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Caduta su strada sconnessa: rigettata la richiesta di risarcimento

La sentenza affronta il tema della responsabilità da cose in custodia (art. 2051 c.c.) in relazione alla manutenzione delle strade. Il giudice ha stabilito che, pur essendo presente un dovere di custodia da parte dell’ente proprietario, la responsabilità non è automatica ma richiede la prova dell’esistenza di una situazione anomala, del nesso causale con l’evento dannoso e l’assenza di un concorso di colpa del danneggiato.

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Pubblicato il 21 gennaio 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

R.G. 8469/2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI NAPOLI II

SEZIONE CIVILE IN

COMPOSIZIONE MONOCRATICA,

IN PERSONA DELLA DOTT.SSA NOME COGNOME ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._323_2025_- N._R.G._00008469_2021 DEL_09_01_2025 PUBBLICATA_IL_13_01_2025

nella causa iscritta al N.R.G. 8469/2021 TRA , C.F. , rappresentato e difeso, giusto mandato in calce all’atto di citazione, dall’avv. NOME COGNOME in persona del Sindaco p.t., rapp.to e difeso, giusta procura speciale alle liti allegata alla comparsa di costituzione di nuovo difensore depositata in data 09.09.2022, dall’Avvocatura Municipale a mezzo dell’avv. NOME COGNOME CONVENUTO Oggetto: responsabilità extracontrattuale

Conclusioni:

come da atti di causa e note di trattazione scritta per l’udienza del 04.10.2024

RAGIONI DI FATTO

E DI DIRITTO

Con atto di citazione notificato in data 01 aprile 2021, assumeva che il giorno 09 dicembre 2018, intorno alle ore 16.00, mentre percorreva come pedone la INDIRIZZO giunto alla intersezione con INDIRIZZO era caduto al suolo a causa della presenza di un dislivello del manto stradale, non segnalato né visibile, determinato da un chiusino sconnesso rispetto al manto stradale e contornato di sampietrini basculanti, riportando lesioni personali.

Pertanto, ritenendo che il sinistro fosse ascrivibile all’insufficiente manutenzione del manto C.F. costituiva il il quale eccepiva in rito la nullità dell’atto di citazione per la genericità della domanda e, nel merito, contestava l’imputabilità a sé dell’evento ritendo che esso, al contrario, fosse riconducibile a colpa esclusiva del danneggiato.

La causa veniva istruita mediante l’acquisizione della documentazione prodotta e l’espletamento della prova orale.

All’udienza del 04 ottobre 2024, svolta nelle forme della trattazione scritta, questo giudice riservava la causa in decisione con decorrenza dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. dal successivo 8 ottobre.

Si osserva in diritto.

1. In via preliminare, va rilevata l’infondatezza dell’eccezione di nullità dell’atto di citazione.

L’attore ha, infatti, seppure succintamente, esposto le ragioni di fatto e di diritto poste alla base della domanda, nel rispetto delle disposizioni di cui all’art. 163 n. 4-5 c.p.c. D’altra parte, il convenuto ha articolato, sin dall’atto di costituzione in giudizio, contestazioni anche nel merito, di talchè certamente nessun pregiudizio si è verificato per l’esercizio del suo diritto di difesa.

2.

Nel merito la domanda è infondata.

2.1.

Ritiene il Tribunale che la fattispecie, così come prospettata dall’istante, vada correttamente ricondotta nell’alveo dell’art. 2051 c.c. E’ noto, infatti, che i più recenti arresti della S.C. in tema di beni demaniali (per es.: le strade) e di responsabilità del custode, mettono in evidenza come tale responsabilità per i danni provocati dalla cosa in custodia trovi applicazione anche in relazione ai suddetti beni, in quanto l’obbligo di custodire il bene, sussistente a carico del ai sensi dell’art. 2051, non può ritenersi escluso in ragione della sua estensione e dell’uso generalizzato cui il bene stesso è sottoposto, trattandosi di mere figure sintomatiche di un’impossibilità della custodia da parte della p.a. smentita dalla circostanza che, ove una strada sia poi collocata all’interno del perimetro urbano del territorio presidiato dall’autorità comunale, se ne deve presumere un effettivo potere di controllo in capo a quest’ultima, in quanto proprietaria. Peraltro, la custodia si concretizza non solo nel compimento sulla cosa degli interventi riparatori successivi volti a neutralizzare, in un tempo ragionevole, gli elementi pericolosi non prevedibili che si siano comunque verificati, ma anche in un’attività preventiva che, sulla base di un proposito si osserva che, affinché possa configurarsi la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia, è in concreto sufficiente che sussista il nesso causale tra il bene e il danno arrecato, laddove tale tipo di responsabilità è esclusa dal caso fortuito, da intendersi nel senso più ampio, comprensivo del fatto del terzo, ivi incluso il fatto dello stesso danneggiato, purché si traduca in un’alterazione imprevista ed imprevedibile, oltre che non tempestivamente eliminabile o segnalabile, dello stato della cosa (cfr. Cass. Civ., sez. VI , 20/02/2019, n. 4963; Cass. Civ., sez. III , 05/03/2019 , n. 6326).

Ebbene, perchè possa operare la presunzione di responsabilità di cui alla norma citata è pur sempre necessario che, a monte, l’attore abbia provato la sussistenza del rapporto causale tra la cosa in custodia e il danno.

E ciò, mediante l’allegazione di un elemento intrinseco od estrinseco come fatto costitutivo idoneo a radicare il nesso eziologico; elemento della cui puntuale prova è evidentemente sempre onerato lo stesso istante (Cass. 6677/2011).

