REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Rimini, in composizione
monocratica, in persona del Giudice Dott. , ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 753/2021 pubblicata il 09/08/2021
nella causa iscritta al n. 1784 del Ruolo generale degli affari contenziosi civili dell’anno 2016 e promossa
da
XXX (C.F.), personalmente e nella qualità di erede di ***, rappresentata e difesa dall’avv.;
YYY (C.F.), in proprio e nella qualità di erede di ***, rappresentata e difesa dall’;
ATTORI
Contro
ZZZ CREDITO COOPERATIVO (C.F.), rappresentata e difesa dall’avv.;
CONVENUTA
JJJ SPV SRL (C.F.), rappresentata e difesa dall’avv.;
INTERVENUTA
CONCLUSIONI:
PER PARTE ATTRICE, come da atto di citazione;
PER PARTE CONVENUTA, come da comparsa di costituzione nel giudizio riassunto;
OGGETTO: ALTRI CONTRATTI BANCARI
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con atto di citazione ritualmente notificato
***, XXX e
YYY adivano il Tribunale di Rimini in opposizione al decreto ingiuntivo n. 62/2016 emesso dallo stesso Tribunale in data 18.1.2016 con cui veniva loro ingiunto il pagamento, in qualità di eredi con beneficio di inventario di *** (nonché in relazione alla *** nella qualità di fideiussore di *** fino a concorrenza della somma di euro 240.000,00), in favore di ZZZ Credito Cooperativo Società Cooperativa della somma di euro 231.683,52, oltre interessi e spese, a titolo di saldo negativo di rapporto di conto corrente n..
Allegava, in particolare, parte opponente che:
– La Banca aveva violato obblighi di
informazione e buona fede, con conseguente liberazione del fideiussore a norma dell’art. 1956 c.c.;
– La banca era incorsa nella decadenza di cui all’art. 1957 c.c.;
– la banca aveva applicato un illegittimo regime di capitalizzazione degli interessi passivi;
– la banca aveva addebitato interessi usurari nonché commissioni di massimo scoperto fondate su una clausola priva del requisito della determinatezza;
– la banca aveva illegittimamente compensato alcune rimesse operate in conto corrente successivamente al 26.4.2014;
– non era corretta la determinazione degli interessi richiesti dalla banca in sede monitoria.
Si costituiva in giudizio parte convenuta la quale chiedeva il rigetto dell’opposizione in quanto infondata.
In data 13.3.2018 interveniva in giudizio JJJ SPV S.r.l. ex art. 111 c.p.c., tramite la mandataria *** S.p.a., a titolo di cessionaria del credito oggetto di causa, riportandosi alle difese già svolte da parte convenuta opposta.
In data 10.12.2020 veniva dichiarata l’interruzione del processo per l’intervenuto decesso di ***.
In data 26.2.2021 il processo veniva riassunto da XXX e YYY, anche nella qualità di eredi con beneficio di inventario di ***.
All’udienza del 21.4.2021 parte opponente eccepiva la nullità della fideiussione oggetto di causa per violazione della disciplina di cui alla L. n. 287 del 1990 in quanto contratto stipulato “a valle” di una intesa anticoncorrenziale. Alla stessa udienza le parti precisavano le conclusioni ed il Giudice tratteneva la causa in decisione.
***
La domanda è in parte fondata e va pertanto accolta per quanto di ragione.
1. Sull’eccezione di carenza di titolarità attiva in capo a JJJ SPV S.r.l.
Va preliminarmente presa in esame l’eccezione di carenza di titolarità attiva di JJJ SPV S.r.l. sollevata da parte opponente nella comparsa conclusionale.
Tale profilo può essere oggetto di accertamento giudiziale in quanto l’eccezione di carenza di titolarità attiva è rilevabile d’ufficio dal Giudice (vedi, sul punto, Cass. S.U. n. 2951 del 2016, la quale ha ritenuto che “la carenza di titolarità, attiva o passiva, del rapporto controverso è rilevabile di ufficio dal giudice se risultante dagli atti di causa”).
Nel merito va chiarito che, in linea generale, l’avvenuta pubblicazione in gazzetta dell’avviso di cessione ex art. 58 TUB non esonera la parte che afferma di essere titolare del credito dalla prova della cessione e del suo contenuto (così da dimostrare che oggetto della cessione sia proprio il credito di cui viene prospettata la titolarità).
