fbpx
Generic filters
Parola esatta ...
Cerca nei titolo
Search in excerpt
Filtra per categoria
Codice Civile
Codice Penale

Collaborazione o lavoro subordinato? Il Tribunale decide.

Il Tribunale ha stabilito che la presenza di direttive vincolanti, orari di lavoro imposti e l’applicazione di sanzioni disciplinari sono indicatori di un rapporto di lavoro subordinato, nonostante la stipula formale di un contratto di collaborazione.

Pubblicato il 02 October 2024 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

n. 643/2020
R.G.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di COMO Sezione II CIVILE
Il Tribunale, ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._189_2023_-_N._R.G._00000643_2020_DEL_02_09_2024_PUBBLICATA_IL_02_09_2024

nella causa di lavoro iscritta al n. 643/2020 r.g. promossa da:
(C.F. ), con il patrocinio degli avv.ti COGNOME COGNOME NOME COGNOME e COGNOME contro (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. COGNOME NOME COGNOME

CONCLUSIONI

come in atti.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con ricorso depositato il 3/8/2020, – che aveva lavorato per il a.s.d.
– sezione di senza regolarizzazione, dal 5 al 28/2/2019, e poi, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa fino al 27/6/2019, svolgendo però, sempre le medesime mansioni di gestione della segreteria e dell’ufficio amministrativo, e soggetta al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro – deduceva la natura subordinata del rapporto di lavoro, con diritto all’inquadramento nella categoria B, parametro retributivo B1 ccnl CONI, o in subordine, nella categoria A, parametro retributivo A1, con la conseguente condanna dell’associazione al pagamento delle differenze retributive.

Contestava inoltre, le tre contestazioni disciplinari del 16/5/2019, del 28/5/2019 e del 5/6/2019, a cui era seguita per le prime due, la sanzione del richiamo scritto e per la terza, la risoluzione del rapporto di lavoro, per assenza di una giusta causa, per cui chiedeva la condanna del al pagamento del risarcimento del danno, per recesso illegittimo, pari alle retribuzioni spettanti fino alla scadenza del contratto, fissata al 31/12/2019 Si costituiva il – sezione di che contestava il fondamento delle domande e chiedeva, in via riconvenzionale, la condanna della ricorrente al pagamento di € 953,50 per C.F. l’ammanco di cassa di cui era responsabile e in ulteriore subordine, nel caso in cui fosse stata inquadrata nella categoria A, posizione economica A1, anche di € 1.181,00 a titolo di indebito retributivo, in considerazione del monte ore prestato per il periodo lavorativo dal 1/3/2019 al 27/6/2019. Terminata

l’istruttoria, all’udienza del 20/9/2023 la causa veniva discussa e decisa con lettura del dispositivo in atti.

La natura subordinata del rapporto di lavoro La ricorrente ha dedotto di aver lavorato dal 5 al 28/2/2019 senza alcun contratto e quindi, “in nero”, e successivamente, con contratto di collaborazione coordinata e continuativa, fino al 27/6/2019, ma svolgendo di fatto, sempre le medesime mansioni, come lavoratrice subordinata, in quanto soggetta al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro.

Il teste ha riferito di aver visto nel febbraio 2019 e pure nei mesi precedenti, segreteria, precisando poi di non aver “notato però alcun cambiamento nella sua presenza in segreteria da febbraio 2019”.

Anche il teste ha detto che iscritta all’associazione, “già prima del febbraio 2019 veniva come gli altri al Tiro a segno per dare una mano in ufficio.

Era l’unica che si occupava della segreteria con il presidente che c’era all’epoca”.

Il teste a sua volta, ha riferito che “nel febbraio 2019, . ..
, c’era un gran movimento (es. rimozione rifiuti) e molti tra i soci davano una mano.
Io però non ero con loro.
Vedevo con gli altri pulire;
non aveva un ruolo preciso, faceva un po’ quello che facevano tutti gli altri”.

