Corte d’Appello di Ancona SEZIONE PER LE CONTROVERSIE IN
MATERIA DI LAVORO E PREVIDENZA Reg. Gen. n.200/2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
a Corte di Appello di Ancona, Sezione RAGIONE_SOCIALE, composta dai seguenti magistrati:
NOME
NOME COGNOME Presidente relatore Dr.ssa NOME COGNOME
Consigliere Dr.ssa NOME COGNOME Consigliere lla camera di consiglio tenutasi in data 6 Giugno 2024 secondo le modalità previste dall’art.127 ter p.c.
, lette le note scritte depositate dalle parti, ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._188_2024_- N._R.G._00000200_2023 DEL_07_06_2024 PUBBLICATA_IL_07_06_2024
alla causa civile di secondo grado promossa con ricorso depositato in data 17.07.2023, e vertente tra in persona del legale rappresentante pro tempore, (appellante-opponente), e (appellato), avente ad oggetto: appello avverso la sentenza n°11/2023 emessa dal Tribunale di Fermo, in funzione di giudice del lavoro, in data.01.2023.
CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO E DIRITTO
Con ricorso depositato in data 17.07.2023, gli appellanti hanno impugnato la sentenza indicata in epigrafe, con la quale è stata respinta la loro opposizione verso l’ordinanza-ingiunzione n.202/2017 in data 14.04.2021, notificata il 16.04.2019, a mezzo della…]golare assunzione della lavoratrice nel periodo dal 26 settembre al 10 ottobre 2016.
Giudice di primo grado, più in dettaglio, ha confermato la legittimità formale e sostanziale della nzione irrogata, che ha tuttavia ridotto nel quantum in ragione della modesta gravità dell’illecito.
A fondamento del gravame, l’appellante ha censurato l’iter logico giuridico seguito dal primo udice, denunciandone l’erroneità e l’illogicità, sotto i seguenti profili:
1) Erroneità, illogicità della otivazione nella parte in cui ha ritenuto la legittimità formale del primo accesso ispettivo.
Illegittimità l verbale di primo accesso ispettivo e conseguente illegittimità del verbale unico di accertamento e tificazione, dell’intero procedimento sanzionatorio e della ordinanza – ingiunzione irrogata;
nseguente illegittimità – inammissibilità dell’ordinanza – ingiunzione;
2) Carenza nella motivazione – ritti difensivi ed audizione – omissione delle deduzioni espresse in sede di memorie, documenti ed dizione personale del trasgressore ex art. 18, legge 689/81– motivazione omessa – lesione del diritto di fesa – illegittimità dell’ordinanza ingiunzione;
3) Infondatezza/insussistenza degli asseriti illeciti ntestati agli istanti, dimostrata all’esito dell’istruttoria (per aver escluso il carattere volontario ll’attività prestata da , ritenendo che quest’ultima fosse necessariamente ed tomaticamente qualificabile come prestazione di lavoro subordinato, a prescindere dalla verifica di correnza in concreto di una condizione di sottoposizione dei prestatori alle direttive impartite dal datore lavoro).
Carenza e contraddittorietà della motivazione.
4) Motivazione errata, illogica ed ingiusta in nto di determinazione nel quantum della sanzione amministrativa irrogata agli appellanti (sanzione enuta sproporzionata rispetto alla gravità dell’illecito contestato, con richiesta di riduzione della stessa minimo edittale e, in subordine, con rateizzazione del pagamento).
Ha quindi formulato le seguenti conclusioni di merito:
“ in accoglimento delle preliminari cezioni di illegittimità – inammissibilità dell’ordinanza – ingiunzione n. 202/2017 del 14/04/21 – prot. 84, notificata al dott. ed alla il giorno 16/04/2021, e di tutti gli atti esupposti e connessi, compreso il verbale di primo accesso ispettivo n. 36 del 02/12/2016, il verbale ico di accertamento e notificazione n. AP00000/2017-953-01 del 27/06/2017 e dell’intero ocedimento sanzionatorio, accogliere l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata n. /2023, resa e depositata dal Tribunale di Fermo, Sezione Lavoro in data 17/01/2023, non notificata, nullare la ridetta ordinanza – ingiunzione e tutti gli atti presupposti, connessi, e conseguenti e l’intero ocedimento sanzionatorio, in quanto infondati, non provati o non sufficientemente provati; in bordine:
nella denegata ipotesi di conferma dell’ordinanza – ingiunzione anche in grado di appello, durre, in ogni caso, al minimo edittale la sanzione amministrativa pecuniaria irrogata con l’ordinanza ingiunzione, o comunque ad una misura inferiore ad € 2.000,00, prevedendone il pagamento anche in si è costituito in giudizio ed ha resistito ’appello, del quale ha chiesto il rigetto, assumendone l’infondatezza in fatto ed in diritto, in erimento a ciascuno dei motivi di gravame.