Su questa linea si pone peraltro la giurisprudenza di legittimità, la quale ha affermato che “una cosa è l’avviso della cessione – necessario ai fini della efficacia della cessione -, un’altra la prova della esistenza di un contratto di cessione e del suo specifico contenuto. La questione si sposta allora, in ultima analisi, sulla valutazione probatoria, valutazione che è riservata al giudice di merito” (Cass. 22268 del 2018).
Ciò posto, in assenza di specifici limiti positivi alla prova in giudizio del contratto di cessione di credito (per cui il legislatore non prevede obblighi di forma ad substantiam o ad probationem), deve affermarsi l’astratta possibilità di ritenere provati l’esistenza ed il contenuto della cessione sulla base di elementi presuntivi, pur in assenza della produzione del contratto di cessione eventualmente stipulato in forma scritta.
Sempre su un piano teorico, non può escludersi che tale prova indiziaria possa essere desunta dal contenuto dell’avviso pubblicato in gazzetta ex art. 58 TUB, laddove sufficientemente specifico anche in relazione all’individuazione dei crediti oggetto della cessione. In questa prospettiva, ritiene il Tribunale che possa essere sufficiente a ritenere provato il trasferimento del credito un avviso di cessione che espliciti in modo specifico e dettagliato i criteri identificativi dei crediti ceduti, così da consentire la formulazione di un giudizio di verosimiglianza circa l’esistenza di una vicenda traslativa dei crediti che riguardi specifiche posizioni debitorie.
In applicazione di tali principi al caso di specie, può ritenersi che tale prova non sia raggiunta.
Emerge, infatti, dalla documentazione prodotta da ***, quale mandataria di JJJ, come il contenuto dell’avviso di cessione pubblicato in Gazzetta Ufficiale a norma dell’art. 58 TUB sia generico laddove individua i crediti ceduti esclusivamente nei crediti derivanti da finanziamenti e crediti di firma sorti nel periodo tra il 1987 ed il 2016. Nel corpo dell’avviso di cessione si fa riferimento ad un “elenco” dei crediti ceduti, che tuttavia non è prodotto in causa dalla parte interveniente.
La genericità del contenuto dell’avviso non contente di formulare un giudizio di verosimiglianza circa l’inclusione del credito oggetto di causa tra quelli oggetto della cessione e pertanto la domanda proposta in giudizio dalla interveniente JJJ SPV S.r.l., e per essa della mandataria *** S.p.a., va rigettata in quanto non è provata la titolarità attiva del credito sulla base del quale l’intervento viene effettuato.
2. Sulle censure relative al rapporto di fideiussione.
Va in primo luogo presa in considerazione l’eccezione sollevata da parte opponente relativa alla violazione degli obblighi di informazione e di buona fede da parte della banca, anche ai fini della liberazione del fideiussore *** dall’obbligazione di garanzia a norma dell’art. 1956 c.c.
In relazione alla posizione di tutte opponenti, viene rilevato come la lettera di revoca dei rapporti e messa in mora diretta alle attrici (datata 4.12.2015, vedi doc. 5 allegato alla comparsa di costituzione e risposta) non potesse assurgere a valida messa in mora in quanto non era concesso da parte della banca un congruo termine per l’adempimento e non erano specificamente indicati i rapporti ai quali era riferita l’esposizione debitoria.
Ritiene il Tribunale che l’eccezione, sotto questo profilo, non possa essere accolta. Quanto alla brevità del termine assegnato da ZZZ per l’adempimento (1 giorno), a prescindere dalla circostanza che tale condotta sia conforme o meno a quanto previsto nei contratti costitutivi dei rapporti di conto corrente ed affidamento, è dirimente la considerazione per cui l’eventuale illegittimità del termine assegnato (in quanto eccessivamente breve) non avrebbe come conseguenza quella di ritenere inefficace la revoca degli affidamenti e la contestuale messa in mora, bensì influirebbe soltanto nella valutazione di tempestività, rispetto a tale termine, dell’eventuale pagamento operato dai debitori. Nel caso di specie non risulta che le opponenti abbiano adempiuto all’obbligazione di pagamento, né che abbiano (pur tardivamente rispetto al termine assegnato dalla banca) intrapreso trattative per la definizione bonaria della controversia. La censura, pertanto, si fonda sul mero dato formale della ridotta entità del termine assegnato, dovendosi ritenere (alla luce della condotta delle debitrici) che anche laddove la banca avesse assegnato un termine più congruo non vi sarebbero state conseguenze sul piano dell’adempimento dell’obbligazione.
