REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI ANCONA
PRIMA SEZIONE CIVILE
Il Tribunale di Ancona, in composizione monocratica, in persona del dott., ha pronunciato e pubblicato la seguente
SENTENZA n. 17/2022 pubblicata il 07/01/2022
Nella causa civile iscritta al n. 4225 del Ruolo generale degli affari contenziosi civili dell’anno 2019 e promossa da BANCA XXX; attore contro YYY, rappresentato e difeso dall’avv. ; convenuto e contro ZZZ,
CONCLUSIONI:
PER PARTE ATTRICE: “In via principale: accertare e dichiarare ai sensi dell’art. 2901 c.c., per le causali di cui in narrativa, l’inefficacia nei confronti della BCC XXX dell’atto di destinazione ex art. 2645 ter c.c. a Rogito Notaio, trascritto presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari di Ancona in data 27.02.2013 al Registro Generale n., Registro Particolare oggetto del doc. n. 6 da ritenersi qui integralmente richiamato con cui il YYY ha sottoposto a vincolo di destinazione la sua quota di comproprietà indivisa degli immobili ed i diritti reali di godimento e le quote di partecipazione delle società tutte indicate nella sopra specificato documento che si intendono qui integralmente trascritte con ogni consequenziale statuizione;
In via subordinata: dichiarare la nullità e/o l’inefficacia dell’atto di destinazione ex art. 2645 ter c.c. a Rogito Notaio del 22.02.2013, trascritto presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari di Ancona in data 27.02.2013 al Registro Generale n., Registro Particolare con cui il YYY ha sottoposto a vincolo di destinazione la sua quota di comproprietà indivisa degli immobili ed i diritti reali di godimento e le quote di partecipazione delle società tutte indicate nel documento n. 12 sopra specificato da intendersi qui trascritto per simulazione assoluta difettando in capo alle rispettive parti una reale volontà di effettiva sottoposizione a vincolo di destinazione e/o per mancanza assoluta di causa in concreto.
Con vittoria di spese e compenso professionale di lite”.
PER IL CONVENUTO YYY: “respingere, per quanto esposto in atti, le domande azionate dalla Banca di Credito Cooperativo XXX Società Cooperativa nei confronti di YYY in quanto prive dei presupposti fondanti e costitutivi e/o illegittime, e/o infondate, e/o non provate, e comunque con qualsiasi statuizione. Con vittoria di spese e compenso di lite”.
PER LA CONVENUTA ZZZ: “in via principale, nel merito: rigettare, per i motivi dedotti in narrativa, le domande proposte dalla Banca XXX
perché infondate in fatto e in diritto e non provate, e comunque con qualsiasi statuizione; subordinatamente, rigettare la domanda ex art. 2901 c.c. per essere definitivamente decorso in confronto di ZZZ il termine quinquennale di prescrizione ex art. 2903 c.c.
Spese rifuse”.
CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO
1. Con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. la Banca di Credito Cooperativo XXX aveva chiesto in via principale di accertare e dichiarare ai sensi dell’art. 2901 c.c. l’inefficacia nei suoi confronti dell’atto di destinazione ex art. 2645 ter c.c. a rogito Notaio del 22.02.2013, trascritto presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari di Ancona in data 27.02.2013 al Registro Generale n., Registro Particolare n. con cui YYY ho sottoposto a vincolo di destinazione la sua quota di comproprietà indivisa degli immobili ed i diritti reali di godimento e le quote di partecipazione delle società e, in via subordinata, di dichiarare la nullità e/o inefficacia dell’atto di destinazione per simulazione assoluta difettando e/o per mancanza assoluta di causa in concreto.
Con sentenza n. 680/2015 il Tribunale di Ancona aveva accolto la domanda, dichiarando l’inefficacia ex art. 2901 c.c. del negozio di destinazione. La decisione era stata appellata dal signor YYY il quale, in via preliminare, aveva eccepito la nullità della sentenza per violazione delle norme sul litisconsorzio necessario ex art. 102 c.p.c..
Con sentenza n. 443/2019, depositata l’1.04.2019, la Corte d’Appello di Ancona ha dichiarato la nullità della sentenza per mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di ZZZ Ariella e, per l’effetto, ha rimesso la causa al giudice di primo grado ai sensi dell’articolo 354 c.p.c..
Con comparsa tempestivamente depositata la Banca di Credito Cooperativo XXX ha riassunto il giudizio, rassegnando le medesime conclusioni sopra sinteticamente riportate. A sostegno della domanda parte attrice ha rilevato in particolare che:
– vanterebbe un credito nei confronti di YYY, originato dalle fideiussioni prestate dal convenuto a garanzia di un contratto di mutuo fondiario e di un contratto di apertura di credito in conto corrente stipulati dalla debitrice principale *** srl pari, a seguito della sentenza n. 593/2020 emessa dal Tribunale di Ancona, ad euro 179.042,53 euro, di cui 151.315,81 euro relativi al capitale e 27.726,72 euro per interessi;
– mentre erano in corso le trattative per la soluzione transattiva dell’esposizione debitoria YYY con atto notarile del 27.02.2013 ha costituito e trascritto ai sensi dell’art. 2645 ter c.c. sul suo patrimonio immobiliare un vincolo di destinazione a favore dei figli, Raffaello YYY, nato a e Tiziano YYY, nato a ;
– il YYY in epoca successiva al sorgere del credito avrebbe perfezionato un atto dispositivo a titolo gratuito, attraverso il quale avrebbe sottratto quasi tutti i beni immobili di sua proprietà alla disponibilità dei creditori;
– gli unici beni rimasti in capo al debitore, ossia il trattamento pensionistico e l’unico immobile rappresentato da un garage sito in Rimini, non sarebbero sufficienti ad onorare il debito.
2. YYY e ZZZ si sono costituitisi opponendosi alla domanda ed hanno articolato delle difese che, per la sostanziale sovrapponibilità sia di posizione che di contenuti, possono essere esaminate congiuntamente.
