REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE ORDINARIO DI LATINA
I SEZIONE CIVILE
in composizione monocratica, in persona del dott. ha pronunciato
la seguente
SENTENZA n. 11/2023 pubblicata il 04/01/2023
nella causa civile di primo grado iscritta al n. 2399 R.G. cont. 2019
TRA
XXX – C.F.
PARTE APPELLANTE
E
YYY S.P.A. – C.F.
PARTE APPELLATA
OGGETTO: appello avverso la sentenza n. 1116/2018 del Giudice di pace di Latina, depositata in data 24/10/2018 all’esito del giudizio avente R.G. n. 1173/2018;
CONCLUSIONI: per parte appellante, all’udienza di precisazione delle conclusioni (note scritte del 06/09/2022): “Voglia l’Adito Tribunale di Latina, respinta ogni contraria istanza, eccezione e difesa, così giudicare: accogliere l’appello come proposto e, in riforma totale dell’impugnata sentenza: 1) accogliere la domanda di restituzione delle somme indebitamente trattenute dalla YYY S.p.A. e, per l’effetto, condannare la stessa al pagamento della somma di € 1.701,92, in favore della sig.ra XXX, oltre rivalutazione e interessi legali dal dì della stipula del contratto fino al soddisfo; 2) condannare, altresì, la YYY S.p.A. al pagamento delle spese, diritti e compenso professionale del doppio grado di Giudizio con attribuzione ai sottoscritti procuratori, per dichiarazione di anticipo”; per parte appellata all’udienza di precisazione delle conclusioni (note scritte del 06/09/2022): “Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, contrariis reierctis, in via preliminare: – dichiarare inammissibile, ai sensi e per gli effetti dell’art. 342 c.p.c., l’appello proposto dalla sig.ra XXX; nel merito: – rigettare perché destituito di fondamento giuridico e fattuale, l’appello proposto dalla sig.ra XXX, confermando la sentenza n. 1116/2018, resa dal Giudice di Pace di Latina in data 22.10.2018 e pubblicata il 24.10.2018; in ogni caso: – con vittoria di spese e competenze di giudizio”.
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Con atto di citazione ritualmente notificato, XXX ha proposto appello avverso la sentenza n. 1116/2018 del Giudice di Pace di Latina che, ravvisando la non applicabilità al caso concreto dell’art. 125-sexies T.U.B. nonché la non vessatorietà della clausola di non rimborsabilità dei costi in caso di estinzione anticipata del finanziamento, ha rigettato la domanda di restituzione della quota delle commissioni e del premio assicurativo relativa al periodo non goduto a seguito dell’estinzione anticipata del finanziamento, formulata ai sensi del citato art. 125-sexies T.U.B. e 2033 c.c., e pari ad € 1.701,92.
Nel costituirsi in giudizio, YYY S.p.A. ha eccepito l’inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 342 c.p.c., osservando come l’appellante, pur indicando le parti del provvedimento impugnate, abbia omesso di articolare le modifiche da apportare alla sentenza gravata.
Nel merito, contestando la fondatezza della prospettazione attorea, stante la non operatività dell’invocato art. 125-sexies T.U.B. e la non vessatorietà lamentata, ne ha chiesto il rigetto, eccependo altresì un difetto di legittimazione passiva in merito alla chiesta restituzione del premio assicurativo.
Istruita documentalmente, la causa è stata posta in decisione all’udienza del 13/09/2022, con assegnazione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.
2. Preliminare alla disamina del merito della domanda attorea è la questione relativa all’inammissibilità dell’appello ai sensi dell’art. 342 c.p.c. invocata dalla parte appellata.
Sul punto pare utile richiamare il principio di diritto, alla stregua del quale ai fini della specificità dei motivi di appello richiesta dall’art. 342 c.p.c. è sufficiente una chiara esposizione delle doglianze rivolte alla pronuncia impugnata, senza necessità di proporre un progetto alternativo di sentenza, sicché l’appellante il quale lamenti l’erronea ricostruzione dei fatti da parte del giudice di primo grado può limitarsi a chiedere al giudice di appello di valutare ex novo le prove già raccolte e sottoporre le argomentazioni già svolte nel processo di primo grado (Cass. civ. sez. VI-III, 17/12/2021, (ord.) n. 40560).
