L’art.262 c.c., in tema di figlio nato fuori dal matrimonio, dispone che:
Il figlio assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio assume il cognome del padre.
Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata, o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio può assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre.
Se la filiazione nei confronti del genitore è stata accertata o riconosciuta successivamente all’attribuzione del cognome da parte dell’ufficiale dello stato civile, si applica il primo e il secondo comma del presente articolo; il figlio può mantenere il cognome precedentemente attribuitogli, ove tale cognome sia divenuto autonomo segno della sua identità personale, aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo al cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto o al cognome dei genitori in caso di riconoscimento da parte di entrambi.
Nel caso di minore età del figlio, il giudice decide circa l’assunzione del cognome del genitore, previo ascolto del figlio minore, che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento.
La Corte Costituzionale, con la sentenza n.131 del 2002. si è pronunciata in relazione alla fattispecie disciplinata dal primo comma dell’art.262 c.c., riguardante il riconoscimento del figlio effettuato contemporaneamente dai genitori non coniugati, e ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 262, primo comma, del codice civile, nella parte in cui prevede, con riguardo all’ipotesi del riconoscimento effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori, che il figlio assume il cognome del padre, anziché prevedere che il figlio assume i cognomi dei genitori, nell’ordine dai medesimi concordato, fatto salvo l’accordo, al momento del riconoscimento, per attribuire il cognome di uno di loro soltanto, ed ha esteso la declaratoria di illegittimità costituzionale alle norme strettamente conseguenziali, specificamente indicate nella sentenza.
Nel caso esaminato, la Corte di appello aveva ritenuto erroneamente di applicare i principi espressi dalla Corte costituzionale alla fattispecie in esame, del tutto diversa, ricadente nell’ambito applicativo dell’art. 262, secondo, terzo e quarto comma, c.c., ed aveva esorbitato dall’ambito di efficacia della sentenza di parziale illegittimità costituzionale, riguardante il primo comma dell’art. 262 c.c.
Invero, nell’ipotesi disciplina dai commi secondo, terzo e quarto dell’art. 262 c.c., nel presupposto che il diritto al nome costituisce uno dei diritti fondamentali di ciascun individuo, avente copertura costituzionale assoluta, la individuazione del cognome che il minore va ad assumere non è connotata da automatismo, ma è rimessa al prudente apprezzamento del giudice che deve avere riguardo al modo più conveniente di individuazione per il minore, in relazione all’ambiente in cui è cresciuto fino al momento del riconoscimento da parte del padre, prescindendo, anche a tutela dell’eguaglianza fra i genitori, da qualsiasi meccanismo di automatica attribuzione del cognome (Cass. n. 12641/2006; Cass. n. 12983/2009).
Ed invero, come risulta dalla lettera dell’art. 262, secondo comma, c.c., a seguito della dichiarazione giudiziale di paternità, il figlio “può” assumere il cognome del padre aggiungendolo o sostituendolo a quello della madre; la norma in esame “prospettando in termini di mera eventualità l’assunzione del cognome paterno in caso di riconoscimento o accertamento della filiazione nei confronti del padre successivamente al riconoscimento da parte della madre, esclude la configurabilità di tale vicenda come effetto automatico del riconoscimento o della dichiarazione giudiziale di paternità, cui si collega, ove il figlio nato fuori dal matrimonio sia maggiorenne, una facoltà discrezionale, cui corrisponde una situazione di soggezione del genitore” (Cass. n. 19734/2015).
Nel caso del minore, la disposizione dettata dall’art. 262, quarto comma, c.c. demanda al giudice la decisione relativa all’assunzione del cognome del genitore, trattandosi di un potere la cui attribuzione trova la sua giustificazione nel difetto di capacità del minore, al quale peraltro è riconosciuto (nella formulazione di tale disposizione, introdotta dal D.Lgs. n. 154/2013) il diritto di essere ascoltato, qualora abbia compiuto dodici anni o anche se sia in età inferiore, a condizione in quest’ultimo caso che risulti capace di discernimento.
La valutazione, ampiamente discrezionale, attiene al giudizio di merito, ma, nel caso in esame, la Corte di appello si era astenuta da qualsiasi valutazione ed ha applicato impropriamente il criterio automatico previsto per il caso del figlio riconosciuto alla nascita da entrambi i genitori non coniugati, in assenza di differente accordo, come formulato dalla Corte Costituzionale.
In questo modo, la Corte di merito, nonostante si vertesse in un caso di decisione giudiziale, aveva svuotato di contenuto le disposizioni proprie, applicabili alla fattispecie in esame, non ha compiuto alcuna valutazione dell’interesse del minore e neppure aveva preso in seria considerazione la preferenza da questi espressa, che – anche se non vincolante – era, comunque, uno degli elementi da apprezzare, congiuntamente ed in relazione agli altri indici significativi (contesto e relazioni sociali, situazione familiare allargata per la presenza di fratelli di discendenza paterna, ed altro), a quanto segnalato o espresso dalla madre, che, per suo cognome al discendente, e a quanto dedotto dal padre, al fine di individuare la scelta maggiormente consona all’interesse del minore.
Invero, il giudice deve prescindere da ogni automatismo, deve avere riguardo unicamente all’interesse del figlio, e, in particolare, deve ben tutelare il diritto all’identità personale (Cass. n. 772/2020; Cass. n.12640/2015; Cass. n. 26062/2014).
Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile, Ordinanza n. 15654 del 5 giugno 2024
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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