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Caratteri distintivi del contratto di agenzia

Caratteri distintivi del contratto di agenzia, continuità e stabilità dell’attività dell’agente, diretta a promuovere la conclusione di contratti.

Pubblicato il 08 May 2021 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI ROMA
SEZIONE LAVORO – PRIMO GRADO 3^

IL GIUDICE, Dott., quale giudice del lavoro, all’udienza del 30 aprile 2021 ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 4138/2021 pubblicata il 30/04/2021

nella causa iscritta al n. /2020 R.G e vertente

TRA

XXX SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in, rappresentata e difesa dall’Avv. per procura in atti (parte opponente)

E

FONDAZIONE ENASARCO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in, rappresentata e difesa dall’Avv. per procura in atti (parte opposta)

FATTO E DIRITTO

La XXX srl ha chiesto revocare, con vittoria di spese e danni ex art. 96,comma 3, c.p.c., il decreto ingiuntivo n. /2020, avente ad oggetto il pagamento alla Fondazione Enasarco della somma di €16.322,74, oltre spese e accessori, e di dichiarare che nulla è conseguentemente dovuto dalla ricorrente alla Fondazione Enasarco a titolo di contributi e sanzioni stante l’insussistenza della violazione contestata, avendo instaurato con i soggetti interessati solo un rapporto di procacciamento d’affari.

La Fondazione Enasarco, dal canto suo, si è costituita contestando il fondamento dell’opposizione e chiedendone il rigetto.

E’ stata tentata inutilmente la conciliazione.

Infine all’odierna udienza il giudice ha invitato le parti alla discussione e, all’esito della successiva camera di consiglio, la causa è stata decisa con la lettura del dispositivo ed il deposito della presente sentenza contestuale telematica contenente l’esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione.

****

Risulta dagli atti che, rispetto al periodo dal 01.07.2013 al 30.06.2018 con verbale conclusivo di Accertamento Ispettivo del 5.11.2018, veniva contestata all’opponente la seguente violazione: “La verifica ispettiva qui verbalizzata accerta il debito Contributivo maturato dalla Ditta XXX SRL di nei confronti della Fondazione Enasarco, per gli anni dal 3° trimestre 2013 al 2° trimestre 2018, periodo non prescritto. … da quanto in nostro possesso rileviamo che la Ditta in oggetto si è avvalsa della collaborazione di promotori commerciali senza mandato di agenzia.(…) La verifica ispettiva fotografa attraverso: l’assenza di Mandati stipulati tra le parti, la natura giuridica dei soggetto agenziali (vedi matricola Enasarco), la registrazione alla Camera di Commercio, la tipologia delle fatture emesse, per i periodi di collaborazione e le competenze spettanti, che seppur non presentino la quota contributiva testimoniano ugualmente la continuità e la concretezza del rapporto di collaborazione per la promozione commerciale, al di là del nomen juris utilizzato; gli elementi normativi e procedurali riferiti agli Art. 1742 1752 come da Direttiva CEE 653/86; Decreti Legislativi 303/91 – 65/99; Legge Comunitaria 526 e D.P.R. 16.01.61 n. 145 e D.P.R. 26.12.60 N. 1842. Che riconducono la natura del rapporto in quello di un chiaro rapporto di agenzia con gli agenti di commercio per i quali procediamo a regolarizzazione contributiva per il periodo debitorio di riferimento: 1. *** (matr.) per contributi relativamente al 2015 per euro 2930,00, in virtù delle 6 fatture emesse per le competenze provvisionali relative. 2. *** (matr.) per contributi relativamente al 2015 per euro 3577,94, in virtù delle 6 fatture emesse per le competenze provvisionali relative. 3. *** (matr.) per contributi relativamente al 2015 per euro 1431,84, in virtù delle 6 fatture emesse per le competenze provvisionali relative. 4. *** cod. fiscale  (presente in Camera di Commercio con la qualifica di procacciatore) per contributi relativamente al 2015 per euro 1549,04, in virtù delle 4 fatture emesse per le competenze provvisionali relative. (…) possiamo confermare che i soggetti in predicatio, hanno promosso, in maniera continuativa, la conclusione di contratti di vendita nelle zone concordate percependo il compenso provvisionale ivi stesso stabilito” .