Se pertanto, come gli altri iscritti all’associazione sportiva, ha fornito come tale, la propria collaborazione e quindi, volontariamente e gratuitamente, lo ha fatto sicuramente in modo saltuario e occasionale fino all’inizio di febbraio 2019, in quanto la prestazione da lei resa, pur essendo stata formalizzata con il contratto di collaborazione del 1/3/2019, a detta del teste da tale mese si era sempre svolta con le medesime modalità.

A tale proposito la ricorrente ha sottolineato che, proprio per il lavoro svolto nel mese di febbraio 2019, aveva ricevuto il compenso di € 1.500,00 (punto 25 ricorso), ad ulteriore dimostrazione del fatto che la sua non era stata un’attività “volontaria” fornita come gli altri associati, a titolo gratuito, ma di vero e proprio lavoro.

Sul punto l’associazione ha replicato deducendo che la somma le era stata versata non a titolo di retribuzione, ma di mutuo, da lei richiesto per far fronte a difficoltà economiche, erogato per € 500,00 dal presidente, avv. NOME COGNOME e per il residuo di € 1.000,00 da un altro associato.

Tuttavia, se il pagamento della prima somma ha dato poi origine a un contenzioso davanti al Giudice di pace, che deciderà sulla domanda di restituzione svolta dall’avv. COGNOME nulla è stato provato per la seconda, neppure la sua erogazione da parte di Di conseguenza, non può che trattarsi, per esclusione, di una somma versata dal Tiro a segno alla ricorrente, quale corrispettivo del lavoro svolto nel mese di febbraio 2019, prima ancora della formale conclusione del contratto di collaborazione.

Ciò esclude anche che sempre nel febbraio 2019, abbia lavorato invece, per l’hotel INDIRIZZO, anche se nulla ha provato al riguardo l’associazione, posto che le dimissioni della ricorrente con effetto dal 1/4/2019 (doc 5 resistente), non provano che abbia lavorato pure nel precedente mese di febbraio, circostanza dalla stessa negata, in quanto l’albergo era chiuso per lavori di ristrutturazione.

Posto che nel corso dei mesi, secondo quanto riferito dai testi, non vi è stata alcuna apprezzabile modifica della prestazione lavorativa di all’interno dell’associazione sportiva, è necessario accertare se si sia svolta come collaborazione coordinata e continuativa, secondo quanto previsto dal contratto, oppure con il vincolo della subordinazione.

Come evidenziato nel ricorso, è sicuramente incongruo il richiamo, nel contratto, all’art. 61 co. 3 D. Lgs 276/2003, per escluderne l’applicazione, trattandosi di norma ormai abrogata dall’art. 52 D Lgs 81/2015, che all’art 2, nel testo all’epoca vigente, ha previsto l’estensione della disciplina sul lavoro subordinato alle collaborazioni “le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro” ma a tale estensione venivano però sottratte, “le collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e società sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I.”. Diversamente da quanto sostenuto nel ricorso, non pare condivisibile la limitazione delle collaborazioni al solo lavoro sportivo, in quanto anche il lavoro amministrativo, di segreteria, come quello assegnato alla ricorrente, reso in favore degli associati, è anch’esso rivolto al perseguimento dei fini dell’associazione, come indirettamente confermato dal fatto che, in seguito, l’art. 28 D Lgs 36/2021 ha previsto che le associazioni e società sportive dilettantistiche, affiliate alle federazioni sportive nazionali, possano utilizzare il contratto di collaborazione coordinata e continuativa, al posto del contratto di lavoro subordinato, per le prestazioni lavorative rese non solo dagli sportivi, ma anche per tutte le attività di supporto all’attività sportiva prevista dallo statuto dell’ente, come appunto, la gestione amministrativa della segreteria. Tuttavia, le collaborazioni di cui all’art 2 cit. nel testo all’epoca vigente, prevedono il potere di intervento del committente sulle modalità di esecuzione – “anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro”, per cui può logicamente riferirsi pure ad altro (come l’oggetto della prestazione o il controllo del suo risultato) – che tuttavia, non può estendersi fino al punto di impartire direttive così stringenti e vincolanti, da risolversi nella concreta direzione del lavoro del collaboratore, perché in tal caso verrebbe meno la sua residua, seppur minima, autonomia, per cui non si tratterebbe più di una collaborazione etero-diretta, ma di un rapporto di lavoro subordinato vero e proprio. In estrema sintesi, il committente può senz’altro fornire al collaboratore le necessarie istruzioni su come dev’essere eseguito il lavoro, ma non può impartirgli istruzioni dettagliate e vincolanti sulle attività da svolgere, sanzionando addirittura in via disciplinare la loro eventuale violazione.

