RG n. 5562/2025 —TRIBUNALE CIVILE E PENALE DI MILANO– –SEZIONE 13 ^CIVILE–
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Civile e Penale di Milano, nella persona del Giudice unico Dott. NOME COGNOME ha emesso la seguente —
SENTENZA N._3231_2025_- N._R.G._00005562_2025 DEL_16_04_2025 PUBBLICATA_IL_16_04_2025
— nella causa civile promossa (P. IVA ), con sede in Milano, INDIRIZZO in persona dei legali rappresentanti pro tempore Dott. e Dott. rappresentata difesa dall’Avv. NOME COGNOMEC.F. , in forza di procura generale alle liti per atto del Notaio di Milano in data 6 maggio 2020, Rep. 47.747 Racc. 21.937 (doc. 1), ed elettivamente domiciliata presso il predetto legale, nello studio RAGIONE_SOCIALE patrocinato/a dall’Avv. COGNOME
-PARTE
ATTRICE/RICORRENTE CONTRO (P. IVA: , in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Alba Adriatica, INDIRIZZO CAP 64011, pec:
– -PARTE CONVENUTA/RESISTENTE NON COSTITUITA- C.F. Oggetto: Locazione di beni mobili.
CONCLUSIONI
La parte costituita ha concluso come in atti depositati in PCT, con conclusioni qui di seguito da intendersi integralmente ed espressamente richiamate.
–CONCISA ESPOSIZIONE DEI MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
1– Si premette che il contenuto della presente sentenza si adeguerà ai canoni normativi dettati dagli artt. 132, comma 2, n. 4 e 118 disp. att. c.p.c., i quali dispongono che la motivazione debba limitarsi ad una concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, specificando che tale esposizione deve altresì essere succinta e possa fondarsi su precedenti conformi (cfr. Cassazione alle SS.UU. n. 642 del 16/01/2015). Con atto introduttivo depositato in Cancelleria, la parte premetteva di avere stipulato il contratto di locazione di beni mobili n. CODICE_FISCALE–NUMERO_DOCUMENTO, mediante scambio di Proposta e Accettazione1 (di seguito anche solo il “Contratto” – doc. 2).
Per adempiere alle obbligazioni derivanti dal suddetto Contratto, ha acquistato presso RAGIONE_SOCIALE indicato dallo stesso Conduttore in sede di proposta (cfr. doc.
2), il seguente bene mobile:
“n. 1 software”, meglio descritto nel documento di trasporto del Fornitore corrispondendo l’importo complessivo di Euro 10.459,81 oltre IVA, così come indicato nell’allegata fattura di acquisto.
In data 19-20.04.2023 il materiale era stato consegnato dal Fornitore al Conduttore, così come risulta dal DDT del Fornitore (doc. 4).
Nel caso di specie, 1 La presente sentenza viene redatta anche secondo i criteri di cui alla pronunzia della Suprema Corte di Cassazione alle SS.UU. n. 642 del 16/01/2015, ed ai sensi dell’art. 16 bis, comma 9, del D.L. 179/2012 come convertito in Legge n. 221/2012, come introdotto ai sensi del D.L. n. 83/2015 e poi convertito in Legge n. 132/2015;
In limine litis va osservato che la riforma del processo civile, intervenuta con legge 18 giugno 2009, n. 69, ha modificato l’art. 132 c.p.c. ed il correlato art. 118 disp. att. c.p.c. escludendo dal contenuto della sentenza (art. 132, n. 4, c.p.c.) lo svolgimento del processo.
La novella dell’art. 132 c.p.c. è applicabile ai giudizi Contratto prevedeva il pagamento di n. 36 canoni di Euro 357,57 ciascuno (oltre IVA), da corrispondersi trimestralmente ed in via anticipata [canone trimestrale Euro 1.072,71, oltre IVA, per n. 12 trimestri], per un totale complessivo di Euro 12.872,52, oltre IVA.
Il Conduttore, tuttavia, dopo aver corrisposto a solamente n. 4 canoni di locazione trimestrali, per un totale di Euro 4.290,84, oltre IVA, ha arbitrariamente interrotto i pagamenti e non ha provveduto al pagamento delle fatture nn. NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA emesse da (doc. 5).