Relativamente alla domanda revocatoria con riferimento al credito vantato dalla banca hanno eccepito:
– l’invalidità, per violazione dell’art. 2, co. 2, lett. a), L. n. 287 del 1990, delle clausole numeri 2, 6 e 8 contenute nel contratto di fideiussione sottoscritto da YYY (e dal co-fideiussore ***) il 19.12.2005;
– la cessazione della materia del contendere per effetto della transazione – di cui il YYY ha dichiarato di voler profittare ai sensi dell’art.1304 c.c. – intervenuta in data 13.03.2015 tra la Banca di Credito Cooperativo XXX Società Cooperativa e il co-garante ***, stante l’effetto estintivo automatico e retroattivo della transazione in esame sull’obbligazione solidale ex adverso azionata;
– che in ogni caso la transazione avrebbe determinato una riduzione del debito complessivo pari al 50%, ossia la quota interna di debito riferibile al condebitore transigente;
– che il TAEG/ISC indicato nel contratto di mutuo risulterebbe essere diverso rispetto a quello reale espresso dalle condizioni indicate nel contratto medesimo, sicché si dovrebbe procedere al ricalcolo del saldo finale del mutuo e applicazione del tasso sostitutivo BOT ex art. 117, comma 7, del TUB;
– la nullità della clausola determinativa degli interessi del contratto di mutuo per indeterminatezza e/o indeterminabilità degli stessi – usurarietà degli interessi del contratto di mutuo.
Il signora YYY, inoltre, ha eccepito in compensazione un controcredito di 14.668,29 euro, relativo a precedenti spese processuali.
Rispetto agli ulteriori presupposti della revocatoria hanno precisato in particolare che:
– l’entità rilevante del residuo patrimonio del signor YYY e della debitrice principale *** srl sarebbe sufficiente a soddisfare le pretese creditorie della banca;
– l’assenza dell’elemento soggettivo;
– nel bilanciamento dei valori costituzionali coinvolti (tutela della disabilità e conservazione del credito) l’interesse del creditore del disponente dovrebbe essere sacrificato in funzione di altro interesse dotato di particolare rilevanza costituzionale, qual è la tutela di soggetti con disabilità, idoneo ex se a giustificare l’effetto di separazione dell’art. 2645 ter c.c., con conseguente rigetto della domanda revocatoria.
La signora ZZZ, inoltre, in via preliminare ha eccepito la prescrizione dell’azione revocatoria, Con riferimento, invece, alla domanda di simulazione hanno rilevato l’assenza di prova dell’accordo simulatorio e la predisposizione di un atto destinato a soddisfare un interesse meritevole di tutela ex art.1322 c.c. ed è quindi sostenuto da causa idonea, considerato che il vincolo di destinazione è stato costituito nell’interesse dei loro figli, Raffaello e Tiziano YYY, gravemente disabili in quanto affetti da “psicosi cronica” e da “oligofrenia grave”, ovvero patologie che ne hanno compromesso le facoltà volitive e intellettive con la conseguenza che entrambi i figli sarebbero privi sia della capacità di amministrazione della loro sfera socio-economico-amministrativa che di quella lavorativa.
3. La causa è stata istruita con prove documentali e con ctu. Le parti hanno precisato le conclusioni all’udienza del 14.10.2021 all’esito della quale la causa è stata trattenuta in decisione, previa concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
4. La convenuta ZZZ in via preliminare ha eccepito la prescrizione dell’azione revocatoria, rilevando che l’atto di citazione le è stato notificato solo in data 06.12.2019, ossia oltre il termine prescrizionale di cui all’art. 2903 c.c..
L’eccezione è infondata considerato che nelle ipotesi di litisconsorzio necessario, quale è quella per cui è causa, qualora la citazione introduttiva sia stata validamente notificata ad uno soltanto dei litisconsorti necessari, la valida notifica del primo atto introduttivo è idonea ad interrompere la prescrizione nei confronti di tutti gli altri litisconsorti.
Sul punto appare dirimente quanto affermato, peraltro in un caso analogo a quello che ci occupa, dalla Corte di Cassazione, secondo cui: “nel caso di litisconsorzio necessario, infatti, l’integrazione del contraddittorio prevista dall’art. 102 c.p.c., comma 2, ha effetti di ordine sia processuale che sostanziale, nel senso che sana l’atto introduttivo viziato da nullità per la mancata chiamata in giudizio di tutte le parti necessarie, ma è altresì idonea ad interrompere le prescrizioni e ad impedire le decadenze di tipo sostanziale nei confronti anche delle parti necessarie originariamente pretermesse (Cass., Sez. Un., 22/04/2010, n. 9523).
E non vi è dubbio che nel caso di specie ricorresse un litisconsorzio necessario, tenuto conto di quanto stabilito da questa Corte, e cioè che in un giudizio introdotto con azione revocatoria, ex art. 2901 c.c., sussiste un rapporto di litisconsorzio necessario tra il debitore e il terzo acquirente, convenuti in giudizio dal creditore, e pertanto, qualora la citazione introduttiva sia stata validamente notificata ad uno soltanto dei litisconsorti necessari, e seguito della pronuncia del giudice d’appello che abbia rimesso le parti in primo grado a norma dell’art. 354 c.p.c., il contraddittorio sia stato ritualmente integrato in modo tale da evitare l’estinzione del processo, la valida notifica del primo atto introduttivo è idonea ad interrompere la prescrizione nei confronti di tutti i litisconsorti necessari e fino al passaggio in giudicato della sentenza che definisce il giudizio stesso (Cass. 26/07/2002, n. 11005; Cass. 07/11/2011, n. 23068)” (cfr. Cass. n. 6390 del 06/03/2020).
