R.G.4481/2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI
APPELLO
DI MILANO SEZIONE PRIMA CIVILE nelle persone dei seguenti magistrati:
dr. NOME COGNOME Presidente dr. NOME COGNOME Consigliere rel.
NOME
NOME COGNOME Consigliere ha pronunciato la seguente
SENTENZA N. 2218_2019 N._R.G._00004481_2017 DEL_13_05_2019 PUBBLICATA_IL_21_05_2019
nella causa iscritta al n. r.g. 4481/2017 promossa in grado d’appello (C.F. , con il patrocinio dell’avv. e dell’avv. ;
elettivamente domiciliato in 20122 presso il difensore avv. COGNOME (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. elettivamente domiciliata in presso il difensore avv. COGNOME avente ad oggetto:
ARRICCHIMENTO SENZA CAUSA
Sulle seguenti conclusioni:
Per. G.4481/2017 (deferimento del giuramento estimatorio ex art. 241 c.p.c. e/o di quello suppletorio ex art. 240 c.p.c.), in parziale riforma della sentenza gravata ed in accoglimento dei motivi d’appello formulati, in via principale condannare nata a , C.F. al pagamento a nato a , C.F. , per le causali in fatti ed in diritto di cui in narrativa, della somma di euro 92.580,00 o quella minore meglio vista, oltre rivalutazione ed interessi della data dell’atto notarile ) all’effettivo saldo;
in via subordinata, condannare la al pagamento dell’ulteriore somma di euro 4.500,00 versata al Notaio oltre accessori come sopra indicato;
vinte le spese del primo grado, interamente o in maggior quota;
vinte in ogni caso le spese del secondo grado”
Per “IN VIA PRELIMINARE Dichiarare inammissibile l’appello ai sensi dell’art. 342 e 348 bis c.p.c.
NEL MERITO Rigettare l’appello proposto, anche nella domanda subordinata e confermare la sentenza di primo grado con vittoria di spese”
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO ha evocato in giudizio dinanzi al Tribunale di Sondrio affinchè fosse condannata, a titolo di arricchimento senza causa, al pagamento di euro 92.580,00, proponendo in via istruttoria il deferimento di giuramento estimatorio ex art. 241 c.p.c. e/o di quello suppletorio ex art. 240 c.p.c..
L’attore ha dedotto:
– di aver deciso con la convenuta , a seguito di una convivenza di alcuni anni, di acquistare un appartamento sito in , int.
3, di proprietà e costruito dalla – di aver sempre deciso con la stessa di effettuare l’operazione a nome di quest’ ultima, essendo il già proprietario di un appartamento sito a e volendo gli stessi usufruire delle agevolazioni fiscali dell’acquisto di prima casa, – che, dal momento in cui essi avevano deciso di acquistare, il aveva sostenuto a detto fine i.G.4481/2017 a) acconti per acquisto dell’immobile corrisposti alla fissati in euro 62.000;
il ha sostenuto di aver compiuto tale ingente esborso per l’acquisto dell’immobile con prezzo di vendita simulato, (non di euro 161.200,00 –cfr.doc.1 fascicolo di primo grado di parte attrice-, come dichiarato nell’atto di compravendita, bensì pari ad euro 213.080,00) conferendo la somma di euro 62.000,00 in nero a mani di , figlio del legale rappresentante della b) saldo acquisto immobile (al momento del rogito) euro 12.080,00, c) onorario Notaio euro 4.500, d) spese sistemazione giardino euro 2.300,00 e controsoffitto soggiorno euro 1.700,00 corrisposti a e) spese per acquisto terra, semina e rullatura giardino euro 1.000,00 corrisposti al fiorista g) spese per acquisto mobili (cucina, divano, armadio, tavolo, frigorifero) euro 3.000,00, h) spese per porte euro 1.300,00 corrisposti a Il tutto per complessivi euro 92.580,00 – che, il rapporto affettivo con la , dopo circa 6 anni dal suo inizio e dopo un anno di convivenza nell’immobile per cui è causa, era cessato, ed ella era rimasta sia proprietaria esclusiva dell’immobile, sia in possesso di tutto il suo arredamento.
