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Codice Civile
Codice Penale

Assegno divorzile, ex coniuge, stabile convivenza di fatto

Assegno divorzile in favore dell’ex coniuge che abbia instaurato una stabile convivenza di fatto con un terzo.

Pubblicato il 06 December 2022 in Diritto di Famiglia, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI TERAMO
SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:

ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 1205/2022 pubblicata il 22/11/2022

nella causa civile di primo grado iscritta al n. 3675/2017 del ruolo generale degli affari contenziosi, posta in decisione all’udienza dell’11.01.2022, celebrata nelle forme della trattazione scritta, con i termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e di memorie di replica e vertente

TRA

XXX

Ricorrente E

YYY

Resistente

e con l’intervento del Pubblico Ministero presso il Tribunale Oggetto: cessazione degli effetti civili del matrimonio.

Conclusioni: come in atti e come da note per la trattazione scritta per l’udienza dell’11.01.2022 e segnatamente:

per la parte ricorrente: “Voglia l’Ill.mo Tribunale adito dichiarare la cessazione degli effetti civili del matrimonio intervenuto tra le parti, mandando all’Ufficiale di Stato Civile per l’annotazione a margine dell’atto di matrimonio, alle seguenti condizioni:

Voglia il Tribunale adito disporre l’affido condiviso ai genitori XXX e YYY della figlia minore ***, con collocamento della stessa presso la madre, disponendo sul diritto di visita del padre come per legge, ritenuto anche quanto agli atti del procedimento in merito alle relazioni del Servizi Sociali sul punto; 2) confermare il provvedimento emanato in data 10.06.2020 dalla Dr.ssa, notificato e non impugnato, che si allega al presente atto e, pertanto, revocare definitivamente l’obbligo a carico del ricorrente di versare in favore di YYY il contributo al mantenimento del figlio ***, ormai autonomo; 3) revocare con decorrenza dalla data della domanda l’obbligo posto a carico di XXX Silvio di corrispondere un assegno di mantenimento in favore della YYY, per insussistenza della domanda sul punto, oltre che tardività della stessa, ed oltre che per inammissibilità ed infondatezza della domanda stessa, come già evidenziato negli atti del giudizio; 4) disporsi il versamento a carico del ricorrente di un assegno di mantenimento quale contributo al mantenimento della figlia minore ***, da rivalutarsi annualmente ex Istat; 5) Porre a carico del ricorrente e della YYY l’obbligo di sopportare al 50% le spese straordinarie riferibili alla figlia *** (…) Con vittoria delle spese e competenze del giudizio.”;

per la parte resistente: “1) Pronunciare la cessazione degli effetti civili del matrimonio; 2) disporre l’affido condiviso della figlia *** ed il suo collocamento presso la madre; 3) disporre a carico del sig. XXX l’obbligo di versare un importo mensile per il mantenimento dei figli *** e *** nella misura di € 350,00 cadauno ogni versarsi ogni 27 del mese sul conto corrente della sig.ra YYY, importo soggetto a rivalutazione monetaria annuale come per legge secondo gli indici istat con contestuale revoca del provvedimento adottato in corso di causa che ha revocato l’assegno di mantenimento in favore del figlio *** occupato solo temporaneamente; 4) disporre/confermare a carico della sig.ra YYY un assegno di mantenimento non inferiore ad € 350,00 da versarsi ogni 27 del mese importo soggetto a rivalutazione monetaria come per legge secondo gli indici istat; 5) disporre in misura del 50% l’importo dovuto a ciascun genitore per le spese straordinarie che siano; 6) disporre il versamento degli assegni famigliari dovuti in favore della sig.ra YYY, assegni che saranno versati dal datore di lavoro del sig. ***; 7) accertare e condannare il sig. XXX al versamento in favore della sig.ra YYY della somma pari ad € 13.476,07 per spese straordinarie anticipate e tutte dovute in misura del 100% così come determinato in sede di separazione consensuale in data 16 aprile 2009 davanti al Tribunale di Teramo, unitamente al versamento delle somme NON versate a titolo di adeguamento istat ed interesse legali a partire dal 16 aprile 2009; 8) quanto al diritto di visita il padre avrà la facoltà di vederli e tenerli con sé la figlia minore *** due pomeriggi a settimana compatibilmente con gli impegni scolastici della minore dalle ore 16:00 sino alle 20:00 salvo diverso accordo dei genitori; e a settimane alterne dalle ore 13:00 andando a prelevarla a scuola sino alle ore 20:00 della domenica tenendola quindi nella sua nuova abitazione; i genitori alternativamente e previo accordo trascorreranno con la figlia il periodo natalizio dalle ore 10:00 del giorno 23 dicembre alle ore 20:00 del 30 dicembre, e, l’anno successivo consecutivamente dalle ore 10:00 del giorno 31 dicembre alle ore 20:00 del 6 gennaio; per il periodo delle festività pasquali alternandosi, consecutivamente dalle ore 10:00 del venerdì santo alle ore 20:00 del giorno di Pasqua e l’anno successivo consecutivamente dalle ore 10:00 del lunedì di Pasqua alle ore 20:00 del giorno successivo; il padre trascorrerà le vacanze estive con la figlia per un periodo non inferiore a due settimane, anche non consecutive, con facoltà della madre di avere contatti quotidiani, di conoscere esattamente la destinazione delle vacanze, ove vengano trascorse fuori città, e di poter reperire agevolmente la figlia in ogni momento; in egual modo sarà regolata la vacanza nel caso in cui sarà la madre a trascorrere fuori città un periodo di vacanza estivo; si concorda l’affido esclusivo della figlia minore *** presso la madre”.

per il Pubblico Ministero: “CONCLUDE affinché, accertate tutte le condizioni previste dall’art. 151 c.c., sia pronunciata sentenza di cessazione degli effetti civili/scioglimento del matrimonio tra le parti con provvedimenti a favore dei figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti ove presenti e del coniuge più debole ovvero che abbia sacrificato la propria capacità lavorativa per il benessere della famiglia e per favorire l’attività del coniuge”.