5. La domanda revocatoria proposta dall’attore è fondata.
Al riguardo e in linea generale va premesso che l’azione revocatoria di cui all’art. 2901 c.c. è un mezzo di conservazione della garanzia patrimoniale il cui accoglimento presuppone il concorso di alcune condizioni, descritte al primo comma dell’art. 2901:
a) la sussistenza di un credito (o di una ragione di credito) in capo all’attore;
b) la presenza di un atto, gratuito od oneroso, di disposizione patrimoniale posto in essere dal debitore;
c) un conseguente pregiudizio alle dette ragioni creditorie (c.d. eventus damni);
d) il c.d. consilium fraudis, ossia la consapevolezza del debitore disponente di arrecare col proprio atto un tale pregiudizio (e, inoltre, per i soli atti dispositivi a titolo oneroso, la partecipatio fraudis del terzo acquirente, laddove, ove fosse in buona fede, non sarebbe pregiudicato dall’azione revocatoria, salvo il caso di anteriorità della trascrizione della domanda revocatoria rispetto alla trascrizione dell’atto di acquisto, cfr. art. 2901, comma quarto, c.c.);
e) nel caso di atto dispositivo anteriore al sorgere del credito, la dolosa preordinazione dell’atto dispositivo (col concorso del terzo, in caso di atto a titolo oneroso) al fine di pregiudicare il soddisfacimento del creditore (c.d. animus nocendi).
6. Nel caso di specie le ragioni creditorie dell’attore si riscontrano nel credito vantato nei confronti di YYY, il quale, a garanzia delle obbligazioni assunte dalla ditta *** srl nei confronti della Banca di Credito Cooperativo XXX, aveva stipulato il 19.12.2005 una fideiussione omnibus fino alla concorrenza di € 650.000,00 (doc. 4 fascicolo attore) e, in data 06.05.2009, aveva prestato una ulteriore garanzia mediante costituzione in pegno di titoli e valori fino alla concorrenza della somma di euro 50.000,00 (doc. 5 fascicolo attore).
Entrambe le garanzie, dunque, risultano precedenti il perfezionamento del vincolo di destinazione oggetto di causa.
Il credito derivante dalle predette fideiussioni è stato riconosciuto nel decreto ingiuntivo n. n. 536/2015 emesso il 15.03.2015, con cui il Tribunale di Ancona ha ingiunto al signor YYY di pagare immediatamente in favore della banca la somma di 307.928,06 euro, nei cui confronti l’odierno convenuto ha proposto opposizione, che si è conclusa con la sentenza n. 593/2020, depositata in data 11.05.2020, con la quale il Tribunale ha rideterminato l’importo in euro 151.315,81 oltre interessi (doc. 17 fascicolo attore).
6.1 I convenuti hanno eccepito l’inesistenza del credito per le ragioni riportate nel precedente paragrafo n. 2, al quale si rimanda.
6.2 Giova allora ricordare che l’azione revocatoria ordinaria, quale rimedio funzionale alla ricostituzione della garanzia generica assicurata al creditore dal patrimonio del debitore, presuppone, per la sua esperibilità, la sola esistenza di un debito, e non anche la sua concreta esigibilità, potendo essere esperita l’azione anche per crediti condizionali, non scaduti o soltanto eventuali.
Ai fini dell’utile esperimento dell’azione revocatoria, anche il credito eventuale, nella veste di credito litigioso, è idoneo a determinare – sia che si tratti di un credito di fonte contrattuale oggetto di contestazione in separato giudizio sia che si tratti di credito risarcitorio da fatto illecito – l’insorgere della qualità di creditore che abilita all’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria avverso l’atto di disposizione compiuto dal debitore, coerentemente con la funzione propria dell’azione, la quale non persegue scopi specificamente restitutori, bensì mira a conservare la garanzia generica sul patrimonio del debitore in favore di tutti i creditori, compresi quelli meramente eventuali (Cass. 1 giugno 2007, n. 12489, in motivazione, secondo cui è “meritevole d’adesione la lettura estensiva della nozione di credito eventuale fino alla ricomprensione, quale fatto costitutivo della pretesa revocatoria, anche del “credito litigioso” in ragione della finalità di rafforzamento della tutela del creditore perseguita dall’art. 2901 c.c.. Tale norma, infatti, se consente la tutela del titolare di crediti soggetti a condizione sospensiva e legittima, pertanto, mediante lettura estensiva della norma, l’equiparazione di tale situazione alla fattispecie nella quale la pretesa creditoria è destinata a concretizzarsi in dipendenza dell’evoluzione, secondo determinate previsioni normative, d’una situazione analoga, legittima altresì, in quanto costituisce solo una ulteriore progressione della medesima linea interpretativa, la riconduzione nella figura del credito eventuale anche della ipotesi del “credito litigioso”, sia nel caso in cui questo tragga origine da un negozio e sia controverso, sia nel caso in cui tragga origine non da un negozio, ma da un fatto illecito, contrattuale o extracontrattuale, dedotto in giudizio a sostegno di una domanda risarcitoria. Ne consegue che nel giudizio ex art. 2901 c.c. è sufficiente al creditore procedente l’allegazione d’un decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti del preteso debitore per dimostrare la titolarità d’un credito meritevole di tutela, in quanto già esaminato e ritenuto provato in sede monitoria, e la pendenza del giudizio d’opposizione ex art. 645 c.p.c. avverso il detto decreto né osta alla declaratoria d’inefficacia dell’atto pregiudizievole alle ragioni del creditore nè, come pure evidenziato nella stessa sentenza, comporta la sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c.”).
Ciò significa che la definizione del giudizio sull’accertamento del credito non costituisce l’indispensabile antecedente logico-giuridico della pronuncia sulla domanda revocatoria, essendo d’altra parte da escludere l’eventualità di un conflitto di giudicati tra la sentenza che, a tutela dell’allegato credito litigioso, dichiari inefficace l’atto di disposizione e la sentenza negativa sull’esistenza del credito (cfr. Cass. n. 3369 del 5.2.2019: “Il credito litigioso, che trovi fonte in un atto illecito o in un rapporto contrattuale contestato in separato giudizio, è idoneo a determinare l’insorgere della qualità di creditore abilitato all’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria avverso l’atto dispositivo compiuto dal debitore, sicché il relativo giudizio non è soggetto a sospensione necessaria ex art. 295 c.p.c. in rapporto alla pendenza della controversia sul credito da accertare e per la cui conservazione è stata proposta domanda revocatoria, poiché tale accertamento non costituisce l’indispensabile antecedente logico-giuridico della pronuncia sulla domanda revocatoria, né può ipotizzarsi un conflitto di giudicati tra la sentenza che, a tutela dell’allegato credito litigioso, dichiari inefficace l’atto di disposizione e la sentenza negativa sull’esistenza del credito”).
