N. R.G. 2092/2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI MILANO
Sezione prima civile nelle persone dei seguenti magistrati:
dr. NOME COGNOME Presidente rel.
dr. ssa NOME COGNOME Consigliere dr.
ssa NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
SENTENZA N. 2620_2022_-_N. R.G._00002092_2021 DEL_24_07_2022 PUBBLICATA_IL_26_07_2022
nella causa iscritta al n. r.g. 2092/2021 promossa in grado d’appello (C.F. ), elettivamente domiciliato in 20135 presso lo studio dell’avv. , che lo rappresenta e difende come da delega in atti.
APPELLANTE CONTRO (C.F. , elettivamente domiciliato in presso lo studio dell’avv. che lo rappresenta e difende come da delega in atti.
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. , che lo rappresenta e difende come da delega in atti.
APPELLATI Oggetto:
Arricchimento senza causa
CONCLUSIONI
DELLE PARTI
Per l’appellante “Voglia l’Ill.ma Corte d’Appello di Milano, contrariis reiectis, In via principale:
in riforma dell’impugnata sentenza condannare i signori solidalmente obbligati, a rifondere al signor l’importo di € 68.692,00.=, ovvero quell’altra somma maggiore o minore che risulterà dovuta ad istruttori esperita, oltre interessi al tasso legale dalle singole scadenze al saldo.
In ogni caso:
nella denegata e non ceduta ipotesi di conferma nel merito della sentenza emessa dal Tribunale di Sondrio, in parziale riforma dell’impugnata sentenza in punto spese, rimodulare le spese legali liquidate nel primo grado del giudizio riducendo la quota da rimborsare all’Erario ad € 3.900,00.= oltre accessori;.
in via istruttoria:
il signor chiede che l’Ill.mo Signor Giudice voglia, contrariis reiectis:
ammettere – l’interrogatorio formale a. del signor , sui seguenti capitoli di prova:
1. Vero che lei è proprietario dell’intera unità immobiliare sita in 2. Vero che nel periodo 2000/2001 sua figlia le chiedeva l’autorizzazione per procedere alla ristrutturazione dei locali siti al piano terra dell’immobile predetto per ricavare un appartamento dove vivere con il suo compagno, (cfr. doc. 1);
3. Vero che più specificatamente le opere di ristrutturazione dei locali siti al piano terra hanno ampliato la superficie abitativa dell’immobile e sono consistite nella realizzazione integrale di un appartamento di 4 locali e anche di nuovi box ;
4. Vero che per la ristrutturazione di cui sopra la signora si è rivolta alla per l’accensione di un mutuo;
5. Vero che le garanzie offerte dalla signora erano insufficienti per la concessione del mutuo in quanto il reddito della medesima impediva di sostenere le rate del medesimo;
6. Vero che sua figlia all’epoca dei fatti e più precisamente negli anni 2000 – 2001 svolgeva lavori saltuari, così come li aveva svolti negli anni precedenti dal 1986 quando aveva conosciuto il signor NOME. Vero che in sede di stipula dell’atto notarile alfine di poter concedere il mutuo a sua figlia per le ristrutturazioni suddette ha dovuto prestare fidejussione presso la 8. Vero che il signor a far data dall’anno quando la figlia di lei, aveva ha provveduto quasi all’integrale mantenimento della signora e della di lei figlia; 9. Vero che il signor ha contribuito con le sue risorse economiche a sostentare la crescita di dal 1986 a quando la ragazza è divenuta economicamente indipendente;
10. Vero che il signor corrispondeva ogni mese a sua figlia una somma pari o quasi pari alla rata del mutuo contratto;
11. Vero che il signor ha sostenuto anche spese per € 35.000,00.= per gli arredi esistenti all’interno del nuovo appartamento;
12. Vero che lei ha ceduto l’usufrutto dell’immobile in uso a sua figlia nell’anno al signor al fine di riconoscergli un concambio materiale a fronte delle somme investite nel pagamento delle rate del mutuo contratto dalla signora COGNOME.
Vero che nell’anno sua figlia le ha chiesto più volte di revocare la cessione dell’usufrutto dell’immobile di sua proprietà al signor NOME
Vero che nell’anno sua figlia ha posto la retrocessione dell’usufrutto quale condizione per la risoluzione bonaria della vertenza penale insorta con il signor NOMECOGNOME
Vero che pertanto l’atto notarile che attestava la concessione dell’usufrutto dell’immobile suddetto al signor per espressa richiesta del medesimo veniva revocato nell’anno 16.