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. Breve sintesi del processo.

Con ricorso depositato in data 25.10.2017 e ritualmente notificato, XXX ha chiesto la pronuncia della cessazione degli effetti civili del matrimonio da lui contratto, il giorno 20.06.1998, in Avezzano con YYY, trascritto nei registri dello stato civile del Comune di Avezzano nell’anno 1998 al numero 31 – parte 2 – serie A, deducendo:

a) di vivere ininterrottamente separato dalla coniuge a seguito della separazione consensuale omologata da questo Tribunale in data 5/5/2009;

b) che dalla loro unione erano nati i figli, *** (nato il 4.10.1998) e *** (nata il 23.07.2005);

c) che era ormai irrimediabilmente cessata la comunione materiale e spirituale tra i coniugi;

d) che in sede di separazione consensuale i figli erano stati affidati ad entrambi i genitori in modo condiviso con collocazione presso la madre;

e) che la casa coniugale era stata assegnata alla madre e che egli si era obbligato a corrispondere, la somma di euro 950,00 di cui 250,00 alla moglie ed euro 350,00 per ciascuno dei figli, oltre a tutte le spese straordinarie;

f) che, successivamente, egli non era riuscito a vivere con serenità il rapporto con i figli e, specialmente, con la figlia minorenne ***, a causa delle condotte ostative della madre, sempre tese a porlo in cattiva luce agli occhi dei figli;

g) che le spese straordinarie era state poste erroneamente, per mero refuso materiale, a suo totale carico, anziché al 50% tra i genitori;

h) che egli percepiva un reddito annuo netto pari, escluse anche le tasse, ad €.24.513,00, corrispondente ad €.2.042,75 mensili;

i) che, a fronte delle uscite mensili (analiticamente elencate in ricorso), per un totale di €.1.377,50, con l’aggiunta delle spese straordinarie per i figli, pari ad un importo mensile di €.80/100 circa, residuavano ad esso ricorrente €.585,00 circa mensili, dai quali andavano ulteriormente decurtate le spese di “sopravvivenza”, quali telefono, benzina, cibo, assicurazione auto e bollo, vestiario etc.;

j) che, di contro, la coniuge, grazie al suo contributo, godeva senz’altro di vita economicamente più tranquilla, rinunciando persino a lavorare pur avendone le potenzialità e le attitudini, considerato che, in passato, ella aveva svolto prestazione lavorativa presso un’impresa di pulizie e successivamente come consulente fitness;

k) che, da tempo, la resistente, da circa otto anni, frequentava assiduamente tale *** che andava a riprendere i figli a scuola e si occupava delle necessità quotidiane.

Per tali ragioni, il ricorrente ha chiesto: a) di pronunciare la cessazione degli effetti civili del matrimonio; b) di disporre l’affidamento condiviso della figlia minorenne con collocazione presso la madre; c) di revocare l’assegno di mantenimento in favore della moglie; c) di porre a carico di se medesimo l’assegno di mantenimento, pari ad euro 350,00 per ciascun figlio, oltre al 50% delle spese straordinarie.

Si è costituita la resistente, la quale ha chiesto il rigetto delle domande avversarie, deducendo, in particolare:

1) che, invero, non aveva mai ostacolato il rapporto tra il padre e i figli e che le condotte respingenti tenute dalla minorenne *** erano ascrivibili all’età adolescenziale in cui ella si trovava;

2) che nel decreto di omologa della separazione non vi era alcun refuso, in quanto la volontà delle parti era stata quella di porre a carico del ricorrente la totalità delle spese straordinarie e che quest’ultimo si era reso inadempiente nel pagamento di alcuni importi, sicchè essa resistente aveva anticipato le spese straordinarie per un importo pari ad € 13.476.07;

3) che il ricorrente, dal 2009, percepiva gli assegni famigliari per entrambi i figli, in misura non inferiore ad € 250,00 mensili, ma che lo stesso ometteva di denunziarli;

4) che ella viveva grazie all’aiuto dei suoi genitori che le avevano concesso in comodato d’uso gratuito l’abitazione dove risiedeva con i suoi figli a Silvi Marina, (abitazione di 40 mq i cui costi di gas, acqua, luce, tari, oneri condominiali erano a suo totale carico);

5) che, a partire dal 2009, ella aveva, da sola, fatto fronte a tutte le esigenze dei suoi due figli, cercando in tutte le maniere di garantire loro una vita serena, nonostante sia stata costretta a provvedere al pagamento di tutte le spese straordinarie sanitarie, scolastiche e ludiche;

6) che il proprio reddito annuale era pari a zero euro, così come il proprio conto corrente e che ella non possedeva né beni immobili né mobili;

7) che, con ***, vi era solo un rapporto di amicizia e di stima;

Tanto dedotto, la resistente ha chiesto al Tribunale: a) di disporre l’affidamento esclusivo, a se medesima, della figlia minorenne ***; b) di porre a carico del ricorrente l’assegno mensile di €700,00 (euro 350,00 per ciascun figlio), a titolo di mantenimento dei figli, oltre al 50% delle spese straordinarie; c) di porre a carico del ricorrente l’assegno divorzile pari alla somma mensile di euro 350,00.