In altri termini, il danneggiato non può limitarsi a dedurre l’esistenza di un’anomalia nella res e ad allegare la sussistenza del nesso causale tra questa e l’evento dannoso ma è tenuto, in base agli ordinari criteri di ripartizione dell’onere probatorio, a dare prova positiva dell’esistenza del dedotto elemento di anomalia.

2.2.

Facendo applicazione dei principi sopra illustrati nel caso in esame, ritiene il Tribunale che non sia stata dimostrata la sussistenza della dedotta anomalia e del nesso causale tra questa e l’evento dannoso.

Valgano le considerazioni che seguono.

Occorre preliminarmente rilevare che l’istante ha genericamente dichiarato di essere caduto, mentre percorreva come pedone la INDIRIZZO a causa della presenza di un dislivello del manto stradale, determinato da un tombino sconnesso rispetto al manto stradale e contornato di sampietrini basculanti.

Null’altro ha precisato in ordine alla specifica dinamica dell’incidente.

Alla evidente genericità della prospettazione dell’attore è seguita, poi, sul piano istruttorio, la carenza di prova dei fatti costitutivi della domanda.

Con specifico riferimento alla presenza e alla natura della dedotta anomalia, il primo teste escusso, ha dichiarato:

“Stavamo facendo una passeggiata per INDIRIZZO all’altezza dell’incrocio con INDIRIZZO) si è bloccato ed è caduto avanti.

Poi abbiamo ”.

Analogamente, l’altro teste, ha riferito:

“ è inciampato perché il piede sinistro è rimasto bloccato tra un sanpietrino e il tombino.

È caduto in avanti.

(…) vicino al tombino mancavano dei sanpietrini e lui è inciampato ”.

Ciò posto, occorre preliminarmente osservare che, sebbene fosse evidentemente nella possibilità di farlo, inspiegabilmente, l’istante non ha provveduto a depositare alcun rilievo fotografico raffigurante in maniera completa lo stato dei luoghi, così contravvenendo all’elementare dovere di lealtà e trasparenza processuale:

l’unica fotografia in atti, infatti, riproduce solo un dettaglio dello stato dei luoghi e, precisamente, il punto esatto in cui, secondo la deposizione dei testi, sarebbe caduto l’attore.

Tuttavia, l’esame dell’unica foto esibita dall’istante, peraltro poco chiara e di scarsa risoluzione, trattandosi di una rappresentazione fotografica in bianco e nero depositata in allegato all’atto di citazione, non consente di individuare la disconnessione che, a dire dell’istante e dei testimoni, ne avrebbe determinato la caduta.

Ed infatti, il tratto di strada in cui è caduto l’attore, sebbene composto da COGNOME, risulta complessivamente in buono stato di manutenzione, presentandosi privo di disconnessioni.

L’incompatibilità tra le evidenze fotografiche e la descrizione dello stato dei luoghi fatta dai testi, basterebbe, ad avviso di chi scrive, a ritenere non sufficientemente provata la domanda.

D’altro canto, va rammentato che, secondo il consolidato insegnamento della Suprema Corte, poiché il caso fortuito è da intendersi nel senso più ampio, comprensivo del fatto del terzo, ivi incluso il fatto dello stesso danneggiato, nella fattispecie della responsabilità da cosa in custodia, il comportamento colposo del danneggiato può – in base ad un ordine crescente di gravità – o atteggiarsi a concorso causale colposo valutabile ai sensi dell’art. 1227, primo comma, c.c., ovvero escludere il nesso causale tra cosa e danno e, con esso, la responsabilità del custode integrando gli estremi del caso fortuito rilevante a norma dell’art. 2051 c.c. Nella specie, dall’esame del menzionato unico rilievo fotografico prodotto, si evince che la strada dove è accaduto il fatto, pur risultando complessivamente in buono stato di manutenzione, è composta da sanpietrini i quali, per loro natura, non possono essere perfettamente uniformi tra loro, oltre che perfettamente livellati rispetto ai tombini poggiati sul fondo stradale. Ne consegue che, pur a voler ritenere provato, quantunque in via presuntiva, che l’istante sia (che, tra l’altro, neppure può considerarsi anomalo in quanto caratteristico di tutto il centro storico cittadino), il comportamento dell’attore avrebbe dovuto essere improntato ad un onere di massima prudenza in quanto la situazione di pericolo di caduta era, in ogni caso, prevedibile.

Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, dunque, la domanda va rigettata.

3. Le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo secondo le nuove tariffe di cui al Decreto Ministero Giustizia n. 55/2014 come modificato dal D.M. 147/2022 da applicarsi a tutte le liquidazioni successive alla sua entrata in vigore (23.10.2022), tenuto conto dell’effettivo valore della causa ed applicato il valore medio di liquidazione delle varie fasi effettivamente svoltesi come previsto da detto decreto, ridotto in considerazione della complessità delle questioni trattate e dell’esito del giudizio.

Il Tribunale di Napoli, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando sulla causa iscritta al N.R.G. 8469/2021, così provvede:

A) Rigetta la domanda dell’attore;

B) Condanna l’attore, al pagamento, in favore del convenuto, delle spese di lite che liquida in complessivi € 3.583,90 (di cui € 3.553,90 per compensi ed € 30,00 per spese) , oltre rimborso spese forfettario pari al 15% del compenso totale ex art. 2 co.2 D.M. 55/2014, oltre IVA e CPA;

Così deciso in Napoli, il 9 gennaio 2025.

Il Giudice Dott.ssa NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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