In tal caso infatti, il lavoratore perderebbe anche quella minima residuale autonomia, restando sottoposto al potere di controllo disciplinare del committente, che come noto, costituisce uno degli elementi sintomatici della subordinazione, che rende manifesto il vincolo di soggezione del lavoratore al datore di lavoro.

Ciò è quanto si è verificato nella vicenda in esame, in cui il presidente del Tiro ha segno il 16 e 28/5/2019 e poi, il 5/6/2019, ha contestato alla ricorrente tutta una serie di inadempimenti alle disposizioni a lei impartite in modo vincolante (il 16 maggio:
“è solita rispondere in modo arrogante alle disposizioni che Le vengono impartite che spesso, poi, non esegue”;
il 28 maggio:
“volutamente fraintende le istruzioni che le vengono di volta in volta impartite”;
il 5 giugno:
“Le contesto i seguenti inadempimenti:

Lei persiste nel non eseguire le disposizioni impartite, nel non svolgere le mansioni affidate e nel rispondere in modo non adeguato quando si relaziona con me…”), che costituiscono sicura manifestazione della soggezione della ricorrente al potere gerarchico di controllo del datore di lavoro.

Tutti gli inadempimenti contestati sono stati poi ritenuti meritevoli di sanzione disciplinare, l’ultima delle quali, la risoluzione del contratto, essendosi “irrimediabilmente compromesso il rapporto fiduciario”, che come noto, costituisce giusta causa di licenziamento, anche a prescindere da un’apposita previsione contrattuale.

Deve pertanto ritenersi provata la natura subordinata del rapporto di lavoro, fin dalla sua originaria costituzione, avvenuta, seppur di fatto, il 5/2/2019.

L’inquadramento contrattuale La ricorrente ha rivendicato il diritto all’inquadramento nella categoria B, parametro retributivo B1 ccnl CONI. , o in subordine nella categoria A, parametro retributivo A1.

L’art. 53 del ccnl CONI prevede:
“Categoria A Appartengono a questa categoria i lavoratori che svolgono attività di supporto che non comportano particolari valutazioni di merito e che presuppongono conoscenze specifiche e/o qualificazioni professionali caratterizzate da:
– conoscenze di tipo operativo;
– contenuti ausiliari ed esecutivi, con responsabilità di risultati parziali rispetto alla più ampia fase del processo produttivo;
– problematiche lavorative di tipo semplice;
– relazioni organizzative interne di tipo semplice, anche tra più soggetti interagenti, relazioni esterne, anche con altre istituzioni, di tipo indiretto e/o saltuario.

La categoria prevede quattro parametri retributivi denominati:
A1, A2, A3, A4.
Al dipendente che avrà prestato 3 anni di effettivo servizio nella categoria e nel parametro retributivo di appartenenza, sarà riconosciuto il parametro retributivo superiore, e così di seguito, fino al raggiungimento del parametro retributivo più elevato nella stessa categoria. …
Categoria B
Il personale appartenente alla categoria è strutturalmente inserito nel processo produttivo e ne svolge una o più fasi e/o fasce di attività.