1.- Con i primi due motivi di gravame, che per la loro evidente connessione possono essere trattati congiuntamente, gli appellanti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che verbale primo accesso ispettivo era stato emesso sulla base di un “intervento corroborato da ogni garanzia procedurale e difensiva a favore del soggetto ispezionato”.
Lamentano, infatti, che il Giudice non avrebbe adeguatamente valorizzato le omissioni procedurali indicate nel ricorso e consistite, secondo la a prospettazione, nella mancata effettuazione del contraddittorio preventivo con il rappresentante gale della il quale, qualora ascoltato, avrebbe invece potuto chiarire la posizione della ed evitare la contestazione dell’illecito.
Sostengono quindi l’illegittimità dell’ordinanza opposta per violazione del diritto di difesa a causa del mancato rispetto delle cadenze procedurali di cui agli artt. 8 e 13 del D.Lgs n.124/2004, stante anche la consegna di copia del verbale di imo accesso ispettivo alla lavoratrice , e cioè a persona diversa dal legale rappresentante lla Lamentano, inoltre, che il Giudice di prime cure non avrebbe accertato l’illegittimità del provvedimento opposto sotto il profilo della carenza di motivazione e della omessa indicazione delle nti di prova su cui si basa il provvedimento stesso, in quanto solo genericamente riportate con formule stile, inidonee a consentire l’esame e il controllo delle ragioni poste a sostegno della sanzione. Così me il Tribunale avrebbe dovuto accogliere il ricorso dell’opponente stante l’asserita omissione da parte dell’ente della valutazione delle deduzioni espresse con le memorie difensive del 12 luglio 2017 e delle fese espresse in sede di audizione tenutasi il 12 settembre 2017.
Tanto premesso, ritiene il Collegio che dalla valutazione complessiva del quadro probatorio emerso in rso di causa non si evince alcuna violazione del diritto di difesa, non essendo stato precluso alla parte pellante di produrre scritti difensivi e di essere ascoltata personalmente prima che il provvedimento nzionatorio venisse adottato.
Risultano peraltro allegati al Verbale Unico di accertamento anche i rbali di acquisizione delle dichiarazioni del personale rinvenuto sul posto in sede di primo accesso pettivo.
Sul punto, va tenuto presente che i verbali ispettivi hanno valore probatorio precostituito in dine alla provenienza dal pubblico ufficiale che li ha redatti ed ai fatti che quest’ultimo attesta che ano avvenuti in sua presenza o che siano stati da lui compiuti.
(Cass. n. 26086/2023), per cui è solo il contenuto intrinseco delle dichiarazioni che può essere oggetto di libero apprezzamento da parte del giudice.
preventive più approfondite, avrebbe introdotto temi di prova che avrebbero tenzialmente e ragionevolmente allargato il quadro istruttorio posto a base della decisione, conducendo sì l’amministrazione a determinazioni di diverso tenore.
È del resto ormai pacifico in giurisprudenza e anche la mancata audizione dell’interessato che ne abbia fatto richiesta in sede amministrativa non importa la nullità del provvedimento, in quanto, “riguardando il giudizio di opposizione il rapporto e n l’atto, gli argomenti a proprio favore che l’interessato avrebbe potuto sostenere in sede di audizione nanzi all’autorità amministrativa ben possono essere prospettati in sede giurisdizionale.
”(Cass. Civ. 24901/2022).