All’udienza presidenziale, visto l’esito negativo del tentativo di conciliazione, il Presidente, in ordine ai provvedimenti provvisori e urgenti, ha disposto:

1) l’affidamento condiviso della minorenne ***, con regolamentazione del diritto di visita del padre;

2) l’attribuzione a carico del ricorrente dell’assegno mensile di euro 350,00 per ciascun figlio, a titolo di mantenimento degli stessi, oltre al 50% delle spese straordinarie;

3) l’attribuzione temporanea a carico del ricorrente dell’assegno divorzile a favore della coniuge pari ad €.250,00 mensili.

In sede di memorie integrative, il ricorrente ha insistito per l’accoglimento delle domande svolte con il ricorso introduttivo.

La resistente ha rinunciato alla domanda di affidamento esclusivo della minorenne ***, chiedendone l’affidamento condiviso e ha insistito, per il resto, nelle conclusioni formulate in sede di costituzione in giudizio.

In corso di causa, il ricorrente ha proposto due ricorsi ex art. 709 c.p.c. di cui l’uno definito con l’ordinanza del 10 giugno 2020, con la quale il Tribunale ha disposto l’affidamento condiviso della minorenne *** e la fissazione di incontri protetti tra costei e il padre; l’altro definito con l’ordinanza del 23.06.2021 con la quale il Tribunale, in parziale accoglimento della richiesta di modifica dell’ordinanza presidenziale, ha revocato l’assegno dovuto da XXX a titolo di mantenimento del figlio maggiorenne ***, per sopraggiunta indipendenza economica del ragazzo e ha rigettato la richiesta di revoca dell’assegno divorzile. La causa è stata istruita, dal giudice precedente assegnatario della stessa, con le produzioni documentali delle parti e le prove orali.

Assegnata alla scrivente giudice in data 16.12.2021, la causa è stata rimessa al Collegio per la decisione all’udienza dell’11.01.2022, previa concessione dei termini ex art.190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.

2. La cessazione degli effetti civili del matrimonio Va preliminarmente accolta la domanda di divorzio avanzata congiuntamente da entrambe le parti.

Risulta, infatti, dimostrato l’avvenuto decorso, alla data del deposito del ricorso, del termine di sei mesi dalla data dell’udienza di comparizione dei coniugi dinanzi al

Presidente nel giudizio di separazione, concluso con l’omologa del 5.05.2009 (cfr. all. 48 del ricorso); da allora i coniugi vivono ininterrottamente separati ed il Collegio deve escludere ogni possibilità di ricostituzione del consorzio familiare, alla luce del tempo trascorso dalla separazione e del contegno processuale ed extraprocessuale delle parti, che dimostrano che la comunione tra i coniugi si è definitivamente esaurita.

Deve, pertanto, pronunciarsi la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto dalle parti in Avezzano il giorno 20.06.1998, trascritto nei registri dello stato civile del Comune di Avezzano nell’anno 1998 al numero 31 – parte 2 – serie A, ordinandosi al competente ufficiale dello stato civile di procedere all’annotazione della presente sentenza.

3. Sull’affidamento della figlia minorenne ***. Quanto all’affidamento e alla frequentazione della figlia ***, ormai peraltro prossima alla maggiore età il 23.07.2023, entrambe le parti hanno chiesto l’affidamento condiviso con regolamentazione del diritto di visita del padre. Va infatti segnalato che la frase finale delle conclusioni di parte resistente (sopra riportate per esteso), ossia “si concorda l’affido esclusivo della figlia minore *** presso la madre” è evidentemente frutto di un refuso materiale ovvero di un improprio utilizzo del termine affido esclusivo in luogo di “collocamento”, in quanto sia in sede di comparsa di costituzione nel rito ordinario sia in sede di conclusioni per l’udienza dell’11.01.2022, la resistente ha espressamente chiesto, al punto n. 2), di “disporre l’affido condiviso della figlia *** ed il suo collocamento presso la madre”.

Rileva il Collegio che, dopo l’ordinanza del 10.06.2020, sono stati avviati gli incontri in spazio neutro tra il padre e la minorenne ***. Le relazioni dei Servizi Sociali competenti (da ultimo, quella del 16.08.2021) hanno evidenziato come la ragazza, dopo un primo approccio apparentemente favorevole alla ricostruzione del rapporto con il padre, si sia mostrato, via via, sempre più respingente fino a rifiutarsi di incontrare il padre sia in spazio neutro sia autonomamente [cfr. relazione in atti ove si legge: “Dal mese di giugno, la relazione tra *** e il papà è andata via via deteriorandosi fino alla completa interruzione. La ragazza ha dapprima mostrato una lontananza comunicativa con Silvio e con i Servizi tanto che, durante gli incontri, parlava poco, raccontava l’indispensabile, rispondeva a monosillabi (…). A questa distanza verbale si è poi aggiunta quella fisica. *** sta rifiutando i colloqui con gli operatori sociali e le visite con il padre (…)].

Gli assistenti sociali hanno anche rilevato come la ragazza sia fortemente “triangolata” nel conflitto tra i genitori e propensa a prendere le parti della madre (“Appare evidente la frattura netta tra il nucleo madre-figlia-figlio contro quello del signor XXX, il quale seppur ancora frenato nell’espressione dei suoi sentimenti, ha tentato di riavvicinarsi a *** (…) L’apatia che la ragazza ha mostrato negli ultimi incontri è in netto contrasto con la spinta emotiva che il servizio aveva intravisto in lei all’inizio del percorso. ***, a nostro avviso, sta tentando di evitare che i due sistemi, materno e paterno, si scontrino: ma questa posizione nella “contesa” ha un peso emotivo troppo forte per la ragazza che rischia di uscirne schiacciata”.).