Opera nell’ambito di direttive di massima e di procedure predeterminate anche attraverso la gestione di strumentazioni tecnologiche.

Interpreta le istruzioni operative e valuta nel merito i casi concreti.

I lavoratori che appartengono a questa categoria svolgono attività caratterizzate da:
– qualificate conoscenze anche di natura specialistica con necessità di aggiornamento;
– contenuto di concetto, con responsabilità di risultati relativi a fasi di processi produttivi;
– problematiche lavorative di media complessità, da affrontare anche attraverso modelli predefiniti e significativa ampiezza delle soluzioni possibili;
– relazioni organizzative interne, anche di natura negoziale, estensibili altresì a posizioni organizzative poste al di fuori delle unità di appartenenza, relazioni esterne (con altre istituzioni) anche di tipo diretto.

Relazioni dirette e mediamente complesse con gli utenti, anche di natura negoziale.
La categoria prevede quattro parametri retributivi denominati:
B1, B2, B3, B4.

Al dipendente che avrà prestato 4 anni di effettivo servizio nella categoria e nel parametro retributivo di appartenenza, sarà riconosciuto il parametro retributivo superiore, e così di seguito, fino al raggiungimento del parametro retributivo più elevato nella stessa categoria”.

In base all’art 2 del contratto, la ricorrente doveva occuparsi della gestione della segreteria e dell’ufficio amministrativa dell’associazione ed era quindi era tenuta “alla raccolta integrale delle iscrizioni degli associati volontari e obbligati (anche ai fini delle competizioni), alla consegna e ricezione delle armi e munizionamento per le esercitazioni di tiro, a organizzare le varie competizioni presso la Sezione, a gestire le gare pubbliche (su piattaforma Sintel), a tenere la contabilità, a tenere aggiornati i registri cartacei e digitali di cui all’art. 50 dello Statuto, ad aprire e chiudere la sezione, a ricevere ed inviare la corrispondenza e a tenere pulito il posto di lavoro, oltre che a collaborare con il Presidente e il Consiglio direttivo per ogni altra necessità per assicurare il corretto svolgimento dell’attività associativa”. Non è stato tuttavia dimostrato che la ricorrente avesse “qualificate conoscenze anche di natura specialistica con necessità di aggiornamento”, svolgesse attività con responsabilità dei risultati conseguiti, fosse chiamata a risolvere “problematiche lavorative di media complessità”, né che avesse “relazioni mediamente complesse con gli utenti” o con soggetti esterni all’associazione.

Svolgeva infatti, compiti per i quali non occorrevano “particolari valutazioni di merito”, perchè richiedevano ”conoscenze specifiche e/o qualificazioni professionali caratterizzate da:
– conoscenze di tipo operativo;- contenuti ausiliari ed esecutivi, con responsabilità di risultati parziali rispetto alla più ampia fase del processo produttivo;
– problematiche lavorative di tipo semplice”, come quelle che servono per la tenuta della contabilità (non particolarmente complessa, considerata l’attività svolta dall’associazione), la raccolta delle iscrizioni, la consegna e restituzione delle armi e munizioni, con l’aggiornamento dei relativi registri, l’organizzazione di competizioni, tutti compiti riferibili a quelli di un lavoratore inquadrato nella prima categoria, la A. Stante la ridotta anzianità, le compete il parametro retributivo A1.

Per quanto concerne la differenze retributive dovute, il Tiro a segno ha contestato la ridotta durata della prestazione lavorativa della ricorrente, dovuta anche alla chiusura dei poligoni delle armi da fuoco per ben tre mesi (dal 25 marzo al 22 giugno 2019), in quanto la segreteria era aperta solo alcuni giorni della settimana e con orari prestabiliti (mercoledì pomeriggio, venerdì sera, sabato e domenica).