Neanche meritevole di accoglimento è la censura mossa da parte opponente relativamente alla prospettata genericità del riferimento, contenuto nella lettera di messa in mora, ai rapporti azionati dalla banca. Ritiene infatti il Tribunale che sia sufficiente l’indicazione, nella missiva con cui il debitore viene costituito in mora, del numero del rapporto di conto corrente sul quale è maturata l’esposizione debitoria, ferma restando la possibilità del debitore di esercitare il proprio diritto alla consegna di documentazione inerente al rapporto da parte della banca, sulla base della quale analizzare la composizione analitica e la legittimità della pretesa azionata dalla banca.
Con riferimento alla prospettata liberazione del fideiussore a norma dell’art. 1956 c.c., l’eccezione non può essere accolta. L’art. 1956 c.c. prevede che “il fideiussore per un’obbligazione futura è liberato se il creditore, senza speciale autorizzazione del fideiussore, ha fatto credito al terzo, pur conoscendo che le condizioni patrimoniali di questo erano divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito”.
Nel caso di specie il rigetto dell’eccezione si impone per la genericità della formulazione della stessa in relazione all’elemento di fattispecie costituito dalla circostanza che le condizioni patrimoniali del debitore fossero “divenute tali da rendere notevolmente più difficile il soddisfacimento del credito”. Sul punto parte opponente non spiega specifiche argomentazioni, anche in relazione alle fonti di prova di tale presupposto, motivo per cui l’eccezione non può essere accolta.
Con riferimento all’eccezione fondata sull’art. 1957 c.c., la stessa non può essere accolta in quanto nella fideiussione era espressamente prevista una deroga alle decadenze previste dalla norma.
Quanto alla nullità della fideiussione in quanto stipulata “a valle” di una intesa anticoncorrenziale, l’eccezione, pur non inammissibile (anche se sollevata per la prima volta nella memoria conclusionale) in quanto avente ad oggetto una invalidità rilevabile d’ufficio, non può essere accolta in quanto non risulta documentalmente provata l’intesa anticoncorrenziale “a monte” che, nella prospettazione della parte, costituisce presupposto dell’invalidità “a valle” della fideiussione prestata dalla opponente.
3. Sull’anatocismo.
L’eccezione svolta da parte attrice in relazione all’illegittimità del regime di capitalizzazione degli interessi passivi applicato dalla banca non è fondata.
Le argomentazioni attoree, sul punto, non possono essere condivise in quanto nel contratto di apertura di credito in conto corrente del 30.7.2002 è previsto un regime di pari capitalizzazione trimestrale di interessi attivi e passivi (vedi doc. 22 di parte convenuta opposta) conformemente alla disciplina ratione temporis vigente in materia, di cui alla delibera CICR del 9.2.2000 (richiamata dall’art. 120 T.U.B.), il cui articolo 2 prevede che “nel conto corrente l’accredito e l’addebito degli interessi avviene sulla base dei tassi e con le periodicità contrattualmente stabiliti. Il saldo periodico produce interessi second0 le medesime modalità” (comma 1). Inoltre, sempre all’art. 2 si prevede che “nell’ambito di ogni singolo conto corrente deve essere stabilita la stessa periodicità nel conteggio degli interessi creditori e debitori” (comma 2). Non vi sono pertanto profili di invalidità relativi alla pattuizione del regime di capitalizzazione degli interessi nel contratto di apertura di credito di cui è causa.
4. Sull’usura.
L’eccezione di usurarietà degli interessi sollevata da parte opponente in relazione al rapporto di conto corrente affidato non è meritevole di accoglimento in quanto solo genericamente formulata, senza specificazione né dei criteri utilizzati per la determinazione del TEG contrattuale né della soglia dell’usura rilevante al momento della pattuizione, la quale non viene neanche fatta oggetto di allegazione.