Il decreto opposto si fonda proprio su tale verbale ispettivo e ha ad oggetto la somma di € 16.322,74, di cui € 9.488,82 per omesso pagamento di contributi previdenziali, € 6.583,92 per sanzioni ricalcolate ex art. 34 ed € 250,00 per sanzioni pecuniarie ex art. 40 del nuovo Regolamento delle Attività Istituzionali della fondazione Enasarco, oltre interessi di legge dalla maturazione del diritto e spese della procedura, liquidate in complessivi € 940,00.

Secondo quanto si legge nel ricorso in opposizione si sarebbe trattato invece di procacciatori d’affari e ciò emergerebbe già dal numero delle fatture rilevate (massimo 6 e in un caso solo 4).

La società non contesta le risultanze del verbale ispettivo ma ritiene che queste non consentirebbero comunque di far ritenere che i rapporti intercorsi dai soggetti ivi indicati con la società esponente fossero da ricondurre al rapporto di agenzia. Non risulterebbe difatti comprovato, innanzitutto, “l’obbligo di svolgere l’attività di promozione dei contratti”. E ciò proprio perché, come rilevato dagli stessi ispettori,

“La verifica ispettiva fotografa attraverso: l’assenza di Mandati stipulati tra le parti …” ed in assenza di mandati sarebbe impossibile ipotizzare che possa esistere a) un obbligo dei signori ***, ***, *** e *** di concludere affari per l’esponente; b) una stabilità, intesa quale continuità e durata di quell’obbligo.

Circa i periodi di collaborazione, come riportato nello stesso verbale ispettivo (v. pag. 6 – all. 2), a fronte di un periodo oggetto di verifica concernente gli anni dal 3° trimestre 2013 al 2° trimestre 2018 – ovvero ben 5 anni – oggetto di contestazione risulterebbe solo che l’attività di procacciamento d’affari, sì come correttamente fatturata, è avvenuta solo nell’anno 2015. Infatti, con riferimento a quanto riportato nel predetto verbale nella “DISTINTA DEI VERSAMENTI DA EFFETTUARSI SUI FONDI ENASARCO E RELATIVI ALL’ANNO 2015”, per i vari collaboratori, i periodi di asserita evasione non ricoprono neppure l’intero anno solare (cfr. pag. 8 – all. 2).

Quanto poi alla fatturazione dei vari collaboratori, dallo stesso verbale ispettivo, ove si riporta il numero di fatture emesse dai singoli procacciatori (4/6), emergerebbe chiaramente che l’impegno profuso non presenta soluzione di continuità. In ordine alle competenze fatturate, dovrebbe essere semplicemente confermata l’affermazione giurisprudenziale per cui “ (…) le modalità di pagamento del compenso sono di per sé neutre ai fini della definizione del rapporto; così come si può avere un agente anche in presenza di compensi esigui, analogamente il procacciatore d’affari può essere remunerato con importi elevati in tranches cadenzate, ma sempre nell’ambito di un rapporto caratterizzato dall’occasionalità e non dalla stabilità” (Trib. Roma, sez. lavoro, 09.12.2015, n. 10808).

La periodicità e l’importo delle fatturazioni oggetto di contestazione, pertanto, non potrebbero determinare di per sé la natura del rapporto lavorativo.

Insomma, sia il lasso temporale oggetto di contestazione (anno 2015), sia il numero di fatture contestate (4/6) sarebbero elementi sintomatici di un’attività del tutto sporadica. Tanto più che, nello stesso verbale di ispezione del 05.11.2018, si legge che “(…) la Ditta in oggetto si è avvalsa della collaborazione di promotori commerciali senza mandato di agenzia.”. Invero, il discrimine sarebbe da intravedersi nella sostanziale “stabilità” dell’agente, da intendersi come sussistenza di un obbligo giuridicamente vincolante in base al quale l’intermediario deve procedere alla ricerca, acquisizione e cura della clientela. In poche parole, come evidenziato anche dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la Direttiva CEE n. 86/653 all’art. 1, paragrafo 2, richiede ai fini della qualificazione dell’intermediario come “agente” la sussistenza, tra l’altro, della stabilità del rapporto, ovvero “(…) deve essere contrattualmente vincolato in maniera permanente al preponente” (Corte Giustizia Unione Europea, sez. IV, 21.11.2018, n. C-452/17). Non potrebbe dunque ravvisarsi, nei rapporti di collaborazione oggetto di contestazione, nessuna stabilità, intesa come obbligatorietà ed osservanza di un impegno contrattuale.

