REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI SALERNO II
SEZIONE CIVILE La Corte di Appello di Salerno II
Sezione Civile riunita in camera di consiglio nelle persone di:
dr.ssa NOME COGNOME Presidente dr.ssa NOME COGNOME Consigliere rel.
est. dr.ssa NOME COGNOME Consigliere ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._956_2024_- N._R.G._00000839_2021 DEL_04_11_2024 PUBBLICATA_IL_06_11_2024
Nel procedimento civile n. 839/2021 avente ad oggetto l’appello avverso l’ordinanza emessa, ai sensi dell’art. 702 ter c.p.c., dal Tribunale di Salerno in data 5/10/2021 nell’ambito del procedimento n.10207/2018 TRA in proprio e in qualità di eredi di rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliati presso lo studio del predetto difensore in Battipaglia INDIRIZZO Appellante rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso la filiale di Salerno INDIRIZZO Appellata. Con ricorso depositato in data 23/11/2018, ai sensi dell’art. 702 bis c.p.c., , in proprio e in qualità di eredi di , hanno rappresentato di avere sottoscritto il 22/1/1988, unitamente alla madre, presso l’Ufficio Postale di Battipaglia, un buon postale fruttifero, serie P n. NUMERO_DOCUMENTO, dell’importo di lire 2.000.000, evidenziando che sul retro del titolo erano stati apposti, oltre al timbro serie Q/P, i nuovi tassi di interesse dal primo anno fino al ventesimo anno, mediante l’apposizione di un timbro che copriva gli originari tassi di interesse, mentre restava invariato il tasso di interesse per il decennio successivo, come risultava dalla dicitura: “ più lire 516.300 per ogni successivo bimestre maturato fino al 31 dicembre del 30o anno solare successivo a quello di emissione”.
I ricorrenti – richiamato il principio di diritto affermato dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite nella sentenza n. 13979/2017, in forza del quale dalla disciplina legale dei buoni postali fruttiferi si evince che il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore del titolo si forma sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti – hanno dedotto che l’Ufficio Postale alla scadenza del suindicato buono fruttifero, a fronte della somma loro spettante pari ad euro 22.749,38, aveva liquidato erroneamente il minor importo di euro 11.470,93, inferiore a quello concordato, perché in contrasto con i tassi di interesse indicati sul titolo per l’ultimo decennio pari a “ più lire 516.300 per ogni successivo bimestre maturato fino al 31 dicembre del 30o anno solare successivo a quello di emissione”. , pertanto, hanno concluso affinchè l’adito Tribunale:
“ in relazione al buono postale fruttifero serie Q/P P n 000853 sottoscritto il 22/1/1988 dell’importo di lire 2.000.000 accertasse e dichiarasse dovuto da in favore dei ricorrenti gli interessi nella misura riportata nel titolo, precisamente l’8% dal 1o fino al 5o anno, il 9% dal 6o al 10o anno, il 10,50% dall’11o al 15o anno, il 12% dal 16o al 20o anno nonché euro 266,65 ( lire 516.300) per ogni bimestre dal 21o anno al 30o anno e per l’effetto condannasse al pagamento in favore dei ricorrenti della somma di euro 22.749,38 a lordo delle imposte e delle ritenute fiscali o del diverso importo che.1. costituitasi in giudizio, ha contestato la domanda, sostenendo che il buono fruttifero postale oggetto di controversia appartiene alla serie Q, istituita con D.M. del 13/6/1986, sicchè anche il tasso di interesse relativo al periodo in contestazione (dal 21o anno al 30o anno) va calcolato nella misura indicata nella tabella allegata al predetto D.M., pari al 12% all’anno in regime di capitalizzazione semplice, e non già nella misura prevista per i buoni fruttiferi appartenenti alla serie P.
La resistente ha concluso per il rigetto della domanda con vittoria delle spese processuali.
1.2.
Il Tribunale di Salerno con ordinanza emessa, ai sensi dell’art. 702 ter c.p.c., in data 5/10/2021, ha respinto la domanda ed ha compensato le spese processuali.