A fronte delle risultanze processuali emerse, non può che confermarsi l’affidamento condiviso della minorenne ***, con collocazione presso la madre, sollecitando le parti, ancora una volta, a mettere da parte i propri conflitti a tutela del superiore interesse della figlia la quale, nonostante sia prossima alla maggiore età, conserva senz’altro il diritto ad avere un rapporto sereno ed equilibrato con entrambi i genitori. Il diritto di visita del padre sarà regolamentato nel modo che segue, salvo diverso accordo delle parti: il padre avrà presso di sé la figlia a fine settimana alternati dal venerdì all’uscita di scuola al lunedì mattina (quando la riaccompagnerà a scuola), due pomeriggi a settimana e, nelle settimane in cui non il fine settimana non è di sua pertinenza, con possibilità di pernotto. La minorenne trascorrerà ad anni alterni con ciascun genitore i periodi dal 23 al 30 dicembre e dal 30 dicembre al 6 gennaio, nonché ad anni alterni con ciascun genitore le vacanze pasquali ed ad anni alterni con ciascun genitore le prime due settimane e le seconde due settimane di agosto; la figlia trascorrerà inoltre il proprio compleanno con il genitore con cui in quel momento si trova e con ciascun genitore il rispettivo compleanno, nonché con la madre la festa della mamma e con il padre la festa del papà.

4. Sull’assegno di mantenimento in favore dei figli.

Passando all’esame delle domande relative al mantenimento dei figli, si osserva quanto segue.

Con riguardo al figlio ***, ad oggi ventiquattrenne, deve rilevarsi che, con ordinanza del 23.06.2021, il Tribunale, accertato che il ragazzo era ormai inserito nel mondo del lavoro (avendo il medesimo concluso un contratto di apprendistato a tempo determinato) ha revocato l’assegno di mantenimento del medesimo a carico del padre. In sede di comparsa conclusionale, la resistente ha, in concreto, rinunciato alla domanda (cfr. comparsa conclusionale ove si legge: “in merito alla sussistenza in capo al ricorrente dell’obbligo di mantenimento del figlio oramai maggiorenne vi è già ordinanza della Dott.ssa *** emessa in data 23 giugno 2021. Vista la maggiore età sarà lo stesso *** a valutare in separato giudizio se sussistono ancora le ragioni di fatto e di diritto che giustificano l’erogazione di un assegno di mantenimento in suo favore”).

Essendo quindi venuto meno l’interesse ad agire delle parti in ordine a tale domanda, deve dichiararsi la cessazione della materia del contendere in ordine alla stessa.

Di contro, deve confermarsi l’attribuzione, a carico del ricorrente, dell’assegno mensile, pari ad €.350,00, a favore della figlia minorenne ***, non essendo emerse ragioni tali da giustificare la modifica di detto importo; l’assegno dovrà essere versato alla madre entro il giorno 5 di ogni mese.

Le spese straordinarie per la figlia *** devono porsi a carico di entrambe le parti, nella misura del 50% ciascuna e disciplinate, salvo diverso accordo, in conformità al vigente protocollo stipulato con il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Teramo in data 5/12/2018.

5. Sull’assegno divorzile.

Quanto all’assegno divorzile, anzitutto deve respingersi l’eccezione di inammissibilità della domanda, per tardività, atteso che, nonostante l’assegno sia stato erroneamente qualificato come “mantenimento”, trattasi, evidentemente, dell’assegno divorzile di cui all’art. 5 comma 6 l. 898/1970. Giova peraltro rammentare che la qualificazione giuridica della domanda è un’operazione ermeneutica che il Giudice è sempre libero di effettuare, alla luce del principio “iura novit curia” (cfr. tra le tante, la recente Corte appello Milano sez. II, 01/10/2021, n. 2804 ove si legge in massima: “In materia di procedimento civile, l’applicazione del principio “iura novit curia”, di cui all’art. 113, comma 1, cod. proc. civ., importa la possibilità per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti ed ai rapporti dedotti in lite, nonché all’azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, potendo porre a fondamento della sua decisione princìpi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti. Tale principio deve essere posto in immediata correlazione con il divieto di ultra o extra -petizione, di cui all’art. 112 cod. proc. civ., in applicazione del quale è invece precluso al giudice pronunziare oltre i limiti della domanda e delle eccezioni proposte dalle parti, mutando i fatti costitutivi o quelli estintivi della pretesa, ovvero decidendo su questioni che non hanno formato oggetto del giudizio e non sono rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato”).

Nel merito, il ricorrente ha chiesto la “revoca” dell’assegno di mantenimento stabilito in sede di separazione, deducendo il peggioramento delle proprie condizioni economiche e la sussistenza, ormai da otto anni, di una stabile convivenza tra la resistente e un altro uomo.

Di contro, la resistente ha chiesto la condanna dell’ex coniuge al versamento di un assegno divorzile non inferiore ad €.350,00 al mese, deducendo di avere un reddito pari a zero e avere instaurato con tale *** solo un rapporto di amicizia. In punto di diritto, occorre dare atto del recente autorevole arresto di legittimità di cui

Cassazione SU n. 32198/2021, secondo il quale “In tema di assegno divorzile in favore dell’ex coniuge, qualora sia instaurata una stabile convivenza di fatto tra un terzo e l’ex coniuge economicamente più debole questi, se privo anche nell’attualità di mezzi adeguati e impossibilitato a procurarseli per motivi oggettivi, conserva il diritto al riconoscimento dell’assegno di divorzio, in funzione esclusivamente compensativa; a tal fine il richiedente dovrà fornire la prova del contributo offerto alla comunione familiare, della eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio, dell’apporto fornito alla realizzazione del patrimonio familiare e personale dell’ex coniuge. L’assegno, su accordo delle parti, può anche essere temporaneo”.