In conseguenza dell’inadempimento del Conduttore, con lettera del 19.08.2024 (doc. 6), avvalendosi della clausola risolutiva espressa (art. 14 – Condizioni generali), comunicava al Conduttore l’intervenuta risoluzione del contratto di locazione, intimando al medesimo il pagamento delle fatture insolute, nonché delle ulteriori somme dovute in ragione della anticipata estinzione del Contratto, oltre alla restituzione del Materiale.
A fronte dell’inadempimento del Conduttore, risolveva il Contratto ai sensi dell’art. 14 Condizioni generali e richiedeva tutti gli importi pattuiti, ai sensi degli artt. 2.4 e 15 Condizioni generali (cfr. docc. 6-7-8).
Importi questi di cui oggi chiede il pagamento con il presente ricorso.
In particolare, il contratto prevedeva che, a seguito della risoluzione ex art. 14 CGC, aveva diritto a richiedere, oltre al reso del materiale, il pagamento delle somme a titolo di:
canoni insoluti (oltre interessi di mora), pari alla somma delle fatture emesse da prima della risoluzione del contratto e non saldate dal Conduttore (cfr. doc. 5) ed i “canoni a scadere” (oltre interessi di mora), ai sensi dell’art. 15 lett. b) Condizioni generali, pari alla somma di tutti i canoni ancora dovuti in forza del Contratto, calcolati dalla data di risoluzione, sino a quella che avrebbe dovuto essere la naturale scadenza dello stesso (“a scadere canoni futuri”).
di volere accertare l’inadempimento di alla propria obbligazione di pagamento dei canoni di locazione in favore di ed accertare la legittimità della risoluzione intimata da quest’ultima in forza della clausola risolutiva espressa di cui all’art. 14 – Condizioni Generali e dell’art. 1456 c.c., conseguentemente di condannare, per tutto quanto esposto in narrativa, al pagamento dell’importo complessivo di Euro €#10.126,39#, iva compresa sulle somme dovute a titolo di fatture insolute come meglio quantificato e dettagliato in atti, oltre interessi di mora sulle somme dovute a titolo di fatture insolute e canoni a scadere ed oltre rivalutazione ove dovuta con condanna della alla restituzione del materiale, a proprie cure e spese. Non si costituiva controparte, e ciò pure se ritualmente notiziata della pendenza della presente procedura giudiziale a mezzo di formale e rituale notifica.
Alla mancata rituale costituzione della parte convenuta-resistente consegue la declaratoria di contumacia della stessa.
All’esito dell’udienza il Giudice tratteneva la causa anche per ogni eventuale decisione –in rito e nel merito (istruttoria e/o decisoria) ex art. 281 sexies, ultimo comma, c.p.c. come da ultimo novellato e con termine di legge per il deposito della sentenza.
Deve, preliminarmente ed in rito, ritenersi sussistente la giurisdizione dell’A.G. oggi procedente, così come pure correttamente radicata ed individuata la competenza territoriale 2….
il pagamento della somma complessiva di euro 10.126,39 (iva compresa sulle somme dovute a titolo di fatture insolute), comprensiva di spese per il tentato recupero del credito in sede stragiudiziale (pari ad Euro 62,40), data dalla somma delle seguenti voci di credito:
(i) Euro 2.617,42, iva compresa per il mancato pagamento dei canoni scaduti alla data della comunicata risoluzione (cfr. doc. 6) e di cui alle fatture nn. NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA (cfr. doc. 5), oltre interessi di mora ex art. 15 lett. d) del Contratto e art. 5, D. Lgs. 231/2002.
Euro 7.508,97 a titolo di penale di risoluzione (i.e. “canoni a scadere”).
domanda altresì, in forza dell’art. 15 lett. b), il pagamento dell’ulteriore importo dato dalla somma di tutti i “canoni a scadere”, ossia di tutti quei canoni che il Conduttore avrebbe dovuto saldare nei trimestri successivi al momento in cui si è poi verificata la risoluzione, e così fino alla naturale scadenza del Contratto, siccome indicati nell’elenco in calce alla lettera di risoluzione (cfr. doc. 6).
In forza di quanto sopra, l’importo dei “canoni a scadere” previsti dal Contratto è pari a:
Euro 1.072,71 (ammontare del canone trimestrale, oltre Iva) X n. 7 ’adito Tribunale secondo i canoni normativamente previsti dalla disciplina legislativa specificamente vigente in materia.
