CORTE DI APPELLO DI SALERNO SECONDA
SEZIONE CIVILE
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte d’Appello di Salerno, riunita in Camera di Consiglio nelle persone dei Sigg.
Magistrati: dott. NOME COGNOME dott.ssa NOME COGNOME Consigliere, rel.
dott.ssa NOME COGNOME ha pronunciato la seguente:
SENTENZA N._982_2024_- N._R.G._00000273_2023 DEL_08_11_2024 PUBBLICATA_IL_08_11_2024
nella causa iscritta al n. 273 del ruolo generale degli affari contenziosi civili dell’anno 2023 TRA CONSIGLIO DEI MINISTRI;
rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Salerno APPELLANTI IN RIASSUNZIONE in persona del Sindaco pro tempore rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale allegata alla comparsa di costituzione e risposta Contr contumace contumace APPELLATI IN RIASSUNZIONE avente ad oggetto:
Riassunzione ai sensi dell’art. 392 cpc a seguito dell’ordinanza n. 365/2023 con la quale è stata parzialmente cassata la sentenza della Corte di Appello di Salerno n. 1346/2020 (Danni da morte, alluvione Sarno) sulle seguenti conclusioni rassegnate nelle note scritte depositate dalle parti costituite nei termini concessi dal C.I. con ordinanza del 13 luglio 2023 ai sensi dell’art. 127 ter cpc:
per gli appellanti in riassunzione:
“Voglia codesta Corte di appello adita, in funzione di Giudice del rinvio, in accoglimento della domanda proposta dalle Amministrazioni statali con la presente citazione in appello in riassunzione, in applicazione del principio di diritto dettato dalla ordinanza n. 365/23 della Corte di Cassazione e in riforma della sentenza n. 1346/20 della Corte di appello di Salerno, accertare e dichiarare la natura diretta della responsabilità del nella causazione degli illeciti derivanti dai tragici fatti alluvionali del 1998 e il conseguente diritto delle appellanti Amministrazioni statali di agire in regresso nei confronti del medesimo e, per l’effetto: A) rivalersi per l’intero nei confronti del e di per ogni somma corrisposta in favore dalle attrici in primo grado per i fatti dedotti in lite;
B) in subordine, rivalersi nei confronti del nella misura del 33% di quanto eventualmente corrisposto in favore delle attrici in primo grado per i fatti dedotti in lite.
Con vittoria delle spese di entrambi i gradi di giudizio di merito, del giudizio di legittimità e del presente giudizio di rinvio”;
per il :
“ l’Ecc.ma Corte di Appello adita Voglia così provvedere:
– in via principale, previo accertamento della qualità di Ufficiale di Governo rivestita dal Sindaco nel compimento delle attività costituenti fatto illecito causativo del danno, escludere il diritto delle Amministrazioni statali ad agire in regresso nei confronti del ;
– in statali in misura proporzionale al danno attribuibile all’attività specificamente svolta quale Sindaco e non quale Ufficiale di Governo;
– Con vittoria di spese di tutti i gradi del giudizio di merito, del giudizio di legittimità e del presente giudizio di rinvio”.
RAGIONI DI FATTO
E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1.
Con sentenza n. 5996/2011 della Corte d’Appello Penale di Napoli, confermata con sentenza n. 19507/2013 dalla Corte di Cassazione, , all’epoca dei fatti Sindaco del , veniva condannato alla pena di anni cinque di reclusione per il reato di cui agli artt. 113, 40 e 589, commi 1 e 3, cod. pen. , per avere, in violazione di regole di comune esperienza, prudenza, diligenza e di leggi e regolamenti, cagionato la morte di centotrentasette persone in occasione dell’alluvione del 5 maggio 1998, nonché, in via solidale con la e il , quali responsabili civili, al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede, e al pagamento di una provvisionale immediatamente esecutiva di euro 30.000,00 in favore delle costituite parti civili.
2.