Il dato centrale della pronunzia appena citata è costituito dall’identificazione di due diverse componenti dell’assegno divorzile: quella assistenziale e quella compensativo perequativa.

La soluzione fatta propria dalle SU è quella che porta, in caso di instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorché di fatto, alla caducazione non automatica dell’intero assegno divorzile, ma della sola sua componente assistenziale. Osserva, infatti, la S.C. che “deve ritenersi un dato ormai acquisito, in ragione della funzione composita dell’assegno divorzile, che debba procedersi al riequilibrio della disparità delle posizioni economiche venutasi a creare a seguito dello scioglimento del matrimonio, non più nell’ottica, ormai definitivamente superata, di agganciare per sempre il tenore di vita dell’ex coniuge al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, dando luogo, anzichè alla valorizzazione dell’autonomia, alla costituzione di ingiustificate rendite parassitarie, bensì allo scopo di attribuire all’ex coniuge che non fruisca di mezzi adeguati, e non sia in grado di procurarseli autonomamente e non per sua colpa, un assegno di divorzio che sia commisurato anche al contributo prestato alla formazione del patrimonio familiare e dell’ex coniuge”.

Ed ancora, prosegue la S.C., “Il riconoscimento della funzione composita dell’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge, non solo assistenziale, ma anche perequativocompensativa, discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà (e, prima ancora, dal principio di pari dignità dei coniugi), e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate per la realizzazione di un progetto comune, e pur sempre qualora nella nuova situazione di fatto non disponga di mezzi adeguati. Si tratta quindi di individuare, al di fuori di automatismi non consentiti dalla legge, e contrastanti con la funzione anche compensativa dell’assegno, il punto di equilibrio tra il principio di autoresponsabilità e la tutela della riaffermata solidarietà postconiugale”. Infatti, “l’instaurazione di una nuova convivenza stabile, frutto di una scelta, libera e responsabile, comporta la formazione di un nuovo progetto di vita con il nuovo compagno o la nuova compagna, dai quali si ha diritto a pretendere, finché permanga la convivenza, un impegno dal quale possono derivare contribuzioni economiche che non rilevano più per l’ordinamento solo quali adempimento di una obbligazione naturale, ma costituiscono, dopo la regolamentazione normativa delle convivenze di fatto, anche l’adempimento di un reciproco e garantito dovere di assistenza morale e materiale (come attualmente previsto dalla L. n. 76 del 2016, art. 1, comma 37), benché non privo di precarietà nel suo divenire, in quanto legato al perdurare della situazione di fatto. Ne consegue che, qualora sia stata fornita la prova dell’instaurarsi di tale stabile convivenza, il cui accertamento può intervenire sia nell’ambito dello stesso giudizio volto al riconoscimento del diritto all’assegno di divorzio, sia all’interno del giudizio di revisione delle condizioni patrimoniali del divorzio, può ritenersi che cessi, in conseguenza del nuovo progetto di vita intrapreso, che indubbiamente costituisce una cesura col passato, e nell’ambito del quale l’ex coniuge potrà trovare e prestare reciproca assistenza, il diritto alla componente assistenziale dell’assegno, anche se il nuovo nucleo familiare di fatto abbia un tenore di vita che non sia minimamente paragonabile al precedente, e neppure a quello che sarebbe assicurato al convivente qualora potesse integrarlo con l’assegno divorzile”.

Per contro, secondo le S.U., può permanere, anche in caso di nuova convivenza, il diritto all’assegno divorzile in relazione alla sua componente compensativo-perequativa. Nello specifico, la S.C. evidenzia che “non altrettanto può valere per la componente compensativa (…). Come osservava anni addietro una attenta dottrina, se il coniuge più debole ha sacrificato la propria esistenza professionale a favore delle esigenze familiari, è ingiusto che egli perda qualsiasi diritto ad una compensazione dei sacrifici fatti solo perchè, al momento del divorzio o prima di esso, si è ricostruito una vita affettiva. La considerazione del contributo dato da ciascun coniuge durante la comunione familiare, in funzione retributivo-compensativa, serve ad evitare, come segnalato da una attenta dottrina, equivoci condizionamenti e commistioni rispetto alle successive opzioni esistenziali dell’interessato, assicurandogli, nel reale rispetto della sua dignità, il riconoscimento degli apporti e dei sacrifici personali profusi nello svolgimento della (ormai definitivamente conclusa) esperienza coniugale. L’adeguato riconoscimento degli apporti di ciascuno dei coniugi alla vita familiare è l’indispensabile condizione per affrontare in maniera autonoma e dignitosa, al di fuori da ogni assistenzialismo, percorsi di vita definitivamente separati”

In relazione a tale componente, le S.U. indicano ancora che “quanto alla componente compensativa, in caso di nuova convivenza il coniuge beneficiario non perde automaticamente il diritto all’assegno, ma esso potrà essere rimodulato, in sede di revisione, o quantificato, in sede di giudizio per il suo riconoscimento, in funzione della sola componente compensativa, purchè al presupposto indefettibile della mancanza di mezzi adeguati, si sommi, nel caso concreto, il comprovato emergere di un contributo, dato dal coniuge debole con le sue scelte personali e condivise in favore della famiglia, alle fortune familiari e al patrimonio dell’altro coniuge, che rimarrebbe ingiustamente sacrificato e non altrimenti compensato se si aderisse alla caducazione integrale. Un sacrificio che è proteso solo verso il passato e che solo nella definitiva regolamentazione dei rapporti con l’ex coniuge, in relazione al delimitato arco di vita del matrimonio, può trovare la sua soddisfazione”.