Occorre in premessa ricordare che, per consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, il Giudice, nel motivare “concisamente” la sentenza secondo i dettami di cui all’art. 118 disp. att. cpc, non è tenuto ad esaminare specificamente ed analiticamente tutte le questioni sollevate dalle parti, ben potendosi limitare3 alla trattazione delle sole questioni, di fatto e di 3 Cass 22698/2021…..
Tali doglianze, scrutinabili congiuntamente perché connesse, sono complessivamente inammissibili.
3.1.
Invero, occorre innanzitutto ricordare che la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, come introdotta dal D.L. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla L. n. 134 del 2012 (qui applicabile ratione temporis, risultando impugnata una sentenza resa il 18 luglio 2019), ha ormai ridotto al “minimo costituzionale” il sindacato di legittimità sulla motivazione, sicché si è chiarito (cfr. tra le più recenti, Cass. n. 395 del 2021, in motivazione;
Cass. n. 9017 del 2018) che è oggi denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali;
questa anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico“, nella “motivazione apparente“, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (cfr. Cass., SU, n. 8053 del 2014; Cass. n. 7472 del 2017.
Nello stesso senso anche le più recenti Cass. n. 20042 del 2020 e Cass. n. 23620 del 2020; Cass. n. 395 del 2021).
In particolare, il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza sussiste qualora il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (cfr. Cass. n. 395 del 2021; Cass. n. 23684 del 2020; Cass. n. 20042 del 2020; Cass. n. 9105 del 2017; Cass. n. 9113 del 2012).
In altri termini, la motivazione deve mancare del tutto – nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere risultante dallo svolgimento del processo segue l’enunciazione della decisione senza alcuna argomentazione – ovvero esistere formalmente come parte del documento, ma le sue argomentazioni svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum.
Un simile vizio, inoltre, deve apprezzarsi non rispetto alla correttezza della soluzione adottata o alla sufficienza della motivazione offerta, bensì unicamente sotto il profilo dell’esistenza di una motivazione effettiva (cfr. Cass. n. 395 del 2021; Cass. n. 26893 del 2020; Cass. n. 22598 del 2018; Cass. n. 23940 del 2017).
3.2.1.
Alla stregua di questo insegnamento, che il Collegio condivide integralmente, le censure in esame sono manifestamente infondate laddove denunciano l’asserito vizio motivazionale…Con le odierne doglianze, invece, la ricorrente, sostanzialmente, intenderebbe ottenerne una rivalutazione, più consona alle proprie aspettative, affatto inammissibile in questa sede.
3.3.1.
Infatti, è opportuno ricordare che questa Corte ha, ancora recentemente (cfr. Cass. n. 28792 del 2020; Cass. n. 4343 del 2020; Cass. n. 27457 del 2019; Cass. n. 27686 del 2018), chiarito che:
a) il vizio di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, può rivestire la forma della violazione di legge (intesa come errata negazione o affermazione dell’esistenza o inesistenza di una norma, ovvero attribuzione alla stessa di un significato inappropriato) e della falsa applicazione di norme di diritto (intesa come sussunzione della fattispecie concreta in una disposizione non pertinente perché, ove propriamente individuata ed interpretata, riferita ad altro, ovvero deduzione da una norma di conseguenze giuridiche che, in relazione alla fattispecie concreta, contraddicono la sua, pur corretta, interpretazione. Cfr. Cass. n. 8782 del 2005);
b) non integra invece violazione, né falsa applicazione di norme di diritto, la denuncia di una erronea ricognizione della fattispecie concreta in funzione delle risultanze di causa, poiché essa si colloca al di fuori dell’ambito interpretative ed applicativo della norma di legge;
c) il discrimine tra violazione di legge in senso proprio (per erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa) ed erronea applicazione della legge (in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta) è segnato dal fatto che solo quest’ultima censura, diversamente dalla prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (cfr. Cass. n. 10313 del 2006; Cass. n. 195 del 2016; Cass. n. 26110 del 2015; Cass. n. 8315 del 2013; Cass. n. 16698 del 2010; Cass. n. 7394 del 2010);
a) le doglianze attinenti non già all’erronea ricognizione della fattispecie astratta recata dalle norme di legge, bensì all’erronea ricognizione della fattispecie concreta alla luce delle risultanze di causa, ineriscono tipicamente alla valutazione del giudice di merito (cfr. Cass. n. 13238 del 2017; Cass. n. 26110 del 2015).
3.3.2.
