XXX S.r.l. ricorre in Cassazione nei confronti di YYY S.r.l., contro la sentenza del 23 agosto 2021, con cui la Corte d’Appello di Bologna ha dichiarato «la nullità delle statuizioni del lodo rituale sottoscritto dall’Arbitro Unico Collegio Arbitrale in data 10 luglio 2014», all’esito di procedimento arbitrale svoltosi tra le parti, nonché «la nullità della clausola penale contenuta nell’art. 5 della scrittura in data 30 novembre 2005», rigettando di conseguenza l’originaria domanda proposta nel procedimento arbitrale dall’odierna ricorrente, volta alla condanna di YYY S.r.l. al pagamento della penale contrattuale prevista in detta scrittura e regolando le spese di lite.
Per la necessaria valutazione della vicenda è sufficiente premettere quanto segue:
XXX S.r.l. ha venduto a YYY S.r.l. un fondo finitimo ad altro di proprietà di essa venditrice;
con successiva scrittura privata del 30 novembre 2005 YYY S.r.l. si è obbligata, nei confronti di XXX S.r.l., al «rispetto … per i fabbricati che saranno edificati da YYY … delle attuali previsioni progettuali e di P.R.G. in merito quanto meno al numero dei piani, all’altezza dei fabbricati, alle distanze minime di 5 (cinque) metri dalla proprietà della stessa XXX, con l’obbligo da parte di YYY di lasciare, qualora i fabbricati che verranno costruiti dalla parte dell’attuale giardino della XXX siano più alti di 9 (nove) metri, una “luce” … di almeno 10 (dieci) metri», il tutto assistito da una clausola penale così congegnata: «In caso di inadempimento saranno applicate, a carico della parte inadempiente, penali pari al doppio del valore dell’inadempimento»;
assumendo che YYY S.r.l. si fosse resa inadempiente dell’obbligazione assunta, XXX S.r.l., ha azionato la clausola compromissoria prevista in contratto ed ha promosso giudizio arbitrale volto alla condanna della convenuta al pagamento della penale contrattuale;
l’arbitro ha accolto la domanda e, espletata consulenza tecnica diretta alla determinazione del valore dell’inadempimento, ha condannato YYY S.r.l., che aveva edificato violando il limite convenuto, al pagamento, in favore dell’attrice, della somma di € 98.046,00 con accessori e spese;
YYY S.r.l. ha proposto impugnazione per nullità che la Corte d’appello di Bologna ha accolto, reputando nulla la clausola in discorso, per mancanza di causa, in quanto priva dell’attitudine delimitativa che sarebbe richiesta dall’articolo 1382 c.c., laddove prevede che la penale comporta che l’inadempiente sia «tenuto a una determinata prestazione»;
la Corte d’appello, richiamata l’autorità di Cass. 23 maggio 2019, n. 13956, ha evidenziato che, essendo la penale parametrata all’inadempimento, essa «non costituisce criterio preciso oggettivamente e preventivamente quantificabile, non potendo che essere determinato ex post secondo lo schema di cui agli artt. 1223 ss. c.c.», tanto più che «tale criterio dell’inadempimento non è risultato neppure quantificabile in maniera univoca», sicché «la clausola penale de qua non assolve affatto … alla funzione predeterminativa della prestazione dovuta per il caso di inadempimento», venendo così meno «il nucleo caratterizzante la funzione della clausola penale, ossia la previa quantificazione del danno risarcibile», in mancanza di «determinabilità … poiché il generico criterio dell’inadempimento … non offre alcun tipo di parametro al quale ancorare la predeterminazione del danno, limitandosi a rimandare all’accertamento dell’inadempimento e al “valore” dello stesso, concetto in sé indeterminato e di difficile comprensione».
Siffatto argomentare è stato ritenuto errato in diritto.
La Suprema Corte ha inteso seguire l’orientamento ampiamente maggioritario secondo cui alla clausola penale deve applicarsi la disciplina generale dell’oggetto del contratto, la cui natura può essere tanto determinata quanto determinabile, di guisa che la determinazione ben può avvenire ex post, sulla base di un criterio predeterminato, di cui sia fatta applicazione in un momento successivo all’inadempimento.
In tale prospettiva le parti possono convenire, ad esempio, il pagamento di una somma rapportata all’entità temporale di durata dell’inadempimento, o convenire soltanto il tetto della penale, suscettibile di essere poi rapportata alla effettiva consistenza dell’inadempimento consumato (in questo senso espressamente in motivazione Cass. 18 gennaio 2018, n. 1189), nel qual caso, parimenti, l’entità della penale diviene concretamente determinato soltanto ex post.
In tale quadro, dunque, la previsione secondo cui in caso di inadempimento «saranno applicate, a carico della parte inadempiente, penali pari al doppio del valore dell’inadempimento», è conforme alla previsione dell’articolo 1382 c.c., dal momento che predetermina il danno in funzione di un parametro individuato ex ante e considerato dalle parti nella sua oggettività, tale da vincolare il giudice, fatto salvo il potere di riduzione (beninteso, esercitabile nell’osservanza dei rigidi criteri che questa Corte ha fissato: v. p. es. Cass. 10 maggio 2012, n. 7180), tant’è che l’arbitro, ricorrendo all’ausilio di un tecnico, non ha incontrato soverchie difficoltà a fissare il valore dell’inadempimento, rapportato al valore dei maggiori volumi edificati dall’originaria convenuta in arbitrato, e pervenire per questa via all’elementare calcolo aritmetico della penale dovuta.
Principio di diritto:
«In materia di clausola penale, la prestazione posta a carico della parte inadempiente ai sensi dell’articolo 1283 c.c. è soggetta all’applicazione della disciplina generale dell’oggetto del contratto, sicché può essere determinata o determinabile sulla base di un criterio predeterminato, quantunque la determinazione possa aver luogo soltanto ex post, in un momento successivo al consumarsi dell’inadempimento».
Corte di Cassazione, Sezione Prima Civile, Ordinanza n. 11548 del 3 maggio 2023
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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