Si legge nella sentenza citata che “questa componente, che costituisce la stima del contributo dato alla formazione del patrimonio familiare e dell’altro coniuge nell’arco di tempo definito del matrimonio, rimarrebbe irrimediabilmente perduta per l’ex coniuge, che pure ha contribuito alla formazione del patrimonio personale dell’altro coniuge, accettando di rinunciare ad occasioni di lavoro o dedicandosi alla famiglia per facilitare la progressione in carriera dell’altro coniuge e la formazione di un patrimonio negli intenti destinato ad essere comune ma rimasto, a cagione dello scioglimento del progetto di vita comune, appannaggio dell’altro coniuge” .

Sul concetto di carenza di mezzi adeguati, le S.U. (richiamando, tra le altre, Cass. SU 18287/2018), chiariscono come tale carenza integri un pre-requisito fattuale distinto e più ampio rispetto alla pura e semplice mancanza di autosufficienza economica e come vada accertata in concreto “ricostruendo la situazione economico-patrimoniale di entrambi i coniugi dopo il divorzio, verificando se uno dei due si viene a trovare in una situazione di dislivello reddituale rispetto all’altro e ricostruendo se, all’interno di questo squilibrio, sia stato sacrificato un contributo, dato dal coniuge debole con le sue scelte personali e condivise in favore della famiglia, alle fortune familiari”.

In definitiva, secondo le S.U., la nozione di carenza di mezzi adeguati “non è comprensiva solo di una condizione di bisogno ma è atta a ripagare, ove esistenti, le rinunce ed effettive possibilità di carriera e di crescita professionale effettuate da uno dei coniugi, all’interno di un progetto comune, a beneficio dell’unione familiare”

Da ultimo, la sentenza in commento si sofferma sull’onere della prova, precisando che:

“chi agisce per il riconoscimento della componente compensativa dell’assegno dovrà preliminarmente provare la sussistenza del prerequisito fattuale della mancanza di mezzi adeguati nell’accezione sopra indicata e dovrà dimostrare che l’eventuale rilevante disparità della situazione economico-patrimoniale dei coniugi dipenda dalle scelte di conduzione della vita familiare adottate e condivise in costanza di matrimonio, con sacrificio delle aspettative professionali e reddituali di una delle parti, in funzione dell’assunzione di un ruolo trainante endofamiliare; il giudice dovrà poi tener conto della durata del rapporto matrimoniale, quale fattore di cruciale importanza nella valutazione del contributo di ciascun coniuge alla formazione del patrimonio comune e/o del patrimonio dell’altro coniuge, oltre che delle effettive potenzialità professionali e reddituali valutabili alla conclusione della relazione matrimoniale, anche alla luce dell’età del coniuge richiedente e della conformazione del mercato del lavoro; il richiedente potrà avvalersi, eventualmente, del sistema delle presunzioni, nel rispetto del paradigma di gravità, precisione e concordanza; il giudice dovrà infine individuare la misura di tale squilibrio, causalmente rapportabile a scelte comuni ed ai ruoli rispettivamente assunti all’interno della famiglia. A questo fine, dovrà tenere in conto, oltre le scelte compiute, in primo luogo il parametro, normativamente indicato dalla L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6 e che assume in questo caso particolare rilevanza, della durata del rapporto matrimoniale; il giudice dovrà anche considerare se l’esigenza di riequilibrio non sia già, in tutto o in parte, coperta ed assolta dal regime patrimoniale prescelto in costanza di matrimonio, giacchè, se i coniugi avessero optato per la comunione legale, ciò potrebbe aver determinato un incremento del patrimonio del coniuge richiedente tale da escludere o ridurre la necessità compensativa;

dovrà infine tenere in conto le eventuali attribuzioni o gli introiti che abbiano compensato il sacrificio delle aspettative professionali del richiedente e realizzato l’esigenza perequativa;

se all’esito dell’accertamento indicato, si accerti che alla mancanza di mezzi adeguati si associano rinunce o scelte tra vita professionale e lavorativa pregiudicanti la condizione del coniuge economicamente più debole e non compensate per scelta autonoma dei coniugi al momento dello scioglimento del matrimonio, il coniuge più debole, benchè si sia ricostituito una diversa comunità familiare, avrà comunque diritto ad un assegno atto ad operare il riequilibrio tra le due posizioni, in funzione perequativo-compensativa, parametrato al contributo dato ed alla durata del matrimonio”.

Ora, in punto di fatto, rileva il Collegio che dalle risultanze istruttorie e processuali è emersa la prova della convivenza stabile tra la resistente e ***, ormai legati da una relazione sentimentale da diversi anni.

Ed infatti, in sede di istruttoria orale, i testimoni escussi hanno tutti confermato di aver visto più volte *** entrare nell’abitazione della resistente con le chiavi di casa, portando con sé anche buste di spesa, nonché di averlo visto presso l’abitazione della YYY tutti i giorni, anche a pranzo e a cena; i medesimi hanno inoltre dichiarato di aver visto la macchina del Verdi parcheggiata sotto l’abitazione della resistente anche fino a tarda sera.

In proposito, non appaiono dirimenti le contestazioni mosse dalla difesa del resistente volte a minare l’attendibilità dei testimoni, ***, in quanto attuale compagna del ricorrente e ***, investigatore privato incaricato dal ricorrente.