Le censure in esame si risolvono, invece, affatto inammissibilmente (c.f.r. Cass. SU, n. 34476 del 2019), in una critica al complessivo accertamento fattuale operato dal giudice a quo, cui la ricorrente intenderebbe opporre, sotto la formale rubrica di vizio motivazionale e/o di violazione di legge, una diversa valutazione, totalmente obliterando, però, da un lato, il vizio motivazionale sancito dalla novellata formulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 riguarda l’omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, da intendersi riferito a un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, come tale non ricomprendente questioni o comma 1, n. 3, non può essere mediato dalla riconsiderazione delle risultanze istruttorie ((fr. Cass. n. 195 del 2016; Cass. n. 26110 del 2015; Cass. n. 8315 del 2013; Cass. n. 16698 del 2010; Cass. n. 7394 del 2010; Cass., SU. n. 10313 del 2006)
, ma deve essere dedotto, a pena di inammissibilità del motivo giusta la disposizione dell’art. 366 c.p.c., n. 4, non solo con la indicazione delle norme assuntivamente violate, ma anche, e soprattutto, mediante specifiche argomentazioni intelligibili ed esaurienti intese a motivatamente dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata debbano ritenersi in contrasto con le indicate norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità, diversamente impedendosi alla Corte regolatrice di adempiere al suo istituzionale compito di verificare il fondamento della lamentata violazione (cfr. Cass. n. 16700 del 2020)….. E’ ammissibile che detta conoscenza concreta venga desunta da elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti, e che, in quanto tali, possano giustificare un giudizio di fondatezza della domanda (cfr. ex multis, Cass. n. 10886 del 1996; Cass. n. 7064 del 1999; Cass. n. 656 del 2000; Cass. n. 3336 del 2015; Cass. n. 25635 del 2017; Cass. n. 27457 del 2019).
3.5.
Nella specie, la corte distrettuale – con una motivazione che non integra affatto violazione dei principi dettati in tema di onere della prova e di prova presuntiva, oltre che scevra da vizi logici, siccome basata sulla puntuale e dettagliata descrizione e ponderazione di indici concreti – è giunta alla conclusione che il quadro indiziario desumibile dalle risultanze dell’espletata prova orale fosse idoneo a far ritenere raggiunta la prova della sussistenza del predetto requisito soggettivo in capo alla odierna ricorrente; né potrebbe sostenersi, fondatamente, che l’argomentare del giudice d’appello abbia trascurato alcuni dati dedotti da quest’ultima per la semplice ragione di averli ritenuti, esplicitamente o implicitamente, irrilevanti.
3.5.1.
In particolare, come si è già anticipato nel precedente p. 1.2.
dei “Fatti di causa”, quella corte ha ritenuto di desumere la sussistenza della scientia decoctionis, in capo alla …, dalle univoche dichiarazioni di alcuni testi informatori ( Q.G.;
RAGIONE_SOCIALE
IRAGIONE_SOCIALE), ritenute non smentite dalle affermazioni rese da altri ( Sc. Sc.).
E’ noto che la scelta degli elementi che costituiscono la base della presunzione ed il giudizio logico con cui dagli stessi si deduce l’esistenza del fatto ignoto costituiscono un apprezzamento di fatto che, se, come nella specie, adeguatamente motivato, sfugge al controllo di legittimità (cfr. Cass. n. 28792 del 2020; Cass. n. 3336 del 2015;
Cass. n. 27457 del 2019), ed altrettanto dicasi quanto all’apprezzamento del giudice di merito circa il ricorso a tale mezzo di prova ed alla valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dalla legge per valorizzare elementi di fatto come fonti di produzione (cfr. Cass. n. 3845 del 2018, in motivazione):
invero, l’unico sindacato in proposito riservato al giudice di legittimità investe la coerenza della relativa motivazione (cfr. Cass. n. 2431 del 2004).
3.5.3.
Si aggiunga, poi, che, come puntualizzato da Cass. n. 3845 del 2018 (cfr. in motivazione), al fine di controllare la validità del ragionamento presuntivo, da un lato, non è necessario che tutti gli elementi noti siano convergenti verso un unico risultato, in quanto il giudice deve svolgere una valutazione globale degli indizi, alla luce del complessivo contesto sostanziale e processuale (cfr. Cass. n. 26022 del 2011);
dall’altro, in tale tipo di prova, non occorre che tra il fatto noto e quello ignoto sussista un legame di assoluta ed esclusiva necessità causale, ma è sufficiente che il fatto da provare sia desumibile dal fatto noto come conseguenza ragionevolmente possibile, secondo un criterio di normalità:
occorre, al riguardo, che il rapporto di dipendenza logica tra il fatto noto e quello ignoto sia accertato alla stregua di canoni di probabilità, con riferimento ad una connessione possibile e verosimile di accadimenti, la cui sequenza e ricorrenza possono verificarsi secondo regole di esperienza (cfr. Cass. n. 3845 del 2018; Cass. n. 22656 del 2011).