In riferimento poi alla posizione della sig.ra ***, la stessa non risulterebbe neppure iscritta alla fondazione opposta, essendo invece “presente in Camera di Commercio con la qualifica di procacciatore”.

****

Se è vero che l’iscrizione all’albo degli agenti è oggi assolutamente irrilevante (v., tra le più recenti, Cass. n. 12197/2020 su cui si tornerà in seguito), per il resto le argomentazioni dell’opponente appaiono persuasive e non vengono affatto smentite dalla Fondazione che, quanto al contenuto reale delle prestazioni e alle relative modalità di svolgimento, si limita ad affermare (v. comparsa di costituzione) che: “I suddetti agenti, invero, per poter “segnalare” alla preponente il nominativo delle società interessate ad acquistare i prodotti di XXX s.r.l. dovevano necessariamente prima promuovere e propagandare i prodotti presso i clienti. Ne discende che, nel caso in esame, sussiste pienamente l’attività promozionale per la conclusione dei contratti tipica del rapporto di agenzia”, senza chiedere di provare nulla.

Viene invocata in tal modo una sorta di presunzione non dimostrata tanto più alla luce del numero esiguo delle fatture e del breve periodo di riferimento.

E’ noto che il giudice, senza essere vincolato dal c.d.”nomen iuris”, deve accertare, sulla base delle concrete allegazioni, produzioni e istanze istruttorie delle parti, se il rapporto abbia avuto le caratteristiche, in concreto, del rapporto di agenzia (tra le altre: Cass. n. 9086/2014, Cass. n. 9686/2009, Cass. n. 16342/2002, Cass. n. 1078/99 e Cass. n. 5569/98).

E’ inoltre vero che il verbale di accertamento non ha valore probatorio assoluto e che resta a carico della Fondazione Enasarco, attore in senso sostanziale, l’onere di provare i tratti qualificanti del rapporto di agenzia ex art. 1742 codice civile, persino ove sia stato convenuto in un giudizio di accertamento negativo, con la conseguenza che la sussistenza del diritto contributivo deve essere sempre comprovata proprio dall’ente (in tal senso la costante giurisprudenza della Suprema Corte, v, ad es., Cass. n.19762/2008; Cass. n. 22862/2010; Cass. n. 12108/2010 e Cass. n. 14965/2012).

Tuttavia, nel caso di specie, come si è detto, la Fondazione non ha chiesto di provare nulla e si è limitata richiamare il verbale di accertamento e la documentazione raccolta dagli ispettori.

****

Come si è visto l’opponente ha contestato in modo specifico che si sia trattato di rapporti d’agenzia indicando in modo specifico le ragioni di tale contestazione, ricavabili dallo stesso verbale ispettivo.

Al contrario, secondo quanto affermato dalla Fondazione, che non specifica in alcun modo, e comunque non dimostra e non chiede di dimostrare, quali sarebbero state le concrete modalità di svolgimento delle prestazioni dei presunti agenti, la prova dell’esistenza di un rapporto di agenzia si dovrebbe ricavare dalla presunta stabilità dei suddetti rapporti, che sarebbero stati caratterizzati dal c.d. diritto di esclusiva. Nello specifico il rapporto con la sig.ra *** è durato dal primo al terzo trimestre del 2015, quello con il sig. *** per tutto l’anno 2015, quello con la sig.ra *** dal secondo al quarto trimestre del 2015 e quello con il sig. *** dal primo al terzo trimestre 2015. Da tali collaborazioni, inoltre, sarebbero derivati dei redditi non esigui che difficilmente sarebbero potuti nascere da rapporti occasionali di procacciamento di affari, consistenti, come noto, in un’attività di semplice segnalazione di clienti da inviare saltuariamente alla preponente.

