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Codice Civile
Codice Penale

Cartella di pagamento, prescrizione breve

Scadenza del termine per opposizione a cartella di pagamento, conversione del termine di prescrizione breve.

Pubblicato il 13 March 2023 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI ROMA

I° Sezione Lavoro e Previdenza

Composta dai Sigg.ri Magistrati:

all’esito dell’udienza del 9.2.2023 ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 524/2023 pubblicata il 28/02/2023

nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 1241 del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell’anno 2020, vertente

TRA

XXX S.r.l., rappresentato e difeso dall’avv.

Appellante

E

INPS, rappresentato e difeso dall’avv.

Appellato

E

I.N.A.I.L.

Appellato

E

Agenzia delle Entrate Riscossione

Oggetto:- appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 1177/2020 depositata il 5.2.2020

Conclusioni delle parti come in atti

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il ricorso di primo grado l’attuale appellante proponeva opposizione avverso intimazione di pagamento n°097 notificata in data 10.4.2018 con la quale veniva richiesto alla società il pagamento di € 657.237,39; specificava di contestare in particolare le 18 cartelle di pagamento poste a base, ed afferenti a crediti INAIL e INPS, e 7 avvisi di addebito dell’INPS, formulando eccezione di prescrizione. Rilevava invero che tutti gli atti posti a base dell’intimazione risultavano notificati tra il 16 settembre 2009 ed il 5 dicembre del 2012, quindi oltre i cinque anni antecedenti la notifica via PEC dell’intimazione di pagamento. Esponeva che l’art. 3 comma 9 della legge n. 335 del 1995 ha ridotto i termini di prescrizione , unificandoli, in 5 anni, in relazione a tutte le forme di assistenza e previdenza obbligatoria, e che nel caso in questione il termine risultava ampiamente decorso, poiché la prima delle cartelle/avvisi di pagamento risultava notificata il 16 settembre 2009 e l’ultima il 5.12.2012, quindi tra gli 8 e i 5 anni precedenti la notifica dell’intimazione di pagamento, avvenuta il 10 aprile del 2018. Quindi, anche citando le sentenza a Sezioni Unite n. 23397/2016, concludeva chiedendo l’annullamento dell’intimazione e la declaratoria di prescrizione dell’importo di euro 101.821,40, di spettanza dell’INPS e dell’’INAIL. L’Agenzia delle Entrate si costituiva tardivamente. All’udienza dell’8.5.2019 l’intimazione di pagamento veniva sospesa. Si costituivano invece sia l’INPS, anche se tardivamente, sia l’Inail, che eccepivano preliminarmente il proprio difetto di legittimazione passiva, spettando esclusivamente al Concessionario la dimostrazione di eventuali atti interruttivi della prescrizione.

Il giudice di primo grado con la sentenza gravata così statuiva:- “1-accoglie il ricorso, e per l’effetto annulla l’intimazione di pagamento n. , limitatamente alle cartelle e agli avvisi di intimazione INPS oggetto di impugnazione. 2-dichiara prescritti i crediti previdenziali di cui alle pp. da 3 a 6 e da 37 a 38 del documento di dettaglio del debito.3- Compensa le spese tra le parti”.

Con atto di gravame la XXX S.r.l. ha chiesto la riforma della sentenza in oggetto nella parte relativa alla statuizione sulle spese di lite – “Le spese vanno compensate, in considerazione del prevalere dell’opposto orientamento della prescrizione decennale dei crediti previdenziali per lungo tempo”. Ha invocato l’applicazione del principio della soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c., al fine di ottenere la condanna alle spese delle controparti da distrarsi.

Si sono costituiti l’INPS e l’INAIL, il primo eccependo la tardività dell’appello e nel merito la correttezza della decisione di primo grado, il secondo solo l’infondatezza nel merito dell’appello.

All’udienza odierna la causa è stata discussa e decisa come da dispositivo letto pubblicamente.

L’eccezione dell’INPS è infondata in quanto il termine ultimo per l’appello scadeva di sabato, rinviato quindi al lunedì successivo.

Il primo giudice ha ritenuto di compensare le spese “ in considerazione del prevalere dell’opposto orientamento della prescrizione decennale dei crediti previdenziali per lungo tempo”.

Osserva la Corte che già la Cassazione a Sezione Unite con la sentenza del 17 novembre 2016 n. 23397, ha fugato ogni dubbio in merito alla prescrizione cartella di pagamento dopo la notifica. La Corte ha statuito che il termine resta quello originariamente previsto per il credito sotteso alla cartella, senza che questa in alcun modo possa determinare l’applicazione del termine ordinario decennale.

