REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI ROMA
SEZIONE LAVORO – IV COLLEGIO
composta dai Magistrati:
all’udienza del 4.2.2019 ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 510/2019 pubblicata il 15/02/2019
nella causa civile in grado di appello iscritta al n. /2017 del Ruolo Generale Civile – Lavoro e Previdenza
TRA
MINISTERO DELL’ISTRUZIONE DELL’UNIVERSITÀ E DELLA RICERCA
in persona del legale rappresentante pro tempore, con l’Avvocatura Generale dello Stato, per legge
APPELLANTE
E
YYY
con gli Avv.ti, giusta procura in atti
APPELLATO
OGGETTO: Appello avverso la sentenza del Tribunale in funzione di giudice del lavoro di Velletri n. /2016.
CONCLUSIONI: Come da scritti difensivi in atti.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE
Con la sentenza in oggetto il Tribunale in funzione di giudice del lavoro di Velletri, in parziale accoglimento del ricorso presentato da YYY, condannava il MIUR –
Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca a pagare alla lavoratrice il risarcimento del danno, pari a dieci mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, per l’illegittima reiterazione dei contratti a termine intercorsi tra le parti nel periodo dedotto in giudizio nonché le differenze retributive maturate a titolo di anzianità di servizio per il cumulo dei periodi lavorati in forza dei predetti contratti; il Tribunale respingeva, invece, la domanda attorea di conversione del rapporto in conseguenza della nullità dei ridetti contratti di lavoro a termine nonché quella concernente il diritto della lavoratrice agli scatti biennali del 2,5% ai sensi dell’art. 53 l. n. 312/1980 e a veder protratto il periodo di servizio fino al 31 agosto di ogni anno scolastico.
In data 4.4.2017 il MIUR interponeva appello, chiedendo che, in parziale riforma dell’indicata sentenza, fosse respinta anche la domanda risarcitoria azionata dalla lavoratrice.
YYY si costituiva nel grado, formulando eccezioni in rito e in merito.
All’udienza odierna la causa è stata decisa come in dispositivo.
In limine, osserva la Corte che l’eccezione d’inammissibilità dell’appello è destituita di fondamento, perché la lettura complessiva e non formalistica dell’atto introduttivo del grado consente d’individuare le parti della sentenza impugnate e i ritenuti vizi del ragionamento logico giuridico seguito dal Tribunale per giungervi, in coerenza quindi con quanto previsto dall’art. 434 cpc.
L’articolazione dei motivi di appello in forma processualmente adeguata e, come tale, idonea a sollecitare approfondita verifica in questa sede, esclude altresì che l’atto introduttivo del grado sia inammissibile ai sensi dell’art. 348 bis cpc.
Nel merito, rileva la Corte che si è formato giudicato interno sullo statuito diritto della YYY al trattamento economico per l’anzianità di servizio (c.d. gradoni), non avendo l’amministrazione appellante impugnato la correlata statuizione, a sé sfavorevole; del pari, per mancanza di impugnazione incidentale, si è formato giudicato interno sulle statuizioni, sfavorevoli alla YYY, inerenti l’insussistenza del suo diritto alla conversione dei contratti a termine impugnati, agli scatti biennali ex art. 53 l. 312/1980 e al mantenimento del posto fino al 31 agosto di ogni anno scolastico con percezione delle relative differenze retributive e del relativo punteggio.
Osserva poi la Corte che, il Tribunale ha sotteso alla sentenza in oggetto, per la parte ancora controversa in questa sede, le seguenti ragioni:
– il reclutamento nel comparto scuola è regolato da un corpus normativo speciale, conforme ai principi costituzionali e comunitari in materia di lavoro a termine;
– detta disciplina si applica al personale docente e ATA (amministrativo, tecnico e ausiliario);
– in tale contesto di riferimento, l’illegittimo uso da parte dell’amministrazione dello strumento negoziale precario fa insorgere soltanto il diritto del lavoratore al risarcimento del danno, restando preclusa la conversione dall’art. 97 della Costituzione;
– nel caso di specie, l’illegittima condotta dell’amministrazione deriva dall’avvenuta stipulazione di una sequenza di contratti a termine e determina l’insorgenza di un’obbligazione risarcitoria, che, per essere coerente con l’Accordo Quadro allegato alla Direttiva 1999/70/CE sul lavoro a termine, deve risolversi in una misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica e idonea a sanzionare debitamente l’abuso perpetrato con violazione del diritto dell’Unione;
– poiché la YYY è un collaboratore scolastico, le conseguenze dell’illecito non possono essere eliminate dalla possibilità di assunzione della lavoratrice, misura che invece è stata prevista per il personale docente giusta il piano straordinario di assunzioni ex l. n. 107/2015;
– la liquidazione del risarcimento spettante in concreto va operata facendo applicazione dell’art. 32, co. 5 l. n. 183/2010.
