REPUBBLICA ITALIANA
In Nome del Popolo Italiano
LA CORTE DI APPELLO DI ROMA
– Sezione Lavoro e Previdenza –
composta dai Signori Magistrati all’udienza del 25 febbraio 2021 ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 781/2021 pubblicata il 11/03/2021
nella causa civile in grado di appello iscritta al n. del Ruolo Generale Affari Contenziosi del 2019, vertente
TRA
XXX S.P.A., in persona del procuratore ing., rappresentata e difesa congiuntamente e disgiuntamente dall’avv.
– APPELLANTE –
E
YYY, rappresentato e difeso dall’avv., giusta procura allegata alla memoria di costituzione, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in
– APPELLATO –
Oggetto: appello avverso la sentenza n. /2018 del Tribunale di Cassino Sez. Lavoro depositata in data 9/10/2018 in materia di cassa integrazione guadagni straordinaria.
Conclusioni
Per l’appellante: “Voglia la Corte di Appello adita, previa fissazione dell’udienza di discussione, in riforma della sentenza impugnata, rigettare ogni avversa domanda in quanto infondata in fatto ed in diritto con conseguente statuizione anche in ordine alla restituzione da parte del lavoratore di ogni somma corrisposta dall’Azienda in ottemperanza alla stessa. Con vittoria di spese e competenze per entrambi i gradi di giudizio. In via istruttoria, si chiede ammettersi la prova per testi così come richiesta e articolata nella memoria di costituzione di primo grado, con i testi ivi indicati”.
Per l’appellato: “Piaccia l’Ecc.ma Corte di Appello adita, previa conferma della sentenza del Tribunale di Cassino n. del 09/10/2018, pubblicata in pari data, rigettare l’appello avverso in quanto per quanto esposto in premessa, inammissibile ex art.348 bis cpc e nel merito del tutto infondato in fatto e in diritto. Con vittoria di spese e compenso professionale del presente giudizio. In via istruttoria, in caso di ammissione di prova avversa si chiede ammettersi le proprie prove come articolate e richieste nell’atto introduttivo di I grado”.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Con la sentenza impugnata il Tribunale di Cassino, in funzione di giudice del lavoro, in accoglimento del ricorso presentato dall’odierno appellato YYY, dipendente della società convenuta a tempo indeterminato con inquadramento al livello E1 C.C.N.L. applicabile, qualifica di “operaio” e mansioni (dal 01/07/2003) di “stuccatore pezzi crudi”, dichiarava l’illegittimità della sospensione in cassa integrazione guadagni straordinaria del ricorrente nel periodo dal 26.03.2015 alla data di deposito del ricorso introduttivo (9/03/2017) per violazione dell’art. 1, commi 7 e 8, L. 223/1991, e, di conseguenza, condannava – previa disapplicazione dei relativi provvedimenti amministrativi – la società XXX s.p.a., odierna appellante, al pagamento del differenziale retributivo per il periodo di illegittima sospensione dal lavoro oltre rivalutazione ed interessi, nonché delle spese di lite.
1.2. Il Tribunale riteneva l’illegittimità del contenuto dell’accordo sindacale del 12/03/2015, per genericità ed indeterminatezza dei criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere e delle modalità della rotazione tra i lavoratori medesimi, con conseguente violazione della norma procedurale prevista dall’art. 1, commi 7 e 8, L. 223/1991. Ciò in quanto il riferimento alle “esigenze tecnico organizzative aziendali indispensabili per il mantenimento qualitativo del processo produttivo e dei livelli di efficienza dello stabilimento”, alla “evidente fungibilità” ed agli “oggettivi livelli professionali dei lavoratori” non poteva ritenersi satisfattivo dell’idoneità selettiva del criterio di scelta, né tantomeno adeguato al fine di garantire il controllo della concreta corrispondenza tra il criterio e la scelta operata. Inoltre, osservava il primo Giudice come l’accertata violazione non potesse ritenersi sanata per effetto del confronto con le organizzazioni sindacali, la cui interlocuzione era avvenuta in assenza di una compiuta conoscenza del contenuto specifico dei dati da trattare. Da tali vizi procedurali il Tribunale faceva conseguire l’illegittimità della sospensione in cassa integrazione guadagni straordinaria di YYY dal 26.03.2015 fino all’indicata data di deposito del ricorso, con conseguente disapplicazione dei relativi provvedimenti amministrativi e condanna della XXX s.p.a. al pagamento della differenza tra la retribuzione piena e l’integrazione e salariale percepita per il medesimo periodo, oltre accessori come per legge. Diversamente, il Tribunale ha rigettato la domanda di (ulteriore) risarcimento dei danni professionali e morali, essendo i primi integralmente ristorati dalla tutela risarcitoria già concessa – e non essendo stata fornita la prova di ulteriori maggiori pregiudizi – ed i secondi carenti di una puntuale allegazione e dimostrazione.