Il Tribunale di Salerno, adito da per conseguire il risarcimento dei danni patiti in proprio e a causa del decesso della madre e del fratello nella predetta alluvione, con ordinanza ex art. 702 ter c.p.c. del 1°dicembre 2018 resa nel giudizio n. 3279/2015 RG, accoglieva la domanda attorea e condannava, in solido tra loro, , il , la e il pagamento in favore della ricorrente della somma di euro 250.000,00 oltre accessori;
accoglieva la domanda di regresso spiegata dalla e dal nei confronti del , condannando quest’ultimo a pagare alle amministrazioni statali le somme che le stesse avrebbero corrisposto agli attori;
rigettava la domanda di regresso spiegata dalle medesime amministrazioni statali nei confronti del 3. Il gravame proposto dalla Consiglio dei ministri e dal avverso tale decisione veniva rigettato con sentenza n. 1346/2020 con la quale la Corte d’Appello di Salerno, per quanto interessa in questa sede, escludeva che le appellanti Amministrazioni statali avessero diritto di regresso contro il al fine di recuperare le somme corrisposte al danneggiato, assumendo che l’art. 2055, secondo comma, c.c., possa trovare applicazione soltanto tra corresponsabili in solido che abbiano concorso nella causazione del fatto illecito, presupponendo la citata norma che ognuno di essi abbia una parte di colpa nel verificarsi dell’evento lesivo e così a un criterio di imputazione legale, risultano, per definizione, estranei alla produzione del danno. La Corte territoriale riteneva, quindi, che, ferma restando la corresponsabilità solidale nei confronti del danneggiato e la possibilità dei responsabili per fatto altrui di agire in regresso per l’intero contro l’autore effettivo dell’illecito, non vi era alcuna possibilità di configurare un regresso ai sensi dell’art. 2055, comma 2, cod. civ. o di qualsiasi altra norma, tra responsabili indiretti o per fatto altrui, id est tra soggetti tutti incolpevoli, venendo a mancare in tale ipotesi la stessa ratio essendi dell’azione di regresso, che è quella di riversare il costo del danno sull’effettivo responsabile (colpevole) e che non potrebbe utilmente dispiegarsi contro coloro che non abbiano nessuna responsabilità (o colpa) nel fatto dannoso. 4. Avverso siffatta pronuncia proponevano ricorso per Cassazione le Amministrazioni statali censurando la parte in cui la Corte di Appello aveva escluso la possibilità di esercitare l’azione di regresso anche nei confronti del , qualificato come responsabile indiretto per i tragici fatti alluvionali che avevano colpito il medesimo Comune nel 1998.
Si costituiva, altresì, con controricorso il mentre non svolgevano attività difensiva gli intimati Il giudizio di legittimità veniva definito con ordinanza n. 365/2023 con la quale la Corte regolatrice accoglieva il primo motivo di ricorso enunciando il seguente principio di diritto:
“sussiste la responsabilità diretta della pubblica amministrazione ai sensi dell’art. 2043 c.c., per il fatto penalmente illecito commesso dalla persona fisica appartenente all’amministrazione, tale da far reputare sussistente l’immedesimazione organica con quest’ultima, non solo in presenza di formale provvedimento amministrativo, ma anche quando sia stato illegittimamente omesso l’esercizio del potere autoritativo”.
La sentenza di Appello veniva pertanto parzialmente cassata e la causa rinviata alla medesima Corte in diversa composizione anche per la statuizione in materia di spese.
5.
Le Amministrazioni Statali hanno provveduto alla riassunzione rassegnando le conclusioni qui riportate in epigrafe.
Contumaci , si è costituito il , che ha rassegnato le conclusioni qui riportate in epigrafe.
Con ordinanza del C.I. del 03/10/2024 la causa è stata rimessa per la decisione al Collegio.
6.
L’appello riproposto in questa fase di rinvio è fondato e va accolto per quanto di ragione.