Infine, è noto in punto di diritto che l’omessa valorizzazione delle difese proposte nelle memorie fensive da parte dell’ente, non invalida la decisione di primo grado poiché con il giudizio di posizione si apre un giudizio di cognizione pieno, teso a verificare la validità sostanziale del ovvedimento, attraverso un autonomo esame della ricorrenza dei presupposti di fatto e di diritto ll’infrazione.
In tal senso si registra un orientamento consolidato della Suprema Corte secondo il quale non hanno rilievo i vizi di motivazione dell’ordinanza ingiunzione connessi al fatto che l’autorità giungente non abbia, o non abbia adeguatamente valutato le deduzioni difensive dell’incolpato, formulate in sede amministrativa, stante la possibilità di esercitare pienamente il diritto di difesa in sede giudiziaria” ( cfr. Cass. Lav. n. 3488 del 21/02/05, Cass. Lav. 3489 del 21/02/05, Cass. civ. n. 519/05).
Per tali ragioni, i motivi sin qui esaminati sono da ritenersi infondati e vanno dunque respinti.
*** 3.- Con il terzo motivo di gravame, gli appellanti censurano la sentenza impugnata, per aver erroneamente ritenuto provata la sussistenza di rapporti di lavoro subordinato irregolari con la lavoratrice , che avrebbe prestato attività lavorativa senza regolare assunzione nel periodo dal 26 ttembre al 10 ottobre 2016, per un totale di dieci giornate lavorative.
Secondo gli appellanti, il giudice avrebbe giunto a tale conclusione sulla base di una errata lettura delle risultanze ispettive e del compendio istruttorio del primo grado, da cui non si trarrebbe prova della sussistenza del rapporto di voro subordinato con la lavoratrice , la quale avrebbe frequentato la sede dell’asilo do comunale di Montegiorgio nel breve periodo preso in considerazione in quanto svolgente attività di volontariato per conto di altro Ente, e cioè della associazione RAGIONE_SOCIALE
Il motivo non è fondato.
In punto di diritto, è principio ormai consolidato quello secondo il quale l’opposizione all’ordinanza alla P.A. ed all’opponente;
in sostanza, la cognizione del giudice si estende, nell’ambito lle deduzioni delle parti, all’esame del merito della pretesa fatta valere con l’ingiunzione, per stabilire sia fondata o meno (v. per tutte Cass. 19.12.89 n. 5721).
Ciò premesso, emerge dal corredo probatorio in atti che la lavoratrice aveva preso ntatti con la società opponente al fine di svolgere presso le strutture gestite da quest’ultima il tirocinio er 30 previsto dalla Regione Marche, finalizzato all’inserimento o al reinserimento nel mercato del voro.
A tal fine la stessa prendeva accordi con il responsabile COGNOME su come procedere da punto di vista burocratico per l’effettuazione di detto tirocinio.
Nelle more della definizione della atica, la ha iniziato l’attività presso l’asilo nido comunale di Montegiorgio gestito dalla nel mentre veniva portata avanti l’istruzione della domanda di tirocinio, in riferimento alla quale comunicato allo in data 3 ottobre 2016 le credenziali da inserire a sistema (SIFORM) per noltro dei moduli di sua competenza quale rappresentante dell’ente, nonché dell’allegazione del ogetto di tirocinio.
Tuttavia, in data 10 ottobre 2016, a seguito di un incidente stradale la ssato la sua attività presso l’ente, quale reazione alla mancata attivazione della copertura assicurativa parte dello e si è recata presso gli uffici della chiedendo l’ispezione il cui esito è il ovvedimento oggetto di gravame.
Tanto premesso, ai fini della decisione occorre ricostruire la volontà delle parti e le concrete modalità svolgimento del rapporto, nonché la sussistenza del potere direttivo, organizzativo e disciplinare al ale il lavoratore deve essere soggetto.
Sul punto gli appellanti hanno allegato che la aveva chiesto che l’iniziale esperienza presso centro, nelle more della definizione della pratica di tirocinio, potesse passare attraverso un ente diverso lla vera destinataria del progetto di tirocinio over 30, stante il rischio di pregiudicare, secondo criteri del relativo bando, il buon esisto della pratica.
Solo per tale ragione la non era stata rettamente inserita nel prospetto dei volontari della circostanza che invece il responsabile ll’ente avrebbe preferito seguire per evitare complicazioni.
