Tribunale Ordinario di Pescara N. R.G. 3458/2024
Il Tribunale, in persona dei magistrati:
NOME COGNOME Presidente NOME COGNOME
Giudice relatore NOME COGNOME all’esito dell’udienza del 11/12/2024 ha emesso la seguente
ORDINANZA N._R.G._00003458_2024 DEL_14_01_2025 PUBBLICATA_IL_15_01_2025
Il Collegio rileva anzitutto che l’oggetto del presente reclamo attiene esclusivamente la regolamentazione delle spese di giudizio:
nello specifico il Tribunale di Pescara, in persona del Giudice Dott.ssa NOMECOGNOME con ordinanza in data 13.11.24, comunicata in data 18.11.24 e notificata in data 20.11.24, all’esito del procedimento ex art. 700 c.p.c. RG 2870/2024, sebbene sotto il solo profilo della soccombenza virtuale, riteneva il ricorso infondato e condannato l’attuale reclamante al pagamento delle spese di lite, liquidate in euro 1752,00 oltre accessori di legge.
Ai fini delle determinazioni del caso appare opportuno rammentare le ragioni del proposto ricorso ex art 700 cpc. La società ricorrente, esponendo che la propria attività consiste in una piccola casa di riposo per anziani, aveva chiesto il ripristino dell’operatività del conto corrente tenuto presso la , del quale, del tutto ingiustamente ed illegittimamente, pur essendovi provvista, le si rifiutava l’utilizzo.
Riferiva che su tale conto, confluivano, provenienti dal pagamento delle rette degli ospiti della struttura, le somme destinate ad assolvere a tutti i suoi impegni economici.
Era accaduto che, dal mese di giugno 20024 la citata rifiutasse di eseguire le disposizioni di pagamento, bloccando di fatto una riserva economica (di € 14.000,00), assolutamente indispensabile in Giudiziaria e, dopo diverse formali richieste di chiarimento del 6.8.24 e del 12.8.24 , riferendo che “sul conto corrente di interesse risulta…apposto un vincolo… in ottemperanza ad un provvedimento emesso dal Tribunale di Teramo e notificato dalla GdF di Roseto degli Abruzzi.
La ricorrente formulava allora richiesta di accesso agli del PM c/o il Tribunale teramano;
anche tale istanza veniva più volte sollecitata e ribadita (23.8.24, 27.8.24, 2.9.24), sin quando, il 9.9.24 veniva trasmessa copia della nota prot. 133254/24 Guardia di Finanza Tenenza Roseto degli Abruzzi da cui si apprendeva di una confisca inflitta nei confronti, tuttavia, di soggetti terzi e ciò all’esito di un procedimento penale (RGNR 2557/2023 Procura Teramo) celebrato sempre a carico di soggetto terzo ( .
Si poteva così constatare come la detta confisca non riguardasse né la società ricorrente né in essa si facesse menzione del suo conto corrente tenuto presso la Unico riferimento era infatti ad un distinto conto , intestato ad altra società, “RAGIONE_SOCIALE”.
Pertanto, lo stesso 9.9.24, la ricorrente scriveva nuovamente alla Banca, invitandola a prendere atto dell’abbaglio, invitandola a rimediare immediatamente, in quanto, peraltro, sul conto corrente era riposta la provvista necessaria al pagamento del personale, ormai da molti giorni senza stipendio ed in gravissime difficoltà.
La stessa nota era estesa per conoscenza alla Procura di Teramo ed alla Tenenza della Guardia di Finanza di Roseto.
Il ricorso ex art 700 veniva definito con il provvedimento impugnato nel quale si legge:
la ricorrente non ha dimostrato che al momento di presentazione del ricorso (2 ottobre 2024) sul conto in esame fosse ancora preclusa la possibilità di operare, avendo a tal fine depositato documentazione risalente al precedente mese di giugno, con cui sono state dalla banca “rifiutate” le operazioni richieste;
inoltre, che il conto fosse ancora “bloccato” alla data del 2 ottobre 2024 è stato smentito dalla resistente la quale ha affermato di averlo reso nuovamente accessibile già dal 10 settembre 2024.
