TRIBUNALE DI COSENZA
SEZIONE CONTROVERSIE DI LAVORO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Cosenza, in composizione monocratica, nella persona della dott.ssa, quale giudice del lavoro, ha pronunciato la seguente
Sentenza n. 1320/2022 pubblicata il 16/09/2022
Nella causa iscritta al n.2481 /2020 RGAL
TRA
XXX , rappresentato e difeso dall’
ricorrente
E
YYY S.R.L. in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso
Convenuta
GF Retail srl, in persona del legale rappresentante pro tempore,
Oggetto: competenze retributive
FATTO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ricorso depositato in data 23.6.2020 XXX esponeva:
– di essere stata dipendente della ditta *** S.R.L, presso la sede operativa sita in *** c/o Centro Commerciale Metropolis, dapprima con contratto di lavoro
Full Time a Tempo Indeterminato dal 7.06.2008 al 3.06.2009;
– che in data 5.6.2009 a seguito di dimissioni, veniva assunta con un contratto di associazione in partecipazione, dalla ditta convenuta in qualità di gestore – associato, sino al 19.10.2014, ove veniva licenziata per giustificato motivo oggettivo;
– che successivamente veniva assunta dalla YYY S.r.l., in data 20.10.2014 sino al 30.04.2016, con mansioni di portinaia, nella medesima sede operativa, con contratto a Tempo determinato Full Time sino al 19.10.2015,prorogato poi sino al 30.04.2016;
– che il rapporto con la prima società era stato non di associazione in partecipazione, ma un vero e proprio rapporto di lavoro subordinato;
– di aver svolto da sempre le mansioni di commessa e che pertanto doveva essere inquadrata al 5° livello, secondo il CCNL Commercio e Terziario;
– di aver lavorato per entrambe le ditte 8 ( otto ) ore al giorno da lunedì a domenica, con riposo o lunedì o mercoledì, quindi 48 ore settimanali, lavorando le domeniche e i giorni festivi e svolgendo anche straordinario festivo;
– di non aver goduto di ferie e permessi e di non aver percepito nulla a titolo di TFR e di mensilità aggiuntive;
– che tra le due società vi era uno stretto rapporto di continuità;
– che accreditava dalla YYY differenze retributive pari a € 21.685,19 ( ventunomilaseicentoottantacinque/19);
– che aveva diritto alle differenze retributive nei confronti della GF Retail in virtù della riqualificazione del rapporto da associazione in partecipazione a lavoro subordinato;
– che aveva diritto al risarcimento del danno, a carico della ditta convenuta *** S.r.l. per l’illegittimo ricorso ad una pluralità di contratti di associazione in partecipazione a termine e per l’ illegittimo superamento del limite massimo di 36 mesi.
Concludeva chiedendo”1) Accertare e dichiarare che la Ricorrente ha svolto di fatto mansioni superiori di commessa, nei periodi indicati in premessa, di cui al 5° livello, seppure erroneamente inquadrata al 6° livello del C.C.N.L. di categoria e per l’effetto di ciò condannare parte resistente “YYY S.r.l.”, in persona del l.r.p.t., con sede legale in Napoli ( NA ) al pagamento in favore di parte ricorrente della somma pari ad € 21.685,19 ( ventunomilaseicentoottantacinque/19 ) a titolo di differenze retributive maturate in ragione delle mansioni superiori svolte, degli orari di lavoro e dei periodi di lavoro mai retribuiti e non regolarizzati, oltre interessi e rivalutazione dalla maturazione dei diritti fino all’effettivo soddisfo, con conseguente integrazione contributiva e previdenziale, ovvero la maggiore o minore somma che risulterà dal giudizio;2) Accertare e dichiarare che la Ricorrente ha svolto di fatto mansioni superiori di commessa, nei periodi indicati in premessa, di cui al 5° livello, seppure erroneamente inquadrata con contratto di associazione in partecipazione, e non di lavoro subordianto, e per l’effetto di ciò condannare parte resistente “*** S.R.L., oggi in liquidazione”, con sede legale in al pagamento in favore di parte ricorrente di ogni somma dovuta a titolo di differenze retributive maturate in ragione delle mansioni superiori svolte, degli orari di lavoro e dei periodi di lavoro mai retribuiti e non regolarizzati, onnicomprensiva di T.f.r. mai corrisposto, oltre interessi e rivalutazione dalla maturazione dei diritti fino all’effettivo soddisfo, con conseguente integrazione contributiva e previdenziale, ovvero la maggiore o minore somma che risulterà dal giudizio;
3) Condannare a titolo di conversione del contratto ai sensi dell’art. 5 commi 2 e 4 Bis del D. Lgs. 369/2001 entrambe le parti resistenti al risarcimento dei danni patiti dalla ricorrente, nella misura compresa tra 2,5 e 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale mensile di fatto, secondo la previsione dell’art. 32 comma 5 L. 183/210 ;
4) Condannare entrambe le parti resistenti al risarcimento dei danni sofferti dalla Ricorrente per l’illegittimo ricorso ad una pluralità di contratti di diversa natura a termine in violazione del D.Lgs. 368/2001, nella misura pari a 24 mensilità della retribuzione globale, ovvero nella diversa misura maggiore o minore che il Giudice intenderà liquidare secondo criteri di giustizia 5) Condannare entrambe le parti convenute, in via solidale, al risarcimento del danno da disporsi in via equitativa ex art. 1226 c.c. per illecito contrattuale nella misura che il Giudice intenderà liquidare secondo criteri di giustizia”.