3.6.
Posto, dunque, che l’accertamento di fatto circa la sussistenza, o meno, del requisito della scientia decoctionis compete al Giudice del merito, cui spetta, peraltro, il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge (cfr., in motivazione, Cass. n. 8976 del 2019 e Cass. n. 27457 del 2019), gli odierni assunti della ricorrente, riportati in entrambi i formulati motivi sul punto, si risolvono, essenzialmente nel tentativo da parte sua, di opporre alla ricostruzione dei fatti definitivamente sancita nella decisione impugnata una propria alternativa loro interpretazione, sebbene sotto la formale rubrica di vizio motivazionale e/o di violazione di legge: ciò non è ammesso, però, nel giudizio di legittimità, che non può essere surrettiziamente trasformato in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito, nel quale ridiscutere gli esiti istruttori espressi nella decisione impugnata, non condivisi e, per ciò solo, censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni alle proprie aspettative (cfr. Cass. n. 21381 del 2006, nonché le più recenti Cass. n. 8758 del 2017 ed, in motivazione, Cass. n. 8976 del 2019.
In senso sostanzialmente conforme, si veda anche Cass., SU, n. 34476 del 2019).
3.7.
Per mera completezza, infine, va evidenziato che gli elementi indiziari di cui oggi la ricorrente lamenta l’errata ” valutazione” e/o l’omesso esame… lungi dall’essere, di per sé, “decisivì, al più potrebbero rappresentare elementi indiziari da porre a fondamento di un ragionamento presuntivo volto a giungere a conclusioni magari diverse da quelle esposte dalla corte veneziana, così procedendosi, però, a valutazioni che, impingendo nel merito, sono inammissibili nel giudizio di legittimità.
3.8.
In definitiva, la …incorre nell’equivoco di ritenere che la violazione o la falsa applicazione di norme di legge processuale dipendano o siano ad ogni modo dimostrate dall’erronea valutazione del materiale istruttorio, laddove, al contrario, un’autonoma questione di malgoverno degli artt. 115 e 116 c.p.c. può porsi, rispettivamente, solo allorché il ricorrente alleghi che il giudice di merito:
1) abbia posto a base della decisione prove non dedotte dalle parti ovvero disposte d’ufficio al di fuori o al di là dei limiti in cui ciò è consentito dalla legge (cfr. Cass., SU, n. 20867 del 2020, che ha pure precisato che “e’ inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre,
essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c.”);
2) abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, delle prove legali, ovvero abbia considerato come facenti piena prova, recependoli senza apprezzamento critico, elementi di prova che invece siano soggetti a valutazione (Cass., SU, n. 20867 del 2020).
Del resto, affinché sia rispettata la prescrizione desumibile dal combinato disposto dell’art. 132 c.p.c., n. 4 e degli artt. 115 e 116 c.p.c., non si richiede al giudice del merito di dar conto dell’esito dell’avvenuto esame di tutte le prove prodotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettategli, ma di fornire una motivazione logica ed adeguata all’adottata decisione, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla ovvero la carenza di esse (cfr. Cass. 24434 del 2016).
La valutazione degli elementi istruttori costituisce, infatti, un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito, le cui conclusioni in ordine alla ricostruzione della vicenda fattuale non sono sindacabili in cassazione (Cass. n. 11176 del 2017, in motivazione).
4. Il ricorso, dunque, va dichiarato diritto, considerate rilevanti ai fini della decisione concretamente adottata.
Ne consegue che quelle residue, non trattate in modo esplicito, non devono essere ritenute come “omesse”, per effetto di “error in procedendo”, ben potendo esse risultare assorbite (ovvero superate) per incompatibilità logico-giuridica con quanto concretamente ritenuto provato.
Alla luce di quanto appena ricordato, si deve quindi precisare che la trattazione sarà in questa sede limitata all’approfondimento delle sole questioni rilevanti e dirimenti ai fini del decidere, ritenendosi quindi assorbite tutte le altre eccezioni e questioni.