La convenuta si è costituita ritualmente contestando la domanda.
Con sentenza 71/17 il Tribunale di Sondrio ha così disposto:
Il Tribunale definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, nella causa n. 778/2014 promossa da nei confronti di con atto di citazione notificato in data , così provvede:
in parziale accoglimento delle domande dell’ attore, ACCERTA il credito di euro 16.780,00, in capo all’ attore per le causali di cui in motivazione, respinte le eccezioni di parte convenuta e, per l’ effetto, CONDANNA la convenuta al versamento dell’ importo di euro 16.780,00 oltre interessi legali dal momento dei singoli pagamenti in saldo, in favore dell’ attore a titolo di arricchimento senza causa ex art. 2041 c.c.;compensa le spese di lite tra le parti per la misura di ¾ e condanna la convenuta a rifondere all’ attore la restante parte e così per euro 3.357,50, oltre 15% su detti compensi ex art. 2 DM 55/2014, oltre i.v.a.
e Cassa Avvocati come per legge.
Il Tribunale di Sondrio ha ritenuto che l’azione di arricchimento avanzata dall’attore fosse ammissibile poiché l’esborso economico asseritamente sostenuto dal euro 92.580,00, non era giustificato dal vincolo di solidarietà ravvisabile tra i partecipi di una comunione di vita more uxorio, ovvero, ne erano travalicati i limiti di proporzionalità e adeguatezza.
In particolare, tale rapporto di proporzionalità e adeguatezza non sussisteva attesa l’entità dell’importo investito dall’attore per un immobile nel quale aveva vissuto solo un anno, stante la successiva cessazione della relazione tra le parti e considerata la modesta condizione economica del suddetto attore.
Fermo quanto qui sopra statuito – esclusa da parte del primo Giudice la simulazione del prezzo del contratto di compravendita dell’immobile – la domanda attorea ha trovato, nel merito, solo parziale riconoscimento, con esclusivo riferimento agli esborsi di – euro 12.080,00 per saldo prezzo immobile, – euro 1.700,00 per le spese del controsoffitto- soggiorno, – euro 3.000,00 per spese mobilio: per un totale di euro 16.780,00.
Richiamando i principi in materia di adeguatezza e proporzionalità degli esborsi effettuati dal il Tribunale ha valutato tali importi comunque significativi in relazione ai modesti redditi dell’attore e al breve periodo di convivenza di un anno nell’ immobile, ravvisando la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento dell’indennizzo ex art. 2041 c.c.
Il Tribunale ha, altresì, ritenuto inammissibile la sollecitazione al deferimento del giuramento suppletorio ex art. 241 c.p.c. avanzato dal poiché non ne erano ravvisabili i presupposti codicistici, non vertendo la fattispecie in tema di indeterminatezza del valore di un bene.
Sull’importo di euro 16.780,00 il Tribunale ha riconosciuto gli interessi legali dal momento dei singoli pagamenti al saldo, trattandosi di debito di valuta.
ha proposto appello avverso detta sentenza sui motivi di seguito riportati:
1) Mancata valutazione della prova indiziaria e presuntiva secondo i criteri di legge;
2) Erroneo mancato deferimento del giuramento suppletorio o estimatorio;
3) Erronea negazione dell’indennizzo in relazione al pagamento dell’onorario del Notaio 4) Erroneo mancato riconoscimento della rivalutazione.
si è costituita ritualmente chiedendo in via preliminare di dichiarare inammissibile l’appello ex artt. 342 e 348 bis c.p.c., e nel merito, di rigettare l’appello proposto e confermare la sentenza di primo grado.
La causa è stata decisa nella camera di consiglio del.
Preliminarmente, questa Corte ritiene di dover sottolineare le caratteristiche dell’azione di ingiustificato arricchimento al fine di inquadrarne chiaramente la fattispecie, tale azione:
a) è generale, nel senso che, potenzialmente, può derivare da un numero illimitato di fatti giuridici;
b) è residuale o sussidiaria, ossia esperibile unicamente quando al danneggiato non competa una tutela diversa e ulteriore;
c) trova il suo fondamento in un fatto lecito.