“Il principio, di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo, o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito, ma non anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., si applica con riguardo a tutti gli atti – in ogni modo denominati

– di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, ovvero di crediti relativi ad entrate dello Stato, tributarie ed extratributarie, nonché di crediti delle Regioni, delle Province, dei Comuni e degli altri Enti locali, nonché delle sanzioni amministrative per la violazione di norme tributarie o amministrative e così via. Pertanto, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione (sostanziale) più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo”.

Alla sentenza predetta hanno fatto seguito in senso conforma Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 31352 del 04/12/2018, secondo cui “in tema di riscossione di crediti previdenziali, il subentro dell’Agenzia delle Entrate quale nuovo concessionario non determina il mutamento della natura del credito, che resta assoggettato per legge ad una disciplina specifica anche quanto al regime prescrizionale, caratterizzato dal principio di ordine pubblico dell’irrinunciabilità della prescrizione; pertanto, in assenza di un titolo giudiziale definitivo che accerti con valore di giudicato l’esistenza del credito, continua a trovare applicazione, anche nei confronti del soggetto titolare del potere di riscossione, la speciale disciplina della prescrizione prevista dall’art. 3 della l. n. 335 del 1995 invece che la regola generale sussidiaria di cui all’art. 2946 c.c.” ; Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 11335 del 26/04/2019 che ha precisato che “la scadenza del termine perentorio per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, produce soltanto l’effetto sostanziale della irretrattabilità del credito contributivo senza determinare anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo l’art. 3, commi 9 e 10, della l. n. 335 del 1995) in quello ordinario (decennale), ai sensi dell’art. 2953 c.c., restando irrilevante sia il subentro dell’Agenzia delle entrate quale nuovo concessionario, sia il fatto che l’art. 20, comma 6, del d. lgs. n. 112 del 1999 preveda un termine di prescrizione decennale per la riscossione, atteso che detto termine concerne il procedimento amministrativo per il rimborso delle quote inesigibili e non interferisce con lo specifico termine previsto per azionare il credito” ; Cas. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 32308 del 11/12/2019 in tema di diritto alla alla riscossione dei tributi erariali (IRPEF, IRES, IRAP ed IVA), dove, “in mancanza di un’espressa disposizione di legge, si prescrive nel termine ordinario di dieci anni e non nel più breve termine quinquennale, non costituendo detti crediti erariali prestazioni periodiche, ma dovendo la sussistenza dei relativi presupposti valutarsi in relazione a ciascun anno d’imposta”, Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1826 del 27/01/2020 dove si ribadisce che “la scadenza del termine perentorio per proporre opposizione a cartella di pagamento di cui all’art. 24, comma 5, del d.lgs. n. 46 del 1999, pur determinando la decadenza dalla possibilità di proporre impugnazione, non comporta anche la cd. “conversione” del termine di prescrizione breve (nella specie, quinquennale, secondo l’art. 3, commi 9 e 10, della l. n. 335 del 1995) in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., restando irrilevante il termine di prescrizione decennale contemplato dall’art. 1, comma 197, della l. n. 145 del 2018, che concerne il “riaffido” in riscossione, da parte dell’ente creditore al concessionario, dei crediti rispetto ai quali siano sorte irregolarità o falsità, già oggetto di dichiarazione di “saldo e stralcio” ai sensi del comma 184 e ss. dello stesso art. 1.”

Va poi considerato che a partire dal mese di gennaio 1996 i contributi di previdenza e di assistenza sociale obbligatoria si prescrivono in 5 anni e non più in 10. Dato che tale termine si applica anche alla cartella di pagamento la stessa si prescrive in 5 anni.

Quindi la motivazione del Tribunale appare tautologica ed affetta da illogicità tenuto conto che il diverso orientamento richiamato era stato ben superato definitivamente alla data di proposizione del ricorso di primo grado ( 21.5.2018).

Per le ragioni che precedono, considerato che in prime cure non vi è stata soccombenza reciproca e che la questione trattata non era nuova ed anzi aveva trovato definitivo assetto ben prima del deposito del ricorso di primo grado, che la motivazione addotta non integra una grave o eccezionale ragione ed anzi il richiamo al “prevalere per lungo tempo dell’opposto orientamento”, rende la motivazione illogica e priva di effettivo significato, il gravame va accolto.

Quindi le spese di primo grado vanno poste a totale carico del soccombente, titolare del credito prescritto e quindi legittimato passivo, come liquidate in dispositivo. Le spese del grado seguono, analogamente, la soccombenza.

P. Q. M.

La Corte in accoglimento dell’appello ed in parziale riforma della gravata sentenza, confermata nel resto, condanna le parti appellate, in solido fra loro, al pagamento delle spese di lite del doppio grado che si liquidano, per il primo in € 4.000,00 e per il secondo in € 3.700,00, oltre, per entrambe, al rimborso spese forfettarie iva e cpa. Spese da distrarsi ex art. 93 c.p.c. Roma, 9.2.2023

Il Presidente est.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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