In sintesi, per quel che qui rileva, il Giudice a quo – dopo avere precisato che nel caso di specie trova applicazione la disciplina dettata dall’art. 173 D.P.R. n. 156/1973 ed avere fatto riferimento ai principi di diritto enunciati dalla Cote di Cassazione a Sezioni Unite nelle sentenze n. 13979/2007 e n. 3963/2019 – ha affermato che il buono fruttifero in questione appartiene alla serie Q, precisando che nella fattispecie in esame “non si in discute della legittimità dello ius variandi, cioè della possibilità di modificare le condizioni in corso di rapporto, questione oggetto della pronuncia a Sezioni Unite 2019 richiamata, bensì della corrispondenza tra le condizioni contrattuali enunciate all’atto dell’emissione e quelle applicate al rapporto stesso”; di poi ha così argomentato:
“ in applicazione del citato pronunciamento delle Sezioni Unite ultime l’originaria tabella riportata sul retro dei titoli deve ritenersi annullata e sostituita ex lege dalla misura dei tassi previsti per la nuova serie Q senza che possa porsi una questione di tutela del legittimo affidamento del sottoscrittore dei buoni, avendo in ogni caso lo stesso potuto riscontrare dalla stampigliatura richiamante la nuova serie, presente all’atto della formazione del vincolo contrattuale, l’applicazione dei nuovi tassi, senza alcuna lesione del suo affidamento”. 1.3.
Avverso la predetta sentenza , in proprio e in qualità di eredi ’interposto gravame con vittoria delle spese processuali del doppio grado di giudizio da attribuirsi al difensore antistatario.
1.4.
costituitasi in giudizio, ha resistito ed ha chiesto il rigetto dell’impugnazione e la condanna dell’appellante al pagamento delle spese processuali.
1.5.
La Corte con ordinanza del 22/6/2023, resa all’esito dell’udienza celebrata nelle forme della trattazione scritta, ha riservato la causa in decisione con i termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
2.
L’appello è infondato e, pertanto, va rigettato.
hanno criticato la sentenza impugnata, lamentando che il Tribunale ha focalizzato l’attenzione esclusivamente sulla quantificazione degli interessi relativi al buono fruttifero oggetto di causa riferibili all’arco temporale che va dal primo anno al ventesimo anno, mentre il punto controverso investiva ed investe la determinazione degli interessi per il periodo ricompreso dal ventunesimo anno al trentesimo anno.
Il Giudice di prime cure – proseguono gli appellanti – ha basato la decisione su due sentenze rese dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite che “non riguardano” il caso di specie, anzi “confermano” le ragioni poste a sostegno della domanda articolata dai ricorrenti che, invece, è stata respinta;
la sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 13979/2007 – precisano gli appellanti – ha affermato, a tutela dell’affidamento del cliente, la prevalenza delle condizioni riportate sul buono postale rispetto a quelle dettate dal decreto ministeriale, principio questo che non è stato scalfito dalla successiva sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 3963/2019.
Nella vicenda in esame – osservano gli appellanti – trova applicazione la disciplina dettata dal D.M. 13/6/1986 che ha modificato i tassi di interesse ed ha previsto che la modifica dei tassi di interesse indicati sui buoni postali già emessi dovesse essere riportata sul titolo;
nel caso di specie la modifica ha riguardato soltanto gli interessi relativi al periodo ricompreso tra il primo anno e il ventesimo anno non anche quelli riferibili al periodo successivo che ’emittente del buono postale fruttifero ed il sottoscrittore “ è destinato a formarsi sulla base del contenuto del buono”.
Ciò posto, va subito precisato che il Tribunale, come emerge dalla motivazione della sentenza impugnata, ha argomentato che << l’originaria tabella riportata sul titolo deve ritenersi annullata e sostituita ex lege dalla misura dei tassi previsti per la nuova serie “Q” >> e, dunque, ha sostenuto che i tassi di interesse relativi all’intero periodo di durata del buono postale in questione (ossia trenta anni) dovessero essere quelli previsti per la nuova serie “Q”.
E allora non vi è spazio per affermare che il Giudice a quo abbia focalizzato l’attenzione soltanto sui tassi relativi all’arco temporale che va dal primo anno al ventesimo anno, trascurando così di considerare che la domanda riguardava la determinazione dei tassi di interesse riferibili al periodo ricompreso tra il ventunesimo anno e il trentesimo anno ( cfr. motivo di gravame formulato alle pagine 4 e 5 dell’atto di impugnazione).
D’altronde gli stessi appellanti nell’atto di gravame, dopo avere formulato il motivo di impugnazione in esame, hanno affermato:
<< si contesta la negazione prospettata nell’ordinanza impugnata del diritto dei ricorrenti a vedersi riconosciuti, in relazione al buono postale fruttifero Q/P 000853 di £. 2.000.000 emesso il 22/1/1988, gli interessi dal ventunesimo al trentesimo anno nella misura riportata dal documento stesso ovvero “più lire 516.300 per ogni successivo bimestre maturato fino al 31 dicembre del 30o anno solare successivo a quello di emissione”>>, riconoscendo così in buona sostanza che il Tribunale ha deciso su tale questione ( cfr. atto di gravame pag. 8).