Applicando tale principio di diritto al caso concreto, l’appello proposto da XXX va considerato ammissibile, in quanto con esso l’appellante ha individuato le parti della sentenza di cui intende ottenere la modifica e le ragioni per cui ritiene errata la decisione del giudice di prime cure.
3. Nel merito, con il primo motivo di appello rubricato “Errata statuizione in ordine al diritto della sig.ra XXX di ottenere un’equa riduzione del costo complessivo del credito”, l’appellante contesta quanto sostenuto dal giudice di prime cure in ordine alla non applicabilità nel caso di specie dell’art. 125-sexies T.U.B. su cui l’appellante ha fondato la propria domanda.
In particolare il giudice di pace ha così motivato: “l’attore ha dedotto l’applicabilità della previsione dell’art. 125 sexies del TUB, in quanto meramente ricognitiva di un diritto preesistente di estinzione anticipata del contratto di finanziamento con obbligo di rimborso da parte dell’istituto mutuante delle voci di costo cd continuativo (commissioni) nonché per i premi assicurativi l’analogo principio introdotto dalla l. n. 221/2012… tale prospettazione non può essere condivisa atteso che la normativa richiamata dall’attrice tanto in tema di componenti economiche del contratto di finanziamento cd “recurring” quanto in tema di polizza assicurativa è stata introdotta successivamente alla stipula del contratto e non può, in assenza di specifica disposizione, essere applicata retroattivamente (art. 11 preleggi) ad una fattispecie che ha trovato compiuta regolamentazione tra le parti in ossequio alla disciplina dell’epoca vigente”.
Tale assunto va confermato.
Ed invero, l’art. 125-sexies T.U.B. è stato introdotto con il d.lgs. n. 141 del 2010, il cui art. 1 ha interamente sostituito il Capo II del Titolo VI del testo unico bancario.
Il decreto citato è stato adottato al fine di dare attuazione alla direttiva 2008/48/CE, che, abrogando la direttiva 87/102/CEE, ha disciplinato i contratti di credito ai consumatori.
La nuova normativa, diversamente dalla precedente, ha adottato una tecnica di armonizzazione piena, finalizzata a garantire «a tutti i consumatori della Comunità di fruire di un livello elevato ed equivalente dei loro interessi e che crei un vero mercato interno» (considerando n. 9). A tal fine, l’art. 22, paragrafo 1, dispone che «[n]ella misura in cui la presente direttiva contiene disposizioni armonizzate, gli Stati membri non possono mantenere né introdurre nel proprio ordinamento disposizioni diverse da quelle in essa stabilite».
Fra le disposizioni armonizzate si rinviene l’art. 16, paragrafo 1, secondo cui: «[i]l consumatore ha il diritto di adempiere in qualsiasi momento, in tutto o in parte, agli obblighi che gli derivano dal contratto di credito. In tal caso, egli ha diritto ad una riduzione del costo totale del credito, che comprende gli interessi e i costi dovuti per la restante durata del contratto» (cfr. Corte Cost. 22/12/2022, n. 263).
La disciplina del rimborso anticipato è stata recepita nell’art. 125-sexies T.U. bancario, il cui comma 1, prima delle recenti modifiche del 2021, riconosceva al consumatore la possibilità di rimborsare anticipatamente in qualsiasi momento, in tutto o in parte, l’importo dovuto al finanziatore, con conseguente diritto ad una riduzione del costo totale del credito, pari all’importo degli interessi e dei costi dovuti per la vita residua del contratto.
Tuttavia, va osservato come l’art. 30, rubricato misure transitorie, della direttiva 2008/48/CE, in attuazione della quale è stato adottato il d. lgs. n. 141 del 2010, che ha introdotto l’art. 125-sexies T.U. bancario, recita: La presente direttiva non si applica ai contratti di credito in corso alla data di entrata in vigore delle misure nazionali di attuazione. Tuttavia, gli Stati membri provvedono affinché gli articoli 11, 12, 13, 17, 18, paragrafo 1, seconda frase, e 18, paragrafo 2, siano applicati anche ai contratti di credito a durata indeterminata in corso alla data di entrata in vigore delle misure nazionali di attuazione.
Quindi la disciplina europea prevede espressamente che le disposizioni della direttiva, per come recepite negli stati membri, non trovano applicazione ai contratti di credito ancora in corso alla data di entrata in vigore delle misure nazionali di implementazione. D’altra parte, nel novero delle deroghe individuate dalla stessa disciplina transitoria in commento non si rinviene il richiamo all’art. 16 del testo relativo al rimborso anticipato.