Ma poi proprio la fondazione indica importi quasi tutti niente affatto particolarmente elevati e certamente compatibili con il procacciamento d’affari. In particolare, la sig.ra Barbagallo ha emesso fatture a titolo di compenso, nei confronti della società preponente per l’importo di € 9.773,70 nei primi tre trimestri del 2015, il sig. *** per € 24.422,72 per l’intero anno 2015 (doc. 7), la sig.ra *** per € 10.573,71 per tre trimestri del 2015 (doc. 8 ) e il sig. *** per € 64.770,13 per i primi tre trimestri del 2015 (doc. 9 della Fondazione).

Anche gli altri presunti elementi sintomatici dell’agenzia non appaiono decisivi come la cadenza delle fatture, emesse con precisa cadenza mensile e con numerazione progressiva, che rispetto ad un così breve periodo di tempo e ad una manciata di fatture, non dimostrano affatto la presunta stabilità.

Quanto poi al presunto riferimento dell’incarico ad una determinata zona è sufficiente ricordare che: Non rileva che l’incarico di procacciamento risulti attribuito in relazione ad una zona, perché tale circostanza non prova che l’attività di promozione nella zona assegnata fosse contrattualmente obbligatoria: al contrario, come già rilevato, militano la durata del rapporto e l’esiguità delle provvigioni corrisposte che depongono nel senso di un’attività occasionale…”.(così espressamente, Corte D’Appello di Roma, sentenza n. 33 dell’11.1.2019).

Analoghe considerazioni vanno ripetute, per il sig. ***, rispetto alla circostanza che compensi percepiti erano stati assoggettati alla ritenuta Enasarco menzionata su ogni singola fattura (doc. 7 della Fondazione).

Mentre l’esclusiva non costituisce affatto elemento essenziale del rapporto di agenzia e non viene a sua volta neanche dimostrata dalla Fondazione.Questa non è affatto prevista dai contratti e di certo non si può affermare la sua esistenza per il solo fatto che non è stata “espressamente esclusa” come pretende la Fondazione opposta.

Come è noto il rapporto di agenzia è caratterizzato dalla stabilità dell’incarico e dalla continuità delle prestazioni (Cass. n. 5372/98; Cass. n. 1553/99; Cass. n. 10265/98).

In ciò consiste la differenza rispetto al procacciatore di affari che si limita a raccogliere, senza vincolo di stabilità e in via del tutto occasionale, le ordinazioni del cliente, provvedendo successivamente a comunicarle al proponente.

La giurisprudenza ha quindi affermato che l’attività del procacciatore, non vincolato ma semplicemente autorizzato ad attuarla se ed in quanto lui stesso ne ravvisi la necessità, è priva del requisito della stabilità tipico del contratto di agenzia.

Quanto agli elementi della fattispecie, la giurisprudenza della Suprema Corte (come Cass. n. 5569/98) ha ulteriormente precisato che “caratteri distintivi del contratto di agenzia…… sono la continuità e la stabilità dell’attività dell’agente, diretta a promuovere la conclusione di contratti per conto del preponente nell’ambito di una zona (Cass. 24 giugno 2005 n. 13629) realizzando in tal modo con quest’ultimo una non episodica collaborazione professionale autonoma, con risultato a proprio rischio e con l’obbligo naturale di osservare, oltre alle norme di correttezza e di lealtà, le istruzioni ricevute dal preponente medesimo. Invece, il rapporto di procacciatore di affari – che ha carattere atipico, si concreta nella più limitata attività di chi, senza vincolo di stabilità ed in via del tutto episodica, raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendo le commissioni (Cass. 21 dicembre 1982 n.7072; 4 dicembre 1989 n. 5322; 16 gennaio 1993 n. 1916; 9 dicembre 2003, n. 18736, 24 febbraio 2009 n. 4422, 4 settembre 2013 n. 20322, 5 febbraio 2014 n. 2636, 1.2.2016 n.1856, 14.3.2018 n. 6321, ecc.).