7. Ed invero, nell’ordinanza n. 365/2023 il giudice di legittimità ha preso le mosse dai principi di diritto enunciati dalle Sezioni Unite civili con la sentenza n. 13246 del 16 maggio 2019, per cui il ‘estrinsecazione del potere pubblicistico, e cioè ad un formale provvedimento amministrativo emesso nell’ambito e nell’esercizio di poteri autoritativi e discrezionali ad essa spettanti, oppure si riduce ad una mera attività materiale, disancorata e non sorretta da atti o provvedimenti amministrativi formali, ed ha affermato che, “nel primo caso (attività provvedimentale o, se si volesse generalizzare, istituzionale in quanto estrinsecazione di pubblicistiche ed istituzionali potestà), l’immedesimazione organica di regola sussiste con conseguente responsabilità diretta in forza della sicura imputazione della condotta all’ente. Nel secondo caso, di attività estranea a quella istituzionale o comunque materiale, ove pure vada esclusa l’operatività del criterio di imputazione pubblicistico fondato sull’attribuzione della condotta del funzionario o dipendente all’ente, opera (nei limiti indicati dalle Sezioni Unite ( profilo qui non rilevante,) il diverso criterio della responsabilità indiretta, per fatto del proprio dipendente o funzionario, in forza di principi corrispondenti a quelli elaborati per ogni privato preponente e desunti dall’art. 2049 c.c.” Ha poi richiamato la sentenza n. 19507 del 2013 della Terza Sezione penale della Corte di Cassazione, che ha definito il procedimento penale per omicidio colposo plurimo nei confronti del Sindaco pro tempore, in cui si legge, quanto alla imputazione sollevata nei confronti di questi, che: “non considerava la “mappa dei rischi” allegata al menzionato piano di protezione civile, nella quale quello derivante da alluvioni, frane e valanghe veniva ritenuto di “grado alto” e, quindi, degno della massima attenzione, con la indicazione degli adempimenti da attuarsi al verificarsi dell’emergenza;
ometteva di dare tempestivamente il segnale di allarme alla popolazione, di disporre l’evacuazione delle persone residenti nelle zone a rischio, di convocare ed insediare tempestivamente il comitato locale per la protezione civile, di dare tempestivo e congruo allarme alla alla quale, anzi, fino alle ore 20,47, forniva notizie imprudentemente rassicuranti sull’emergenza in corso, suscettibili di non provocare l’adeguato allertamento degli organi competenti;
forniva alla popolazione in pericolo notizie imprudentemente rassicuranti sulla emergenza in atto, diffondendo due appelli televisivi, trasmessi dall’emittente …, con i quali invitava i cittadini a restare nelle proprie abitazioni, facendo così ritenere che la situazione fosse sotto controllo ed inesistente il pericolo;
inoltre, a fronte di una precisa richiesta di evacuazione dei plessi ospedalieri di , in pericolo, avanzata dall’Autorità sanitaria competente, rifiutava tale evacuazione assumendo la insussistenza di pericolo per la vita dei pazienti”.
Ha quindi statuito che l’attività colposa che viene in rilievo non è meramente materiale ed estranea ai compiti istituzionali, tale cioè da essere legata da un nesso di occasionalità necessaria con le funzioni o poteri esercitati, ma è istituzionale nel senso di estrinsecazione di pubblicistiche ed questione poiché l’omessa adozione di un provvedimento amministrativo non costituisce comportamento materiale, ma illegittima condotta istituzionale (peraltro al sindaco risultano imputate anche condotte di carattere commissivo sotto il profilo delle notizie imprudentemente rassicuranti fornite durante l’emergenza in corso); che l’attribuzione del potere illegittimamente non esercitato è criterio di responsabilità dell’autorità rimasta inerte, per cui non esercitare il potere non è un contegno meramente materiale della persona fisica, ma azione amministrativa illegittima ove quel potere doveva essere esercitato;
che pertanto, costituendo manifestazione di attività istituzionale anche l’omesso esercizio di potestà pubblica, la responsabilità del aveva carattere diretto ai sensi dell’art. 2043 c.c., per cui non vi era ostacolo all’esercizio dell’azione di regresso ai sensi del secondo comma dell’art. 2055 c.c. da parte delle Amministrazioni statali ricorrenti.