Ciò in applicazione del principio della cosiddetta ‘ragione più liquida’ desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., ulteriormente valorizzato e confermato dalla Suprema Corte (Cass. Civ. SSUU sentenza n. 24883/2008; Cass. Civ. n. 26242/2014 e Cass. Civ. n. 9936/2014).
Sul punto, la Suprema Corte ha ulteriormente precisato che “Non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la motivazione accolga una tesi incompatibile con quella prospettata, implicandone il rigetto, dovendosi considerare adeguata la motivazione che fornisce una spiegazione logica ed adeguata della decisione adottata, evidenziando le prove ritenute idonee e sufficienti a suffragarla, ovvero la carenza di esse, senza che sia necessaria l’analitica confutazione delle tesi non accolte o la particolare disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi” (Cass. ordinanza n. 2153/2020). A fronte dell’inadempimento del conduttore, risolveva il contratto ai sensi dell’art. 14 CGC e richiedeva tutti gli importi pattuiti, ai sensi degli artt. 2.4 e 15 Condizioni generali.
Importi di cui oggi chiede giudizialmente la condanna della controparte al pagamento con il presente giudizio.
A seguito della risoluzione ex art. 14 Condizioni generali, richiedeva oltre al reso del materiale, il pagamento delle somme a titolo di canoni insoluti (oltre interessi di mora), pari alla somma delle fatture emesse da prima della del Contratto e non saldate dal Conduttore (ed i “canoni a scadere” ai sensi dell’art. 15 lett. b) Condizioni generali, pari alla somma di tutti i canoni ancora dovuti in forza del Contratto, calcolati dalla data di risoluzione, sino a quella che avrebbe dovuto essere la naturale scadenza dello stesso. Fermo il pagamento delle somme di cui sopra, la ricorrente locatrice chiede che il conduttore sia condannato a restituire il materiale alla quale unica legittima proprietaria dei beni (cfr. anche art. 15 del CGC).
Alla luce di quanto nei fatti già sopra esposto, l’adito Tribunale ritiene che la si sia legittimamente avvalsa della clausola contrattuale risolutiva espressa.
Ed infatti, le parti con tale clausola (art. 14) avevano attribuito alla la facoltà di risolvere di diritto il contratto in determinati casi.
La peculiarità dell’istituto deroga alla norma in base alla quale la risoluzione ha effetto solo se l’inadempimento non è di scarsa importanza (art. 1455 c.c.) ed infatti, quando la parte che ha patito il pregiudizio manifesta la volontà di avvalersi di detta clausola, il Giudice non esegue alcuna indagine circa la gravità del mancato adempimento nell’ottica dell’economia generale del contratto, posto che ciò è già stato preventivamente determinato e concordato dalle parti.
Ne consegue che il contratto è stato legittimamente dichiarato risolto di diritto, come prospettato dalla parte In forza dell’articolo richiamato nelle condizioni generali del contratto, in caso di risoluzione dell’accordo, il conduttore è tenuto al pagamento dei corrispettivi periodici maturati sino alla data di risoluzione e quindi dei canoni insoluti e dei cd, canoni a scadere (cfr. artt. 2.4, 14 e 15 lett. b) delle CGC del contratto anche sottoscritte specificatamente).
– a fronte della puntuale allegazione a cura di parte attrice degli inadempimenti di parte resistente – non risultano (attesa anche la inerzia processuale della parte resistente rimasta processualmente silente seppure ritualmente notiziata della pendenza della presente procedura) in atti documenti ovvero elementi oggettivi di segno contrario che contrastino e contraddicano la puntuale ed articolata ricostruzione contabile offerta dalla parte ricorrente.
In assenza di materiale ed evidenze documentali in atti di segno contrario (ovvero ostative all’accoglimento della domanda giudiziale), in assenza di una diversa comprovata ed attendibile versione–ricostruzione ovvero anche solo di una contro-prospettazione (anche contabile) offerta dalla (pure onerata) parte conduttrice- resistente, la domanda della parte proposta nei confronti di parte conduttrice (positivamente ed attivamente onerata di provare ex art. 2697 II comma cc ed allegare pagamenti ad estinzione anche parziale delle obbligazioni contrattuali a proprio carico) deve ritenersi provata ex art. 2697 cc, fondata. In ragione del canone di ripartizione probatoria espresso dall’art. 2697 cc e del cd. principio di prossimità della prova il creditore può limitarsi a provare l’esistenza del credito e spetta al debitore la prova dell’adempimento;
solo qualora costui offra la relativa dimostrazione, solo allora l’onere di provare che il pagamento non è stato, in tutto o in parte, satisfattivo della pretesa, ovvero che esso si riferisce a diverso titolo, torna a carico del creditore.