Vero che sua figlia solo dopo la revoca dell’atto di cessione dell’usufrutto in data ritirato le querele sporte nei confronti del signor in data b. della signora , sui seguenti capitoli di prova:
1. Vero che nel periodo 2000/2001, con il consenso di suo padre, provvedeva a ristrutturare i locali sito al piano terra dell’immobile sito in 2. Vero che gli interventi operati hanno portato alla realizzazione di un appartamento composto da 4 locali + servizi per ospitare lei, il suo compagno signor e sua figlia, e nuovi box;
3. Vero che per la realizzazione delle opere di ristrutturazione predette ha dovuto rivolgersi alla per l’accensione di un mutuo;
4. Vero che le garanzie da lei offerte erano insufficienti alla per la concessione del mutuo;
5. Vero che il suo reddito,infatti, impediva il sostenimento di tutte le rate del mutuo che sarebbe stato concesso;
6. Vero che negli anni 2000 – 2001 lei svolgeva lavori saltuari;
7. Vero che all’atto della stipula del contratto di mutuo il signor ebbe a sottoscrivere una fidejussione in suo favore;
8. Vero che il signor a far data dal 1986 provvedeva in misura quasi integrale al mantenimento suo e di sua figlia, questo fino alla totale indipendenza economica di quest’ultima;
9. Vero che il signor nel corso degli anni dal 1986 al 2013 ha provveduto a sostenere spese scolastiche, mediche e voluttuarie anche in favore di sua figlia;
10. Vero che il signor le aveva consegnato negli anni dal 1986 al 2013 una carta bancomat collegata al di lui conto corrente con la quale pagare la spesa e quanto necessario per la casa;
11. Vero che il signor ogni mese dal 2001 al 2011 le versava una somma corrispondente (o comunque prossima) alla rata del mutuo, pari a circa € 600,00.=;
12. Vero che il signor le consegnava la somma di cui al capitolo che precede a mezzo assegni bancari;
13. Vero che il signor le aveva consegnato negli anni dal 1986 al 2013 una carta bancomat collegata al di lui conto corrente con la quale pagare la spesa e quanto necessario per la casa;
14. Vero che il signor ha speso altresì € 35.000,00.= per l’acquisto degli arredi esistenti all’interno dell’immobile;
15. Vero che nell’anno lei ha chiesto a suo padre che venisse revocato l’atto a rogito dott. del avente ad oggetto la cessione dell’usufrutto in capo al signor COGNOME
Vero che tale pretesa è stata espressa anche nei confronti del signor nell’ambito della trattativa relativa al procedimento penale da lei avviato nell’anno nei confronti del medesimo per giungere ad una definizione bonaria della controversia;
17. Vero che nell’anno il signor ha acconsentito a retrocedere al signor l’usufrutto e l’atto notarile de quo è stato revocato;
18. Vero che il procedimento penale in essere tra lei e il signor è stato archiviato per remissione di querela da lei effettuata dopo il rogito dell’atto notarile di retrocessione dell’usufrutto ;
– la prova per testi, sui seguenti capitoli di prova:
1. Vero che nel periodo 2000 / 2001 suo padre consentì a sua sorella ristrutturare i locali siti al piano terra dell’immobile sito in di proprietà del medesimo;
2. Vero che tali interventi sono consistiti nell’integrale realizzazione di un appartamento di 4 locali + servizi ad uso abitativo per sua sorella, il compagno signor e la figlia di lei, nonché alla realizzazione di nuovi box;
3. Vero che per la realizzazione delle suddette opere sua sorella ha dovuto rivolgersi alla per l’accensione di un mutuo;
4. Vero che negli anni 2000 – 2001 sua sorella aveva un reddito tale che le impediva di assumere su di sé il mutuo con la senza ulteriori garanzie;
5. Vero che all’atto della stipula del contratto di mutuo suddetto il signor ebbe a sottoscrivere una fidejussione in favore di sua sorella 6. Vero che il signor pagava le rate del mutuo consegnando a sua sorella ogni mese la somma di € 5600,00.= a mezzo assegno bancario;
7. Vero che il signor provvedeva quasi all’integrale mantenimento sia di sua sorella che della di lei figlia, 8. Vero che il signor ha provveduto ad acquistare anche gli arredi dell’appartamento nuovo sito al piano terra dell’immobile sito in per un importo pari ad €35.000,00.=;
9. Vero che lei accompagnò suo padre dal notaio in occasione della stipula dell’atto di cessione di usufrutto;
10. Vero che sua sorella 11.
Vero che sua sorella nell’anno – 2014 ha chiesto più volte a vostro padre e al signor di revocare l’atto di cessione dell’usufrutto;
12. Vero che sua sorella chiese al signor di retrocedere l’usufrutto a suo padre nell’ambito delle trattative che hanno portato alla risoluzione della questione penale insorta dopo le denunce della signora dell’anno 13.
Vero che il procedimento penale tra sua sorella e il signor si chiudeva per remissione di querela in data posteriore (10.04.2014) al rogito avente ad oggetto la retrocessione dell’usufrutto;
14. Vero che il signor dal 1986 al 2013 aveva consegnato a sua sorella una carta bancomat con cui provvedere ai bisogni della famiglia;
15. Vero che nell’anno – 2001 aveva appena iniziato a lavorare e percepiva un reddito tale da non poter contribuire a sostenere la famiglia;
16. Vero che sua sorella ebbe a pretendere dal signor il pagamento della somma di € 500,00.= dopo l’avvio della questione penale tra la stessa ed il signor per consentire al medesimo di vivere in casa;
17. Vero che sua sorella negli anni 2001 – 2013 ebbe a percepire redditi modesti, tali da non consentirle di far fronte ad alcuna spesa;
Vengono indicati quali testimoni i signori:
residente in , su tutti i capitoli;
, residente a , su tutti i capitoli;
nonchè ordinare ex art. 210 c.p.c. al di produrre nel presente giudizio la documentazione relativa alla pratica edilizia relativa alla C.E. 32/2000 e successive integrazioni o varianti (già richiesta in visione, ma non concessa dal con argomentazioni infondate) con salvezza di ogni altra istanza istruttoria.
Spese di causa rifuse da distrarsi in favore del procuratore antistatario in caso di condanna della controparte ponendo le stesse provvisoriamente a carico dell’Erario in dipendenza dell’ammissione del signor al Patrocinio a Spese dello Stato.
In ogni caso liquidare la nota delle spese in dipendenza dell’ammissione del signor Patrocinio a Spese dello per il presente grado di giudizio.
” Per gli appellati “Piaccia all’Ecc.ma Corte d’Appello di Milano, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta, previe le più opportune declaratorie:
IN INDIRIZZO
dichiarare l’appello proposto dal signor inammissibile ex art. 348 bis c.p.c. per tutti i motivi dedotti in narrativa e, per l’effetto, dichiarare il passaggio in giudicato della sentenza del Tribunale di Sondrio n. 124/2021, pubblicata il e notificata il , relativa al giudizio 140/2018 R.G.;
NEL MERITO, IN INDIRIZZO: rigettare l’appello proposto dal signor per tutti i motivi dedotti in narrativa e, per l’effetto, confermare integralmente, se del caso con differente motivazione, la sentenza del Tribunale Org Sondrio n. 124/2021, pubblicata il e notificata il , relativa al giudizio 140/2018 R.G.;
– nella denegata ipotesi di accoglimento, anche parziale, dell’appello proposto dal signor nei confronti dei signori , dichiarare l’intervenuta prescrizione del diritto fatto valere da parte attrice per decorso del termine di cui all’art. 2946 c.c.