2. Avverso tale decisione la XXX s.p.a. ha presentato appello fondato su un unico e articolato motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 1 L. 223/1991, della L. 164/1975 e dell’art. 2 D.P.R. 218/2000, nonché omessa, errata e contraddittoria valutazione degli elementi probatori acquisiti nel corso del giudizio. In particolare, la società appellante ha evidenziato di aver dato correttamente luogo alla fase di consultazione sindacale, nel contesto della quale l’Azienda e le Organizzazioni Sindacali avevano stipulato l’accordo del 12/03/2015 (erroneamente indicato nell’atto di appello e nell’indice delle produzioni documentali come atto del 19/03/2015) e convenuto, a completamento dell’accordo già stipulato, l’impegno da parte dell’Azienda medesima di dar seguito ad una procedura di mobilità su base volontaria, nonché alla rotazione trimestrale “laddove la fungibilità lo consenta” ed all’interazione economica di € 350,00 mensili per ogni lavoratore che ne avesse fatto richiesta. Pertanto, l’appellante e le Organizzazioni sindacali avevano individuato i criteri di scelta del personale da sospendere nel rispetto dell’art. 1 comma 8 L. 223/1991, determinati, nella prospettazione, con un criterio oggettivo, costituito dalla previsione “laddove la fungibilità lo consenta”. Criterio, tale da garantire il controllo ex ante da parte del dipendente, nonché oggetto di esame e valutazione da parte dei funzionari della Regione Lazio e degli organi ispettivi del Ministero del lavoro, oltre che di verifica periodica anche da parte delle Rsu: di conseguenza, era stata preferita l’adibizione dei lavoratori con comprovate esperienze professionali maturate nel corso dell’attività lavorativa in più settori dello “Stadio” di adibizione, al fine di coprire con il minor numero di persone il maggior numero di funzioni, tutte circostanze che, unitamente a quelle attinenti le mansioni svolte dal YYY, erano state oggetto anche di richiesta di prova testimoniale, non ammessa dal primo Giudice.
2.1. YYY si è costituito in giudizio resistendo all’accoglimento del gravame e deducendo: 1) l’inammissibilità dell’atto di appello ex art. 348 bis c.p.c., avendo parte avversa omesso di indicare le circostanze da cui deriva la violazione della legge e le parti del provvedimento che si intende appellare, nonchè per carenza di presupposti di diritto utili a sorreggerlo, in ragione dell’uniforme consolidato orientamento giurisprudenziale; 2) l’infondatezza dell’appello, alla luce dell’assenza evidente di precisi e specifici criteri, sia nel verbale di intesa del 12/3/2015 sia in quello del 24/11/16, utili ad individuare il personale da sospendere dell’attività lavorativa; 3) l’inutilità della avversa richiesta di espletamento delle prove testimoniali, essendo pacifica la prova documentale.
2.2. All’odierna udienza, all’esito degli adempimenti di cui all’art. 437, comma 1, c.p.c., la causa è stata decisa come da dispositivo letto pubblicamente.
3. L’appello è infondato e deve essere respinto.
4. In via preliminare, si osserva che, ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c., “l’impugnazione è dichiarata inammissibile dal giudice competente quando non ha una ragionevole probabilità di essere accolta”. Nel caso di specie, non ricorrono le condizioni per affermare la palese infondatezza dell’appello, avendo, da un lato, la società appellante compiutamente indicato ed argomentato le ragioni del gravame e le parti della sentenza impugnata ritenute erronee. Né il gravame appare prima facie infondato nel merito, alla luce dell’oggetto della causa e delle argomentazioni in fatto ed in diritto devolute alla cognizione della Corte, meritevoli di verifica in questa sede.