La società istante, pur avendo dichiarato di avere appreso detta circostanza in corso di causa, non la ha comunque smentita, tant’è che ha chiesto declaratoria di cessazione della materia del contendere.
Dette considerazioni fanno venir meno il presupposto del fumus, in quanto il ricorso è stato depositato ben oltre la data in cui il conto era nuovamente divenuto operativo e senza che tanto venisse opportunamente verificato dall’istante.
L’accertamento dell’insussistenza del “fumus boni iuris” esonera il giudicante dalla disamina dell’altro requisito, ossia del “periculum in mora”.
In definitiva, l’istante deve essere condannata alla rifusione delle spese processuali.
Sostiene il reclamante che la condanna alle spese è stata pronunciata sul presupposto erroneo che la ricorrente non avesse opportunamente verificato che la situazione di pregiudizio esposta nel ricorso fosse stata già risolta in data antecedente a quella di deposito del ricorso.
sarebbe l’errore commesso dal primo Giudice, laddove non ha tenuto minimamente conto che alla formale richiesta formulata con PEC del 9.9.24 la non avesse dato il minimo riscontro e che, anzi, la neppure dopo aver ricevuto il ricorso, si fosse preoccupata di avvisare la propria correntista di aver già preso atto del proprio errore e quindi che avrebbe ripristinato l’operatività del conto.
Peraltro, nonostante la tempestiva notifica del ricorso avvenuta il 7.10.24, ossia con tutto l’anticipo possibile rispetto alla data fissata allo scopo fissata dal Giudice (16.10.24) ed a quella dell’udienza (23.10.24), è facile cogliere come l’unica concreta preoccupazione della sia stata quella di approntare le proprie difese, ciò con il solo risultato pratico di arrecare ulteriore disagio alla sua correntista.
Tanto che la dopo la PEC del 9.9.24, pur avendo subito ripristinato l’operatività del conto, ha taciuto tale importante novità alla sua correntista.
Ugualmente significativo è che la sia arrivata a costituirsi appena lo stesso mattino dell’udienza, dando modo di sapere, solo ormai di fatto ad udienza aperta e causa chiamata, che il citato conto corrente era stato sbloccato sin dal 10.9.24!
Si noti pure come la data dell’asserito ripristino (10.9.24) sia immediatamente successiva a quella della citata PEC del difensore, tuttavia mai riscontrata e ciò pur essendovi una espressa richiesta in tal senso (“confidando in celere riscontro”) e soprattutto pur essendo la pienamente consapevole del proprio torto e della condizione estremamente critica in cui versava la sua correntista, che, in piena estate e quindi con gli uffici giudiziari sguarniti di personale, si era vista costretta ad interpellare la Procura e GdF, anche solo per capire cosa stesse succedendo. La parte reclamata ha contrastato il reclamo tendente ad ottenere la sua condanna al pagamento delle spese, rilevando che il ricorso ex art 700 c.p.c. esperito dalla odierna reclamante era ed è certamente infondato:
nessun dubbio può sorgere circa il fatto che – come statuito dal Giudice di prime cure – parte ricorrente non ha fornito alcuna prova del fatto su cui fondava l’esperimento della domanda cautelare, non avendo provato la circostanza che, ad ottobre 2024 (ossia allorquando è stato depositato il ricorso de quo), sul conto corrente n. 000003405683 era preclusa la possibilità di operare.