L’avvio dell’attività nell’attesa ll’ottenimento della borsa lavoro over 30 era volta a consentire alla la possibilità di noscere meglio le modalità di lavoro del centro, senza vincoli di subordinazione alcuna.
A sostegno lle loro ragioni gli appellanti hanno prodotto una dichiarazione di disponibilità per missione di lontariato datata 20 settembre 2016 sottoscritta dalla intestata all’associazione RAGIONE_SOCIALE ed una dichiarazione di rimborso spese sempre a sottoscrizione della medesima con dettaglio dei sti chilometrici.
Hanno quindi prodotto un modulo di volontariato presso l’ente convenzionato datato Con tesi degli appellanti non è convincente.
Rileva il Collegio che la produzione documentale sopra citata non è riconducibile allo svolgimento ll’attività in esame, posto che è riferita ad una missione espressamente indicata quale RAGIONE_SOCIALE esaro in Convenzione con RAGIONE_SOCIALE.
Mentre il modulo di autorizzazione all’esperienza di volontariato sociale non riporta una data certa.
Parimenti dalla lettura della corrispondenza intercorsa tra il responsabile e la non emerge mai la eventualità, e comunque la volontà della di svolgere attività di volontariato presso il centro.
Prova ne è che nella segnalazione formalizzata all’ la stessa conferma e “inizialmente avevo preso contatti con gli stessi per attivare con la cooperativa un tirocinio “Over ” della Regione Marche che però non è stato mai avviato e nel frattempo mi hanno proposto di iniziare a lavorare come volontaria in attesa che il tirocinio venisse eventualmente approvato”, precisando però che non avevano “concordato nessuna retribuzione per questo primo periodo di lavoro regolare in quanto, nelle intenzioni della cooperativa, sarebbe stato coperto con i fondi della Regione a volta erogati per il progetto di tirocinio. ” .
Dal che è possibile evincere che la stessa non avesse tenzione di svolgere attività lavorativa caratterizzata da gratuità, ma confidava nell’accoglimento della manda di tirocinio per ottenere il pagamento dell’intera prestazione.
Ed in effetti nei messaggi da lei viati allo l’oggetto è attinente soltanto alle modalità di attivazione del tirocinio over 30 e del lativo progetto da allegare, mentre non viene mai presa in ipotesi la disponibilità a svolgere attività di lontariato.
I testimoni escussi all’udienza del 17 novembre 2022 hanno confermato che la si occupava i bambini in qualità di educatrice e veniva presentata come tirocinante (teste ).
La teste , volontaria, ha riferito sia in sede ispettiva che giudiziaria di aver effettuato turni di voro con lei e che la stessa era presente prevalentemente nel pomeriggio.
La teste rimenti riferito in sede amministrativa che la lavorava prevalentemente il pomeriggio, salvo ecisare in sede giudiziaria che “veniva al nido, non aveva orario fisso”.
Sotto tale profilo, è noto che nell’ipotesi di contrasto fra le dichiarazioni rese all’ispettore e quelle rese dal terzo quale teste nella successiva sede giudiziale – secondo consolidato orientamento della Suprema Corte, seguito da questa corte in plurime precedenti decisioni – vanno ritenute maggiormente attendibili le prime, siccome asciate nell’immediatezza dell’accesso e nella ipotizzabile assenza di condizionamenti, verso i voratori interrogati, da parte del datore di lavoro, e pertanto da ritenersi più genuine rispetto a quelle, di segno contrario, rese poi in udienza (cfr. per tutte Cass. n. 17774/2015; Cass. Sez. Lav., n. 10983 del 9 Con quanto attiene al numero di giornate lavorative prestate, le dichiarazioni della hanno ovato parziale conferma nelle dichiarazioni rese agli ispettori dalla volontaria che fissa el mese di ottobre per circa una settimana” l’attività svolta dalla Anche la teste mpre in sede ispettiva, benché con un margine di incertezza, fissa il periodo di riferimento tra la fine di ttembre e la metà di ottobre 2016, ben ricordando che a seguito dell’incidente stradale la n si era più recata presso l’asilo nido. In buona sostanza, la tesi degli odierni appellanti non trova riscontro né nelle produzioni documentali, nelle dichiarazioni testimoniali.