5. L’art. 1 L. n. 223/1991 prevede, in ipotesi di ricorso alla procedura di cassa integrazione guadagni straordinaria, quanto segue:
– comma 7: “I criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere nonche’ le modalita’ della rotazione prevista nel comma 8 devono formare oggetto delle comunicazioni e dell’esame congiunto previsti dall’articolo 5 della L. 20 maggio
1975, n. 164”;
– comma 8: “Se l’impresa ritiene, per ragioni di ordine tecnico-organizzativo connesse al mantenimento dei normali livelli di efficienza, di non adottare meccanismi di rotazione tra i lavoratori che espletano le medesime mansioni e sono occupati nell’unita’ produttiva interessata dalle sospensioni, deve indicarne i motivi nel programma di cui al comma 2. …”.
Secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale della Suprema Corte (Sez. U, Sentenza n. 302 del 11/05/2000; conformi Cass. Sez. U, Sentenza n. 461 del 27/06/2000; Cass. Sez. L, Sentenza n. 10284 del 04/08/2000; Cass. Sez. L, Sentenza n. 11613 del 04/09/2000; Cass. Sez. L, Sentenza n. 7430 del 01/06/2001; Cass. Sez. U, Sentenza n. 7863 del 11/06/2001; Cass. Sez. L, Sentenza n. 16075 del 25/10/2003;
Cass. Sez. L, Sentenza n. 8353 del 03/05/2004; Cass. Sez. L, Sentenza n. 1550 del 26/01/2006; Cass. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 26587 del 12/12/2011), “In caso di intervento straordinario di integrazione salariale per l’attuazione di un programma di ristrutturazione, riorganizzazione o conversione aziendale che implichi una temporanea eccedenza di personale, il provvedimento di sospensione dall’attività lavorativa è illegittimo qualora il datore di lavoro, sia che intenda adottare il meccanismo della rotazione sia nel caso contrario, ometta di comunicare alle organizzazioni sindacali, ai fini dell’esame congiunto, gli specifici criteri, eventualmente diversi dalla rotazione, di individuazione dei lavoratori che debbono essere sospesi (in base al combinato disposto degli art. 1, settimo comma, legge 23 luglio 1991 n. 223 e 5, commi quarto e quinto, legge 20 maggio 1975 n. 164), tale illegittimità potendo essere fatta valere dai lavoratori interessati davanti al giudice ordinario, in via incidentale, per ottenere il pagamento della retribuzione piena e non integrata”. [sottolineato dell’estensore].
Ad ulteriore precisazione del suddetto principio è stato affermato che: – “In tema di procedimento per la concessione della cassa integrazione guadagni straordinaria, la comunicazione di apertura della procedura di trattamento di integrazione salariale, assolutamente generica in ordine ai criteri in base ai quali pervenire all’individuazione dei dipendenti interessati alla sospensione ed in ordine all’adozione di meccanismi di rotazione o di criteri specifici alternativi, tale da rendere impossibile qualunque valutazione coerente tra il criterio indicato e la selezione dei lavoratori da sospendere, viola l’obbligo di comunicazione previsto dall’art. 1, comma 7, della legge 23 luglio 1991, n. 223, e tale violazione non può ritenersi sanata dall’effettività del confronto con le organizzazioni sindacali, trovandosi queste ultime a dover interloquire sul tema senza essere a conoscenza del contenuto specifico dei dati da trattare”: in particolare, non può ritenersi corretta l’individuazione dei criteri di scelta e di rotazione dei lavoratori operata secondo le “esigenze tecniche, organizzative e produttive”, in quanto in tal modo l’individuazione dei singoli destinatari dei provvedimenti datoriali verrebbe lasciata all’iniziativa ed al mero potere discrezionale dell’imprenditore, con conseguente pregiudizio dell’interesse dei lavoratori ad una gestione trasparente ed affidabile della mobilità e della riduzione del personale (Cass. Sez. L, Sentenza n. 7459 del 14/05/2012; conforme Cass. Sez. L, Sentenza n. 13240 del 09/06/2009; Sez. L, Sentenza n. 193 del 11/01/2016); – “In tema di procedimento per la concessione della cassa integrazione guadagni straordinaria, la verifica dell’adeguatezza della comunicazione ex art. 1, comma 7, della l. n. 223 del 1991 – sotto il profilo della specificità dei criteri di individuazione dei lavoratori da spostare e delle modalità della rotazione – deve essere condotta con valutazione in astratto ed “ex ante”, e non in concreto ed “ex post”, dovendo assolvere alla funzione di porre le associazioni sindacali in condizione di contrattare i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere e di assicurare al lavoratore la previa individuazione di tali criteri e la verificabilità dell’esercizio del potere del datore di lavoro”: nel caso di specie, è stata giudicata corretta la valutazione di genericità dei criteri di “professionalità”, “fungibilità” e “poliprofessionalità” dei lavoratori, in assenza di parametri concreti ai quali ancorare la relativa verifica (Cass. Sez. L – , Ordinanza n. 25737 del 15/10/2018).