Parimenti, coerentemente con la disciplina eurounitaria, l’art. 3, comma 3, del citato d.lgs. n. 141/2010, rubricato “Abrogazioni e termini di attuazione” (in base al quale i finanziatori e gli intermediari del credito si adeguano alle disposizioni del suddetto decreto entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore delle relative disposizioni di attuazione, poi pubblicate in G.U. il 16.02.2011), prevede che i finanziatori e gli intermediari finanziari sono tenuti ad adeguarsi alle disposizioni introdotte con il d.lgs. n. 141/2010 a far data dal 01/6/2011 e, dunque, per i contratti stipulati successivamente a tale termine.
Ne consegue la non operatività della disposizione al caso di specie, atteso che il contratto di mutuo rimborsabile mediante cessione pro solvendo di n. 120 quote della retribuzione mensile è stato stipulato tra le odierne parti in giudizio in data 18/09/2008, vale a dire anteriormente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 141/2010.
Pertanto, deve ritenersi (astrattamente) applicabile la normativa precedente al d.lgs. n. 141/2010 e vigente all’epoca in cui il contratto è stato concluso, tuttavia non espressamente invocata dall’attore, come appresso specificato.
3.1 Neppure può essere condiviso l’assunto per cui la disciplina dell’art. 125sexies del TUB non farebbe altro che confermare il contenuto della disciplina preesistente: vale a dire l’art. 125, comma 2, del d.lgs. n. 385 del 1993 e la disciplina dell’art. 3 del decreto del Ministro del Tesoro 8/7/1992.
Analizzando le disposizioni ora richiamate, va osservato che l’art. 3 del D.M. 08/07/1992 (Disciplina e criteri di definizione del tasso annuo effettivo globale per la concessione di credito al consumo – pubblicato nella Gazz. Uff. 20 luglio 1992, n. 169.) reca la seguente disposizione:
“3. Adempimento anticipato. 1. Il consumatore ha sempre la facoltà dell’adempimento anticipato; tale facoltà si esercita mediante versamento al creditore del capitale residuo, degli interessi ed altri oneri maturati fino a quel momento e, se previsto dal contratto, di un compenso comunque non superiore all’uno per cento del capitale residuo.
2. Qualora il contratto non dettagli l’importo del capitale residuo dopo ciascuna rata di rimborso, esso si determina quale somma del valore attuale di tutte le rate non ancora scadute alla data dell’adempimento anticipato, calcolata mediante la formula riportata in allegato 2 al presente decreto; il tasso d’interesse da utilizzare nel calcolo è quello vigente all’epoca dell’adempimento anticipato per la determinazione degli interessi a carico del consumatore.”.
Nessuno specifico diritto viene espressamente assegnato al debitore che estingua anticipatamente l’obbligazione contratta. La giurisprudenza di merito richiamata dalle parti non sembra tener conto del dato letterale della norma.
Mentre l’art. 125, comma 2, del TUB stabilisce espressamente (nella versione applicabile alla data di stipula del rapporto qui in esame): “2. Le facoltà di adempiere in via anticipata o di recedere dal contratto senza penalità spettano unicamente al consumatore senza possibilità di patto contrario. Se il consumatore esercita la facoltà di adempimento anticipato, ha diritto a un’equa riduzione del costo complessivo del credito, secondo le modalità stabilite dal CICR.”.
Nessuna modalità operativa per la determinazione dell’equa riduzione del costo complessivo del credito è stata adottata dal CICR.
Né ha alcun fondamento il richiamo, formulato dall’appellante, all’art. 161, comma 5, del d.lgs. n. 385 del 1993, a mente del quale: “5. Le disposizioni emanate dalle autorità creditizie ai sensi di norme abrogate o sostituite continuano a essere applicate fino alla data di entrata in vigore dei provvedimenti emanati ai sensi del presente decreto legislativo.”.
La disposizione a carattere transitorio posta a chiusura del TUB varrebbe, nella prospettazione attorea, a richiamare l’applicazione del riportato art. 3, comma 1, del DM del Tesoro citato, ma tale norma, oltre a sancire la facoltà di adempimento anticipato del consumatore, non prevedeva alcun indennizzo in suo favore, stabilendo piuttosto un compenso in favore del creditore comunque non superiore all’uno per cento del capitale residuo.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il motivo di appello ora esaminato è infondato e va rigettato.