Sulla base di tali argomentazioni ed in conformità al principio di diritto già espresso nelle pronunce n. 856/1982, n. 17763/2005, n. 24802/2008 e n. 24567/2017, la Suprema Corte, qualificata come diretta la responsabilità del ai sensi dell’art. 2043 c.c., ha quindi riconosciuto il diritto della del Consiglio dei Ministri e del ad agire in regresso nei confronti dell’ente locale ai sensi dell’art. 2055 comma 2 c.c. 8. Nella vicenda in esame può quindi affermarsi che, sulla base di quanto accertato in sede penale, l’illecita condotta del Sindaco , anche laddove si concretizzò nell’omesso esercizio di potestà pubblica, abbia costituito una manifestazione di attività istituzionale e che tale attività era riferibile alle plurime funzioni, da lui rivestite, di Sindaco, di Autorità della Protezione Civile e di Ufficiale di Governo ( cfr. sentenze penali in atti, segnatamente sentenza Cass. Penale n. 19507/2013 e relativa sentenza della Corte di Appello di Napoli oggetto del ricorso dinanzi alla Suprema Corte ). Ne consegue che, avendo la responsabilità del , della e del carattere diretto ai sensi dell’art. 2043 c.c., la domanda di regresso proposta dalle Amministrazioni Statali nei confronti del ai sensi dell’art. 2055 comma 2 c.c. doveva essere accolta.
9. L’accoglimento della domanda di regresso impone di procedere alla graduazione della responsabilità tra le Amministrazioni Statali ed il ed, ancor prima, di esaminare la questione della unicità del soggetto statale.
Sul punto va evidenziato che la Cassazione Penale, nella già citata sentenza n. 19507/2013, nel rigettare i ricorsi proposti da e dalle Amministrazioni Statali, ha confermato erano stati indicati come distinti responsabili civili ( cfr., in particolare, la Corte di Appello di Napoli pag. 71 e Cassazione punto n. 5 di pag. 6 e punto n. 19 di pag. 19 e ss.), sicché deve ritenersi che la statuizione è ormai coperta dal giudicato ai sensi dell’art. 651 c.p.p..
In definitiva entrambe le Amministrazioni Statali sono responsabili civili e, pertanto, la graduazione della responsabilità ai fini del regresso deve essere operata tenendo conto di tre distinti soggetti, ossia la e il 10. Quanto alla graduazione della responsabilità tra le Amministrazioni, trova in primo luogo applicazione la disciplina dettata dall’art. 2055 comma 2 e comma 3 c.c. ( cfr. da ultimo Cass. 4614/2024).
In particolare la giurisprudenza di legittimità ha affermato che, in tema di responsabilità da fatto illecito, qualora il danno sia imputabile a più soggetti il Giudice può fare ricorso alla presunzione di uguaglianza delle colpe di cui all’art. 2055 comma 3 c.c. solo in presenza di una situazione di dubbio oggettivo e reale, configurabile quando non sia possibile valutare neppure approssimativamente la misura delle singole responsabilità ( cfr. Cass. n. 31066/2019; Cass. n. 6400/1990).
Si è poi chiarito che, in tema di regresso, l’onere di provare le circostanze idonee a superare la presunzione di pari responsabilità prevista per il caso di dubbio dall’art. 2055 comma 3 c.c. grava sulla parte che allega il superamento di detta presunzione (cfr. Cass. n. 3626/2017), e quindi, nella specie, sulle Amministrazioni Statali appellanti Nel caso in esame, tenuto conto di quanto accertato in sede penale con sentenza passata in giudicato, non vi è dubbio che abbia agito come Sindaco, come Autorità di Protezione Civile e come Ufficiale di Governo. Né, d’altra parte, le appellanti hanno messo in discussione che il Sindaco abbia operato anche come rappresentante dello Stato, giacché la domanda di regresso, proprio perché tesa alla graduazione delle responsabilità, implica proprio il riconoscimento della pluralità dei ruoli da lui esercitati.