5.1. Nel caso di specie, come correttamente evidenziato dal primo Giudice, l’accordo stipulato in data 12/03/2015 tra la XXX s.p.a. da un lato e le rappresentanze sindacali provinciali ed RSU aziendali dall’altro (doc. n. 7 fascicolo di parte ricorrente in primo grado) prevedeva l’inoltro al Ministero del lavoro della domanda di cassa integrazione guadagni straordinaria per ristrutturazione per un numero massimo di 200 dipendenti, tra le qualifiche di operai, qualifiche speciali, impiegati e quadri, da sospendere a zero ore per 24 mesi dal 26/03/2015 al 25/03/2017.
I criteri per l’individuazione dei dipendenti da collocare in cassa integrazione guadagni straordinaria sono stati individuati nelle “esigenze tecnico organizzative e produttive”, ed in particolare, “le parti concordano che la collocazione in cassa integrazione guadagni straordinaria e la attuazione dei meccanismi di rotazione verranno determinati in base a:
– entità e tempi del processo di produzione con una rotazione indicativa trimestrale che sarà attuato nei prossimi 24 mesi;
– altresì nell’entità e nei tempi del processo di ristrutturazione programmato;
– esigenze tecnico organizzative aziendali indispensabili per il mantenimento qualitativo del processo produttivo e dei livelli di efficienza dello stabilimento, compatibili con gli obiettivi del piano sopra delineato, tenuto conto della evidente fungibilità e degli oggettivi livelli professionali dei lavoratori, a salvaguardia degli obiettivi di competitività funzionali al rilancio”.
Con il successivo verbale di accordo del 24/11/2016, premesso un richiamo alla procedura di mobilità avviata in data 10/04/2015 ed al relativo “prospetto degli esuberi”, nonché all’accordo di procedura di mobilità del 5/05/2015 (che prevedeva l’individuazione dei criteri di scelta dei lavoratori residui in esubero solo al termine del periodo di cassa integrazione guadagni straordinaria per ristrutturazione, solo in via residuale ed a decorrere dal 10/03/2017, mediante i criteri di cui all’art. 5 Legge 223/1991), ed evidenziata da parte datoriale la sopravvenuta inadeguatezza del “prospetto degli esuberi” allegato alla procedura di mobilità del 10/04/2015 rispetto al contesto delineatosi a seguito della profonda ristrutturazione operata, le parti hanno concordato di “ridurre il numero dei lavoratori residui ritenuti eccedenti da n. 52 ad un massimo di 37 unità”: l’Azienda, inoltre, ha precisato, con riferimento al criterio delle “esigenze tecniche/organizzative”, che “la suddivisione dei reparti è quella indicata nell’allegato aziendale del presente accordo”, sottolineando “la prevalente infungibilità delle mansioni individuate in detto allegato, anche a causa della natura prettamente manifatturiera dell’attività della società”. Nell’allegato all’accordo del 21/11/2016 (nuovo “prospetto degli esuberi”) figura nel Reparto Ispezione Smalteria G2 la mansione “stuccatore pezzi crudi”, n. 1 in organico e n. 1 in esubero.