Il tutto, con il favore delle spese del giudizio e delle successive occorrende, 15% ristoro spese generali, 4% C.P.A. e 22% I.V.A.;
IN OGNI CASO:
confermare l’ammissione della signora al patrocinio a spese dello Stato (cfr. doc.
1) e liquidare le spese in favore dello scrivente difensore, come da separata istanza che sarà depositata al termine del giudizio;
IN INDIRIZZO
– ammettersi prova per interrogatorio formale del signor (su tutti i capitoli di cui infra, eccezion fatta per i nn. 22 e 23) e per testimoni sui capitoli di prova di cui alla memoria ex art. 183, comma VI, n. 2, c.p.c. datata depositata in primo grado – con i testi ivi indicati – di seguito trascritti:
1. Vero che nel il signor iniziava una convivenza con la signora e la di lei figlia signora (doc. 15, che Le si mostra) – testi:
2. Vero che, all’epoca, la signora viveva con la figlia NOME in un appartamento condotto in locazione sito a (doc. 15, che Le si mostra) – testi:
3. Vero che la signora per tutto il tempo trascorso in locazione nell’appartamento sito a , provvedeva al pagamento del canone di locazione (doc. 12, che Le si mostra), faceva fronte alle spese per le utenze domestiche della predetta abitazione, nonché all’acquisto di generi di prima necessità per tutta la famiglia – testi:
4. Vero che la signora è titolare quantomeno sin dall’anno del conto corrente bancario n. 33263/89 aperto presso la banca (doc. 12, che le si mostra)
– dr. direttore pro tempore della filiale di della banca 5. Vero che nell’anno la signora chiedeva al padre il permesso di eseguire opere di ristrutturazione ai locali posti al piano terra dell’abitazione paterna di cui è causa, sita a , allora composti da una cucina, un salotto e un box, per potervisi poi trasferire con la propria famiglia (doc. 1, che Le si mostra)
– testi:
6. Vero che nell’anno il signor accordava alla figlia NOME il permesso di eseguire le predette opere – teste:
7. Vero che le predette opere venivano assentite con C.E. n. 32 del (doc.
1 fascicolo di parte attrice, che Le si mostra)
e terminavano nel – teste:
8. Vero che, eseguite le predette opere, il piano terra dell’immobile di causa si presentava composto da una cucina / soggiorno, due camere (una delle quali con un piccolo wc) e un bagno – teste:
9. Vero che nel i signori si trasferivano nell’appartamento di causa (doc. 15, che Le si mostra) – testi:
10. Vero che né il signor né la signora nell’anno così come oggi, sono proprietari di immobili (docc.
6 e 16, che Le si mostrano) – teste:
11. Vero che la convivenza tra la signora ed il signor terminava nel (doc. 15, che Le si mostra) – teste:
12. Vero che la signora si trasferiva a nel (doc. 15, che Le si mostra) – teste:
13. Vero che nel corso della convivenza la famiglia era solita trascorrere, all’anno, 10 giorni di vacanza al mare presso località italiane o estere – testi:
14. Vero che nel corso della convivenza la famiglia con una frequenza di una volta ogni 15 giorni, era solita uscire al ristorante a pranzo/cena – teste:
15. Vero che la signora nel corso della convivenza con il signor e in particolare negli anni 2001-2011, ha sempre lavorato (docc.
9 e 17, che Le si mostrano) – testi:
16. Vero che la signora nel corso della convivenza con il signor e in particolare negli anni 2001-2011, oltre al reddito riportato nella documentazione che Le si mostra (doc. 17), poteva contare su entrate mensili per ulteriori € 3-400,00 – testi:
17. Vero che le ulteriori entrate di cui al capitolo che precede erano frutto sia di lavori occasionali svolti dalla signora e non comportanti obblighi dichiarativi, sia di lavori irregolari – testi:
18. Vero che la signora lungo tutta la durata del mutuo di causa e ancora oggi, si prendeva cura dei propri genitori – testi:
19. Vero che il signor lungo tutta la durata del mutuo di causa, metteva a disposizione della figlia una cifra mensile pari a circa € 250,00 – teste:
20. Vero che la signora lungo tutta la durata del mutuo di causa, ha avuto entrate mensili pari, in media, ad € 1.000,00 (doc. 13 che Le si mostra) – teste:
21. Vero che la signora lungo tutta la durata del mutuo di causa, metteva a disposizione della madre una cifra mensile pari a circa € 150,00 – teste:
22. Vero che il documento che Le si mostra (doc. 14) è stato estratto dalla Banca Dati delle quotazioni immobiliari dell’Agenzia delle Entrate anno , II semestre – teste:
NOME
23. Vero che da detto documento emerge che per l’anno , per abitazioni di tipo civile A/2 site in il canone stabilito dall’Agenzie delle Entrate, per abitazioni di circa 100 mq di superficie lorda, oscillava tra un minimo di € 300,00 e un massimo di € 400,00 (doc. 14, che Le si mostra) – teste:dr.
CONCISA ESPOSIZIONE DELLE
RAGIONI DI FATTO
E DI DIRITTO 1) Decisione oggetto dell’impugnazione Sentenza n. 124 del Tribunale di Sondrio pubblicata il 2) Lo svolgimento del processo di primo grado.
Con atto di citazione, ritualmente notificato, ha convenuto in giudizio davanti al Tribunale di Sondrio chiedendo la condanna dei convenuti al pagamento della somma di € 68.692 a titolo di ripetizione di indebito ovvero di arricchimento ingiustificato.
I convenuti, regolarmente costituitisi in giudizio, hanno chiesto il rigetto delle domande attoree.
Il Tribunale, senza svolgere alcuna attività istruttoria, ha deciso la causa, pronunciando la sentenza oggetto della presente impugnazione.