Infatti, se il depauperamento deriva da fatto illecito troverà applicazione l’art. 2043, in tema di responsabilità extracontrattuale.
Occorre precisare che deve essere lo stesso fatto giuridico (lecito) a determinare l’impoverimento di un soggetto e l’arricchimento dell’altro.
d) l’onere della prova dell’impoverimento e dell’arricchimento grava sul soggetto che agisce per l’idennizzo.
Tanto premesso, si provvede a valutare i motivi di doglianza esposti dall’ appellante 1) Mancata valutazione della prova indiziaria e presuntiva secondo i criteri di legge
Con il primo motivo di doglianza l’appellante denuncia la mancata valutazione da parte del Tribunale di prime cure delle prove indiziarie e presuntive attestanti la corresponsione delle somme riferibili all’acquisto dell’immobile in cui le parti hanno convissuto, nonché il prezzo simulato di detto immobile.
deduce di aver portato in primo grado sufficienti presunzioni per provare l’arricchimento dell’appellata:
un quadro preciso ed univoco dei fatti in questione che il Magistrato ha però tralasciato di considerare.
L’appellante ribadisce, più volte, come dalla descrizione dei fatti allegata in giudizio emergesse la volontà dello stesso e della ex convivente/appellata acquistare insieme un immobile, di aver deciso di intestarlo alla sola per usufruire delle agevolazioni fiscali, di aver mantenuto un atteggiamento volto all’abbattimento dei costi con l’effetto di non richiedere fatturazione e di essere stato quindi in difficoltà a provare gli esborsi da lui stesso effettuati, con particolare riferimento al prezzo simulato dell’immobile che avrebbe obbligato il d effettuare un ingente esborso in nero, non facilmente provabile e tracciabile. In particolare, l’appellante allega di aver provato:
a) i periodici versamenti che dall’ i genitori del anno effettuato sul conto del figlio,
b) l’uso di nascondere al fisco parte del prezzo nelle vendite immobiliari, uso che ha portato il.
c) l’intestazione dell’immobile alla per soli motivi fiscali, d) la modestia del reddito della e) gli interventi extracapitolato che hanno interessato l’immobile, f) l’interesse della alla dissimulazione del prezzo, g) l’entità del valore dell’immobile non rispettato nel rogito.
L’appellata sostiene che il non sia stato in grado di provare, nemmeno per presunzioni, di aver pagato alla la somma di euro 62.000,00, importo ulteriore rispetto al prezzo dichiarato in atto di compravendita e pagato quasi totalmente dalla come provato per tabulas.
La Corte d’appello, in ordine alla decisione sulla lamentata mancata valutazione indiziaria delle prove, deve necessariamente premettere che:
– come già ritenuto dal Tribunale di Sondrio, è possibile configurare l’ingiustizia dell’arricchimento da parte di un convivente more uxorio nei confronti dell’altro in presenza di prestazioni a vantaggio del primo esulanti dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza – il cui contenuto va parametrato sulle condizioni sociali e patrimoniali dei componenti della famiglia di fatto – e travalicanti i limiti di proporzionalità e di adeguatezza, come chiarito dalla Suprema Corte (v. Cass. civ., Sez. VI, , n. 4659). – tale arricchimento, come già sopra accennato, deve essere però provato dall’attore che ne è completamente onerato.
La Corte evidenzia che la difesa dell’appellante confonde i profili attinenti alla 1. prova della simulazione del prezzo del contratto di compravendita tra la e la con quelli concernenti 2. la prova degli esborsi a vario titolo asseritamente versati dal con ingiustificato arricchimento della A.Simulazione del prezzo del contratto di compravendita Parte allega la simulazione oggettiva del prezzo del contratto di compravendita dell’immobile tra e la tale allegazione deve essere assistita da prova rigorosa trattandosi di contratto a forma vincolata. Tanto detto, doveva provare che il contratto dissimulato tra la prevedesse un prezzo diverso da quello inserito nel contratto di compravendita prodotto in atti (v. doc. 1 fascicolo di primo grado di parte convenuta).
per atto pubblico rispettando la forma del contratto ex art. 1350 c.c.;
conseguentemente, il contratto dissimulato -i cui effetti il vuole far valere- deve necessariamente avere tali requisiti di sostanza e di forma.
terzo interessato a fare valere la simulazione del prezzo, ex art. 1415, ha invece omesso tale prova e non ha prodotto in questo giudizio il contratto asseritamente dissimulato tra le parti ), bensì, si è limitato a portare in giudizio insufficienti presunzioni in fatto che avrebbero dovuto dimostrare, a suo dire, la prova di un esborso ulteriore (rispetto al prezzo indicato nel rogito) per l’acquisto dell’immobile.