4. Va ulteriormente rilevato che la domanda articolata in primo grado è stata espressamente fondata sull’applicazione dell’art. 125-sexies TUB, che, come osservato, non trova applicazione. Ciò si desume dalla specificità del petitum che riguarda i costi dovuti per la vita residua del contratto ed individuati nel residuo delle commissioni pattuite (per € 1.290,52) e nel residuo premio assicurativo (per € 411,40).
In ragione della specifica formulazione della domanda e della causa petenti da cui è sostenuta, non può in questa sede (e neppure avrebbe potuto così provvedere il giudice di primo grado) effettuarsi una valutazione equitativa della riduzione del costo complessivo del credito come previsto dall’art. 125, comma 2, TUB precedente versione. Di tale norma non si chiede l’applicazione, ma la si invoca al solo fine di sostenere l’esistenza di una (pretesa) continuità di disciplina, che è invece smentita dallo stesso tenore delle richiamate norme transitorie della direttiva sopra evocata.
5. Esclusa l’operatività nel caso di specie dell’art. 125-sexies TUB., va delibato il secondo motivo di appello rubricato “sulla vessatorietà della clausola tendente ad escludere il diritto di ripetizione di somme a seguito di estinzione anticipata”.
In particolare, il giudice di prime cure ha escluso la vessatorietà della clausola “attenendo la stessa alla regolamentazione di aspetti meramente quantitativi legati all’esercizio di un’opzione riconosciuta al consumatore e non a limitazioni di responsabilità derivanti da inadempimenti dell’istituto (artt. 33 e 34 c.d.c.)”.
Nel caso di specie, l’appellante lamenta la vessatorietà della clausola inserita nel contratto di finanziamento, lett. D), per la quale: “in caso di estinzione anticipata del prestito gli importi indicati nella sopra estesa lett. a1), a2), a3), a4) non saranno rimborsati, come pure quelli indicati nell’art. 7 delle condizioni generali di contratto.
Conseguentemente il mutuatario godrà esclusivamente dell’abbuono degli interessi per il periodo di rateazione non goduto. Il mutuatario verserà altresì quale compenso per l’adempimento anticipato un importo pari a 30 euro e comunque non superiore all’1% del capitale residuo.”.
In considerazione delle valutazioni esposte al punto 4. della presente motivazione, la questione della vessatorietà della richiamata clausola contrattuale resta assorbita dalla ritenuta non applicabilità al caso di specie dell’art. 125-sexies TUB espressamente ed univocamente invocato da parte attrice in primo grado.
L’eventuale nullità della clausola non potrebbe in ogni caso portare all’accoglimento delle domande proposte da parte attrice-appellante per le ragioni esposte.
In ogni caso va delibato il giudizio formulato dal giudice di prime cure in ordine alla validità della clausola sopra richiamata alla stregua dei seguenti principi in tema di clausole vessatorie previste nei contratti aperti all’adesione dei consumatori.
In primo luogo va rilevato che nei casi in cui si lamenti che un contratto sia concluso in violazione di norme imperative, vi è l’esigenza di verificare che il rimedio negoziale della nullità (con il bagaglio disciplinare assegnatole in via generale e comune dalla normativa di legge) risulti effettivamente coerente con la finalità di interesse pubblico che la norma imperativa, che venga presa in apposita considerazione, intende specificamente perseguire (Cass. civ., sez. VI, 23/09/2019, n. 23611).
Ora, si è detto che non trova applicazione al caso di specie la disciplina di stampo eurounitario dell’art. 125-sexies TUB. Mentre il previgente art. 125, comma 2, del TUB (la cui applicazione non è stata invocata dall’attore) introduce in forma imperativa le facoltà – per il consumatore – di adempiere in via anticipata o di recedere dal contratto senza penalità, senza possibilità di patto contrario.
Dunque, con carattere imperativo, viene introdotta la facoltà di adempimento in via anticipata da parte del debitore.
La restante parte della norma – per cui se il consumatore esercita la facoltà di adempimento anticipato, ha diritto a un’equa riduzione del costo complessivo del credito, secondo le modalità stabilite dal CICR – non ribadisce l’esclusione del patto contrario, con conseguente derogabilità della stessa nei imiti della disciplina sulle clausole vessatorie.