3) La decisione del Tribunale di Sondrio Il Tribunale di Sondrio ha così deciso:
“1. rigetta le domande attoree;
2. condanna l’attore al pagamento delle spese del giudizio in favore di , liquidate in motivazione in complessivi € 7.800,00 per compenso professionale, oltre 15% spese generali, i.v.a.
e c.p.a.
come per legge;
3. condanna l’attore al pagamento delle spese del giudizio in favore dell’Erario, liquidate in motivazione in complessivi € 7.800,00 per compenso professionale, oltre 15% spese generali, i.v.a. e c.p.a. come per legge, oltre al rimborso delle ulteriori spese anticipate, prenotate a debito e prenotande.”
A sostegno della propria decisione il Tribunale ha esposto i motivi di seguito riassuntivamente riportati per la parte che interessa il presente giudizio.
A) La domanda ex artt. 2033/2041 c.c. nei confronti di Non è applicabile l’art. 2033 c.c., che presuppone un adempimento del solvens di un’obbligazione non dovuta in favore dell’accipiens, posto che nel caso di specie i pagamenti attorei erano tutti destinati in favore della convenuta mentre nessun pagamento diretto risulta effettuato a Qualificata pertanto la domanda attorea ai sensi dell’art. 2041
c.c., l’attore ha l’onere di provare il proprio impoverimento correlato all’arricchimento altrui, la mancanza di una giusta causa e, infine, l’impossibilità di ricorrere ad altri strumenti di tutela giudiziale.
In primo luogo, nel caso di specie, pur non negando che l’immobile di abbia effettivamente acquisito un incremento di valore, in quanto reso abitativo in seguito alla ristrutturazione, la domanda deve essere respinta.
Nel caso di specie, le erogazioni di denaro dell’attore, comodatario di un immobile non abitativo, a rimborso dei lavori di ristrutturazione appaiono connotate da remuneratività, ravvisabile nell’ottenimento in suo favore di un appartamento abitabile, senza sostenere spese di locazione, da adibire a casa familiare per la convivenza, come effettivamente avvenuto dal 2001 sino al 2017.
Pertanto, l’impoverimento dell’attore si reputa integralmente remunerato dalla circostanza che quest’ultimo ha ottenuto un immobile abitativo, godendone per quasi sedici anni, senza sostenere canoni di locazione;
in mancanza, non essendo all’epoca titolare di immobili, l’attore avrebbe dovuto sostenere un canone di locazione per un appartamento analogo nella medesima zona (in media, per € 350,00 mensili, cfr. doc. 14 convenuti) e per il medesimo periodo (n. 185 mesi), pari a complessivi € 64.750,00 (= € 350,00 x 185 mesi), importo pressoché analogo a quello sostenuto dall’attore per la ristrutturazione dell’immobile oggetto di causa (€ 68.692,00).
In secondo luogo, a prescindere da quanto esposto, manca la residualità ex art. 2042 c.c. dell’azione di arricchimento nei confronti di , posto che l’attore, in qualità di comodatario, avrebbe potuto proporre l’azione contrattuale di rimborso delle spese straordinarie ex art. 1808 comma 2 c.c..
In terzo luogo, ed in ogni caso, il dedotto arricchimento di difetta di specifica allegazione e prova, essendosi l’attore limitato a dedurre genericamente un aumento di valore dell’immobile pari al valore del mutuo finanziato.
Peraltro, il dedotto incremento non può corrispondere sic et simpliciter al mero costo delle opere finanziate, ma deve trovare necessario riscontro nella tipologia dei lavori svolti e in una specifica valutazione dell’immobile prima e dopo gli stessi, che dia conto di uno specifico incremento di valore.
B) La domanda ex artt. 2033/2041 c.c. nei confronti di La domanda attorea non è qualificabile ai sensi dell’art. 2033 c.c., in quanto le erogazioni di denaro dell’attore non possono ritenersi non dovute, ma trovano la loro causa nello spontaneo adempimento di prestazioni di particolare valore morale e sociale ex art. 2034 c.c., essendo le parti all’epoca legate da convivenza more uxorio.
Qualificata pertanto l’azione ex art. 2041 c.c., nel caso di specie le erogazioni attoree in favore della ex convivente, quand’anche provate, si reputano proporzionate ed adeguate alle circostanze del caso, in quanto: .
la ristrutturazione in esame era finalizzata ad adibire l’immobile, originariamente destinato a ripostiglio/box auto, ad un “appartamentino di 4 locali più servizi e furono fabbricati nuovi box auto in un’unità immobiliare autonoma, contigua”;
pertanto, le relative spese non sono riconducibili a ragioni voluttuarie, ma alla normale esigenza di coppia di trovare un appartamento da destinare alla convivenza familiare;.
l’attore ha goduto dell’immobile ristrutturato per quasi sedici anni e la somma complessivamente erogata corrisponde a quanto l’attore avrebbe dovuto sostenere nel medesimo periodo per la locazione di analogo appartamento nella medesima zona; .
la libera scelta dell’attore di accollarsi totalmente il rimborso delle rate del mutuo della ex convivente, pari a circa € 600 mensili, si reputa proporzionata alla sua capacità reddituale, percettore di stipendio per circa € 2.500,00 mensili, maggiore di quella della convenuta e della di lei figlia convivente in media rispettivamente di € 260 e 1.000 mensili.
Alla luce di quanto premesso, quand’anche sia dimostrato il versamento tra il 2001 e il 2011 in favore della somma di € 68.692, detta prestazione non è ripetibile, in quanto giustificata dalla volontà dell’attore ex art. 2034 c.c. di procurare alla famiglia di fatto un’abitazione dignitosa e confortevole, mediante l’erogazione di una somma di denaro proporzionata rispetto alle circostanze fattuali e alle capacità reddituali della coppia, che ha convissuto nel medesimo appartamento per quasi sedici anni.
