REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte d’Appello di L’Aquila, composta dai seguenti Magistrati
ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 1340/2019 pubblicata il 31/07/2019
Nella controversia in grado d’appello iscritta al n. /2014 R.G., vertente tra Impresa XXX, rappresentato e difeso dall’ Avv.;
Appellante
contro
YYY e ZZZ, rappresentati e difesi dall’Avv.;
Appellati
OGGETTO: Appalto.
Conclusioni delle parti: Come da verbale dell’udienza dell’8/1/2019.
FATTO E DIRITTO
Con la sentenza impugnata il tribunale di Sulmona aveva accolto la domanda proposta dai signori YYY e ZZZ e – pertanto – dichiarato la risoluzione del contratto d’appalto stipulato inter partes, per effetto della operatività della diffida ad adempiere che il tribunale giudicava legittimamente formulata dai committenti, attori in giudizio; aveva altresì condannato l’appaltatore alla restituzione di parte del compenso ricevuto in quanto non dovuta e al risarcimento del danno, nonché al rimborso delle spese di lite. Aveva invece respinto la domanda riconvenzionale proposta dall’appaltatore, diretta ad ottenere una pronuncia di risoluzione per colpa dei committenti nonché il pagamento del residuo del corrispettivo dovuto; il tutto sulla scorta di una consulenza tecnica d’ufficio.
Con l’interposto appello, l’appaltatore ha censurato la sentenza appellata lamentando che dalla CTu espletata, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, era emerso che i lavori erano stati eseguiti a regola d’arte e che nessuna contestazione era stata mossa all’appaltatore, tanto che nessun inadempimento risultava imputabile al XXX, posto che gli attori, dapprima dando incarico ad altra impresa, poi allontanandolo dal cantiere con violenza, avevano invece tenuto un comportamento inadempiente. Chiedeva dunque che la risoluzione venisse dichiarata per colpa degli attori, con condanna al pagamento dei lavori non ancora pagati e risarcimento del danno per il mancato utilizzo dell’attrezzatura di cantiere.
Si costituivano le controparti, chiedendo dichiararsi l’apello inammissibile o infondato, con vittoria di spese.
All’udienza dell’8/1/2019 le parti concludevano come da relativo verbale.
L’appello è inammissibile ex art. 342 c.p.c., per difetto di specificità dei motivi. Al riguardo, infatti, l’appellante si è limitato in via del tutto assertiva a sollecitare una rivalutazione del materiale istruttorio che, a suo dire, avrebbe dovuto condurre ad una diversa soluzione della lite. Ma l’appellante non ha minimamente attinto con alcuna censura quella parte significativa della motivazione della sentenza laddove il tribunale ha sostenuto che, giusta l’esito della prova testimoniale (teste ***) era risultato dimostrato che l’impresa XXX non aveva lasciato nulla in cantiere ed aveva al contempo giudicato inattendibile altro teste in quanto riferiva de relato actoris; l’appellante non ha inoltre minimamente censurato la sentenza laddove ha sottolineato che, in presenza di abbandono del cantiere, era stata legittimamente inviata diffida ad adempiere cui il 6/7/2007 era conseguita la risoluzione del contratto, in difetto di adempimento. Ora, alla luce di queste considerazioni, poiché “non è sufficiente il richiamo per relationem alle stesse difese poiché i motivi devono essere contenuti nell’atto di impugnazione e non possono costringere il giudice ad una opera di relazione e supposizione che la legge non gli richiede (cass. 23976/2004) e poiché, come noto, la specificità dei motivi di appello deve essere commisurata alla specificità della motivazione e non è ravvisabile laddove l’appellante, nel censurare le statuizioni contenute nella sentenza di primo grado, ometta di indicare, per ciascuna delle ragioni esposte nella sentenza impugnata sul punto oggetto della controversia, le contrarie ragioni di fatto e di diritto che ritenga idonee a giustificare la doglianza (cass. Sez. 1, Sentenza n. 1651 del 27/01/2014), l’impugnazione deve essere dichiarata inammissibile (vds. anche cass. Sez. U, Sentenza n. 23299 del 09/11/2011 (Rv. 620062), secondo cui “affinché un capo di sentenza possa ritenersi validamene impugnato non è sufficiente che nell’atto d’appello sia manifestata una volontà in tal senso, ma è necessario che sia contenuta una parte argomentativa che, contrapponendosi alla motivazione della sentenza impugnata, con espressa e motivata censura, miri ad incrinarne il fondamento logico-giuridico. Ne consegue che deve ritenersi passato in giudicato il capo della sentenza di primo grado in merito al quale l’atto d’appello si limiti a manifestare generiche perplessità, senza svolgere alcuna argomentazione idonea a confutarne il fondamento”).
Spese del grado secondo soccombenza, liquidate come da dispositivo.
Infine, va osservato che il gravame è stato proposto con citazione notificata in epoca successiva al 31/1/2013; si applica, di conseguenza (cfr. Cass. 26566/2013) l’art. 1 comma 17 della l. 228/2012, che ha modificato l’art. 13 del d.p.r n. 115/2002 con l‘inserimento del comma 1 quater (in base al quale, se l’impugnazione principale o incidentale è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma del comma 1 bis) va dichiarato che l’appellante è tenuto al pagamento di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello già dovuto per l’impugnazione.
P.Q.M.
Definitivamente pronunciando, la Corte d’Appello di L’Aquila così provvede:
1) Dichiara inammissibile l’appello e condanna l’appellante a rimborsare all’appellato la metà delle spese del grado, che liquida (per l’indicata misura in € 2.777,00, oltre IVA, Cap e rimborso forfettario delle spese di lite;
2) Dichiara che l’appellante è tenuto al versamento di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello già dovuto per l’impugnazione.
L’Aquila, 9 giugno 2019.
Il Presidente rel. est.
Il Consigliere rel est Il Presidente
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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