Dal quadro probatorio complessivamente considerato emerge infatti e la era inserita nell’organizzazione della gestione del Nido Comunale di Montegiorgio, ppure per un breve periodo, svolgendo le medesime mansioni dei soci lavoratori, sotto il ordinamento e le direttive del datore di lavoro.
In ogni caso, non è possibile ascrivere alla fattispecie di voro volontario l’attività svolta dalla stessa presso il Nido Comunale di Montegiorgio, cioè resa in ore a criteri di spontaneità e gratuità, collegati alle finalità esclusivamente solidaristiche dell’attività essa (v. art.2 della legge n.266/1991 e art. 17 del d.lgs.n. 117/2017, emanato in attuazione della legge- lega n.106/2016 per il riordino e la revisione organica della disciplina in materia di attività di volontariato, di promozione sociale e di mutuo soccorso).
Nella fattispecie, l’attività in discorso non ha sunto i caratteri della prestazione spontanea e gratuita a soli fini solidaristici, atteso l’inserimento della voratrice in un’organizzazione predefinita che faceva capo allo – anche se il luogo di lavoro a rappresentato dalla struttura dell’asilo nido di Montegiorgio – e che sostanzialmente non si discostava l modello dell’eterodirezione, e tenuto conto che della circostanza che era il referente unico r qualsiasi problematica riguardante lo svolgimento della prestazione. Sulla base di quanto sin qui osservato, non si può, pertanto, escludere l’inserimento della lavoratrice un’organizzazione predefinita che faceva capo alla e che sostanzialmente non si discostava l modello dell’eterodirezione.
Il terzo motivo di impugnazione va dunque respinto.
*** 4.- Con il quarto motivo di gravame, l’appellante censura la sentenza impugnata nella parte in cui, pur endo ritenuto sproporzionato l’ammontare della sanzione irrogata (riducendola nel quantum), non la ridotta nella misura del minimo edittale (cioè nella misura massima consentita), come sarebbe stato ustificato dalla breve durata dell’infrazione.
, ed esaminati i documenti inviati e gli argomenti esposti negli scritti difensivi, se ritiene fondato accertamento, determina, con ordinanza motivata, la somma dovuta per la violazione e ne ingiunge il gamento, insieme con le spese, all’autore della violazione ed alle persone che vi sono obbligate lidalmente”.
Ai fini della determinazione dell’ammontare della sanzione, l’art.11 della medesima gge prevede che “Nella determinazione della sanzione amministrativa pecuniaria fissata dalla legge a un limite minimo ed un limite massimo e nell’applicazione delle sanzioni accessorie facoltative, si ha guardo alla gravità della violazione, all’opera svolta dall’agente per l’eliminazione o attenuazione lle conseguenze della violazione, nonché alla personalità dello stesso e alle sue condizioni onomiche”.
Pertanto, allorchè la norma preveda (come nella fattispecie) la sanzione indicandone la misura minima quella massima, la stessa va determinata nella misura ritenuta congrua rispetto all’infrazione commessa lla base dei criteri per l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie fissati dall’art.11, l. n. 9 del 1981, i quali devono ritenersi applicabili sia dall’autorità amministrativa in sede di irrogazione lla sanzione ai sensi dell’art. 18 della legge, che dal giudice in sede di opposizione all’ingiunzione, ai nsi del successivo art. 23 (T.A.R. Roma, sez. II, 02/05/2018, n.4806). In quest’ordine di concetti, deve ritenersi che rientra nei poteri del giudice la verifica, ai sensi dell’art.11, l.24 novembre 1981, n. 689, del petto del principio di proporzionalità in sede di quantificazione concreta della misura della sanzione amministrativa e, dunque, del corretto esercizio del potere discrezionale da parte dell’Amministrazione.
Ciò premesso, ferma restando la sussistenza della trasgressione contestata, rileva il Collegio che il imo giudice ha tenuto conto, nella concreta determinazione della sanzione irrogata con l’ordinanza- giunzione opposta, della brevità della durata del rapporto di lavoro non formalizzato con (la cui presenza presso l’asilo di nido di Montegiorgio è stata limitata ad otto giornate di effettivo voro, dal 26.09.2016 al 10.10.2016) e dell’esiguo numero di lavoratori coinvolti nell’illecito (un solo voratore).