Infatti “il creditore che agisce per il pagamento ha l’onere di provare il titolo del suo diritto, non anche il mancato pagamento, giacché il pagamento integra un fatto estintivo (ndr. ex art. 2697, II comma cc) , la cui prova incombe al debitore che l’eccepisca.
L’onere della prova torna a gravare sul creditore il quale, solo di fronte alla comprovata esistenza di un pagamento avente efficacia estintiva, ossia puntualmente eseguito con a un determinato credito, controdeduca che il pagamento deve imputarsi ad un credito diverso da quello indicato dal debitore, fermo restando che, in caso di crediti di natura omogenea, la facoltà del debitore di indicare a quale debito debba imputarsi il pagamento va esercitata e si consuma all’atto del pagamento stesso, sicché una successiva dichiarazione di imputazione, fatta dal debitore senza l’adesione del creditore, è giuridicamente inefficace (cfr. anche Cass. n. 21512/2019). Sono pertanto contrattualmente dovuti con onere economico a carico della parte obbligata resistente (ex artt. 2.4, 14, e 15 lettera b delle CGC) gli importi dettagliati come in dispositivo cui in questa sede si rinvia Quindi sarà dovuto in favore della parte ricorrente l’importo complessivo per quota capitale di €#10.126,39#.
In ragione dell’esito del giudizio e del principio della soccombenza le spese legali di lite e di procedura sono disciplinate come in dispositivo, cui in questa sede si rinvia tenuto conto del valore della causa e della applicazione di tutti i parametri di cui alla tabella del D.M. attualmente vigente.
Quanto sopra in premessa, in fatto, in diritto ed in motivazione4 il Tribunale Civile e Penale di Milano provvede come in dispositivo.
4
Deve richiamarsi nel resto il principio di diritto ex Cass. SS.UU. n. 642/2015 secondo cui nel processo civile (ed anche in quello tributario in virtù di quanto disposto dal D Lgs 546/1992 art. 1 comma n. 2)
non può ritenersi nulla la sentenza che esponga le ragioni della decisione limitandosi a riprodurre il contenuto di un atto di parte (ovvero di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari) eventualmente senza nulla aggiungere ad esso, sempre che in tal modo risultino comunque attribuibili al giudicante ed esposte in maniera chiara, univoca ed esaustiva, le ragioni sulle quali la decisione è fondata.
E’ inoltre da escludere che, alla stregua delle disposizioni contenute nel codice di rito civile e nella Costituzione, possa ritenersi sintomatico di un difetto di imparzialità del giudice il fatto che la motivazione di un provvedimento giurisdizionale sia, totalmente o parzialmente, costituita dalla copia dello scritto difensivo di una delle parti”.
Cfr. ratio espressa anche dalla pronunzia della Suprema Corte con. Sent. SS.UU. n. 642/2015 secondo cui non può trascurarsi la copiosa giurisprudenza secondo la quale la conformità della sentenza al modello di cui all’art. 132 cpc n. 4, e l’osservanza degli artt. 115 e 116 cpc non richiedono che il giudice del merito dia conto di tutte le prove dedotte o comunque acquisite e di tutte le tesi prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente e necessario che egli esponga in maniera concisa gli elementi in fatto e in diritto posti a fondamento della sua decisione (v. tra numerosissime Cass. 22801/2009), dovendo reputarsi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata (tra le altra, ulteriore e diversa questione, in rito ed in merito5, deve ritenersi allo stato assorbita6. —
— Il Tribunale Civile e Penale di Milano, in composizione monocratica nel procedimento al R.G. n. 5562/2025, definitivamente pronunziando così provvede e dispone:
–Attesa la validità e la piena legittimità della risoluzione di diritto contrattuale intimata da parte per l’effetto, condanna la parte resistente (P. IVA: , al pagamento, in favore della parte ricorrente, dell’importo complessivo di Euro €#10.126,39# iva compresa oltre ad interessi calcolati nella misura di legge, maturati e maturandi dalle singole scadenze sino al saldo effettivo;
-Condanna la parte la parte resistente (P. IVA: , alla restituzione (a proprie cure e spese) in favore della parte attrice <<NUMERO_DOCUMENTO>> del materiale come indicato in dettaglio nel ricorso;
-Disattende le altre domande formulate e non già qui espressamente accolte;
-Condanna la parte resistente P. IVA:
, alla refusione, in favore della controparte, delle spese legali della presente procedura qui di seguito liquidate in complessivi €#3.250,00# per compensi professionali, oltre IVA e CPA nella misura di legge ed oltre la percentuale del 15% a titolo di rimborso dovuto per le spese forfettarie;
cassazione ai sensi dell’’art. 360 cpc n. 5, n. 5, la ridotta estensione della sentenza ed essendo sufficiente che nella motivazione del provvedimento risulti esplicitato, ancorchè sinteticamente, l’iter logico-giuridico seguito dal giudice per pervenire alla decisione (v. Cass. n. 15489 del 2007).