C) Le spese di lite Le spese di lite seguono la soccombenza dell’attore e si liquidano, ai sensi del DM 55/2014 per causa di valore di € 68.692,00 di media complessità, in complessivi € 15.600,00 (comprensivo dell’aumento del 20% ex art. 4 c. 2 DM cit. per assistenza del medesimo difensore nei confronti di più parti, comportante l’esame di specifiche e distinte questioni di fatto e di diritto), oltre accessori di legge, di cui: . € 7.800,00, oltre accessori di legge, in favore di. € 7.800,00, oltre accessori di legge, in favore dell’Erario ex art. 133 DPR 115/2002, essendo ammessa al patrocinio a spese dello Stato, oltre al rimborso delle ulteriori spese anticipate, prenotate a debito e prenotande.
4) Le difese delle parti nel giudizio di appello
A) Nell’appello e nella comparsa conclusionale ha chiesto la riforma dell’impugnata sentenza del Tribunale di Sondrio per i motivi di seguito esposti.
1) La domanda proposta nei confronti di A) Con riguardo alla domanda di ripetizione di indebito di cui all’art. 2033 c.c..
Il Tribunale ha errato, in quanto dai documenti prodotti risulta che i pagamenti effettuati da sono stati formalmente effettuati in favore di ma sono andati direttamente a beneficio di , il quale, essendo il proprietario dell’immobile che ha beneficiato delle migliorie conseguenti ai pagamenti effettuati dall’appellante è obbligato a restituire all’appellante le somme da questi investite nel pagamento delle rate del mutuo stipulato per apportare tali migliorie.
B) Con riguardo alla domanda di arricchimento ingiustificato di cui all’art. 2041 c.c.
Il Tribunale ha errato, in quanto nella fattispecie in esame risultavano sussistenti tutti i presupposti dell’azione suddetta e cioè l’arricchimento di a danno di , la correlativa diminuzione patrimoniale di questi e l’assenza di una giusta causa, tenuto conto che l’appellante non avrebbe comunque potuto esperire l’azione di cui all’art. 1808 c.c., in quanto tra le parti non era stato stipulato alcun contratto di comodato.
2) La domanda proposta nei confronti di Il Tribunale ha errato nel ritenere che le somme corrisposte da fossero proporzionate al reddito dello stesso e rientranti in quelle necessarie per il buon andamento della famiglia e quindi non possono comprendere anche quelle sostenute per la trasformazione di un immobile di proprietà di terzi.
B) Nella comparsa di risposta e nella comparsa conclusionale anno chiesto il rigetto dell’appello per i motivi di seguito esposti.
1) La domanda proposta nei confronti di A) Con riguardo all’azione di ripetizione di indebito di cui all’art. 2033 c.c. Dato che le somme asseritamente pagate da sono state, secondo quanto da questi affermato, corrisposte a ed è del tutto irrilevante che le stesse siano state utilizzate per pagare le rate di un mutuo acceso per finanziare i lavori di ristrutturazione dell’immobile di proprietà di , la domanda di ripetizione di indebito, di cui all’art. 2033 c.c., non è proponibile nei confronti di quest’ultimo. B) Con riguardo all’azione di arricchimento ingiustificato di cui all’art. 2041 c.c. L’appellante non ha fornito alcuna prova dell’ammontare dell’asserito arricchimento conseguito da e in ogni caso i pagamenti asseritamente effettuati da erano connotati da remuneratività (avendogli consentito di usufruire di un’abitazione in comodato gratuito) e quindi sostenuti da giusta causa.
L’azione proposta era priva del carattere di sussidiarietà in quanto l’appellante, per far valere il proprio preteso diritto, aveva a disposizione l’azione di cui all’art.1808 c.c. 2) La domanda proposta nei confronti di Il Tribunale ha correttamente ritenuto che gli asseriti pagamenti effettuati dall’appellante costituivano lo spontaneo adempimento di prestazioni di particolare valore morale e sociale ai sensi dell’art. 2034 c.c. e, quindi, non erano ripetibili, evidenziando che l’esborso della somma chiesta in restituzione da , quand’anche fosse stato provato, risultava proporzionato ed adeguato alle circostanze del caso, dato che (1) copriva spese riconducibili alle normali esigenze di coppia di trovare un appartamento dignitoso da destinare alla convivenza, (2) corrispondeva a quanto egli avrebbe dovuto versare per un canone di locazione e (3) era proporzionato all’allora capacità reddituale dell’uomo (ovverosia € 2.500,00 mensili, oltre 13esima e 14esima mensilità). 5) La decisione della Corte d’Appello sui punti controversi La Corte d’appello ritiene di confermare l’impugnata sentenza del Tribunale di Sondrio.
Con l’atto di citazione in primo grado ha allegato che: . nel 2000/2001, unitamente alla sua convivente aveva eseguito lavori di ristrutturazione e ampiamento dell’immobile sito in , di proprietà di (padre di ) con l’accordo di quest’ultimo; .
per sostenere i costi dei suddetti lavori aveva stipulato un contratto di mutuo (effettivamente concluso il ) per l’importo di £ 100.000.000, pari a € 52.000, garantito dall’ipoteca sull’immobile da ristrutturare e dalla fideiussione prestata da.
aveva corrisposto a mediante assegni bancari tratti dal suo conto la somma complessiva di € 68.962 per consentire a quella di pagare le rate di restituzione del mutuo suddetto;
quanto meno da quando era stata effettuata la ristrutturazione aveva abitato insieme ad (con la quale conviveva more uxorio da tempo) fino alla fine del 2016 nella suddetta abitazione sita in Premesso quanto esposto, ha chiesto il pagamento della somma di € 68.962 sia ad sia ad a titolo (peraltro non chiaramente esplicitato) di ripetizione di indebito o di arricchimento ingiustificato.
Prima questione:
l’azione di arricchimento ingiustificato.
L’azione di arricchimento ingiustificato, proposta da sia nei confronti di sia nei confronti di è infondata.