Sul punto è stata acclarata nell’ordinanza (in adesione con la difesa della l’inidoneità della documentazione allegata al ricorso di supportare l’affermato attuale blocco del conto corrente, avendo la società correntista prodotto unicamente “rifiuti” all’esecuzione di bonifici– peraltro giustificati dal “sequestro” del conto – riferibili al mese di giugno 2024, ossia a ben 4 mesi prima del deposito del ricorso ex art 700 cpc, circostanza che, di per sé, è stata ritenuta , a contestazione degli avversi assunti, che, dal 10.09.2024, quindi anteriormente al deposito del ricorso ex art 700 cpc avvenuto solo in data 02.10.2024 sul conto corrente n. 000003405683 intestato alla vi era piena operativita’ di cassa, ben potendo il correntista recarsi in filiale per compiere tutte le operazioni del caso, limitata solo nel periodo anteriore, in ragione di provvedimenti dell’ notificati alla , a cui la Direzione dell’istituto di credito è stata tenuta ad adeguarsi sino a disposizioni contrarie. Detta circostanza è stata, peraltro, comunicata alla correntista, con PEC del 20.08.24 facente espresso riferimento “ad un provvedimento emesso dal Tribunale di Teramo e notificato dalla GdF di Roseto degli Abruzzi”.
Ebbene, contrariamente a quanto ex adverso dedotto, detto provvedimento era certamente riferibile e riconducibile, seppur di riflesso, alla che vede come socia la signora (destinataria del provvedimento giudiziario), delegata ad operare sul conto corrente de quo e vedeva, altresì, nell’ambito dei trasferimenti posti in essere nell’ambito societario, come cedente della proprietà, la RAGIONE_SOCIALE (destinataria del provvedimento giudiziario).
Stando all’effettiva ricostruzione dei fatti di causa, sarebbe dunque evidente l’insussistenza del requisito del fumus boni juris, rilevata correttamente dal Giudice di prime cure.
Ora, ai fini del decidere, occorre anzitutto osservare che la narrazione dei fatti inerenti il blocco del conto corrente, le ragioni dello stesso, le interlocuzioni ufficiali tra le parti e la data in cui avveniva lo sblocco del conto sono sostanzialmente chiari ed evincibili dagli atti.
Si reputa a questo punto inevitabile tener conto anzitutto della illegittimità dell’avvenuto blocco, posto che la misura cautelare della confisca che aveva indotto l’istituto ad inibire alla disponibilità del proprio conto, risultava disposta in sede penale nei confronti di soggetto formalmente terzo rispetto alla società e soprattutto della condotta della Banca di scarsa collaborazione e chiarezza nei confronti della società correntista, tanto che, dopo il blocco operato già a giugno, non dava alcuna risposta alle varie richieste inviatele nell’interesse della società, fino a quando solo il 20.8.24, riferiva che “sul conto corrente di interesse risulta…apposto un vincolo… in ottemperanza ad un provvedimento emesso dal Tribunale di Teramo e notificato dalla GdF di Roseto degli Abruzzi”. Era poi la controparte a doversi fare parte attiva per approfondire meglio la questione giungendo a verificare le ragioni del blocco e conseguentemente contestando alla Banca la propria estraneità rispetto al procedimento penale con l’ultima comunicazione del 9 settembre 2024.
alla data dell’introduzione del giudizio se il conto fosse stato riattivato.
Infatti, nel contempo, alla luce del complessivo comportamento tenuto dalla nell’intera vicenda è a ritenersi imputabile a quest’ultima l’ulteriore mancanza di collaborazione e diligenza nel rapporto con la cliente che avrebbero dovuta indurre l’Istituto ad avvisare tempestivamente l’attuale reclamante dell’avvenuto sblocco.
Per quanto sopra si reputa che le spese del procedimento ex art 700, piuttosto che poste a carico del ricorrente, andassero congruamente compensate.
Analoga determinazione s’impone relativamente alla presente fase.
Pronunciando sul reclamo di cui sopra, a modifica dell’ ordinanza in data 13.11.24, pronunciata all’esito del procedimento ex art. 700 c.p.c. RG 2870/2024, compensa le spese relative alla fase cautelare.
Compensa le spese di questo procedimento.
Si comunichi.
09/01/2025 Il Giudice est.
Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME NOME
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Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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