teste COGNOME, la superficie della veranda misurava circa di mq 170 e non mq 130 indicati dallo che, peraltro, non ha mai contestato il disposto aumento, se non nell’atto di gravame.
A tale proposito vanno peraltro considerate le risultanze della consulenza tecnica disposta in corso di causa.
Il c.t.u. ha verificato che il ha effettuato i lavori di ristrutturazione come da computo metrico estimativo (allegato agli atti) per un costo complessivo di circa €7,300.00 + IVA, consistenti nella rimozione del vecchio rivestimento in piastrelle, nel rifacimento pozzi luce in vetrocemento con calcestruzzo, nella fornitura e posa in opera di guaina 4 mm, nella rimozione ringhiera in cemento, nella posa in opera 25 ml di mappetta in marzo e nella realizzazione massetto in cemento (v. pag. 21 della relazione tecnica). Il c.t.u. ha definito l’ammontare del prezzo finale valutando le singole somme e maggiorandole al 15% sulla base del listino prezzi regionale riguardante lavori in ambito pubblico.
Contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, il valore del contratto, così come indicato dal c.t.u., deve essere considerato ai fini della valutazione della domanda e, sotto tale profilo, non si ravvisa la dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c. Difatti il consulente si è limitato all’accertamento di fatti dedotti dalle parti a fondamento della domanda o delle eccezioni e, nel contrasto tra le indicazioni delle parti, ha chiarito l’esatta consistenza dei lavori eseguiti.
Venendo alle negligenze dell’appaltatore, contesta l’appellante la decisione del primo giudice nella parte in cui non ha riconosciuto l’esistenza dei vizi lamentati e, più specificamente, la realizzazione non a regola d’arte del massetto.
A tal proposito, il c.t.u. , in risposta al quesito n. 4 del Giudice sul punto in esame, conferma che il massetto non è stato realizzato a regola d’arte, bensì con uno spessore più alto che, determinando una pendenza, crea problemi di accumulo delle acque che non vengono smaltite come dovrebbero.
Sotto tale profilo non può condividersi l’impostazione del primo giudice che ha ritenuto non dovuto il risarcimento richiesto sul presupposto di una mancata tempestiva denuncia dei vizi, invero neppure eccepita dall’attore.
Il pregiudizio derivante dall’errata esecuzione dei lavori è stato correttamente quantificato nella misura di € 7.400,00 e detto importo deve essere riconosciuto in quanto direttamente riferibile ai lavori eseguiti dall’appaltatore.
Per quanto concerne il dedotto ritardo nella consegna dei lavori deve condividersi la motivazione del primo giudice che, pur ritenendo che il colpevole ritardo fosse imputabile all’appaltatore, ha riconosciuto, a titolo di danno, la somma dal medesimo versata per la locazione di altro immobile e quantificato in via equitativa la somma di € 1.250,00 quale indennizzo dovuto per il mancato godimento dell’immobile.
Non sussistono elementi per una diversa quantificazione delle somme così determinate non risultando convincenti sul punto le indicazioni del consulente.
In definitiva, calcolando che l’importo dovuto in favore del è pari a €7.300,00 oltre Iva (ossia € 8.030,00) a cui va sottratto l’importo di € 3.000,00 già versato, residua l’importo di € 5.030,00.
Detta somma va compensata con l’importo richiesto dall’appellante con la proposizione della domanda riconvenzionale ossia € 2.300,00 per i danni da ritardo nella consegna dell’opera, € 7.400,00 per i vizi relativi alla realizzazione del massetto, per complessivi € 9.700,00.
Detratto l’importo dovuto all’appaltatore, quest’ultimo va condannato al pagamento in favore dell’appellante della somma di € 4.670,00.
In accoglimento dell’appello ed in riforma della sentenza impugnata deve essere condannato al pagamento, in favore di , della complessiva somma di €4.670,00, oltre interessi legali sulla somma via via rivalutata dalla domanda sino al soddisfo.
Le spese di lite, stante la riforma della decisione resa, devono essere regolamentate per entrambi i gradi del giudizio, e possono essere equamente compensate per metà tra le parti in ragione dell’accoglimento delle rispettive domande;
la restante metà, liquidata come da dispositivo, viene posta a carico della parte appellata, tenuto conto del valore delle domande avanzate e dell’attività processuale svolta.
Il Tribunale, definitivamente pronunziando sull’appello proposto da nei confronti avverso la sentenza n. 1/2013 pronunciata dal Giudice di Pace di Bari, disattesa ogni altra domanda ed eccezione, così provvede:
accoglie l’appello per quanto di ragione e, per l’effetto, in riforma della decisione impugnata, condanna al pagamento, in favore di , della complessiva somma di € 4.670,00, oltre interessi legali sulla somma via via rivalutata dalla domanda sino al soddisfo;
condanna l’appellato al pagamento di metà delle spese di lite in favore dell’appellante per entrambi i gradi del giudizio che si liquida in € 2.196,50, di cui € 70,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario nella misura del 15%, IVA e CAP come per legge e compensa le spese per la restante metà.
Bari, 1.10.2024
Il Giudice dott.ssa NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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