Parte opponente eccepisce inoltre l’usurarietà degli interessi in relazione al contratto di mutuo fondiario del 26.6.2008. Anche tale eccezione non è fondata, in quanto solo genericamente prospettata, senza indicazione specifica dei criteri di determinazione del TEG contrattuale ai fini della valutazione di usurarietà.
5. Sulla commissione di massimo scoperto.
Va rilevata l’indeterminatezza della pattuizione della c.d. commissione di massimo scoperto contenuta nel contratto di apertura di conto corrente del 30.07.2002 (vedi doc. 22 di parte convenuta) fino alla pattuizione del 31.12.2003 (vedi doc. 25 di parte convenuta).
Al riguardo, infatti, la giurisprudenza ha ritenuto che affinché possa dirsi rispettato il requisito di determinatezza o determinabilità dell’oggetto del contratto previsto dall’art. 1346 c.c., è necessario che siano specificati nel contratto tutti gli elementi indispensabili alla determinazione del “peso economico” della stessa nella regolamentazione pattizia. È pertanto indispensabile che la clausola indichi, oltre al tasso percentuale della commissione, anche la base di calcolo della stessa, nonché i criteri e la periodicità del relativo calcolo (vedi, tra le tante, Trib. Piacenza 12.4.2011, Trib. Palermo 22.3.2017; Trib. Taranto 11.7.2016).
Nel caso di specie, la clausola inserita nel contratto del 30.07.2002 non rispetta tali requisiti, in quanto si limita ad indicare il tasso percentuale senza ulteriori specificazioni. Essa risulta quindi illegittimamente pattuita e i relativi addebiti dovranno essere espunti nell’operazione di ricalcolo del saldo di conto corrente.
Diversamente, in data 31.12.2003 risulta pattuita una commissione di massimo scoperto sufficientemente determinata, in quanto viene indicato non solo il tasso praticato, ma anche i criteri di determinazione della base di calcolo su cui tale coefficiente viene applicato.
Pertanto, a partire da tale data la pattuizione della commissione di massimo scoperto è da ritenere valida e non dovrà operarsi alcuno scomputo della stessa nell’operazione di determinazione del saldo.
6. Sulle censure relative al contratto di mutuo fondiario del 26.6.2008.
Parte opponente, in sede di prima memoria ex art. 183, comma 6 c.p.c. eccepiva l’usurarietà degli interessi in relazione al contratto di mutuo fondiario del 26.6.2008. Anche tale eccezione non è fondata, in quanto l’allegazione di parte (anche a voler ritenere ammissibile un’integrazione “tecnica” della stessa mediante rinvio ad una consulenza di parte), muove da un’erronea individuazione del tasso soglia rilevante ai fini della valutazione di usurarietà. Non viene infatti preso in considerazione la maggiorazione del TEGM relativa al tasso di interesse moratorio, presente nel D.M. di rilevazione dei tassi medi ratione temporis vigente, contrariamente ai principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità a Sezioni Unite (vedi Cass. S.U. n. 19597 del 2020). L’eccezione non può, pertanto, trovare accoglimento e qualsiasi attività istruttoria espletata sul punto (come un’eventuale consulenza tecnica d’ufficio) avrebbe avuto connotazione meramente esplorativa.
Parte attrice eccepiva inoltre la nullità del contratto di mutuo fondiario “per l’applicazione di un TAEG superiore a ISC” (vedi pag. 2 della prima memoria ex art. 183, comma 6, c.p.c.).
L’eccezione è priva di fondamento in quanto contraddittoria, atteso che il TAEG e l’ISC costituiscono indicatori di una medesima grandezza, vale a dire il costo complessivo del finanziamento, non riscontrandosi pertanto coerenza logica nell’eccezione sollevata dalla parte.
Anche qualora si volesse intendere l’eccezione nel senso che la stessa si riferisce alla mancata coincidenza tra tasso di interesse contrattuale applicato e ISC/TAEG, la stessa non potrebbe comunque trovare accoglimento.