In conclusione, la simulazione del prezzo di un contratto di compravendita immobiliare non può provarsi per presunzioni (come sostenuto dall’appellante), né per testi (Cassazione S.U. n. 7246).
Per mera completezza di esame, si osserva che:
in ogni caso, nemmeno sussiste la prova di un effettivo esborso ulteriore, rispetto al prezzo previsto nel Rogito Notarile, da parte dell’appellante.
Le presunzioni introdotte dal sono tutte collegate al dedotto pagamento in nero dell’immobile; esborso , quest’ultimo, totalmente negato dal teste e mai provato in altro modo.
Non rileva neppure che l’appellante avesse ricevuto un grosso esborso tramite bonifici periodici dai suoi genitori sul suo conto, poiché tali somme non trovano riscontro in nessun pagamento da parte del alla o alla e potevano riguardare qualsiasi bisogno della vita dell’appellante.
È altresì irrilevante che la versasse in una situazione economica non rosea, visto che il on ha, comunque, mai provato il suo depauperamento.
Infine, l’appellante non può fondare le proprie ragioni sulla sola deduzione che la coppia avesse preso la decisione di acquistare l’appartamento in previsione della futura vita in comune:
tale presunzione, come le altre, risulta del tutto irrilevante mancando la prova degli esborsi.
B.Prova degli asseriti pagamenti che avrebbero ingiustificatamente arricchito la Come si evince dal dispositivo dell’appellata sentenza riportato a pag. 3, il primo Giudice ha riconosciuto solo alcuni dei pagamenti dedotti dal L’appellante chiede in appello che la Corte riformi la sentenza di 1° grado sulle voci non riconosciute dal primo giudice:
Spese sistemazione giardino:
il a dedotto costi per euro 2.300,00 da lui asseritamente sostenuti a mezzo pagamento in contanti nelle mani di.
L’appellante non ha prodotto.
circostanza che altro soggetto rispetto al , avesse eseguito interventi al giardino e che tali lavori, corrispondenti ad euro 672,00, erano stati pagati dalla come da ricevuta da lei prodotta in primo grado ed intestata a (cfr. doc. 6 fascicolo di primo grado parte convenuta – ricevuta fiscale numero 09 datata Pertanto, non essendoci prova dell’esborso da parte di questa Corte, allineandosi alla decisione del primo Giudice, rigetta la domanda ex art. 2041 c.c. su tale voce di spesa.
Spese per pavimentazione e mosaico bagno extra capitolato:
l’attore ha dedotto di aver sostenuto, in via esclusiva, le spese per le lavorazioni extra capitolato in oggetto, corrispondendo la somma di euro 1.700,00 a mani di La Corte rileva che, in assenza di ricevute di pagamento o di prova di versamento a favore dell’appaltatore, non è possibile ritenere che l’attore in primo grado abbia provveduto alle spese di pavimentazione e mosaico.
Tanto detto, la tesi dell’appellante sul punto è infondata.
Spese per lavori di giardinaggio eseguiti dal fiorista “ :
Il ha dedotto in primo grado di aver sostenuto in via esclusiva il pagamento di euro 1.000,00 a mani del “fiorista per l’ acquisto della terra, la semina e la rullatura.
Parte appellante non ha però fornito alcuna dimostrazione fondante tale esborso, non risulta alcuna ricevuta di pagamento ed esso on ha nemmeno chiesto l’ escussione del fiorista che avrebbe potuto confermare tale pagamento.
Pertanto, va confermata la decisione del giudice di rigetto della domanda di u tale asserito esborso.
Il motivo di appello sul punto non può essere accolto.