L’appellante ha affidato ai seguenti motivi la chiesta riforma della sentenza:
1. la sentenza del Tribunale è del tutto condivisibile nella parte in cui ha ricostruito la disciplina del settore come un corpus speciale coerente con la disciplina sovranazionale ed escluso di conseguenza ogni spazio per affermare la convertibilità dei rapporti precari;
2. nondimeno, proprio la specialità del sistema di reclutamento del personale precario, valevole anche per gli ATA, esclude ogni profilo di abuso nella reiterazione degli incarichi a termine conferiti su organico di fatto, mentre quanto ai contratti a termine su organico di diritto le ricadute sanzionatorie vanno valutate ove la reiterazione si sia protratta oltre 36 mesi e considerando la misura riparatoria integrata dal piano di assunzioni straordinario che il legislatore nazionale ha adottato con la l. 107/2015;
3. spetta al lavoratore, che invoca il risarcimento del danno, dare la prova del perdurare dello stato di precarietà nonostante il previsto piano di stabilizzazione.
Trattando congiuntamente i motivi dell’appello, stante la loro connessione, osserva la Corte che la materia dei contratti a tempo determinato nella pubblica istruzione trova attuale disciplina nell’art. 4 l. n. 14/1999, che ha modificato la l. n. 297/1994, il quale contempla tre tipologie di supplenze:
– al comma 1, quelle annuali fino al 31 agosto; – al comma 2, quelle temporanee fin a 30 giugno; – al comma 3 quelle temporanee.
La giurisprudenza (v. ad es. Cass. n. 22557/2016) ha chiarito la consistenza di ciascuna delle tre tipologie di supplenze nei termini che seguono:
– le supplenze annuali, cosiddette su “organico di diritto”, che riguardano posti disponibili e vacanti con scadenza al termine dell’anno scolastico (31 agosto): si tratta di posti che risultano effettivamente vacanti entro la data del 31 dicembre e che rimarranno scoperti per l’intero anno, perché relativi a sedi disagiate o comunque di scarso gradimento, per i quali non vi sono domande di assegnazione da parte del personale di ruolo; la scopertura di questi posti si manifesta solo dopo l’esaurimento delle procedure di trasferimento, assegnazione provvisoria, utilizzazione di personale soprannumerario e immissione in ruolo; verificato che sono rimasti privi di titolare, quei posti possono essere coperti, in attesa dell’espletamento delle procedure concorsuali per l’assunzione di personale di ruolo, mediante l’assegnazione delle supplenze;
– le supplenze temporanee cosiddette su “organico di fatto”, quelle cioè con scadenza al 30 giugno, ossia fino al termine dell’attività didattica, coprono posti che non sono tecnicamente vacanti, ma si rendono di fatto disponibili, per varie ragioni, quali l’aumento imprevisto della popolazione scolastica nel singolo istituto, la cui pianta organica resti tuttavia immutata, oppure per l’aumento del numero di classi, dovuto a motivi contingenti, ad esempio di carattere logistico;
– le supplenze temporanee, che sono conferite per ogni altra necessità, come la sostituzione di personale assente o la copertura di posti resisi disponibili, per qualsivoglia ragione, soltanto dopo il 31 dicembre, e destinate a terminare non appena venga meno l’esigenza per cui sono stati stipulati.
La normativa in parola è stata oggetto di ripetuto esame da parte del Giudice di legittimità, che da ultimo, ha fissato i seguenti principi:
– la disciplina del reclutamento del personale a termine del settore scolastico contenuta nel d.lgs. n. 297 del 1994 non è stata abrogata dal d.lgs. n. 368/2001, essendone stata disposta la salvezza dall’art. 70, co. 8 del d.lgs. n. 165/2001, che ad essa attribuisce un connotato di specialità (sentenza n. 22557/2016 e altre coeve conformi; per gli ATA, in particolare, v. Cass. 22552/2016);
– per effetto della dichiarazione d’illegittimità costituzionale dell’art. 4 commi 1 e 11 della legge 3.5.1999 n. 124 e in applicazione della Direttiva 1999/70/CE 1999 è illegittima la reiterazione dei contratti a termine stipulati ai sensi dell’art. 4, commi 1 e 11 della legge 3.5.1999 n. 124, prima dell’entrata in vigore della legge 13 luglio 2015 n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, stipulati a far tempo dal 10.7.2001 e che abbiano avuto durata complessiva, anche non continuativa, superiore a trentasei mesi;
– ai sensi dell’art. 36 (originario comma 2, ora comma 5) del d.lgs. n. 165/2001, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione;
– nelle ipotesi di reiterazione dei contratti a termine, stipulati ai sensi dell’art. 4 comma 1 della legge 3.5.1999 n. 124 e realizzatesi prima dell’entrata in vigore della legge 13 luglio 2015 n. 107 per la copertura di cattedre a posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica e idonea a sanzionare debitamente l’abuso e a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la misura della stabilizzazione prevista nella citata legge 107 del 2015, attraverso il piano straordinario destinato alla copertura di tutti i posti comuni e di sostegno dell’organico di diritto, relativamente al personale docente, sia nel caso di concreta assegnazione del posto di ruolo sia in quello in cui vi sia certezza di fruire, in tempi certi e ravvicinati, di un accesso privilegiato al pubblico impiego, nel tempo compreso fino al totale scorrimento delle graduatorie ad esaurimento secondo quanto previsto dal comma 109 dell’art. 1 della legge n. 107 del 2015;
– nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi dal 10.07.2001 e prima dell’entrata in vigore della legge 13 luglio 2015 n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello amministrativo, tecnico ed ausiliario, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve essere qualificata misura proporzionata, effettiva, sufficientemente energica ed idonea a sanzionare debitamente l’abuso ed a “cancellare le conseguenze della violazione del diritto dell’Unione” la stabilizzazione acquisita dai docenti e dal personale ausiliario, tecnico ed amministrativo, attraverso l’operare dei pregressi strumenti selettivi- concorsuali;
– nelle predette ipotesi di reiterazione, realizzatesi prima dell’entrata in vigore della legge 13 luglio 2015 n. 107, rispettivamente con il personale docente e con quello ausiliario, tecnico ed amministrativo, per la copertura di cattedre e posti vacanti e disponibili entro la data del 31 dicembre e che rimangano prevedibilmente tali per l’intero anno scolastico, deve affermarsi, in continuità con i principi affermati dalle SS.UU nella sentenza 5072 del 2016, che l’avvenuta immissione in ruolo non esclude la proponibilità di domanda per risarcimento dei danni ulteriori e diversi rispetto a quelli esclusi dall’immissione in ruolo stessa, con la precisazione che l’onere di allegazione e di prova grava sul lavoratrice, in tal caso non beneficiato dalla agevolazione probatoria di cui alla menzionata sentenza;
– nelle predette ipotesi di reiterazione di contratti a termine stipulati ai sensi dell’art. 4 c. 1 l. n. 124/1999, avveratasi a far data da 10.07.2001, ai docenti ed al personale amministrativo, tecnico ed ausiliario che non sia stato stabilizzato e che non abbia (come dianzi precisato) alcuna certezza di stabilizzazione, va riconosciuto il diritto al risarcimento del danno nella misura e secondo i principi affermati nella già richiamata sentenza delle SSUU di questa Corte n. 5072 del 2016;
– nelle predette ipotesi di reiterazione di contratti a termine in relazione ai posti individuati per le supplenze su “organico di fatto” e per le supplenze temporanee non è in sé configurabile alcun abuso ai sensi dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva, fermo restando il diritto del lavoratrice di allegare e provare il ricorso improprio o distorto a siffatta tipologia di supplenze, prospettando non già la sola reiterazione, ma le sintomatiche condizioni concrete della medesima.
La Corte condivide il riferito orientamento, in quanto espressione di un’esegesi della normativa in applicazione coerente con i principi fondanti la successione della legge nel tempo, orientata costituzionalmente e in linea con i principi comunitari.
Peraltro, proprio la compiutezza, allo stato, dell’elaborazione giurisprudenziale in materia, in uno con la necessità di garantire alle parti la ragionevole durata del processo (art. 111 Cost.), ha ostato all’accoglimento dell’istanza di rinvio dell’udienza di decisione, formulata dalla YYY in attesa di una -ulteriore- pronuncia della Corte di Giustizia in materia.
Pertanto, vagliando la fattispecie controversa secondo i suddetti principi, va immediatamente rilevato che è pacifico in atti (v. memoria appellata, pag. 16) che la lavoratrice sia stata immessa in ruolo con contratto a tempo indeterminato a decorrere da settembre 2013, così ottenendo il bene della vita preteso.
Di poi, non è processualmente apprezzabile il pregiudizio di natura non personale e professionale pure lamentato dalla lavoratrice in conseguenza dell’avvenuta reiterazione dei negozi a termine e di cui pure la stessa chiede il ristoro, perché a fondamento della pretesa l’appellata si è limitata a prospettare il dato storico della ripetizione dello strumento contrattuale precario, senza il corredo di circostanze di fatto, sole come tali suscettibili di prova in giudizio (art. 244 cpc), sintomatiche di quanto sostenuto, con gli inevitabili negativi effetti dell’art. 2697 cc.
Alla stregua delle svolte ragioni, assorbita ogni altra questione, accolto l’appello principale e in parziale riforma della sentenza impugnata, che nel resto deve essere confermata, va respinta la domanda risarcitoria avanzata dalla lavoratrice.
Le spese del grado sono integralmente compensate tra le parti, tenuto conto dell’esito della lite, connotato da reciproca soccombenza anche in ragione di mutamenti giurisprudenziali intervenuti nelle more del giudizio.
PQM
Visto l’art. 437 cpc:
In parziale riforma della sentenza impugnata, che conferma nel resto:
– Respinge la domanda risarcitoria azionata da YYY.
– Compensa tra le parti le spese del grado.
Roma, 4.2.2019
Il Consigliere Estensore
Il Presidente
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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