Al riguardo deve ritenersi che la regolamentazione positiva in tema di nullità delle pattuizioni di interessi e oneri delineata dall’art. 117 T.U.B. per i contratti diversi da quelli di cui è parte un consumatore non detta una disciplina specifica in relazione al caso in cui il TAEG/ISC indicato dalla banca sia difforme da quello effettivo (in quanto, ad esempio, non vengono considerate in esso alcune voci di costo che diversamente vi avrebbero dovuto trovare inclusione secondo quanto stabilito dall’art. 121 T.U.B.). Diversamente, in tema di contratti bancari conclusi da un consumatore, l’art. 125 T.U.B. espressamente prevede che “sono nulle le clausole del contratto relative a costi a carico del consumatore che, contrariamente a quanto previsto ai sensi dell’articolo 121, comma 1, lettera e), non sono stati inclusi o sono stati inclusi in modo non corretto nel TAEG pubblicizzato nella documentazione predisposta secondo quanto previsto dall’articolo 124”.
A fronte di tale differente regolamentazione normativa ritiene il Tribunale che non vi sia spazio, nei contratti in cui non è parte un consumatore, per ammettere l’operatività di un regime analogo a quello previsto dall’art. 125 T.U.B., atteso che diversamente il legislatore avrebbe espressamente previsto un simile regime anche con riferimento a tali vicende contrattuali. Ciò è tanto più vero sol che si consideri che le disposizioni di cui all’art. 117 e 125 T.U.B. sono inserite in un corpus unitario ed organico di norme con cui il legislatore intende disciplinare una determinata categoria di contratti, aspirando ad una regolamentazione sistematicamente coerente. Deve pertanto ritenersi che in assenza di una specifica previsione di nullità nel caso di erronea indicazione del TAEG/ISC nei contratti tra “parti eguali” il Legislatore abbia inteso escludere che in tali fattispecie possa configurarsi un’ipotesi di invalidità negoziale.
Tale conclusione si spiega inoltre alla luce della funzione meramente informativa dell’indicazione del TAEG/ISC nei contratti di finanziamento, atteso che con tale determinazione viene semplicemente offerta una “sintesi” di pattuizioni di interessi, spese ed oneri che già devono essere compiutamente ed autonomamente oggetto di pattuizioni contrattuali (e la cui validità, dunque, deve essere apprezzata separatamente in relazione ad ognuna).
È peraltro coerente con la ratio che ispira la disciplina dei contratti con “parte debole” (in cui il legislatore tende a compensare normativamente lo “squilibrio informativo” esistente tra le parti) la previsione espressa di nullità (nell’art. 125 T.U.B.) in caso di violazione di disposizioni (quali l’art. 121 T.U.B. nella misura in cui indica le voci che devono comporre il TAEG) finalizzate a rendere edotto il cliente in maniera più esaustiva ed affidabile possibile circa il concreto peso economico della contrattazione a cui lo stesso si accinge. Nessuna irragionevolezza, pertanto, vi è nella previsione di un diverso regime di validità dell’erronea indicazione del TAEG/ISC nei contratti “tra eguali” e “del consumatore”.
In tal senso si è espressa peraltro la giurisprudenza di merito, la quale ha ritenuto che “l’ISC non determina alcuna condizione economica direttamente applicabile al contratto, ma assolve unicamente una funzione informativa di trasparenza, consentendo al cliente di conoscere preventivamente il costo complessivo del finanziamento. Di talché la erronea indicazione dell’ISC/TAEG non determina una maggiore onerosità del finanziamento, ma solo un’erronea interpretazione del suo costo complessivo. l’errata previsione, nel contratto o nel documento di sintesi, di un TAEG /ISC inferiore a quello effettivo, in quanto non calcolato secondo le Istruzioni e le Direttive della Banca d’Italia, non comporta la sanzione della nullità di cui al citato art. 117, comma 6, TUB, né risulta applicabile il successivo comma 7, che individua un tasso sostitutivo o l’applicazione del minor prezzo pubblicizzato per l’ipotesi, diversa da quella in esame, in cui difetti o siano nulle le clausole relative ad interessi, prezzi o condizioni” (Tribunale Roma, Sez. XVII, Sent. 20.2.2019).
Per tali motivi non possono trovare accoglimento le eccezioni svolte da parte opponente in relazione al contratto di mutuo fondiario.
7. Conclusioni anche alla luce delle risultanze peritali.
In applicazione dei criteri sopra esposti in relazione al ricalcolo del saldo del conto corrente di cui è causa, lo stesso va effettuato depurando il conto dagli addebiti a titolo di commissione di massimo scoperto dal 30.7.2002 al 31.12.2003 (nonché degli effetti di tali addebiti sullo sviluppo del rapporto).