6.3 Nel caso che ci occupa, dunque, l’appello proposto dal signor YYY non ha determinato il venir meno dei presupposti di cui all’art. 2901 c.c. per effetto del consolidato principio “secondo cui la norma ha accolto una nozione lata di credito, comprensiva della ragione o aspettativa, con conseguente irrilevanza dei normali requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità, sicché anche il credito eventuale, nella veste di credito litigioso, è idoneo a determinare – sia che si tratti di un credito di fonte contrattuale oggetto di contestazione in separato giudizio sia che si tratti di credito risarcitorio da fatto illecito – l’insorgere della qualità di creditore che abilita all’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria avverso l’atto di disposizione compiuto dal debitore” (tra le molte conformi, da ultimo, Cass., 3, 22 marzo 2013, n. 5619).
1.2. Il principio si pone in continuità con l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. 18 maggio 2004, n. 9440, ove si afferma come non sia di ostacolo a tale conclusione il disposto dell’art. 295 c.p.c., per il caso di pendenza di controversia avente ad oggetto l’accertamento del credito per la cui conservazione è stata proposta la domanda revocatoria, in quanto la definizione del giudizio sull’accertamento del credito non costituisce l’indispensabile antecedente logico-giuridico della pronuncia sulla domanda revocatoria, essendo d’altra parte da escludere l’eventualità di un conflitto di giudicati tra la sentenza che, a tutela dell’allegato credito litigioso, dichiari inefficace l’atto di disposizione e la sentenza negativa sull’esistenza del credito. In senso conforme, tra le altre, Cass., 3, 10 febbraio 2016, n. 2673; Cass., 3, 14 maggio 2013, n. 11573)” (cfr. Cass. n. 12047 del 06/05/2021).
Pertanto, poiché in conseguenza della decisione di primo grado, nella quale, peraltro, il Tribunale ha preso posizione su tutte le eccezioni procedurali e di merito relative al credito riproposte dai convenuti in questa sede, va sicuramente esclusa la natura manifestamente pretestuosa del credito vantato dalla banca, sussistono i presupposti per affermare che l’attore in data antecedente alla predisposizione del vincolo di destinazione abbia effettivamente maturato un credito rilevante ai fini ed agli effetti di cui all’art. 2901 c.c., indipendentemente dall’esito del giudizio di appello proposto nei confronti della predetta sentenza, in quanto “l’accertamento del giudice della revocatoria ha ad oggetto la mera allegazione del credito, sia pure contestato” (cfr. Cass. n. 3558 del 13/02/2020).
Sul punto appare utile citare anche la seguente pronuncia della Corte di Cassazione, secondo cui “non prospettando, l’esercizio dell’azione revocatoria, l’esecuzione di alcun accertamento (suscettibile di passare in giudicato) sull’esistenza/validità del contratto in forza del quale il creditore abbia fondato la sua legittimazione ad agire, nessun dovere sorgerà, in capo al giudice, di provvedere alla rilevazione e (a fortiori) alla dichiarazione di eventuale nullità contrattuali, trattandosi (al pari dei casi di decisione fondata sulla base dell’individuata ragione “più liquida”) di ipotesi alle quali rimane estranea la conduzione di qualsivoglia esame, neppure incidenter tantum, sul tema della validità del negozio (v., sul punto, Sez. U, Sentenza n. 26242 del 12/12/2014, par. 7.1) (cfr. Cass. n. 28411 del 05/11/2019).
La logicità di tale ricostruzione deriva anche dal fatto che la sentenza dichiarativa dell’inefficacia dell’atto dispositivo nei confronti del creditore, a seguito dell’accoglimento della domanda revocatoria, non costituisce titolo sufficiente per procedere ad esecuzione, essendo a tal fine necessario che il creditore disponga anche di un titolo sull’esistenza del credito, che può procurarsi soltanto nella causa relativa al credito, e non anche in quella concernente esclusivamente la domanda revocatoria.
Ciò significa che l’eventuale accoglimento dell’appello proposto dal YYY nei confronti della predetta sentenza al più impedirà l’esercizio dell’azione esecutiva, rendendo inutile l’azione revocatoria intrapresa dalla banca.
6.4 Con specifico riguardo, poi, alla posizione del fideiussore, i cui atti dispositivi sono assoggettabili al pari di quelli del debitore principale al rimedio de quo, l’acquisto della qualità di debitore nei confronti del creditore risale al momento della nascita stessa del credito e non anche a quello della scadenza dell’obbligazione del debitore principale, sicché è a tale momento che occorre far riferimento al fine di stabilire se l’atto pregiudizievole sia anteriore o successivo al sorgere del credito.
Pertanto, una volta rilasciata la fideiussione a garanzia delle obbligazioni del debitore principale, i successivi atti compiuti dal fideiussore, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti all’azione revocatoria ex art. 2901 c.c., come chiarito dalla Corte di Cassazione, secondo cui “l’azione revocatoria ordinaria presuppone, per la sua esperibilità, la sola esistenza di un debito, e non anche la sua concreta esigibilità, con la conseguenza che, prestata fideiussione in relazione alle future obbligazioni del debitore principale connesse all’apertura di credito regolata in conto corrente, gli atti dispositivi del fideiussore successivi all’apertura di credito ed alla prestazione della fideiussione, se compiuti in pregiudizio delle ragioni del creditore, sono soggetti all’azione revocatoria ai sensi dell’art. 2901 c.c., n. 1, prima parte, in base al solo requisito soggettivo della consapevolezza del fideiussore (e, in caso di atto a titolo oneroso, del terzo) di arrecare pregiudizio alle ragioni del creditore (scientia damni), ed al solo fattore oggettivo dello avvenuto accreditamento giacchè l’insorgenza del credito va apprezzata con riferimento al momento dell’accreditamento e non a quello, eventualmente successivo, dell’effettivo prelievo da parte del debitore principale della somma messa a sua disposizione” (cfr. Cass. n. 10522 del 03/06/2020).