Peraltro, già nei decenni trascorsi la giurisprudenza di legittimità aveva dato una lettura informale e funzionale della sentenza, meglio, della sua motivazione, affermando, nell’ottica della semplificazione e dello “snellimento” del lavoro del giudice, pur senza sacrificare chiarezza e precisione, che non è viziata per omessa o insufficiente motivazione la sentenza stesa su modulo predisposto, quando questo sia stato utilizzato o adattato in maniera tale che la motivazione ne risulti aderente alla concretezza del caso deciso, con gli opportuni specifici riferimenti agli elementi di fatto che lo caratterizzano (v. anche Cass. 1570/1984 e 275/1995 e 24508/2006). 5 Cfr. art. 118, I comma ultima parte, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile;
6 Cfr. Suprema Corte di Cassazione sentenza n. 11547/2013 secondo cui la figura dell’assorbimento, che esclude il vizio di omessa pronuncia, ricorre, quando la decisione sulla domanda cd. assorbita diviene superflua, per sopravvenuto difetto di interesse della parte, che con la pronuncia sulla domanda cd. assorbente ha conseguito la tutela richiesta nel modo più pieno, e, in senso improprio, come nel caso in esame, quando la decisione cd. assorbente esclude la necessità o la possibilità di provvedere sulle altre questioni, ovvero comporta un implicito rigetto di altre domande; non rientra tra le ipotesi di assorbimento la situazione in cui la decisione adottata non esclude la necessità, ne’ la possibilità di pronunciare sulle altre questioni prospettate dalla parte, la quale conserva interesse alla decisione sulle stesse (Cass. 7663/2012 e 264/2006).
Infatti, il vizio di omessa pronuncia è configurabile solo con riguardo alla mancanza di una decisione da parte del giudice in ordine ad una domanda che richieda una pronuncia di accoglimento o di rigetto, e va escluso ove ricorrano gli estremi di una reiezione implicita o di un suo assorbimento in altre statuizioni.
Occorre in premessa ricordare che, per consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, il Giudice, nel motivare “concisamente” la sentenza secondo i dettami di cui all’art. 118 disp. att. cpc, non è tenuto ad esaminare specificamente ed analiticamente tutte le questioni sollevate dalle parti, ben potendosi limitare alla trattazione delle sole questioni, di fatto e di diritto, considerate rilevanti ai fini della decisione concretamente adottata.
Ne consegue che quelle residue, non trattate in modo esplicito, non devono essere ritenute come “omesse”, per effetto di “error in procedendo”, ben potendo esse risultare assorbite (ovvero superate) per incompatibilità logico-giuridica con quanto concretamente ritenuto provato.
Alla luce di quanto appena ricordato, si deve quindi precisare che la trattazione sarà in questa sede limitata all’approfondimento delle sole questioni rilevanti e dirimenti ai fini del decidere;
ritenendosi quindi assorbite tutte le altre eccezioni e questioni.
Ciò in applicazione del principio della cosiddetta ‘ragione più liquida’ desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., ulteriormente valorizzato e confermato dalla Suprema Corte (Cass. Civ. SSUU sentenza n. 24883/2008; Cass. Civ. n. 26242/2014 e P.-Sentenza immediatamente esecutiva ex lege; –
Manda
alla Cancelleria per quanto di sua competenza.
Milano, così deciso il 15/04/2025.
Il Giudice Dott. NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?
Prenota un appuntamento.
La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.
Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.
Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.
Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.