Spese per porte:
come al precedente punto 3, il onerato di provare l’asserito esborso di euro 1.300,00 presso , non ha prodotto fatture o ricevute di pagamento, né provato il pagamento.
In conclusione, la Corte rigetta tutti i motivi di appello concernenti il mancato riconoscimento dell’indennizzo per le opere extra-capitolato.
2) Erroneo mancato deferimento del giuramento suppletorio o estimatorio L’appellante denuncia il mancato deferimento del giuramento (suppletorio o estimatorio) quale mezzo di sollecitazione per il Tribunale di prime cure volto a fornire al corredo probatorio il complemento indiscutibile della prova vincolante.
Il primo Giudice, non deferendolo, ha ritenuto difettasse la semiplena probatio e ciò, ad opinione del quale conseguenza dei vizi logici.
L’appellata eccepisce, al contrario, l’insussistenza dei presupposti di legge per dare accesso a tale prova, concordando con il Tribunale di Sondrio nel ritenere che non vi fosse la prova sull’an, presupposto per il giuramento estimatorio, o quanto meno la semiplena probatio sull’an, presupposto per quello suppletorio.
La condivide, inoltre, la fondamentale obiezione opposta dal Giudice di primo grado alla suddetta richiesta istruttoria, cioè il diverso tema del contendere: non la determinazione di una somma ma l’individuazione di colui che l’ha versata.
La Corte chiamata a pronunciarsi su tale motivo osserva che il giuramento suppletorio viene deferito dal giudice d’ufficio al fine di giungere a una decisione, quando, dopo l’istruttoria, le domande e le eccezioni delle parti, pur non del tutto sfornite di prova, non siano pienamente dimostrate, cioè, quando vi sia almeno la semiplena probatio sull’an.
Ora, come già esposto al punto 1 a pag. 10, la circostanza presupposta del maggior prezzo simulato dell’immobile e pagato in nero dal è rimasta del tutto indimostrata, perciò, la decisione di questa Corte versa solamente su chi abbia provveduto alla corresponsione del prezzo di vendita dell’immobile e su chi abbia provveduto agli ulteriori pagamenti che il deduce di aver sostenuto in via esclusiva.
Tanto detto, e per assoluta chiarezza, si dica che:
il prezzo dell’immobile di cui al rogito in data era pari ad euro 161.200,00 ed è stato corrisposto dalla convenuta/appellante come segue:
– euro 136.000,00 a mezzo mutuo e accreditati sul c/c della stessa , – euro 10.000,00, quale ulteriore esborso versato dalla convenuta, – euro 3.120,00 quale somma conferita in contanti e fatturata dalla a nome della , il tutto per euro 149.120,00;
il residuo di euro 12.080,00 è stato pagato dal come da assegno intestato a come tratto dal c/c dell’ allora attore.
Ulteriormente, le somme asseritamente pagate dal escludendo le sole che sono già state concesse dal primo Giudice, non sono state provate come già statuito al precedente punto di tale motivazione (cfr. pag. 11 e 12)
Bene ha perciò fatto il Giudice di primo grado a non deferire il giuramento suppletorio poiché ne difettavano effettivamente i presupposti ex art. 241 c.p.c. non essendovi semiplena probatio sull’an, bensì, difettando completamente la prova sia della simulazione che degli esborsi.
Per la medesima ragione, non essendovi i presupposti necessari al deferimento del giuramento suppletorio, tanto meno vi erano quelli per deferire quello estimatorio, considerando che si tratta del.
infatti già chiarito, il giudizio del Tribunale non ha riguardato di per sé il valore dell’immobile bensì l’individuazione del soggetto che aveva provveduto alla corresponsione del prezzo.
Tanto premesso, si ribadisce quanto statuito dal Tribunale di Sondrio circa l’inammissibilità del deferimento giuramento sollecitato dall’attore/appellante non sussistendo i presupposti per concedere il suddetto mezzo probatorio a fronte delle gravi lacune probatorie in cui è incorso lo stesso appellante.