In proposito è utile richiamare il principio della giurisprudenza di legittimità per cui: la nozione di significativo squilibrio contenuta nell’art. 1469-bis c.c. (e, successivamente, nell’art. 33 codice del consumo), relativamente alle clausole vessatorie contenute nei contratti tra professionista e consumatore, fa esclusivo riferimento ad uno squilibrio di carattere giuridico e normativo, riguardante la distribuzione dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto, non consentendo invece di sindacare l’equilibrio economico, ossia la convenienza economica dell’affare concluso (Cass. civ., Sez. VI – 2 Ord., 25/11/2021, n. 36740).
La esclusione del rimborso delle spese sostenute dal soggetto finanziato in caso di adempimento anticipato delle obbligazioni poste a suo carico, nel quadro normativo applicabile, non incide sullo squilibrio di carattere giuridico o normativo che implica la vessatorietà della clausola, ma riguarda essenzialmente il profilo dei costi economici dell’operazione concordata.
Né, d’altra parte, la clausola in esame può considerarsi rientrante tra quelle di cui all’art. 36, comma 2, lettera b), cod. cons. come ritenuto dall’appellante.
Detta norma prevede la nullità delle clausole, quantunque oggetto di trattativa, che escludono o limitano le azioni del consumatore nei confronti del professionista o di un’altra parte in caso di inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto da parte del professionista.
L’ipotesi della norma richiamata presuppone l’inibizione totale o parziale delle azioni del consumatore in caso di inadempimento del professionista; questione che non ha nulla a che vedere con la regolazione dei rapporti patrimoniali tra le parti in caso di estinzione anticipata dell’obbligazione da parte del debitore. In questo caso infatti non vi è alcun inadempimento del professionista.
Neppure soccorre l’ipotesi della vessatorietà di cui all’art. 33, comma 2, lettera g), cod. cons., per i casi in cui la clausola abbia per oggetto o effetto di riconoscere al solo professionista e non anche al consumatore la facoltà di recedere dal contratto, nonché consentire al professionista di trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia il professionista a recedere dal contratto.
Si legge in giurisprudenza il seguente principio che può essere senz’altro condiviso in quanto del tutto coerente al dato letterale della norma: la clausola di non rimborsabilità, in caso di estinzione anticipata del mutuo, degli importi corrisposti, recante la doppia sottoscrizione di cui agli artt. 1341 e 1342 c.c. , non può ritenersi nulla ai sensi del combinato disposto dell’art. 33, comma 2, lett. g) e 36 del Codice del consumo, atteso che l’art. 33, lett. g) presume come vessatorie le clausole che hanno per oggetto o effetto di riconoscere al solo professionista e non anche al consumatore la facoltà di recedere dal contratto, nonché di consentire al professionista di trattenere anche solo in parte la somma versata dal consumatore a titolo di corrispettivo per prestazioni non ancora adempiute, quando sia egli stesso professionista a recedere dal contratto, non anche nell’ipotesi in cui sia invece il consumatore a recedere dal contratto.
Va dunque escluso il carattere imperativo della clausola in questione e la natura vessatoria della stessa, con conferma della sentenza di primo grado sul punto, integrata nella sola motivazione come sopra.
I restanti motivi di appello, attinenti al merito della pretesa restitutoria, restano assorbiti dal rigetto di quelli pregiudiziali esaminati.
6. Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo sulla base dei parametri di cui al DM n. 55 del 2014, tenuto conto della natura e del valore della controversia e dell’attività difensiva svolta (scaglione ricompreso tra € 1.100,01 ed € 5.200,00, applicati i parametri minimi relativi a tutte le fasi, tenuto conto della scarsa complessità della controversia e del tenore delle difese svolte; esclusa la fase istruttoria, non espletata), seguono la soccombenza.
Ritenuto altresì che, in ragione del rigetto dell’appello, debba darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell’appellante, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la proposizione del gravame, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002;
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così decide in grado d’appello:
– rigetta l’appello proposto da XXX;
– condanna l’appellante alla rifusione delle spese di lite in favore dell’appellata, che liquida in € 810,00 per compenso al difensore, oltre spese generali, iva e cpa;
– visto l’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell’appellante, di un ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per la proposizione del gravame.
Latina, 03/01/2023
Il giudice
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