Chiarito tale profilo, la Corte osserva che la controversia ha ad oggetto un buono postale di durata trentennale della serie «RAGIONE_SOCIALE/TARGA_VEICOLO», come risulta dal timbro apposto sulla parte sia anteriore sia posteriore del titolo, prevista dal Decreto Ministeriale 13 giugno 1986, emesso il 22/1/1988 su supporto cartaceo della precedente serie «RAGIONE_SOCIALE»;
il buono reca sul retro una stampigliatura, aggiunta mediante un timbro, sostitutiva dell’impressione a stampa dei precedenti tassi di interesse relativi al buono della serie precedente serie «P» relativa all’ultimo decennio, segnatamente “più lire 516.300 per ogni successivo bimestre maturato fino al 31 dicembre del 30o anno solare successivo a quello di emissione” ( cfr. buono postale in atti).
La questione sottoposta all’esame del Collegio con l’interposto gravame concerne la quantificazione degli interessi per l’ultimo decennio di durata del buono;
occorre, cioè, stabilire se per tale periodo gli interessi vanno determinati sulla base della suindicata dicitura riferibile al vecchio titolo della serie P, oppure sulla base del Decreto Ministeriale del 13 giugno 1986 relativo ai buoni della serie «Q».
In ordine al quadro normativo di riferimento è utile ricordare che l’art. 173 comma 1 D.P.R. n. 156/1973 – abrogato, ma applicabile alla fattispecie in esame – prevede:
<< le variazioni del saggio d’interesse dei buoni postali fruttiferi sono disposte con decreto del Ministro per il tesoro, di concerto con il Ministro per le poste e le telecomunicazioni, da pubblicarsi nella Gazzetta Ufficiale;
esse hanno effetto per i buoni di nuova serie, emessi dalla data di entrata in vigore del decreto stesso, e possono essere estese ad una o più delle precedenti serie >>.
Nella vicenda in esame assume rilevanza la disciplina dettata dal D.M 13 giugno 1986 che all’art. 4 ha disposto:
<< con effetto dal 1 luglio 1986, è istituita una nuova serie di buoni postali fruttiferi distinta con la lettera “Q” i cui saggi di interesse sono stabiliti nella misura indicata nelle tabelle allegate al presente decreto;
gli interessi sono corrisposti insieme al capitale all’atto del rimborso dei buoni;
le somme complessivamente dovute per capitale ed interessi risultano dalle tabelle riportate a tergo dei buoni medesimi >>;
inoltre l’art 5 del citato D.M., dopo avere previsto al primo comma:
<< sono, a tutti gli effetti, titoli della nuova serie ordinaria, oltre ai buoni postali fruttiferi contraddistinti con la lettera “Q”, i cui moduli verranno forniti dal Poligrafico dello Stato, i buoni della precedente serie “P” emessi dal 1 luglio 1986 >>, al successivo comma 2 ha disposto:
<< per questi ultimi verranno apposti, a cura degli uffici postali, due timbri:
uno sulla parte anteriore, con la dicitura “Serie Q/P”, l’altro, sulla parte posteriore, recante la misura dei nuovi tassi La questione sopposta al vaglio della Corte di Appello con l’interposto gravame è stata più volte esaminata dalla Corte di Cassazione che ha costantemente affermato che l’emissione di una nuova serie di buoni utilizzando i supporti cartacei della serie precedente (P), mediante l’apposizione, sulla parte anteriore, del timbro che indica la nuova serie (Q/P) e, sulla parte posteriore, del timbro recante la misura dei nuovi tassi, che però non copre integralmente la stampa dei tassi d’interesse della precedente serie, lasciando scoperta la parte relativa all’ultimo decennio, non consente al possessore del titolo di pretendere, per tale decennio, gli interessi (più favorevoli) previsti per la vecchia serie. In particolare il Supremo Collegio ha affermato che l’imperfezione dell’operazione materiale di apposizione del timbro non ha valore di manifestazione di volontà negoziale rilevante e non determina un errore sulla dichiarazione, essendo, anzi, chiaro che l’accordo ha avuto ad oggetto i buoni di nuova serie e dovendosi, comunque, tenere conto che, ai sensi dell’art. 1342 comma 1 c.c., in caso di moduli predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, le clausole aggiunte prevalgono su quelle precedentemente scritte, qualora siano con esse incompatibili ( cfr. Cass. 4384/2022; Cass. n. 4784/2022; Cass. n. 4763/2022; Cass. n. 87/2023; Cass. n. 122/2023).