Premesso che, in base all’art 10 D Lgs 81/2015, un rapporto di lavoro subordinato si presume a tempo pieno, occorre osservare non solo che durante la chiusura dei poligoni delle armi da fuoco, era rimasto sempre attivo quello delle armi ad aria compressa, ma anche che dalla stessa documentazione prodotta dall’associazione (doc 18), risulta la presenza di in segreteria in giorni e orari ulteriori rispetto a quelli indicati della sua apertura.

Peraltro il teste ha riferito che durante la chiusura dei poligoni a fuoco, veniva saltuariamente alla mattina soltanto, per controllare le mail o rispondere al telefono”, per cui è da escludere che la loro chiusura abbia reso inutile l’attività di in segreteria.

Non avendo il Tiro a segno adeguatamente provato che la ricorrente lavorasse con orario ridotto, deve pertanto concludersi per l’esistenza di un rapporto a tempo pieno.

La ricorrente nelle conclusioni definitive, ha quantificato la somma dovuta per differenze retributive, nel caso in cui non le fosse stato riconosciuto il compenso di € 1.500,00 relativo al mese di febbraio, in complessivi € 4.231,91 (già detratta l’ulteriore somma di € 5.200,00 percepita per l’esecuzione del contratto di collaborazione), comprensivi di € 1.233,30 per il tfr.

Il diverso calcolo eseguito dall’associazione (doc 19), non pare corretto, perché, come già detto, non considera l’orario a tempo piano di

Tuttavia, posto che dell’importo di € 1.500,00 della retribuzione di febbraio, solo € 500,00 sono oggetto di contestazione davanti a un altro giudice, che deciderà se debba essere restituita o meno da al presidente, avv. NOME COGNOME soltanto tale importo, attualmente, non può essere qualificato come retribuzione, diversamente dai residui 1.000 euro, già percepiti dalla ricorrente, che pertanto, devono essere detratti dalla somma richiesta per differenze retributive. Di conseguenza, l’associazione dev’essere condannata al pagamento di complessivi € € 3.231,91 (eventualmente riducibili di ulteriori € 500,00 qualora la domanda dell’avv. NOME venisse respinta) per differenze retributive, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali dal dovuto al saldo.

Il licenziamento La risoluzione del contratto di collaborazione del 21/6/2019, dev’essere assimilata a un licenziamento per giusta causa, in quanto come già detto, il rapporto di lavoro si è svolto, di fatto, secondo le regole della subordinazione.

Il licenziamento segue la contestazione disciplinare del 5 giugno precedente, con cui era stata accusata di aver:
il 31 maggio, inviato una mail alla , senza avere atteso il preventivo benestare del presidente;
nella medesima data, richiesto di essere raggiunta dal presidente per l’invio di un documento con firma digitale, senza farsi poi trovare in segreteria;
il 3 giugno, commissionato la stampa di tessere, senza la preventiva autorizzazione del presidente;
nella medesima data, omesso di organizzare tutto il materiale necessario per le esercitazioni di tiro del giorno successivo;
e infine, di non tenere in ordine i registri, il posto di lavoro e di “gestire in modo scorretto e negligente i rapporti” con il presidente.

Si tratta con tutta evidenza, di inadempimenti riconducibili a “c) negligenza nell’esecuzione dei compiti assegnati ovvero nella cura dei locali e dei beni mobili o strumenti a lui affidati”, per i quali l’art 75 co 4 ccnl CONI prevede solo una sanzione conservativa, “dal minimo del rimprovero verbale al massimo della multa di importo pari a quattro ore di retribuzione”.

Non essendo possibile considerare gli altri fatti nuovi, contestati per la prima volta con la lettera di licenziamento, il recesso dev’essere pertanto annullato perché il fatto è punibile con sanzione conservativa.

Nel caso di contratto a termine – come quello concluso tra le parti – non potendo farsi riferimento al D Lgs 23/2015, applicabile solo ai lavoratori a tempo indeterminato, la giurisprudenza ritiene che “il datore di lavoro possa recedere dal contratto di lavoro a termine, prima della scadenza, in due ipotesi:
per giusta causa o per impossibilità sopravvenuta.