3) Erronea negazione dell’indennizzo in relazione al pagamento dell’ onorario del Notaio L’appellante si duole del mancato riconoscimento dell’indennizzo per il pagamento di euro 4.500,00 effettuato al notaio in occasione del rogito in data , chiedendo di considerare:
la corrispondenza delle date del rogito e dell’emissione dell’assegno, la numerazione progressiva, la verosimiglianza della firma di girata con la firma del notaio.
L’appellata condivide l’orientamento del Tribunale di Sondrio che ha ritenuto insufficienti le presunzioni portate in giudizio dall’attore e, specialmente, ha rilevato l’assenza della prova che l’assegno fosse riferibile al Notaio in quanto privo dell’indicazione del beneficiario.
La Corte osserva che, anche se l’assegno del non contiene i requisiti di forma di cui all’art. 1 della Legge assegni, difettando dell’indicazione del beneficiario, le presunzioni in ordine alla destinazione di tale assegno sono tali da doversi ritenere il pagamento del effettivamente indirizzato al notaio per la causale del rogito dell’immobile in questione.
In generale, la valutazione delle presunzioni è lasciata alla prudenza del giudice il quale non può che ammettere presunzioni gravi, precise e concordanti ex art. 2729.
Emerge allora dalla fattispecie che le presunzioni in fatto riguardanti la destinazione del pagamento del di euro 4.500,00 sono univoche e concordanti, tali da far ritenere a questa Corte quel pagamento effettivamente indirizzato al notaio Occorre analizzare tali presunzioni:
a effettuato un pagamento con un assegno tracciabile (cfr. doc. 17 fascicolo di primo grado di parte attrice) nella misura di euro 4.500,00, somma che risulta verosimilmente congrua se destinata agli onorari del professionista per un rogito notarile di un immobile il cui valore dichiarato era di euro 161.200,00.
Vero è che non risulta indicato sul titolo di credito il beneficiario, in violazione di quanto indicato dalla legge assegni;
peraltro, un’operazione attuata con tale. delle banche quale è il notaio;
– l’assegno in questione reca la data del , la stessa del rogito e del pagamento di alla di euro 12.080 (somma pagata dal per l’acquisto dell’immobile, come già provato in primo grado), ed esborso formalmente individuato anche nel c/c di come da estratto conto prodotto in giudizio (cfr. doc. 5 fascicolo di primo grado di parte attrice);
– tale assegno ha numero progressivo successivo al pagamento di euro 12.080,00, e ciò può far presumere la genesi dell’assegno di euro 4.500,00 nel contesto di un unico pagamento:
il saldo del pagamento dell’immobile e il successivo pagamento dell’onorario del Notaio che ha provveduto al rogito;
– per di più, non esiste nessuna prova del pagamento di tale onorario da parte della che si è limitata ad affermare come le presunzioni introdotte dal fossero insufficienti a fondare la prova del pagamento senza portare prova certa del suo proprio esborso al Notaio;
– infine, la firma della girata all’incasso dell’assegno sul retro del medesimo risulta essere corrispondente a quella del rogante posta in calce all’atto di compravendita (cfr. doc.1 fascicolo primo grado di parte attrice).
La Corte, avendo valutato le due firme in questione e ritenendole pressoché identiche, non può che concordare con la tesi dell’appellante secondo cui il beneficiario di suddetto assegno, pur non essendo stato indicato, fosse il Notaio Considerate tali presunzioni in fatto precise, univoche e concordanti, ex art. 2729 c.c., la Corte ritiene che vi sia prova della destinazione della somma di euro 4.500,00 corrisposta mediante assegno da al Notaio ed avente quale causale l’onorario di questo professionista.
L’appello sul punto deve essere accolto con riforma parziale della sentenza di primo grado.
4) Erroneo mancato riconoscimento della rivalutazione L’appellante sostiene che il suo credito vantato nei confronti della rappresenti un credito di valore per cui andrebbe maggiorato, oltre che degli interessi, anche della rivalutazione monetaria.
L’appellata, al contrario, ritenendo che la somma richiesta abbia natura risarcitoria, sostiene che si tratti di un debito di valuta, così come ha osservato il Tribunale di Sondrio nella sentenza oggetto di questo gravame.