In primo luogo, si rileva che l’azione di arricchimento ingiustificato, di cui all’art. 2041 c.c., è proponibile solo nel caso in cui il danneggiato non può esercitare alcuna altra azione per ottenere l’indennizzo del pregiudizio asseritamente subito.
Pertanto, tale azione non è proponibile nei confronti di atteso che nei confronti di questa, sulla base dei fatti allegati dall’appellante, era proponibile ed è stata effettivamente da quello proposta l’azione di ripetizione di indebito, di cui all’art. 2033 c.c. (azione la cui fondatezza o meno sarà esaminata nel paragrafo seguente);
l’appellante, infatti, come sopra esposto, ha sostenuto di aver pagato, a mezzo di assegni bancari tratti dal suo conto, ad la somma di € 68.962 (cioè proprio la somma che costituirebbe l’arricchimento ingiustificato dell’appellata), a suo dire non dovuta, di cui, quindi, ha chiesto la ripetizione.
In secondo luogo, per quanto riguarda l’azione di arricchimento ingiustificato, proponibile (sempre che si ritenga che le spese per la ristrutturazione, asseritamente sostenute da , esulino dal concetto di spese straordinarie necessarie ed urgenti per la conservazione della cosa avuta in comodato, di cui all’art. 1808 c.c.1, posto in caso contrario avrebbe dovuto essere proposta dal comodatario l’azione suddetta) ed effettivamente proposta dall’appellante nei confronti di (nei cui confronti, come si esporrà nel paragrafo successivo, non era, invece, proponibile l’azione di ripetizione di indebito), si evidenzia che colui che si è arricchito, senza giusta causa, ai danni di altra persona, è obbligato a corrispondere al danneggiato un indennizzo pari alla minor somma tra l’entità dell’arricchimento da lui conseguito e la diminuzione patrimoniale subita dal danneggiato.
Nella fattispecie in esame risulta pacifico (sulla base di quanto allegato dallo stesso appellante) che la ristrutturazione dell’immobile di proprietà di è stata eseguita da (e, secondo l’appellante, con costo sopportato interamente da lui per l’importo di € 68.962) con l’accordo di e in collegamento con il contratto di comodato, avente ad oggetto l’immobile in questione, concluso tra le parti suddette.
L’appellante ha, incredibilmente, negato la sussistenza di un contratto di comodato tra le parti;
ma questa tesi è destituita di qualunque fondamento.
1
Art. 1808 c.c.
“Spese per l’uso della cosa e spese straordinarie.
Il comodatario non ha diritto al rimborso delle spese sostenute per servirsi della cosa.
Egli però ha diritto di essere rimborsato delle spese straordinarie sostenute per la conservazione della cosa, se queste erano necessarie e urgenti.
” Ai sensi dell’art. 1803 c.c.2, infatti, il contratto di comodato si conclude nel momento in cui, senza necessità di alcuna forma particolare, una parte consegna all’altra una cosa, anche immobile, affinchè quest’ultima se ne serva per un determinato uso con l’obbligo di restituirla dopo che se ne è servita;
la norma prevede inoltre che colui che ha ricevuto la cosa non sia, di regola, obbligato a corrispondere alcun corrispettivo.
Nella fattispecie in esame, secondo quanto esposto dallo stesso appellante, consegnato l’immobile, oggetto della presente controversia, a , affinchè costoro, dopo aver provveduto alla sua ristrutturazione, lo utilizzassero gratuitamente come propria abitazione ed effettivamente non solo ma anche ha utilizzato gratuitamente l’immobile in questione quanto meno dal 2001 alla fine del 2016, secondo quanto allegato dall’appellante;
pertanto non vi è alcun dubbio che l’appellante abbia utilizzato l’immobile in questione per oltre quindici anni a titolo di comodato gratuito e, quindi, lapalissiano è l’errore giuridico in cui è incorso l’appellante non già il Tribunale.
L’appellante, come detto, ha sostenuto di avere sopportato interamente i costi per la ristrutturazione dell’immobile per l’importo di 68.962 e, quindi, di aver subito una corrispondente diminuzione patrimoniale a beneficio del proprietario dell’immobile, che avrebbe così conseguito un arricchimento almeno pari alla somma suddetta.
La tesi dell’appellante è infondata, quand’anche risultasse accertato che lo stesso abbia effettivamente sopportato i costi per la ristrutturazione dell’immobile nella misura indicata.
Come detto, la ristrutturazione in questione è stata effettuata (a prescindere da chi, tra , ne abbia sopportato il costo) in esplicito collegamento con il contratto di comodato, concluso tra il proprietario dell’immobile, il quale ha così rinunciato a percepire il guadagno che avrebbe potuto trarre dalla concessione in locazione dell’immobile in questione o comunque dal suo utilizzo in proprio, e gli utilizzatori dell’immobile, , i quali hanno così risparmiato la spesa che avrebbero dovuto sostenere per usufruire dell’immobile in questione come loro abitazione.
La somma di € 68.962 per una durata dell’utilizzazione dell’immobile in questione di almeno quindici anni (in realtà dal certificato di residenza prodotto risulta che ha risieduto nell’immobile in questione dal , quindi per circa 15 anni e sei mesi), corrisponde ad una spesa mensile di circa € 370.000 (pari a € 169.000 : 186 mesi), somma che appare del tutto congrua (e comunque l’appellante non ha allegato alcunchè per contestare la congruità) per l’utilizzo di un immobile avente le caratteristiche e l’ubicazione di quello oggetto della controversia (quattro locali oltre servizi e autorimessa in , provincia di 2 Art. 1803 c.c. “Nozione.
Il comodato è il contratto col quale una parte consegna all’altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l’obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta.
Il comodato è essenzialmente gratuito.