5.2. In conformità a quanto già affermato dalla Corte di Appello di Roma Sez. Lavoro con riferimento ad analoghe fattispecie (Sentenza n. 3407/2018 del 24/09/2018, Sentenza n. 3245/2019 del 24/09/2019, Sentenza n. 3304/2019 del 26/09/2019, Sentenza n. 2381/2020 del 4/11/2020, Sentenza n. 1255/2019 del 15/03/2019, Sentenza n. 1858/2020 del 25/09/2020, Sentenza n. 2630/2020 del 23/03/2020, Sentenza n. 3413/2018 del 24/09/2018, Sentenza n. 1461/2020 del 30/06/2020, Sentenza n. 2375/2020 del 4/11/2020), ritiene il Collegio che la sentenza impugnata sia condivisibile e meritevole di conferma laddove ha qualificato come generici ed indeterminati sia i criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere, sia le modalità di rotazione tra i lavoratori medesimi. Difatti, appare evidente come le espressioni sopra dettagliatamente riportate, in quanto consistenti in un generico richiamo a non specificate “esigenze tecnico organizzative aziendali” e ad altrettanto indeterminate nozioni di “evidente fungibilità” e di “oggettivi livelli professionali dei lavoratori”, siano del tutto inidonee a chiarire ex ante quali sarebbero stati in concreto i criteri adottati dalla parte datoriale al fine di individuare i lavoratori da sospendere ovvero le modalità di rotazione. Tale inidoneità si estende alla impossibilità della verifica, con valutazione ex post, della corrispondenza tra i criteri adottati e le scelte operate.
Si tratta, difatti, di formule talmente ampie e vaghe, che possono in astratto ricomprendere qualsiasi intervento di riorganizzazione aziendale, e che in concreto impediscono un efficace controllo da parte dei sindacati sull’esercizio del potere discrezionale del datore di lavoro.
D’altro canto, la parte della sentenza oggetto di impugnazione, che definisce le espressioni sopra riportate come generiche ed indeterminate, non è stata oggetto di puntuale censura da parte della società appellante, che, in sostanza, si è limitata ad affermare e ribadire di aver operato la scelta del personale da sospendere nel pieno rispetto dell’art. 1 comma 8 Legge 223/1991 utilizzando il “criterio sufficientemente oggettivo” del “laddove la fungibilità lo consenta”, e che tale criterio era stato oggetto sia della consultazione sindacale, sia del successivo esame da parte della Regione Lazio, del Ministero del lavoro e delle RSU.
E’ mancato un effettivo “confronto”, rectius censura, del passaggio motivazionale della sentenza di primo grado, che, puntualmente, rilevava come la violazione dell’obbligo di comunicazione ex art. 1 commi 7 e 8 Legge 223/1991 non potesse ritenersi sanata “per effetto del confronto con le organizzazioni sindacali poiché queste ultime si sono trovate a dover interloquire sul tema senza essere a conoscenza del contenuto specifico dei dati da trattare”.
5.2.1. L’inadeguatezza delle indicazioni fornite in sede di accordo ha comportato, alla luce dei principi giurisprudenziali sopra riportati, la violazione degli obblighi di specificità e trasparenza, violazione di natura formale cui consegue l’illegittimità del procedimento di sospensione, non essendo state poste le “le associazioni sindacali in condizione di contrattare i criteri di scelta dei lavoratori da sospendere e di assicurare al lavoratore la previa individuazione di tali criteri e la verificabilità dell’esercizio del potere del datore di lavoro” (Cass. Sez. L 25737/18 cit.) e dovendosi ritenere, in tal modo, rimessa l’individuazione dei singoli destinatari dei provvedimenti datoriali all’iniziativa ed al mero potere discrezionale dell’imprenditore.
5.2.2. Né, in un tale contesto, come correttamente statuito dal primo Giudice, potrebbe attribuirsi efficacia sanante al raggiungimento di un accordo sindacale, che risulta preclusa proprio dalla genericità delle espressioni utilizzate in tale sede in ordine ai criteri di individuazione dei lavoratori da sospendere e dei motivi che avrebbero giustificato il mancato ricorso alla rotazione tra gli stessi.