Questa Corte rileva che effettivamente il Giudice di prime cure ha omesso la motivazione in merito alla mancata rivalutazione dell’importo liquidato. che sia stato indebitamente impoverito un indennizzo, si sottolinea che:
in generale, l’indennizzo ex art. 2041 c.c. è un credito di valore e “va liquidato alla stregua dei valori monetari corrispondenti al momento della relativa pronuncia ed il giudice deve tenere conto della svalutazione monetaria sopravvenuta fino alla decisione, anche di ufficio, a prescindere dalla prova della sussistenza di uno specifico pregiudizio dell’interessato dipendente dal mancato tempestivo conseguimento dell’indennizzo medesimo…”(cfr. Cass. civ., Sez. III, n.1889);
tale indennizzo si determina nel minor valore tra l’arricchimento conseguito e l’ingiustificato impoverimento causato.
Il Tribunale di prime cure ha riconosciuto in capo all’attore i seguenti crediti ex art. 2041 c.c.:
“euro 12.080,00 saldo prezzo immobile, euro 1.700,00 spese contro-soffitto soggiorno, euro 3.000,00 mobilio, per un totale di euro 16.780,00”, senza alcuna rivalutazione, cioè liquidando l’importo al valore attuale.
La Corte è chiamata a rivalutare se l’ liquidato dal primo giudice sia congruo o debba essere rivalutato.
Deve ritenersi che l’indennizzo riconosciuto al dal primo Giudice abbia -in concreto- tenuto conto del godimento da parte dell’appellante dell’immobile per il periodo in cui egli ha vissuto nell’appartamento:
ha sì pagato una quota del prezzo ed alcune opere di manutenzione extra- capitolato dell’immobile, ma ha comunque goduto, in parte, di tali suoi esborsi abitando con la , per il periodo di un anno, in detto appartamento.
Pertanto, il Tribunale di Sondrio ha sì omesso la pronuncia in merito alla rivalutazione ma ha ben liquidato -in via equitativa- l’importo riconosciuto a a titolo di indennizzo (al valore attuale).
In altri termini, va integrata la motivazione del primo giudice laddove non ha spiegato che la liquidazione dell’importo di Euro 16.780,00 doveva intendersi al valore attuale, tenendo conto nella liquidazione del suddetto indennizzo anche del godimento dell’immobile da parte del “godimento” parificato equitativamente dal punto di vista quantitativo alla rivalutazione (dall’esborso alla domanda).
In definitiva, la Corte condivide il giudizio di congruità dell’indennizzo nella misura liquidata dal primo giudice al valore attuale:
l’intera somma di euro 21.280,00 (Euro 16.780,00 + Euro 4.500,00) .G.4481/2017
Sul calcolo degli interessi:
gli interessi sulla somma di euro 16.780,00 (riconosciuta a titolo di indennizzo dal primo giudice) rimangono fermi (“interessi legali dal momento dei singoli pagamenti al saldo”), in quanto non oggetto di impugnazione;
con riferimento all’ulteriore importo di euro 4.500,00, liquidato dalla Corte, gli interessi vanno calcolati dalla domanda (Cass. civ. n. 11061/1993) Tenuto conto dell’accoglimento parziale e limitato della domanda proposta da sia in sede di primo grado che di appello, le spese del processo -di primo grado e secondo grado- possono essere poste nella misura di 1/3 a carico di parte e compensate per i restanti 2/3 tra le parti, come statuito già dal primo giudice.
Le spese di lite sono liquidate, tenuto conto del valore della controversia, ex D.M. n.55/2014 e D.M. n. 37/2018.
La Corte d’Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza n. 71/2017 pubblicata il , così dispone:
-condanna al pagamento in favore di dell’ulteriore importo di € 4.500,00 a titolo di indennizzo liquidato al valore attuale, oltre interessi dalla data di proposizione della domanda al saldo;
-compensa tra le parti le spese di lite del presente grado nella misura di 2/3 e condanna l’appellata a rifondere all’appellante la restante parte pari ad 1/3, liquidata in € 1.800,00, oltre rimborso forfettario del 15% e accessori di legge;
3. -conferma per il resto l’impugnata sentenza.
Così deciso in Milano, nella Camera di Consiglio della I sezione civile della Corte, lì Il Consigliere est. Il Presidente
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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