Nel caso di specie la stipulazione dell’atto di destinazione è successiva sia alle varie operazioni poste in essere dal debitore principale che hanno originato il credito maturato dalla banca, sia al momento in cui il signor YYY ha rilasciato le garanzie.
7. L’atto dispositivo lesivo degli interessi del creditore va individuato nel rogito del 27.02.2013 con cui YYY ha costituito e trascritto ai sensi dell’art. 2645 ter c.c. sul suo patrimonio immobiliare un vincolo di destinazione a favore dei figli, Raffaello YYY, nato a e Tiziano YYY, nato a (doc. 12 fascicolo attore e doc).
La Suprema Corte ha riconosciuto la assoggettabilità alla tutela ex art. 2901 c.c. dell’atto di costituzione del vincolo di destinazione ai sensi dell’art. 2645 ter c.c., trattandosi di atto che, anche se non determina la fuoriuscita dei beni dal patrimonio del disponente, comporta tuttavia un effetto di segregazione patrimoniale così da imprimere ai beni una destinazione idonea a sottrarli alla generica garanzia dei creditori. I beni segregati, infatti, per effetto della costituzione del vincolo, possono costituire oggetto di esecuzione esclusivamente per i debiti contratti per la realizzazione del fine di destinazione (cfr. Cass. n. 3697 del 13/02/2020; Cass. n. 29727 del 15/11/2019).
L’atto di destinazione si pone, quindi, quale limitazione della garanzia patrimoniale del debitore sancita dall’art. 2740 c.c., determinando una variazione qualitativa del patrimonio dello stesso e il pericolo di danno costituito dall’eventuale infruttuosità di una futura azione esecutiva da parte del creditore pregiudicato.
Trattasi, inoltre, di un atto a titolo gratuito, come precisato dalla Corte di Cassazione, secondo cui “L’atto di destinazione di un bene alla soddisfazione di determinate esigenze costituisce, di per sè, un atto naturalmente a titolo gratuito, si tratta cioè di un atto che comporta un sacrificio per la parte che lo pone in essere, che non trova contropartita in una attribuzione in favore del disponente, come del resto viene costantemente ritenuto da questa Corte per atti aventi analoga natura e funzione (quali la destinazione di beni ad un fondo patrimoniale, anche qualora effettuata da entrambi i coniugi, o ad un trust, con particolare riguardo al cd. trust familiare; cfr. ad es., ex multis, per il fondo patrimoniale: Cass., Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 29298 del 06/12/2017, Rv. 646785 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 19029 del 08/08/2013, Rv. 627510 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 16760 del 16/07/2010, Rv. 614057 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 2327 del 02/02/2006, Rv. 588393 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 6267 del 23/03/2005, Rv. 580396 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 18065 del 08/09/2004, Rv. 576858 – 01; per il trust: Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 9320 del 04/04/2019, Rv. 653273 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 19376 del 03/08/2017, Rv. 645384 – 03; cfr. altresì, in generale, sulla revocabilità dell’atto di destinazione posto in essere ai sensi dell’art. 2645 ter c.c.: Cass., Sez. 3, Sentenza n. 29727 del 15/11/2019, Rv. 655834 – 01)” (cfr. Cass. n. 3697 del 13/02/2020).
Va poi evidenziato che nel valutare la revocabilità dell’atto non può essere accolta la prospettazione dei convenuti, secondo cui nel bilanciamento dei valori costituzionali coinvolti (tutela della disabilità e conservazione del credito) l’interesse del creditore del disponente dovrebbe essere sacrificato in funzione di altro interesse dotato di particolare rilevanza costituzionale, qual è la tutela di soggetti con disabilità, idoneo ex se a giustificare l’effetto di separazione dell’art. 2645 ter c.c., con conseguente rigetto della domanda revocatoria, in quanto la Corte di Cassazione nella sentenza da ultimo citata, esaminando uno dei motivi di ricorso nei quali la ricorrente aveva dedotto che “essendo stato ritenuto meritevole di tutela l’atto di destinazione dell’immobile pignorato, ai sensi dell’art. 2645 ter c.c., in quanto funzionale alle esigenze dei relativi beneficiari, le medesime esigenze avrebbero dovuto essere considerate prevalenti anche su quelle dei creditori pregiudicati dall’atto”, ha precluso un simile bilanciamento, affermando che “la decisione impugnata è peraltro del tutto conforme a diritto, là dove ha disatteso tale argomentazione, affermando che tra i presupposti dell’azione revocatoria, indicati nell’art. 2901 c.c., non rientra la comparazione tra le esigenze dei beneficiari dell’atto revocando e quelle dei creditori da esso pregiudicati, dovendosi valutare esclusivamente l’oggettiva idoneità dell’atto stesso a rendere più difficile la soddisfazione delle ragioni dei creditori”.
8. Con riferimento al requisito oggettivo, il c.d. eventus damni, parte attrice ha dedotto che gli unici beni rimasti in capo al debitore, rappresentati dal trattamento pensionistico e dall’unico immobile, un garage sito in Rimini, non sarebbero sufficienti a soddisfare il proprio credito.
8.1 I convenuti, viceversa, hanno dedotto che:
– la debitrice principale *** srl dispone tuttora di un patrimonio immobiliare stimato in 270.000,00 euro;
– le ampie residualità patrimoniali del YYY, che è titolare di redditi a titolo di pensione, locazione e libera professione pari ad oltre 120.000,00 euro annui e di una proprietà immobiliare a Rimini non gravata dal vincolo destinatorio, sarebbero del tutto sufficienti a coprire l’intero valore del credito preteso dalla stessa BCC, anche qualora venisse confermata la rideterminazione operata dal Tribunale nella sentenza n. 593/2020;
– parte degli immobili e delle partecipazioni societarie gravati dal vincolo di destinazione sono oggetto di garanzie reali a favore di terzi, o comunque si trovavano in stato di indivisione con la coniuge del YYY, o ancora il vincolo ha riguardato diritti di usufrutto, sicché detti immobili/partecipazioni/diritti reali risulterebbero di difficile realizzazione in sede esecutiva, o comunque di esiguo valore.