Di poi la Corte di Cassazione, ribadendo quanto affermato nelle precedenti pronunce, ha rimarcato che in tema di buoni postali fruttiferi, poiché l’interpretazione del testo contrattuale deve raccordare il senso letterale delle parole alla dichiarazione negoziale nel suo complesso, non potendola limitare a una parte soltanto di essa, l’indicazione, per i buoni postali della serie “Q/P”, di rendimenti relativi alla serie “P” per l’ultimo periodo di fruttuosità del titolo non è in sé decisivo sul piano interpretativo, in presenza della stampigliatura, sul buono, di una tabella sostitutiva di quella della serie ‘P’, in cui erano inseriti i detti rendimenti, tanto più ove si consideri che la tabella in questione adotta una modalità di rappresentazione degli interessi promessi che risulta eccentrica rispetto a quella di cui alla precedente tabella, così da rendere evidente l’assenza di continuità tra le diverse previsioni, di talché, in presenza di un’ incompleta o ambigua espressione della volontà delle parti quanto ai la serie che interessa, dal decreto ministeriale richiamato dal primo comma del predetto articolo ( cfr. Cass. n. 22619/2023, Cass. n. 6805/2024).
Orbene, applicando al caso di specie i suindicati principi di diritto, è agevole concludere che non è possibile aderire alla tesi degli appellanti incentrata sulla considerazione che, assumendo rilevanza la dicitura presente sul buono postale, gli interessi relativi all’ultimo decennio dovrebbero essere calcolati sulla base dei rendimenti relativi alla serie P. Merita, ancora di essere evidenziato che non vi è spazio per ritenere che gli appellanti con riferimento al tasso di interesse in questione abbiano fatto legittimo affidamento sul tenore della dicitura presente sul buono postale non coperta dal timbro che prevedeva i nuovi tassi di interesse per la serie Q/P. I sottoscrittori del titolo, infatti, erano ben consapevoli di acquistare un buono postale della serie Q/P, come desumibile dal timbro apposto sul titolo idoneo a richiamare la normativa ad esso applicabile, sicchè erano nelle condizioni di percepire, limitatamente all’ultimo decennio di durata del titolo, l’evidente discrasia esistente tra i tassi di interesse risultanti dal documento e quelli previsti dalla disciplina legale applicabile. D’altronde gli appellanti a sostegno della loro tesi hanno richiamato la sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite n. 13979/2007 che riguarda un caso del tutto diverso da quello in esame;
nella vicenda esaminata dal Supremo Collegio, infatti, il buono postale non conteneva alcun indice in ragione del quale il sottoscrittore potesse supporre che le condizioni applicabili per il calcolo degli interessi non fossero quelle risultanti dal documento medesimo sicchè ricorrevano le condizioni per accordare rilevanza e prevalenza al dato testuale a tutela dell’incolpevole affidamento del sottoscrittore del titolo ( cfr. Cass. Sezioni Unite n. 13979/2007 anche in motivazione ; Cass. n. 4384/2022 in motivazione)
5.
Le argomentazioni esposte conducono al rigetto del gravame e alla conseguente conferma della sentenza impugnata.
dell’appellata;
tali spese vanno liquidate come in dispositivo, secondo la tariffa vigente, tenendo conto del valore della controversia e dell’attività professionale espletata.
Infine va dato atto che sussistono i presupposti di cui all’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002 (comma introdotto dalla legge n. 228/2012) per il versamento da parte degli appellanti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la presente impugnazione, se dovuto.
La Corte di Appello di Salerno, II Sezione Civile, definitivamente pronunciando sull’appello proposto in proprio e in qualità di eredi di nei confronti di avverso l’ordinanza emessa, ai sensi dell’art. 702 ter c.p.c., dal Tribunale di Salerno in data 5/10/2021 nell’ambito del procedimento n.10207/2018, così provvede:
1. rigetta l’appello e per l’effetto conferma la sentenza impugnata;
2. condanna gli appellanti al pagamento in solido delle spese processuali del presente grado di giudizio in favore dell’appellata, spese che liquida in euro 2.906,00 per compenso professionale, oltre rimborso forfettario spese generali, I.V.A. e C.P.A. nella misura e come per legge;
3. dichiara la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002 (comma introdotto dalla legge n. 228/2012) per il versamento da parte degli appellanti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la presente impugnazione.
Salerno, 12/6/2024
Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME
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Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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