Si costituiva la YYY srl eccependo la nullità del ricorso,la prescrizione dei crediti vantati e nel merito chiedendo il rigetto del ricorso.
Contestava lo svolgimento di mansioni diverse da quelle di assunzione e lo svolgimento di lavoro straordinario.
Deduceva che il mancato rinnovo del contratto con la ricorrente era stato dovuto esclusivamente alle numerose inadempienze della stessa sul posto di lavoro in quanto la ricorrente non ha correttamente adempiuto il proprio obbligo di sorveglianza del punto vendita, essendosi verificati numerosi ammanchi di merce per oltre 24.500,00 di merce.
Non si costituiva la *** e veniva dichiarata contumace,
Escussi solo i testi di parte ricorrente, dichiarata decaduta parte convenuta dalla prova , all’odierna udienza la causa veniva decisa. Va rigettata l’eccezione di nullità del ricorso.
Preliminarmente, va rilevato che il ricorso appare sufficientemente esaustivo – ai fini della valutazione del profilo di nullità invocato da parte ricorrente – negli elementi esposti.
Invero, è giurisprudenza costante della Corte di Cassazione che per aversi nullità del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado di cui all’art. 414 c.p.c., a causa della mancata determinazione dell’oggetto della domanda o per mancata esposizione degli elementi di fatto e delle ragioni di diritto che ne costituiscono il fondamento, non deve risultare possibile individuare, neppure attraverso l’esame complessivo dell’atto, quegli elementi e quelle ragioni, ne’ quindi possibile identificare la stessa pretesa dedotta in giudizio dall’attore, restando così correlativamente precluso al convenuto apprestare una propria compiuta difesa (v., tra le molte, Cass. 7 maggio 2002 n. 6501, 13 novembre 2001 n. 14090, 18 giugno 2002 n. 8839). Dal che la Corte ha pure tratto la conseguenza che la suddetta nullità deve essere “esclusa nell’ipotesi in cui la domanda abbia per oggetto spettanze retributive, allorché l’attore abbia indicato il periodo di attività lavorativa, l’orario di lavoro, l’inquadramento ricevuto ed abbia altresì specificato la somma complessivamente pretesa ed i titoli in base ai quali vengono richieste le spettanze, rimanendo irrilevante la mancata notificazione dei conteggi analitici” (così Cass. n. 16855/2003, n.817/1999, n.11318/1994).
Ebbene, nel caso di specie, il ricorso introduttivo del giudizio, volto ad ottenere il riconoscimento della natura subordinata di un rapporto di lavoro e la condanna al pagamento di alcune differenze retributive, indica il periodo di lavoro, l’orario svolto, la qualifica attribuita, le mansioni svolte, i compensi percepiti mensilmente (cfr. conteggi allegati al ricorso): il ricorso non risulta, pertanto, carente della esposizione dei necessari elementi di fatto su cui la domanda giudiziale di condanna al pagamento di differenze retributive si fonda né delle ragioni di diritto poste alla base della richiesta di declaratoria di condanna del datore di lavoro.
Va rammentato, invero, che ai sensi dell’art. 164, comma 4, c.p.c., il ricorso è nullo se è completamente omesso il petitum, se risulta assolutamente incerto, ovvero se manca completamente l’esposizione dei fatti costitutivi della pretesa. Come detto, nel caso di specie, il petitum e la causa petendi sono stati sufficientemente esposti.
Va altresì rigettata l’eccezione di prescrizione essendo in atti lettera interruttiva del 15.5.2018.