8.2 Tali difese, tuttavia, non sono sufficienti per poter escludere che l’atto di disposizione patrimoniale per cui è causa abbia arrecato un pregiudizio per le ragioni del creditore.
Va anzitutto premesso che la verifica dell’eventus damni deve essere compiuta con riferimento esclusivamente alla situazione patrimoniale del convenuto YYY, non potendosi prendere in considerazione il patrimonio del debitore principale *** srl, come chiarito da una recente pronuncia della Corte di Cassazione, secondo cui “in tema di azione revocatoria proposta nei confronti del fideiussore la verifica dell’eventus damni deve essere compiuta con riferimento esclusivamente alla consistenza patrimoniale e alla solvibilità del fideiussore e non a quella del debitore garantito (Cass. 19/10/2006, n. 22465; 22/03/1990 n. 2400)” (cfr. Cass. n. 5120 del 25/02/2020).
Non possono nemmeno essere presi in considerazione i redditi percepiti dal convenuto a titolo di locazione, pari a 15.940,00 euro nell’anno 2013, 18.887 euro nell’anno 2014, 20.575,00 euro nell’anno 2015, 17.366,00 euro nell’anno 2016, 16.281,00 euro nell’anno 2017, 25.941,00 euro nell’anno 2018 e 29.541,00 euro nell’anno 2019 (cfr. Quadro RB Unico PF, doc. da 40 a 46 bis fascicolo convenuto).
Ed infatti, poiché risulta che tutti i beni immobili di proprietà del YYY, ad eccezione del garage di Rimini, sono confluiti nell’atto di destinazione, si deve presumere che tali canoni siano relativi proprio ad immobili che sono stati ricompresi nel vincolo di cui all’art. 2645 ter c.c..
Ciò significa che, trattandosi di frutti maturati da beni vincolati, non possono essere aggrediti dai creditori personali del YYY, in quanto con l’atto in questione i signori YYY e ZZZ si sono impegnati ad “impiegare i beni destinati ed i relativi frutti esclusivamente alla causa destinatoria” tanto che “dovranno distribuire tutti i frutti eventualmente accantonati in favore dei beneficiari della destinazione, potranno concedere in locazione detti beni, riscuotere le pigioni ed i fitti, accantonandoli in modo da non recare confusione con il loro restante patrimonio”.
Sul punto, peraltro, è lo stesso art. 2645 ter c.c. a stabilire che “I beni conferiti e i loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione, salvo quanto previsto dall’articolo 2915, primo comma, solo per debiti contratti per tale scopo”.
8.3 Ciò chiarito, al momento del perfezionamento dell’atto la garanzia patrimoniale del signor YYY era formata dai seguenti beni:
– una pensione di importo mensile netto pari a 4.915 euro, che è già stata pignorata da parte attrice, che mensilmente per effetto del provvedimento del Giudice dell’Esecuzione percepisce la somma di 689,75 (doc. 19 e doc. 49 fascicolo convenuto YYY);
– redditi da lavoro autonomo;
– garage sito in Rimini in via, che è stato stimato dal ctu in euro 29.000 (euro 1.500,00/mq). Il consulente di parte nominato dal convenuto YYY ha segnalato alcuni annunci di box auto situati a poche centinaia di metri dall’immobile oggetto di valutazione, il cui prezzo al metro quadro risulterebbe superiore a quello indicato dal ctu, il quale a tal proposito ha spiegato che la differenza di prezzo dipende dai seguenti fattori: i box indicati dal consulenti di parte si trovano in Via, ossia una stretta via ben più centrale rispetto a quella dove si trova il garage del convenuto, situata a meno di 200 metri dalla centralissima Piazza Cavour, dove le possibilità di parcheggio sono praticamente inesistenti; l’unica offerta di un box in Via era addirittura inferiore ad euro 1.000,00/mq); le condizioni del box auto sono piuttosto infelici, in quanto per accessibilità, finiture ed altezza interna non può considerarsi ottimale.
La valutazione effettuata dal ctu è assolutamente condivisibile, in quanto l’esperto si è basato su dati oggettivi (i valori medi dati dall’OMI), prendendo specifica posizione sulle osservazioni formulate dal consulente del convenuto, al quale ha risposto attraverso precisi riscontri oggettivi e non richiamando argomentazioni meramente ipotetiche o valutative.
8.4 A questo punto va ricordato che, come si evince dall’ordinanza emessa dal Giudice dell’esecuzione il 4.2.2021 il credito vantato dalla banca, per come rideterminato in esito alla sentenza n. 593/2020, ammonta ad euro 151.315,00 a titolo di capitale ed euro 27.726,72 per interessi di mora, sicché anche a voler considerare il debito restitutorio gravante sulla Banca medesima e pari ad euro 14.645,88, relativo alle spese processuali liquidate in favore della BCC con la sentenza n.680/2015 pronunciata dal Tribunale il 21/4/2015 e dichiarata nulla dalla Corte d’Appello dorica con sentenza n.443/2019 del 1/4/2019, il credito ammonta a complessivi 164.396,65 euro (doc. 49 fascicolo convenuto YYY), rispetto ai quali ad oggi parte attrice può beneficiare di un valido titolo esecutivo ex art. 474 comma 1 n. 1 c.p.c..
Tenuto conto della residua disponibilità patrimoniale del signor YYY, va detto che l’atto dispositivo, pur non avendone compromesso totalmente la consistenza patrimoniale, ha determinato un sensibile peggioramento quantitativo del patrimonio che sta comportando una maggiore difficoltà nel soddisfacimento del credito, considerato che:
– i redditi ricavati dal YYY dall’attività libero professionale sono difficilmente aggredibili, in considerazione della maggiore facilità di cessione del denaro che, peraltro, è un bene che notoriamente si sottrae facilmente al controllo ed alle iniziative esecutive del creditore. Inoltre va evidenziato che dalle dichiarazioni dei redditi dell’anno 2020 e dell’anno 2019 non risultano dichiarati redditi da lavoro autonomo (cfr. Quadro RE Rigo RE2 doc. 46 e 46 bis), sicché, anche in considerazione dell’età del convenuto (ad ottobre 2022 compirà 89 anni) si deve presumere che lo stesso non stia più svolgendo la libera professione, che dunque non costituisce più una fonte di guadagno;
– la pignorabilità soltanto di un importo limitato della pensione comporterà l’inevitabile procrastinarsi dei tempi necessari alla soddisfazione del credito;
– il garage di Rimini ha un valore decisamente ridotto. Occorre poi considerare che dall’eventuale vendita di tale bene, peraltro, è ragionevole ritenere che la banca ricaverà un importo inferiore, considerato che generalmente i beni all’asta vengono venduti ad un prezzo significativamente ridotto rispetto a quello effettivo e stimato.