Va condiviso l’esito raggiunto dal CTU, come specificato a pag. 18 della relazione, in cui si determina il saldo del rapporto, a seguito del ricalcolo, in euro 288.590,30 a credito della banca alla data del 18.12.2015 (data dell’ultimo estratto conto prodotto nel presente giudizio di opposizione).
Ciò posto, va rilevato come in sede monitoria parte opposta abbia azionato un credito vantato nei confronti degli opponenti ad una data diversa rispetto a quella a cui si riferisce l’ultimo estratto conto prodotto nella presente sede processuale. In particolare, viene azionato il saldo di conto corrente esistente al 30.9.2014, data a cui fa riferimento l’ultimo estratto conto prodotto in sede di giudizio monitorio.
Tale delimitazione dell’arco temporale del rapporto azionato dalla banca va ritenuta legittima in quanto pienamente conforme alla facoltà dell’istituto di credito di azionare una pretesa parametrata sul saldo negativo del conto ad una certa data (salva la prova da parte del creditore che in una data successiva l’esposizione debitoria si sia ridotta), pertanto nella rideterminazione del credito va presa in considerazione la data del 30.9.2014. Rileva quindi quanto affermato dal CTU all’udienza del 8.7.2020. In quella occasione il Consulente chiariva, sulla base degli esiti della consulenza, che il saldo del conto corrente n. 00510651, alla data del 30.9.2014, andava rideterminato in euro 246.078,50 a credito di parte opposta.
Con riferimento agli interessi, indicati nel decreto ingiuntivo mediante un riferimento al contenuto del ricorso, ritiene il Tribunale che il decreto opposto debba essere confermato. In primo luogo, l’individuazione del 30.9.14 come data di riferimento per la determinazione del saldo non risulta illegittima in quanto è facoltà della banca parametrare la domanda sulla base di un credito vantato nei confronti del correntista ad una determinata data, anche anteriore alla chiusura del rapporto.
Inoltre, con riferimento al tasso di interesse, va condivisa l’argomentazione svolta dalla banca a pag. 25 della comparsa di costituzione e risposta, in cui si dà atto che la banca ha domandato la corresponsione di un tasso di interesse sulle somme dovute al 30.9.2014 inferiore a quello effettivamente dovuto sulla base del contratto di cui è causa. Tali conteggi, peraltro, non risultano specificamente contestati dagli opponenti.
Ciò posto, deve rilevarsi come il credito vantato dalla banca opposta, pur a seguito del ricalcolo, sia superiore a quello confluito nel decreto ingiuntivo, motivo per cui lo stesso va confermato e dichiarato esecutivo in quanto è nella facoltà del creditore azionare il proprio credito per un ammontare inferiore a quello dovuto (salvi eventuali profili di abusività della successiva domanda avente ad oggetto la rimanente parte del credito, da accertarsi eventualmente nell’ambito di tale futuro ed eventuale giudizio).
8. Sulle spese di lite.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno poste a carico di parte opponente, comprese quelle di CTU, liquidate con separato provvedimento.
Nei rapporti tra parte opponente e parte intervenuta, le spese vanno poste a carico di quest’ultima, tenendo conto delle sole fasi processuali successive all’intervento (valori minimi, della fase “istruttoria/trattazione”, valori medi della fase “decisionale”).
P.Q.M.
Il Tribunale di Rimini, definitivamente pronunciando sulle domande proposte da XXX contro YYY, in proprio e quali eredi con beneficio di inventario di *** *** contro ZZZ Credito Cooperativo e JJJ SPV S.r.l., disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, così provvede:
– rigetta l’opposizione;
– dichiara esecutivo il decreto ingiuntivo opposto;
– rigetta la domanda proposta da parte intervenuta;
– condanna le opponenti, in solido tra loro, al pagamento in favore di ZZZ Credito Cooperativo, delle spese di lite, determinate in euro 13.430,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfettario al 15%, IVA e CPA come per legge;
– condanna parte intervenuta al pagamento in favore delle opponenti, in solido tra loro, delle spese di lite, determinate in euro 7.830,00 per compensi professionali, oltre rimborso forfettario al 15%, IVA e CPA come per legge;
– pone a carico di parte opponente le spese di consulenza tecnica, liquidate con separato provvedimento.
Rimini, il 9 agosto 2021
Il Giudice
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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