Ciò per due ordini di ragioni: in primo luogo, perché non sono stati gli unici testimoni escussi, essendo stata sentita come testimone anche ***, vicina di casa della resistente della cui attendibilità non v’è ragione di dubitare. Ella, a conferma la circostanza di cui al capitolo 17 della seconda memoria istruttoria del ricorrente, ha dichiarato: “è vera la circostanza; ciò posso dire perché ho visto più volte il sig. *** rientrare con le chiavi e con le buste della spesa; adr: non lo conosco personalmente; conosco la sig.ra YYY perché abita davanti casa mia, abbiamo gli ingressi uno di fronte all’altro; conosco il Verdi di fama perché se non sbaglio era allenatore di una squadra di calcio di Silvi; adr: io vivo lì dal 24.10.2018 e da allora ad oggi ho visto spesso il *** lì; ora da un anno lavoro e stando meno in casa, bado meno a quello che accade intorno; prima vedevo il Verdi tutti i giorni, ora pranzo e sera, vedevo la macchina almeno fino a quando andavo a dormire”; (cfr. processo verbale dell’udienza del 14.07.2021).

In secondo luogo, perché tutti i testimoni escussi hanno reso dichiarazioni convergenti, lineari e prive di contraddizioni.

Tali dichiarazioni, è bene chiarirlo, hanno poi trovato riscontro nelle risultanze processuali.

Ed infatti, il CTU, dott., ha riportato, nell’ambito dei dati anamnestici della YYY che: “Convive regolarmente con l’attuale partner con cui non ha figli in comune” (cfr. elaborato peritale versato nel fascicolo telematico del sub-procedimento).

D’altra parte, la stessa difesa della resistente ha poi precisato che la nuova convivenza non farebbe comunque venire meno, automaticamente, il diritto del coniuge più debole all’assegno divorzile.

A nulla rileva poi l’affermazione dedotta in comparsa conclusionale, secondo cui la relazione affettiva con il *** si sarebbe conclusa da tempo, in quanto, oltre ad essere sfornita di prova, resta il fatto che la resistente, per diversi anni, ha intrattenuto una convivenza stabile con un altro uomo.

A questo punto, alla luce di quanto statuito dalle Sezioni Unite, residua solo la componente compensativa dell’assegno divorzile.

Ai fini del riconoscimento del diritto all’assegno in capo alla resistente, occorre verificare, innanzitutto, la sussistenza di un rilevante squilibrio economico tra le parti e, successivamente, va accertato se la richiedente ha provato il contributo offerto alla comunione familiare, nonché l’eventuale rinuncia concordata ad occasioni lavorative e di crescita professionale in costanza di matrimonio.

Il ricorrente, Appuntato scelto dipendente del Ministero della Difesa, ha dichiarato nell’anno d’imposta 2016 un reddito da lavoro dipendente pari ad euro 32.791,00 che corrisponde, al netto delle imposte dovute, ad un reddito netto annuo di complessivi euro 26.541,00.

Sono in atti le buste page risalenti ai mesi di febbraio e di aprile 2020, nelle quali sono applicate decurtazioni sullo stipendio mensile, in ragione dei giorni di malattia dipesi dall’infortunio occorso al ricorrente e al virus Sars-Cov-19.

Tuttavia, trattasi di decurtazioni transitorie, tant’è che vi è in atti il certificato medico di guarigione del ricorrente dalle patologie derivanti dall’incidente occorso nel 2019 (cfr. certificato del 4.05.2020).

Dunque, deve ritenersi che lo stipendio mensile percepito dal ricorrente sia, nell’ordinario, pari alla somma indicata dal medesimo in ricorso, ossia euro 2.045,75.

Quanto alle spese sostenute dal ricorrente, quest’ultimo ha dedotto di essere gravato di una serie di spese che andrebbero a diminuire la sua capacità reddituale.

In particolare, il ricorrente risulta obbligato alla cessione del quinto dello stipendio per il rimborso di un finanziamento contratto nel 2015 per l’acquisto di una autovettura usata, con piano di ammortamento pari a 120 rate per euro 190,00 (cfr. busta paga del mese di aprile 2020, dove è indicata la decurtazione della somma di €.190,00 alla voce “Cessione assicurata Banca di Sassari” a fronte di un debito residuo di €.11.210,00). Il ricorrente ha poi dedotto di aver sostenuto delle spese per l’acquisizione del diploma di scuola media secondaria e per visite mediche specialistiche, di cura e farmacologiche.

La resistente, invece, trae reddito esclusivamente dall’assegno di mantenimento corrispostole dal ricorrente. Vive, unitamente ai figli, in una casa a lei concessa in comodato gratuito dai genitori di circa 40 mq.

Ora, deve ritenersi che, in costanza di matrimonio e sino alla separazione (omologata il 5.05.2009), fosse la resistente, inoccupata, a provvedere in via primaria alle incombenze domestiche e all’accudimento dei figli.

Sul punto, infatti, il ricorrente si è limitato a censurare le condotte tenute dalla resistente nell’educazione dei figli, non provando e nemmeno allegando di aver contribuito personalmente al loro accudimento e alla gestione della casa, di cui è del tutto verosimile che si occupasse la moglie, non impegnata in attività lavorativa esterna al nucleo familiare, diversamente dal marito, appuntato scelto dipendente del Ministero della Difesa. Tale assetto familiare deve ritenersi frutto di una scelta condivisa, considerato che il ricorrente nemmeno ha dedotto di aver mai sollecitato la moglie a reperire una attività lavorativa extrafamiliare.

Pur volendo ritenersi che la YYY, trentaseienne all’epoca della separazione, avrebbe potuto reperire un’occupazione lavorativa che fosse idonea ad assicurarle almeno una parziale indipendenza economica, è del tutto verosimile che l’assenza di esperienze lavorative pregresse e di una specifica qualifica professionale non le avrebbero comunque consentito un inserimento nel mondo del lavoro a condizioni tali da renderla pienamente indipendente e da garantirle un’adeguata posizione previdenziale.