Al di fuori di queste ipotesi il licenziamento è qualificabile come inadempimento contrattuale per mancato rispetto del termine pattuito.

In caso di non giustificato recesso ante tempus del datore di lavoro da rapporto di lavoro a tempo determinato, il risarcimento del danno dovuto al lavoratore va commisurato all’entità dei compensi retributivi che lo stesso avrebbe maturato dalla data del recesso fino alla prevista scadenza del contratto, state l’inapplicabilità delle disposizioni concernenti il recesso dal rapporto di lavoro a tempo indeterminato” (Cass. 4648/2013, 11692/2005).

La ricorrente pertanto, ha diritto solo alle retribuzioni che avrebbe percepito fino alla scadenza naturale del contratto (31/12/2019), se il rapporto non fosse stato anticipatamente risolto per effetto del licenziamento illegittimo, pari a € 9.838,32 oltre rivalutazione monetaria e interessi legali dal dovuto al saldo.

La domanda riconvenzionale Il RAGIONE_SOCIALE a segno ha chiesto la condanna della ricorrente a restituire la somma di € 953,50 per l’ammanco di cassa di cui era responsabile.

Il primo riscontro dell’ammanco è la segnalazione fatta dal revisore il 27/7/2019 (doc 20 resistente) un mese dopo circa, la fine del rapporto di lavoro della ricorrente, terminato il 27 giugno precedente, per cui, dato il tempo trascorso, dell’ammanco potrebbe essersi reso responsabile anche un altro soggetto, che avesse avuto la possibilità di accedere alla cassa della segreteria.

Anche la dichiarazione di , collaboratrice del Tiro a segno (doc 21 resistente), non appare particolarmente significativa, in quanto ha riconosciuto l’impossibilità, nonostante i molteplici controlli eseguiti, di “ricostruire i movimenti individuando la causa cui imputarlo”.

Infine, non è stato neppure provato che fosse l’unica ad avere le chiavi della seconda cassa, quella cha custodiva la maggior parte delle somme incassate, come sostenuto dal presidente nel corso del proprio interrogatorio, dichiarazione ovviamente inutilizzabile in favore della parte da lui rappresentata.

La domanda dev’essere pertanto respinta.

La seconda domanda riconvenzionale concerne la pretesa restituzione dei maggiori compensi versati alla ricorrente in esecuzione del contratto di collaborazione, nel presupposto che, nel caso in cui fosse stato riqualificato come rapporto di lavoro subordinato, la retribuzione spettante dovesse essere calcolata in base a un orario ridotto e non a tempo pieno, di cui si è già detto in riferimento alle differenze retributive.

Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza dell’associazione resistente.

PQM

1. dichiara la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso tra le parti dal 5/2/2019 fino alla cessazione del rapporto, con diritto della ricorrente ad essere inquadrata al livello A1 c.c.n.l.
CONI e la conseguente condanna del l pagamento di € 3.231,91 per differenze retributive, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali dal dovuto al saldo;
2. annulla il recesso del 21/6/2019 e conseguentemente, condanna il l pagamento di € 9.838,32 per le retribuzioni dovute fino alla scadenza del contratto, oltre rivalutazione monetaria e interessi legali dal dovuto al saldo;
3. respinge la domanda riconvenzionale del A SEGNO 4. condanna il al pagamento delle spese di giudizio, liquidate in € 5.500,00 per onorari, oltre il 15% per rimborso spese forfettarie, IVA e CPA.
Sentenza provvisoriamente esecutiva ex art 431 cpc.
Fissa il termine di 60 giorni per il deposito della sentenza.

Como, 20/9/2023 Il giudice (NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Carmine Paul Alexander TEDESCO - Avvocato
Desideri approfondire l’argomento ed avere una consulenza legale?

Articoli correlati