Trattasi di circostanze del tutto incontestate e che non possono non ridondare i loro effetti lla concreta determinazione dell’ammontare della sanzione, ai sensi dell’art.11 della legge n°689/1981.
Fatte tali premesse di ordine generale, rileva il Collegio che, ai sensi dell’art.3, comma 3 del D.L. 22 bbraio 2002 n.12, conv.
in legge 23 aprile 2002 n.73, come sostituito dall’art.22, primo coma, della egge 151/2015, “in caso di impiego di lavoratori subordinati senza preventiva comunicazione di staurazione del rapporto di lavoro da parte del datore di lavoro privato, con la sola esclusione del tore di lavoro domestico, si applica altresì la sanzione amministrativa pecuniaria:
a) da euro 1.500 a ro 9.000 per ciascun lavoratore irregolare, in caso di impiego del lavoratore sino a trenta giorni di Nella fattispecie, a parere del Collegio, tenuto conto della modesta gravità della condotta sanzionata in erimento alla posizione lavorativa di (otto giorni di lavoro in nero per una sola pendente) e della assenza di analoghi precedenti, la sanzione amministrativa di cui alla ordinanza- giunzione n.202/2017 in data 14.04.2021 può essere rideterminata nel minimo edittale di €.1.500,00 r l’unica dipendente non regolarizzata. Va infine respinta la richiesta di rateizzazione ex art.26 legge n°689/1981, stante il principio giurisprudenziale secondo cui “Il potere di disporre il pagamento rateale della sanzione pecuniaria, su chiesta dell’interessato che si trovi in condizioni economiche disagiate, spetta, a norma dell’art. 26 lla l. n. 689 del 1981, all’autorità giudiziaria e/o amministrativa che ha applicato la sanzione;
Pertanto, poiché questa è irrogata dall’autorità giudiziaria nella sola ipotesi prevista dall’art. (connessione obiettiva tra violazione amministrativa e reato), il termine “autorità giudiziaria“, dicato nell’art. 26 cit., va riferito al solo caso del giudice penale competente ex art. 24, né argomento contrario può trarsi dal potere del giudice dell’opposizione ad ordinanza ingiunzione di determinare in concreto la misura della sanzione, eventualmente anche riducendola, perché tale potere è attività versa, concettualmente e cronologicamente, dalla rateizzazione della sanzione, che inerisce alle modalità di pagamento e non può essere disposta dal predetto giudice civile” (Cassazione civile sez. II, /10/2017, n.25621; Consiglio di Stato sez. VI, 05/08/2013, n.4085).
*** 5.- Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, l’appello deve essere quindi accolto per quanto ragione e, in parziale riforma della sentenza impugnata, va rideterminata nel quantum la sanzione mministrativa di cui all’ordinanza-ingiunzione n.202/2017 in data 14.04.2021, nella misura sopra dicata, in applicazione dei criteri previsti dall’art.11 della legge n°689/1981.
In applicazione del principio stabilito dall’art. 92, 2° comma, Cod.Proc.Civ., considerato che corrono ragioni di ordine equitativo, atteso il parziale accoglimento del gravame, nonché tenuto conto ll’esito complessivo del giudizio e della sussistenza delle violazioni contestate, le spese del grado ssono essere compensate per la metà, ponendosi la parte non compensata a carico di parte appellante.
la Corte di Appello di Ancona, Sezione Lavoro e Previdenza, definitivamente pronunciando, contrariis riectis, così decide:
– accoglie l’appello per quanto di ragione e, in parziale riforma della sentenza impugnata, ridetermina – compensa per la metà le spese di lite del presente grado (che liquida, per l’intero, in complessivi €.1.000,00), e condanna l’appellante a rifondere alla parte appellata la parte di spese non compensata, oltre spese generali nella misura del 15% del compenso totale per la prestazione (art.2 D.M.10.03.2014), I.V.A. e C.A.P..
Così deciso nella camera di consiglio tenutasi in data 6 Giugno 2024 IL PRESIDENTE est. NOME COGNOMEAtto sottoscritto digitalmente) Ha collaborato allo studio della controversia ed alla stesura della motivazione il Funzionario UPP Dr.ssa NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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