Sul punto è sufficiente richiamare i consolidati principi della giurisprudenza di legittimità in argomento: “In tema di procedimento per la concessione della cassa integrazione guadagni straordinaria, la comunicazione dell’apertura della procedura di trattamento di integrazione salariale tanto generica da non consentire alle organizzazioni sindacali di partecipare al confronto adeguatamente informate ed ai lavoratori di avere contezza delle posizioni aziendali non può essere sanata da successivi accordi sindacali sui criteri di scelta o dall’attestazione ministeriale di regolarità dell’esame congiunto” (Cass. Sez. L, Sentenza n. 193 del 11/01/2016; conforme Cass. Sez. L, Sentenza n. 13240 del 09/06/2009). Inoltre, la Suprema Corte ha affermato che la possibilità di una efficacia sanante di un accordo sindacale sui criteri di scelta è stata ammessa solo in casi particolari e circoscritti, ma non nell’ipotesi in cui la comunicazione è strettamente funzionale a mettere in grado le organizzazioni sindacali di partecipare adeguatamente informate al confronto con la controparte e ai lavoratori di avere contezza delle prospettazioni aziendali, né può essere ammessa, con effetto retroattivo, rispetto a scelte in concreto già operate (Cass. Sez. L, Sentenza n. 4886 del 11/3/2015; conforme Cass. Sez. 6 L, Ordinanza n. 26587 del 2011, Cass. Sez. L, Sentenza n. 193 del 11/01/2016).
6. A giudizio del Collegio, parimenti immeritevole di accoglimento è la richiesta istruttoria avanzata dall’appellante, sotto il duplice profilo della esaustività della prova documentale acquisita in atti e della impossibilità di integrare in sede giudiziale – attraverso l’escussione di testimoni che dovrebbero riferire in ordine ai criteri in concreto adottati dall’azienda (“preferire l’adibizione dei lavoratori con comprovate ed oggettive competenze professionali maturate nel corso dell’attività lavorativa in più settori dello “Stadio” di adibizione”) per la scelta del personale da sospendere – la originaria genericità ed indeterminatezza dei medesimi criteri di scelta e delle modalità di rotazione. Come affermato dalla Suprema Corte, “… la l. n. 223 del 1991, nel prevedere agli artt. 4 e 5 la puntuale, completa e cadenzata procedimentalizzazione del provvedimento datoriale di messa in mobilità, ha introdotto un significativo elemento innovativo consistente nel passaggio dal controllo giurisdizionale, esercitato “ex post” nel precedente assetto ordinamentale, ad un controllo dell’iniziativa imprenditoriale, concernente il ridimensionamento dell’impresa, devoluto “ex ante” alle organizzazioni sindacali, destinatarie di incisivi poteri di informazione e consultazione secondo una metodica già collaudata in materia di trasferimenti di azienda. Sicché, i residui spazi di controllo devoluti al giudice in sede contenziosa non riguardano più gli specifici motivi della riduzione del personale, ma la correttezza procedurale dell’operazione” (Cass. Sez. L, Ordinanza n. 30550 del 26/11/2018, conforme Cass. Sez. L, Sentenza n. 5089 del 03/03/2009).
Pertanto, anche le doglianze in punto di mancata ammissione dei mezzi istruttori sono infondate.
7. Alla luce di tutto quando fin qui ritenuto, l’appello va rigettato.
8. La regolamentazione delle spese di lite, liquidate con il dispositivo, segue la soccombenza.
9. In considerazione del tipo di statuizione emessa, deve infine darsi atto della sussistenza in capo all’appellante delle condizioni richieste dall’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115/2002, come modificato dall’art. 1 comma 17 L. 24.12.2012 n. 228, per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
la Corte di Appello di Roma, definitivamente pronunciando, rigetta l’appello e condanna l’appellante al pagamento delle spese di lite del grado che liquida in € 2.000,00, oltre rimborso spese forfettarie nella misura del 15%, Iva e Cpa come per legge. Sussistono le condizioni oggettive richieste dall’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115/2002 per il versamento da parte dell’appellante dell’ulteriore importo del contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso.
Così deciso in Roma il 25 febbraio 2021.
Il Consigliere Estensore Il Presidente
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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