La domanda di condanna nei confronti della YYY va accolta.
Ed invero parte ricorrente ha provato attraverso l’escussione dei testi lo svolgimento della mansioni di commessa e l’orario di lavoro osservato. I testi escussi hanno infatti riferito circostanze precise e concordanti.
Peraltro si tratta di testi del tutto attendibili perché da un lato indifferenti e dall’altro aventi conoscenza diretta dei fatti.
Va invece rigettata la domanda nei confronti della *** .
Ed invero parte ricorrente non ha offerto prova della natura subordinata del rapporto nei confronti della società. In tema di distinzione tra contratto di associazione in partecipazione con apporto di prestazione lavorativa da parte dell’associato e contratto di lavoro subordinato con retribuzione collegata agli utili dell’impresa (fra tante, Cass. n. 25221 del 2020; Cass. n. 1692 del 29.1.2015; Cass. n. 24871 del 2008; Cass. n. 2693 del 2001), che la riconducibilità del rapporto all’uno o all’altro degli schemi predetti esige un’indagine del giudice di merito volta a cogliere la prevalenza, alla stregua delle modalità di attuazione del concreto rapporto, degli elementi che caratterizzano i due contratti, tenendo conto, in particolare, che, mentre il primo implica l’obbligo del rendiconto periodico dell’associante e l’esistenza per l’associato di un rischio di impresa, il rapporto di lavoro subordinato implica un effettivo vincolo di subordinazione più ampio del generico potere dell’associante di impartire direttive e istruzioni al cointeressato, con assoggettamento al potere gerarchico e disciplinare della persona o dell’organo che assume le scelte di fondo dell’organizzazione dell’azienda.
I testi escussi nulla hanno riferito sul punto.
Né rileva,in assenza di ulteriori riscontri quanto contenuto nel verbale dell’Ispettorato.
Va infatti osservato come per giurisprudenza costante (cfr di recente sentenza Cassazione n. 4182 del 2021) i verbali ispettivi fanno piena prova fino a querela di falso, dei fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti, ivi compresa l’esistenza e provenienza delle dichiarazioni raccolte a verbale.
Per quanto riguarda tutte le altre circostanze di fatto che il verbalizzante segnali di aver accertato nel corso dell’inchiesta per averle apprese o de relato o in seguito ad ispezione di documenti, la legge non attribuisce al verbale alcun valore probatorio precostituito.
In tale ipotesi, il materiale raccolto dal verbalizzante deve passare al vaglio del giudice, il quale, nel suo libero apprezzamento, può valutarne l’importanza e determinare quale sia il conto da farne ai fini della prova. Ebbene, i verbali ispettivi predetti non hanno alcun valore probatorio precostituito, ma integrano “materiale istruttorio che può essere utilizzato in sede giudiziale per fondare il convincimento del giudicante”, poiché le dichiarazioni raccolte dagli ispettori e trasferite negli stessi, anche se non sono munite di efficacia fino a querela di falso, costituiscono oggetto di libera valutazione del giudice e, in concorso con altri elementi di prova, possono essere utilizzati per corroborare la decisione assunta.
Di conseguenza le valutazioni dell’ispettore o i fatti non percepiti direttamente ma da questi semplicemente affermati sono liberamente valutabili e apprezzabili dal giudice, il quale può anche considerarli prova sufficiente, qualora il loro specifico contenuto probatorio o il concorso di altri elementi renda superfluo l’espletamento di ulteriori mezzi istruttori (v., fra le tante, Cass. n. 11934 del 2019).
Allo stesso modo, corroborando quanto affermato nel verbale con altre prove raccolte in giudizio, il giudice può considerare non provati i fatti semplicemente affermati dall’ispettore nel verbale.
Ne consegue che in assenza di ulteriori elementi corroboranti la tesi attorea, il contenuto del verbale ispettivo non può essere posto a fondamento della pretesa.
Il ricorso nei confronti della *** va dunque rigettato.
In definitiva va condannata la YYY srlal pagamento in favore della ricorrente della somma per come richiesta pari a € 21.685,19 oltre interessi e rivalutazione.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
PQM
In parziale accoglimento della domanda condanna la YYY srl al pagamento in favore della ricorrente della somma di € 21.685,19 oltre interessi e rivalutazione come per legge.
Pone a carico della convenuta le spese di lite che liquida in € 2342,00 oltre IVA, CPA e rimborso forfettario e dispone che il pagamento sia eseguito a favore dello stato.
Cosenza,16.9.2022
Il giudice
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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