Ciò significa che nel momento in cui è stato disposto il vincolo di destinazione il signor YYY aveva conservato una sua capacità patrimoniale, anche se in considerazione della tipologia dei beni tale garanzia era di rilevanza tale da consentire all’istituto di credito la possibilità di soddisfare il proprio credito soltanto all’esito di un considerevole lasso temporale.
Pertanto, poiché “il presupposto oggettivo dell’azione revocatoria ordinaria (c.d. eventus damni) ricorre, non solo nel caso in cui l’atto dispositivo comprometta totalmente la consistenza patrimoniale del debitore, ma anche quando lo stesso atto determini una variazione quantitativa o anche soltanto qualitativa del patrimonio che comporti una maggiore incertezza o difficoltà nel soddisfacimento del credito” (cfr. Cass. n. 32835 del 09/11/2021), un creditore deve ritenersi pregiudicato anche quando a seguito dell’atto di disposizione compiuto dal debitore sia costretto ad intraprendere procedure maggiormente dispendiose, aleatorie o lunghe.
Appare allora evidente che nel caso che ci occupa sussiste tale presupposto, considerato che la banca per poter recuperare l’importo dovrà intraprendere diverse procedure, una per aggredire il garage di Rimini e l’altra, già azionata, relativa alla pensione, dalla quale tuttavia, tenuto conto dell’importo mensile che le è stato riconosciuto, soltanto tra molti anni potrà ricavare la somma necessaria per soddisfare la propria pretesa, sicché l’operazione oggetto di causa ha reso molto più difficile per l’istituto di credito procedere al recupero del credito,
8.5 Per completezza va evidenziato che analoga conclusione va tratta anche laddove si volesse considerare che, per effetto della transazione intercorso tra la Bcc e l’altro fideiussore, il credito vantato dalla banca ammonti al 50% dell’importo indicato nella sentenza di primo grado, in quanto nonostante l’eventuale riduzione la garanzia patrimoniale dell’obbligato risulterebbe comunque non confacente, avendo riguardo all’entità e alla tipologia dei beni che la compongono, a soddisfare agevolmente, ossia in tempi rapidi, le ragioni creditorie che, come 16 prospettato dallo stesso convenuto YYY (cfr. pagina 7 della comparsa conclusionale), ammonterebbe a 88.157,91 euro a titolo di capitale, importo al quale andrebbero poi sommati gli interessi, ossia una somma considerevole che la banca potrà ottenere soltanto con evidente aggravio di tempi e di procedure.
8.6 Con riferimento, infine, alla tesi difensiva dei convenuti secondo cui non sussisterebbe alcun pregiudizio alle ragioni creditorie in quanto i beni gravati dal vincolo di destinazione sono oggetto di garanzie reali a favore di terzi, o comunque si trovavano in stato di indivisione con la signora ZZZ, sicché risulterebbero di difficile realizzazione in sede esecutiva, va ricordato che l’azione revocatoria ha una finalità cautelare e conservativa del diritto di credito, essendo diretta a conservare nella sua integrità la garanzia generica assicurata al creditore dal patrimonio del debitore ed a ricostituirla in presenza di un atto di disposizione che la pregiudichi, accertandone la sua inefficacia nei confronti del debitore stesso. Pertanto, condizione essenziale della tutela revocatoria in favore del creditore è il pregiudizio alle ragioni dello stesso, per la cui configurabilità, peraltro, non è necessario che sussista un danno concreto ed effettivo, essendo, invece, sufficiente un pericolo di danno derivante dall’atto di disposizione, il quale abbia comportato una modifica della situazione patrimoniale del debitore tale da rendere incerta la esecuzione coattiva del debito o da comprometterne la fruttuosità. Secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità, infatti, “non vale ad escludere l’eventus damni, a carico del creditore agente in sede pauliana, la circostanza che i beni posti a oggetto dell’atto impugnato fossero stati in precedenza ipotecati a favore di un terzo, atteso che l’azione revocatoria ordinaria ha la funzione di ricostituire la garanzia generica assicurata al creditore dal patrimonio del suo debitore, e non la garanzia specifica, con la conseguenza che sussiste l’interesse del creditore, da valutarsi ex ante, e non con riguardo al momento dell’effettiva realizzazione, di far dichiarare inefficace un atto che impedisca o renda maggiormente difficile e incerta l’esazione del suo credito (Sez. 3, Ordinanza n. 13172 del 25/05/2017, Rv. 644304 – 01)” (cfr. Cass. n. 32835 del 09/11/2021); Ciò significa, dunque, che nonostante le limitazioni indicate dai convenuti, parte attrice, attraverso l’ampliamento del patrimonio del convenuto avrebbe comunque maggiori possibilità di soddisfare la propria pretesa, tenuto conto soprattutto dell’elevato numero di beni immobili confluiti nel vincolo di destinazione, alcuni dei quali peraltro non sottoposti ad ipoteca né altre garanzie reali o vincoli e, dunque, liberamente aggredibili.
9. Quanto allo stato soggettivo va ricordato che “la scientia damni, che la norma dell’art. 2901 c.c., comma 1, n. 1, pone in capo al debitore che l’atto compie, si atteggia propriamente come semplice, “mera conoscenza” delle conseguenze negative che – in punto di concreto soddisfacimento del diritto del credito – l’atto medesimo è in grado di produrre (Cass., n. 17418/2007; (Cass., 7 marzo 2005, n. 4933; Cass., 3 marzo 2009, n. 5072; Cass., 17 maggio 2010, n. 12045)” (cfr. Cass. n. 9192 del 02/04/2021).