” In conclusione quindi, a prescindere da quale sia stato l’importo dell’arricchimento conseguito da (importo di cui non è mai stata fornita alcuna prova e che non corrisponde, necessariamente, all’importo del costo della ristrutturazione) in seguito alla ristrutturazione dell’immobile di sua proprietà ed a prescindere anche dal fatto che l’appellante abbia effettivamente sostenuto per intero il costo di tale ristrutturazione per l’importo di € 68.962 (circostanza come già detto non pienamente provata), nessuna diminuzione patrimoniale è stata sopportata da , atteso che l’esborso della somma suddetta gli ha comunque consentito di risparmiare una somma di almeno pari importo per usufruire del medesimo beneficio, cioè per usufruire per almeno quindici anni di un’abitazione delle caratteristiche dell’immobile di proprietà di Seconda questione: l’azione di ripetizione indebito L’azione di ripetizione di indebito, proposta da sia nei confronti di sia nei confronti di è infondata.
In primo luogo, l’azione di ripetizione di indebito, di cui all’art. 2033 c.c., è proponibile, da parte di colui che ha eseguito un pagamento, nei confronti del soggetto che tale pagamento ha ricevuto.
Pertanto, tale azione non è proponibile nei confronti di atteso, sulla base dei fatti allegati dall’appellante, nessun pagamento è stato eseguito in favore di quello da L’appellante, infatti, ha allegato di aver pagato la somma di € 68.962, mediante la consegna di assegni bancari tratti dal suo conto, a per conseguenza non è, in ogni caso, tenuto a restituire alcunchè a , non avendo da lui ricevuto alcun pagamento.
In secondo luogo, per quanto riguarda l’azione di ripetizione di indebito, proposta dall’appellante nei confronti di si evidenzia che il solvens (quindi nella fattispecie in esame ) ha l’onere provare:
a) l’avvenuto pagamento in favore dell’accipiens (quindi nella fattispecie della somma, di cui chiede la restituzione, b) l’inesistenza o l’invalidità del titolo giustificativo del pagamento, a cui questo risulta imputato dal solvens nel momento in cui lo ha eseguito, oppure, in caso di assenza di imputazione, del titolo giustificativo del pagamento allegato dall’accipiens convenuto in giudizio per la ripetizione.
Come già esposto, nella fattispecie in esame, la sussistenza del presupposto sub.
a) è stata contestata dall’appellata quanto meno nell’importo indicato dall’appellante, il quale ha prodotto, al fine di provare i pagamenti eseguiti, assegni bancari apparentemente da lui sottoscritti in favore di e assegni circolari della in favore di per l’importo complessivo di circa € 25.800 senza alcuna imputazione, distinte di versamento di assegni senza alcuna spiegazione forse relative ai medesimi assegni prodotti, estratti conto del conto 33263-89 del intestato a senza alcuna spiegazione e quindi di impossibile interpretazione, matrici di assegni bancari emessi da con indicazione dello scopo del pagamento, ma di provenienza esclusiva dell’appellante e, quindi, inidonei a costituire prova in suo favore né può essere provata dai capitoli di prova da questi dedotti; l’appellante ha chiesto altresì di fornire prova testimoniali dei pagamenti in questione, ma tali capitoli di prova sono inammissibili ai sensi degli art. 2726 – 2721 c.c. assegni per € 25.800.
In conclusione, quindi, allo stato può ritenersi sufficientemente provato solo il pagamento della minor somma di circa € 25.800.
A prescindere da quanto appena esposto, in ogni caso, non risulta provata la sussistenza del presupposto sub. b).
, infatti, si è limitato ad affermare di aver messo a disposizione di somma, di cui chiede la restituzione, con lo scopo di consentire a questa di pagare le rate di restituzione del mutuo (scopo che sarebbe stato sempre pienamente rispettato dalla accipiens), ma non ha allegato a quale titolo aveva effettuato tali pagamenti e soprattutto non ha allegato che i pagamenti erano stati effettuati a titolo di mutuo con obbligo quindi per la accipiens di restituire le somme ricevute;
d’altro canto, quand’anche si ritenesse che con tali pagamenti avesse adempiuto l’obbligo di un terzo (cioè l’obbligo di di restituire alla banca le rate del mutuo), sarebbe comunque stato onere del solvens allegare a quale titolo aveva effettuato il pagamento in favore del terzo.
ha, invece, allegato che, quand’anche fosse accertato che avesse effettivamente eseguito almeno alcuni dei pagamenti dallo stesso indicati, tali pagamenti erano stati effettuati per contribuire a sostenere le spese necessarie per la vita familiare ed in particolare per consentire alla famiglia di usufruire di un’abitazione.
Il titolo giustificativo dei pagamenti eventualmente ricevuti, allegato dalla accipiens, è, quindi, certamente valido ai sensi dell’art. 2034 c.c.3, posto che un contributo mensile da parte di alle spese familiari, pari ad € 380 (pari cioè ad € 69.000 :
12 :
15), è certamente adeguato alle condizioni economiche e sociali della famiglia, costituita da e dalla figlia di quest’ultima, così come sono state esposte da entrambe le parti, e proporzionato ai redditi di cui godeva l’appellante nel periodo dal 2001 al 2016.
D’altro canto, l’appellante non ha allegato alcuna circostanza idonea a smentire l’imputazione allegata a giustificazione dei pagamenti dalla stessa eventualmente ricevuti da Regolamento delle spese di lite.
3 Cass. n. 1277/2014 “Le unioni di fatto, quali formazioni sociali che presentano significative analogie con la famiglia formatasi nell’ambito di un legame matrimoniale e assumono rilievo ai sensi dell’art. 2 Cost., sono caratterizzate da doveri di natura morale e sociale di ciascun convivente nei confronti dell’altro, che si esprimono anche nei rapporti di natura patrimoniale.