Ciò posto, ritiene questa Corte che la complessità della vicenda, peraltro, da valutarsi nell’ambito di un quadro normativo che, all’epoca dei fatti, prevedeva competenze anche concorrenti, non consente di graduare con certezza le responsabilità dei soggetti pubblici coinvolti, tanto più in presenza di una calamità naturale, come l’alluvione verificatasi in il 05/05/1998, che, per essere fronteggiata richiedeva, per intensità ed estensione, mezzi e poteri straordinari, come previsto dalla legge n. 225/1992. E’utile, a tal proposito, richiamare in estrema sintesi la disciplina in tema di protezione civile con particolare riferimento alla pluralità dei ruoli del Sindaco, tenendo conto, ovviamente, delle a tal fine in rilievo la legge n. 225/1992 che, con riferimento alla Protezione Civile, ha delineato un assetto complesso in cui operano una pluralità di soggetti, segnatamente le Amministrazioni dello Stato centrali e periferiche, le Regioni, le Province, i Comuni, gli enti pubblici nazionali e territoriali ed ogni altra istituzione ed organizzazione pubblica e privata presente sul territorio nazionale, coordinati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri che si avvale a tal fine del Dipartimento della Protezione Civile (cfr. art 1). Quanto alla posizione del Sindaco, l’art. 15 comma 3 della legge, nel prevedere che egli assuma la direzione ed il coordinamento dei servizi di soccorso alle popolazioni colpite e “ provvede agli interventi necessari” , consente di affermare che il Sindaco pone in essere tale attività esercitando i poteri attribuitigli da altre disposizioni di legge, sia quale capo dell’Amministrazione Comunale e Autorità della Protezione Civile, sia in qualità di Ufficiale di Governo attraverso l’adozione di provvedimenti contingibili ed urgenti ai sensi dell’art. 38 comma 2 d.lg.vo n. 142/1990, vigente all’epoca dell’alluvione. L’art. 21 della legge ha poi previsto l’abrogazione di tutte le disposizioni con essa incompatibili, ma tali non possono definirsi quelle di cui agli art. 16 e 36 del D.P.R. 6 febbraio 1981 n. 66 ( regolamento di esecuzione della legge 8 dicembre 1970 n. 996).
In particolare, l’art. 16 del citato D.P.R. prevede che “il sindaco quale ufficiale di governo, è organo locale di protezione civile;
il sindaco provvede, con tutti i mezzi a disposizione, agli interventi immediati, dandone subito notizia al prefetto”, laddove poi l’art 36 del medesimo D.P.R. dispone che:
“ allorché occorra informare le popolazioni di situazioni di pericolo o comunque connesse con esigenze di protezione civile vi provvede il prefetto, che si avvale dei mezzi tecnici da individuarsi nei piani provinciali di protezione civile, e in caso di urgenza il sindaco”.
E allora non è condivisibile l’assunto secondo cui, in assenza dell’intervento del Prefetto, la responsabilità dell’omessa evacuazione e delle erronee informazioni alla popolazione sarebbe ascrivibile al Sindaco soltanto in qualità di capo dell’Amministrazione Comunale e, quindi, al come responsabile civile, poiché, vigendo la normativa del D.P.R. n. 66/1981, in assenza di un intervento concreto della la situazione di urgenza imponeva al Sindaco l’esercizio anche delle funzioni di Autorità di Protezione Civile e di Ufficiale di Governo (per il quadro normativo di riferimento cfr. anche Cass. Penale n. 19507/2013).
11.
In conclusione, chiarito che la sentenza di primo grado è divenuta irrevocabile nella parte in cui il Tribunale, in accoglimento della domanda di regresso proposta dalla e dal nei confronti di , ha condannato quest’ultimo al e del per la quota di 1/3 ciascuno.
Ne consegue la condanna del a rivalere le Amministrazioni Statali, qualora provvedano al pagamento delle somme spettanti agli attori odierni appellati, nei limiti della predetta quota di 1/3.
12.
La complessità e controvertibilità della questione giuridica oggetto di causa, che solo di recente ha trovato un definitivo approdo presso il Giudice di legittimità, giustificano la compensazione delle spese tra le parti costituite.
La Corte d’Appello di Salerno, definitivamente pronunciando nel giudizio di riassunzione ex art 392 cpc introdotto, a seguito della ordinanza della Cassazione civile n. 365/2023, dalla e dal nei confronti del , di e di , così provvede:
1) ACCOGLIE la domanda di regresso proposta dalla dal nei confronti del e per l’effetto condanna quest’ultimo a rivalere le predette Amministrazioni Statali nella misura di 1/3 di quanto eventualmente da esse corrisposto in favore dell’attrice in primo grado per i fatti di causa;
2) DICHIARA interamente compensate tra le parti le spese del giudizio.
Così deciso in Salerno nella camera di consiglio del 07 novembre 2024
Il Consigliere estensore Il Presidente dott.ssa NOME COGNOME dr. NOME COGNOME
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Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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