Ebbene nel caso di specie vanno valorizzati i seguenti elementi:
– il YYY ha rilasciato le garanzie nel 2005 e nel 2009;
– il 3.4.2012 il convenuto aveva autorizzato la Banca creditrice ad escutere un pegno di 50.000,00 euro concesso a garanzia del debito della *** srl ed aveva chiesto una moratoria di 180 per vendere un immobile così da reperire la liquidità necessaria per la chiusura definitiva del contenzioso (doc. 7 fascicolo parte attrice);
– il 19.4.2012 la banca aveva comunicato alla società debitrice principale ed ai fideiussori di rinnovare l’apertura di credito sul c/c ipotecario per la somma di 230.000,00 euro fino al 31.12.2012 e di concedere la sospensione del pagamento della quota capitale sul mutuo ipotecario per la durata di sei mesi (doc. 8 fascicolo parte attrice);
– alla scadenza dei sei mesi di sospensione dei termini la banca, mediante missiva del 7.11.2012, aveva diffidato formalmente la società ed i fideiussori ad adempiere ai pagamenti scaduti (doc. 9 fascicolo parte attrice);
– il 20.11.2012 il legale del signor YYY aveva riscontrato la diffida, chiedendo di poter avere a disposizione le fideiussioni dallo stesso sottoscritte (doc. 10 fascicolo parte attrice); – il giorno successivo la banca aveva rimesso la fideiussione (doc. 11 fascicolo parte attrice);
– l’atto di destinazione oggetto di causa è stato predisposto il 22.02.2013 (doc. 12 fascicolo parte attrice).
Ciò significa, pertanto, che l’atto è stato posto in essere proprio mentre erano in corso le trattative tra i legali delle parti per il pagamento dilazionato della esposizione della società garantita, quando, peraltro, come si evince dalla numerosa certificazione medica prodotta dai convenuti, il signor YYY già da tempo aveva piena ed effettiva consapevolezza delle difficili condizioni di salute dei propri figli.
Infine va considerato che il convenuto ha conferito nel vincolo di destinazione pressoché tutto il proprio patrimonio. Sul punto la Cassazione ha ritenuto che “in tema di azione revocatoria ordinaria, nel caso in cui il debitore disponga del suo patrimonio mediante vendita contestuale di una pluralità di beni, devono ritenersi “in re ipsa” l’esistenza e la consapevolezza (sua e dei terzi acquirenti) del pregiudizio patrimoniale che tali atti arrecano alle ragioni del creditore, ai fini dell’esercizio da parte di quest’ultimo dell’azione pauliana (…)” (cfr. Cass. n. 18034 del 2013).
La peculiare dimensione temporale dell’operazione oggetto dell’odierna revocatoria ed il conferimento nel vincolo di destinazione della quasi totalità del patrimonio del signor YYY consentono dunque di poter affermare che il convenuto era consapevole del pregiudizio che tale atto avrebbe arrecato alle ragioni dei propri creditori, in quanto avrebbe reso loro particolarmente complesso la possibilità di soddisfare i propri crediti.
10. Con riferimento, invece, alla posizione della signora ZZZ, attesa la gratuità dell’atto impugnato, l’azione revocatoria non contempla tra i suoi requisiti di ammissibilità che il pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore sia conosciuto, oltre che dal debitore, anche dal terzo, trattandosi quest’ultimo di requisito richiesto soltanto per la diversa ipotesi di revocatoria degli atti a titolo oneroso, tanto che la Corte di Cassazione, soffermandosi sul fondo patrimoniale, ovvero un istituto che produce effetti analoghi a quelli di cui all’art. 2645 ter c.c., ha affermato che “sotto il profilo dell’elemento soggettivo è sufficiente la mera consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi del creditore (scientia damni), la cui prova può essere fornita anche tramite presunzioni, senza che assumano, viceversa, rilevanza l’intenzione del debitore medesimo di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore (consilium fraudis), né la relativa conoscenza o partecipazione da parte del terzo (Cass. 17/01/2007, n. 966; v. anche Cass. Cass. n. 12975 del 2020, cit.; 07/07/2007, n. 15310; 29/07/2004, n. 14489;
26/02/2002, n. 2792; 01/06/2000, n. 7262)” (cfr. Cass. n. 41770 del 28/12/2021).
11. La domanda principale va pertanto accolta con conseguente assorbimento della domanda subordinata.
Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate ai sensi del D.M. n. 55/2014 in complessivi euro 13.430,00, tenuto conto del valore della causa che, ai sensi dell’art. 5 del predetto D.M., deve essere determinato in base al credito vantato dall’attore a tutela del quale viene proposta l’azione revocatoria.
Anche le spese di ctu, liquidate con separato decreto, seguono la soccombenza.
Da ultimo va rilevato che parte attrice nella comparsa conclusionale ha prodotto documentazione che avrebbe potuto agevolmente depositare con le barriere preclusive.
Non sussistono, tuttavia, i presupposti per una condanna al rimborso delle spese che sono state causate ai convenuti, considerato che tale comportamento non ha realizzato un vero e proprio abuso del dovere di correttezza processuale, ma si è tradotto in un’attività processuale che per la sua tardività risulta palesemente inammissibile, valutazione che peraltro il Tribunale avrebbe agevolmente compiuto d’ufficio.
P.Q.M.
Il Tribunale di Ancona, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, così provvede:
dichiara inefficace nei confronti della Banca di Credito Cooperativo XXX, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2901 c.c., il negozio di destinazione stipulato ex art. 2645 ter c.c. da YYY e ZZZ tramite l’atto del notaio del 22.02.2013, trascritto presso la conservatoria dei Registri Immobiliari di in data 27.02.2013 al R.Gen. n., R. part.; condanna i convenuti YYY e ZZZ, in solido tra loro, a corrispondere alla Banca di Credito Cooperativo XXX, a titolo di spese di lite, l’importo di euro 13.430,00 per compenso professionale, oltre rimborso forfetario per spese generali ed accessori come per legge.
Si comunichi.
Ancona, 07.01.2022.
Il Giudice
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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