Ne consegue che le attribuzioni patrimoniali a favore del convivente “more uxorio” effettuate nel corso del rapporto (nella specie, versamenti di denaro sul conto corrente del convivente) configurano l’adempimento di una obbligazione naturale ex art. 2034 cod. civ., a condizione che siano rispettati i principi di proporzionalità e di adeguatezza, senza che assumano rilievo le eventuali rinunce operate dal convivente – quale quella di trasferirsi all’estero recedendo dal rapporto di lavoro – ancorché suggerite o richieste dall’altro convivente, che abbiano determinato una situazione di precarietà sul piano economico, dal momento che tali dazioni non hanno valenza indennitaria, ma sono espressione della solidarietà tra due persone unite da un legame stabile e duraturo. ” Cass. n. 3713/2003
“Un’attribuzione patrimoniale a favore del convivente “more uxorio” configura l’adempimento di un’obbligazione naturale a condizione che la prestazione risulti adeguata alle circostanze e proporzionata all’entità del patrimonio e alle condizioni sociali del “solvens”.
” Nel giudizio di primo grado il Tribunale ha condannato , non ammesso al patrocinio a spese dello Stato, a rifondere le spese di lite in favore degli attori nell’importo complessivo di € 15.600 (sulla base dei parametri medi dello scaglione da € 52.000 a € 260.000, con l’aumento del 20% ex art. 4 c. 2 DM 55/2014), di cui € 7.800 in favore di ed € 7.800 in favore dello Stato, ai sensi dell’art. 133 D.Lvo 115/2002, atteso che era stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato.
L’appellante ha chiesto che la sua condanna alla rifusione delle spese del giudizio di primo grado in favore dello Stato fosse ridotta all’importo di € 3.900, in quanto il Tribunale aveva, con separato decreto, liquidato in favore di il diritto a percepire la somma suddetta a carico dello Stato a titolo di spese di lite per il giudizio di primo grado.
La domanda dell’appellante è infondata, in quanto i due rapporti (quello tra la parte non abbiente e lo Stato e quello tra le parti della causa) con riguardo alla determinazione dell’importo delle spese del giudizio sono autonomi e sono regolati da criteri differenti, di guisa che il giudice ben può condannare la parte non ammessa al patrocinio a rifondere allo Stato un importo superiore a quello che lo Stato ha corrisposto alla parte ammessa al patrocinio, sempre che l’importo liquidato corrisponda ai parametri previsti in relazione al valore della causa4. Nella fattispecie in esame l’appellante non ha contestato l’entità complessiva delle spese di lite poste a suo carico nel giudizio di primo grado (del resto certamente corretta, essendo stata determinata sulla base dei parametri medi dello scaglione in cui certamente rientrava il valore della causa, con l’aumento previsto dall’art. 4 c. 1 DM 55/2014 per il caso della difesa comune di più parti), pertanto neppure tale statuizione del Tribunale deve essere modificata.
4 Cass. n. 22017/2018 “In tema di patrocinio a spese dello Stato, qualora risulti vittoriosa la parte ammessa al detto patrocinio, il giudice civile, diversamente da quello penale, non è tenuto a quantificare in misura uguale le somme dovute dal soccombente allo Stato ex art. 133 del d.P.R. n. 115 del 2002 e quelle dovute dallo Stato al difensore del non abbiente, ai sensi degli artt. 82 e 130 del medesimo d.P.R., alla luce delle peculiarità che caratterizzano il sistema processualpenalistico di patrocinio a spese dello Stato e del fatto che, in caso contrario, si verificherebbe una disapplicazione del summenzionato art. 130. In tal modo, si evita che la parte soccombente verso quella non abbiente sia avvantaggiata rispetto agli altri soccombenti e si consente allo Stato, tramite l’eventuale incasso di somme maggiori rispetto a quelle liquidate al singolo difensore, di compensare le situazioni di mancato recupero di quanto corrisposto e di contribuire al funzionamento del sistema nella sua globalità.
” Cass. n. 18223/2020 “La parte non ammessa al patrocinio spese dello Stato che sia stata condannata, all’esito del giudizio, al pagamento delle spese di lite direttamente in favore della parte ammessa al beneficio non può contestarne la quantificazione, sul presupposto che l’Erario erogherebbe alla parte beneficiata un importo inferiore a quello liquidato, giusta la disposizione degli artt. 82 e 130 del d.P.R. n. 115 del 2002, attesa l’indipendenza dei due rapporti rispettivamente esistenti, il primo, tra le parti del giudizio e regolato dalla sentenza che lo conclude, ed il secondo, tra la parte ammessa al beneficio e lo Stato, disciplinato dal citato decreto e caratterizzato dal diritto di rivalsa, esercitabile dall’Erario nelle forme e nei casi di cui ai successivi artt. 133 e 134. ” Nel giudizio d’appello, ha sostenuto di essere stato ammesso al patrocinio a spese dello Stato, non ha, però, prodotto alcun provvedimento di ammissione, ma solo la domanda all’Ordine degli Avvocati di Milano;
pertanto, lo stesso non può ritenersi ammesso al gratuito patrocinio.
Le spese di lite del presente giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate secondo i parametri vicini ai minimi dello scaglione da € 52.000 a € 260.000 (atteso che il valore della causa è assai vicino al limite minimo dello scaglione), con esclusione della fase istruttoria – trattazione, che nel presente giudizio non si è tenuta, e, quindi, nell’importo complessivo di € 5.500, che deve essere corrisposto dall’appellante per metà, pari a € 2.750, in favore di e per metà, pari a € 2.750, in favore dell’Erario, atteso che risulta ammessa al patrocinio a spese dello Stato.
La Corte d’Appello di Milano, definitivamente pronunciando, così dispone:
1) Rigetta l’appello proposto da nei confronti della sentenza n. 124/2021 del Tribunale di Sondrio.
2) Condanna a rifondere le spese di lite liquidate, per il presente giudizio, in complessivi € 5.500, oltre spese generali del 15% e accessori di legge, di cui € 2.750, oltre spese generali del 15% e accessori di legge, in favore di e € 2.750, oltre spese generali del 15% e accessori di legge, in favore dello Stato.
3) Accerta la sussistenza a carico di dei presupposti di cui all’art. 13 c. 1 quater DPR 115/2002 per il pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
Così deciso in Milano il Il Presidente est. NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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