Spesso non è facile distinguere tra le due figure ed in questi casi è deciso l’esame della documentazione contabile in relazione alla durata del rapporto.

Documentazione contabile e durata del rapporto che, per le ragioni esposte, nel nostro caso non fornisce però la prova richiesta.

Insomma, a fronte delle specifiche contestazioni della controparte,l’ente ha cercato di rispondere senza però essere in grado di fornire i necessari elementi di riscontro al giudice, a parte la precisazione che alcuni di questi rapporti sono durati (quasi) un anno e a parte la periodicità delle poche fatture di riferimento.

Peraltro, non basta affermare che sono state emesse costantemente fatture provvisionali di un ammontare “non esiguo”se poi non si forniscono dati di alcun genere relativi anche all’effettiva incidenza dell’operato dei presunti agenti sul volume complessivo degli affari della ricorrente.

Non si capisce, insomma, in che cosa consisterebbe il rilevante apporto rispetto alle vendite.

Tutto resta sul generico.

Né di certo potrebbe essere condivisa l’affermazione secondo la quale l’esiguità degli affari conclusi non escluderebbe la configurabilità di un rapporto di agenzia.

Troppo poco, evidentemente, specie ove si consideri la carenza di allegazioni quanto alle modalità di svolgimento delle prestazioni, in alcun modo precisate dall’ente. Considerando i ben noti limiti probatori del verbale di accertamento è evidente che l’Enasarco, in presenza di una specifica e tempestiva contestazione da parte della società ricorrente, non può invocare il principio della fede privilegiata dell’atto pubblico considerando, oltretutto, che la contestazione della società opponente si fonda proprio su quanto risulta con certezza dal verbale ispettivo.

Né, lo si ripete, è stata chiesta alcuna prova (testimoniale o di altro genere) dall’Enasarco.

Ne consegue che la causa deve essere necessariamente decisa in base a quanto risulta dagli atti e dalla documentazione prodotta e che il giudice deve prendere atto della circostanza che le allegazioni e produzioni dell’Ente non riescono a individuare l’esistenza in capo agli interessati degli obblighi tipici dell’agente.

E nemmeno dimostrano che questo sia stato il contenuto prevalente dei rapporti per i quali è stata chiesta la contribuzione.

E’ proprio questo il punto decisivo della controversia.

Di fatto non vi è stato alcun reale accertamento per ciò che concerne le concrete modalità di svolgimento delle prestazioni (nessun accertamento è stato chiesto neanche nel presente giudizio e nella comparsa di costituzione non è dato rinvenire alcun riferimento a direttive o istruzioni tipiche del rapporto d’agenzia) e la Fondazione è costretta a ricorrere a circostanze di carattere presuntivo, o del tutto neutre, o pienamente compatibili con un rapporto di procacciamento d’affari sottolineando, in particolare, la prassi di emettere fatture “periodiche”.

Pur essendo noto che: ” il procacciatore di affari si distingue dall’agente vuoi perché questi ha il potere – e non l’obbligo – di promuovere affari, vuoi perché esso non ha l’obbligo di osservare le istruzioni impartite dal committente“(Trib. di Roma sent. n.5246/2020; v. anche Cass. ord. n.16565/2020 che ribadisce la necessità della prova da parte della Fondazione Enasarco dell’esistenza di tali obblighi).

Se dal verbale di accertamento non si ricavano affatto univoci e sicuri elementi, l’Enasarco avrebbe dovuto articolare una idonea prova idonea a dimostrare, in relazione a ciascuna specifica posizione, l’esistenza dei vincoli tipici di un rapporto di agenzia.

Le allegazioni dell’Enasarco si risolvono alla fine in formule di stile del tutto generiche, quanto al presunto carattere stabile e continuativo dell’attività, che nulla dicono circa le concrete modalità di svolgimento delle prestazioni.

La Fondazione resistente afferma che i rapporti dovrebbero essere qualificati come di agenzia per il solo fatto di essere durati un anno (si ribadisce, rispetto ad una verifica ispettiva dell’ente relativa a ben 5 anni) con ricezione di regolari provvigioni.