Pertanto, considerata la concentrazione in capo alla resistente, durante l’intera convivenza matrimoniale, durata nove anni, dei compiti di gestione domestica e di accudimento dei figli ed il conseguente contributo così dato alla realizzazione lavorativa ed economica del marito, libero di dedicarsi completamente alla propria attività lavorativa, va comunque riconosciuto a YYY un assegno divorzile che, considerata la sperequazione patrimoniale tra le parti e valutati gli oneri economici di mantenimento della figlia gravanti sul padre, va quantificato in complessivi €.200,00 mensili, da corrispondere alla stessa entro il 5 di ogni mese e da rivalutarsi annualmente secondo gli indici Istat, assegno omnicomprensivo. Esso è dovuto a decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza non definitiva sullo status, fermo restando per il pregresso l’assegno di mantenimento come dovuto in base ai provvedimenti provvisori succedutisi nel tempo.

A ciò non ostano le circostanze dedotte dal ricorrente in ordine alle spese sostenute per il rimborso dei finanziamenti, in quanto questi ultimi sono stati tutti accesi dopo la separazione, omologata nel 2009 quando il ricorrente, pur sapendo di essere gravato dall’obbligo di mantenimento, ha scelto di fare ricorso all’indebitamento finanziario, evidentemente ritenendolo sostenibile alla luce della propria capacità reddituale (cfr. finanziamento contratto con BPER per €.18.776,33 nel 2015 di cui all’allegato 24 del fascicolo del ricorrente).

Analogamente non valgono a modificare quanto sopra stabilito le deduzioni relative alle spese mediche sostenute dal ricorrente, in quanto, oltre ad essere alcune di esse detraibili come risulta dalla documentazione versata in atti, le medesime non sono tali da diminuire la capacità lavorativa del ricorrente e quindi non risulta in alcun modo provato che le circostanza dedotte dal XXX (quali spese mediche per intolleranze alimentari, rinofaringite, odontoiatria e altro) siano tali da modificare le sua idoneità al lavoro e, per conseguenza, il reddito da esso derivante. Tanto più alla luce del fatto che l’ultima dichiarazione dei redditi depositata risale al 2016.

6. Le altre domande proposte.

Va infine dichiarata la inammissibilità delle domande svolte dalle parti, aventi ad oggetto la restituzione e/o compensazione delle somme relative agli assegni familiari e alle spese straordinarie.

Trattasi, infatti, di domande esulanti dal “thema decidendum” del divorzio, in cui, secondo il condivisibile e consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, è esclusa la possibilità del simultaneus processus tra domande soggette a riti diversi (quali quelle restitutorie, risarcitorie o di pagamento di somme di danaro, soggette al rito di cognizione ordinaria), non rientranti tra le ipotesi di “connessione qualificata”, soltanto per le quali l’art 40 cpc consente il cumulo tra domande soggette a riti diversi (vedi sul punto, tra le altre, Cass. civ. 6660/2001, 11828/2009, 18870/14).

7. Regolazione delle spese di lite.

Motivi di equità, suggeriti dalla natura delle questioni controverse e la parziale soccombenza reciproca delle parti giustificano la compensazione integrale tra le parti delle spese del presente giudizio e delle spese dei sub procedimenti instaurati in corso di causa.

Le spese della CTU, già liquidate con separato decreto, sono poste definitivamente a carico solidale di entrambe le parti, nella misura del 50% ciascuna.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, nel contraddittorio delle parti, sulla domanda indicata in epigrafe, ogni contraria istanza, deduzione o eccezione respinta o assorbita, così provvede:

1) dichiara la cessazione degli effetti civili del matrimonio contratto da YYY e XXX in Avezzano il giorno 20.06.1998, trascritto nei registri dello stato civile del Comune di Avezzano nell’anno 1998 al numero – parte 2 – serie A;

2) dispone l’annotazione della presente sentenza nei registri dello stato civile del Comune di Avezzano (registro degli atti di matrimonio dell’anno 1998, atto n. 31, parte 2, serie A);

3) affida la figlia minorenne *** ad entrambi i genitori, con collocamento prevalente presso la madre, autorizzando le parti all’esercizio disgiunto della responsabilità genitoriale limitatamente alle questioni di ordinaria amministrazione nei periodi di rispettiva permanenza con la figlia;

4) regolamenta la frequentazione della figlia come da parte motiva, salvi diversi accordi tra i genitori;

5) pone a carico di XXX – a decorrere dalla data di pubblicazione della sentenza e fermi, per il pregresso, i provvedimenti precedentemente adottati – un assegno di mantenimento dell’importo mensile di 350,00 euro in favore della figlia minorenne ***, da corrispondersi alla madre entro il 5 di ogni mese e da rivalutarsi annualmente secondo gli Indici Istat, oltre al 50% delle spese straordinarie per la prole, come da parte motiva;

6) dichiara cessata la materia del contendere in ordine alla domanda di mantenimento del figlio maggiorenne ***;

7) pone a carico di XXX – a decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza non definitiva sullo status e fermo restando per il pregresso l’assegno di mantenimento come dovuto in base ai provvedimenti provvisori succedutisi nel tempo – un assegno divorzile, in favore di YYY dell’importo di 200,00 euro mensili, da rivalutarsi annualmente secondo gli indici Istat e da corrispondere alla stessa entro il 5 di ogni mese;

8) compensa tra le parti le spese di lite del presente giudizio e dei sub procedimenti instaurati in corso di causa;

9) pone definitivamente a carico solidale di entrambe le parti, nella misura del 50% ciascuna, le spese della CTU, già liquidate con separato decreto. Così deciso in Teramo nella camera di consiglio del 16 novembre 2022.

Il Presidente

Il Giudice rel.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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