In realtà i principi di derivazione dottrinale e giurisprudenziale invocati dall’Enasarco si riferiscono alle ipotesi in cui sia stata raggiunta la prova dell’esistenza di uno specifico obbligo a svolgere in modo stabile e continuativo attività promozionale della conclusione di contratti nell’interesse della mandante.

Se i contratti invece, come si è visto, escludono o comunque non prevedono l’esistenza di un simile obbligo, proprio la Fondazione Enasarco, non essendo decisivo ma neanche irrilevante il “nomen iuris”, avrebbe dovuto fornire la relativa dimostrazione rispetto a prestazioni di non lunga durata.

Con la precisazione che la dedotta (dalla Fondazione) “autonomia” connota analogamente le prestazioni dell’agente e quelle del procacciatore d’affari e che anche la dizione “saldi” che si legge su alcune fatture (peraltro solo per la sig.ra Barbagallo) non dimostra nulla.

Del resto, come rilevato dalla Suprema Corte (Cass. n. 5569/98 e altre conformi), se il conferimento dell’incarico non risulta da elementi di prova diretta non può essere certo desunto induttivamente dal fatto che siano stati trasmessi alla pretesa ditta preponente un certo numero di ordini.

Ben possono applicarsi allora al caso in esame i principi affermati dalla Corte d’Appello di Roma secondo la quale per sussistere un rapporto di agenzia occorre la stabilità dell’obbligo di concludere affari per il preponente e quindi “… una non episodica collaborazione professionale autonoma con risultato a proprio rischio e con l’obbligo naturale di osservare, oltre alle norme di correttezza e di lealtà, le istruzioni ricevute dal proponente medesimo; invece il rapporto di procacciatore d’affari si concreta nella più limitata attività di chi, senza vincolo di stabilità ed in via del tutto episodica, raccoglie le ordinazioni dei clienti, trasmettendole all’imprenditore da cui ha ricevuto l’incarico di procurare tali commissioni” (Corte d’Appello Roma, sez. Lavoro, 10.12.2019, n. 3667).

Mentre la Suprema Corte, con la recente ordinanza 22 giugno 2020, n. 12197, ha ribadito che in nessun modo la sola percezione di compensi provvisionali, oltretutto per importi quasi tutti molti contenuti come nel caso di specie, può dimostrare un rapporto d’agenzia, considerato che tale modalità è compatibile anche con i rapporti di procacciamento d’affari privi del carattere della stabilità.

Quanto esposto appare sufficiente ai fini dell’accoglimento del ricorso e il decreto ingiuntivo deve essere conseguentemente revocato.

Infine è necessario ricordare che nel rito del lavoro, stante il divieto delle udienze di mero rinvio, ogni udienza, compresa la prima, è destinata alla discussione e quindi all’immediata pronunzia della sentenza; né è in potere del giudice o delle parti di disporre diversamente, frazionando il processo in una moltitudine di udienze, contrarie al principio costituzionale di cui all’art. 111, 2° comma, Cost. (Cass. n. 27457 del 22 dicembre 2006).Il giudice in questo caso non è tenuto ad invitare le parti alla precisazione delle conclusioni, prima della pronuncia della sentenza, al termine dell’udienza, nella quale le stesse parti hanno facoltà di procedere alla discussione orale, rimessa, integralmente, alla loro discrezionalità, senza che ne risulti alcuna violazione del diritto di difesa (Cass. n. 13708 del 12.6.2007; Cass. n. 25575 del 22 ottobre 2008).

Le spese processuali, come liquidate in dispositivo ex DM 55/2014, seguono la soccombenza.

Non sussistono invece i presupposti per il risarcimento danni ex art. 96 c.p.c.

P.Q.M.

revoca il decreto ingiuntivo opposto (n. 1209/2020); condanna la Fondazione Enasarco a rifondere alla società opponente le spese di lite, liquidate in complessivi € 2500,00, oltre spese generali (15%), iva e cpa.

Roma 30.04.2021

IL Giudice

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