TRIBUNALE DI BERGAMO Sez. monocratica del lavoro
VERBALE 429 C.P.C.
Il Giudice, dott.ssa NOME COGNOME all’esito del procedimento di trattazione scritta di cui
all’art. 127 ter c.p.c., nella causa iscritta al N. 1009/24 R.G., promossa da (Avv. NOME COGNOME CONTRO (Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME Repubblica Italiana Il Giudice del lavoro del Tribunale di Bergamo, visto l’art. 429 c.p.c.
e l’art. 127 ter c.p.c., viste le conclusioni delle parti, le note di trattazione scritta, nonché i motivi a sostegno delle domande, pronuncia la seguente
SENTENZA N._1030_2024_- N._R.G._00001009_2024 DEL_26_09_2024 PUBBLICATA_IL_26_09_2024
nel nome del popolo italiano
PARTE RICORRENTE:
per l’accoglimento del ricorso;
PARTE RESISTENTE:
per il rigetto del ricorso;
Con ricorso regolarmente notificato conveniva giudizio, dinanzi Tribunale di Bergamo in funzione di giudice del lavoro, la per sentir accertare dichiarare l’illegittimità del contributo di solidarietà applicato alla pensione per gli anni 2019-2023, con condanna alla restituzione di tutte le somme trattenute a tale titolo dall’1.1.2019 nella misura di € 30.558,52 fino al 31.12.2023 e da quantificare in corso di causa per le mensilità successive.
A fondamento di tale pretesa il ricorrente, premesso essere titolare pensione vecchiaia presso esponeva che sulle rate pensione era stata applicata una trattenuta denominata “contributo di solidarietà”.
Il ricorrente, nel ripercorrere la genesi del contributo di solidarietà e delle varie delibere proroga dell’applicazione del medesimo, richiamava la numerosa giurisprudenza in materia che ha concluso per l’illegittimità del prelievo questione.
Rassegnava sopra precisate conclusioni.
La convenuta, ritualmente citata, si costituiva in giudizio, resistendo alle domande di cui chiedeva il rigetto.
, dopo aver richiamato a sua volta ampia di lungo termine, anche alla luce della previsione di cui all’art. 1, comma 488, l. 147/13.
La convenuta evidenziava inoltre la ragionevolezza del prelievo, non incidendo negativamente sull’adeguatezza del trattamento pensionistico, eccependo ogni caso prescrizione quinquennale della pretesa per periodo precedente al 14.5.2019.
Concludeva per il rigetto del ricorso.
La causa, dopo essere stata istruita con la produzione di documenti, all’odierna udienza viene decisa all’esito del procedimento di trattazione scritta di cui all’art. 127 ter c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda del ricorrente è fondata.
La questione relativa al contributo di solidarietà applicato alle pensioni dei dottori commercialisti stata ormai ampiamente dibattuta giurisprudenza e su di essa si sono da tempo pronunciati il Tribunale adito, la Corte d’Appello di Brescia (le cui motivazioni si intendono ampiamente condivisibili) e la Suprema Corte.
convenuta, negli anni, previsto l’applicazione di un contributo di solidarietà, originariamente introdotto dall’art. del Regolamento approvato con D.I. del 14.7.2004, con cui era stato disposto che “a decorrere dal 1° gennaio 2004, per un periodo di cinque anni solidarietà calcolato secondo i criteri e le percentuali indicate:
– nella allegata tabella «F1» ai trattamenti pensionistici erogati dalla con requisiti maturati dal 01/01/2005 sugli scaglioni quota pensione lorda annua calcolata con il sistema retributivo;
– nella allegata tabella «F2» ai trattamenti pensionistici erogati dalla con requisiti maturati fino al 31/12/2004 sugli scaglioni di quota di pensione lorda annua calcolata con il sistema retributivo” (comma 1).
E “con l’esito dei controlli biennali sulla sostenibilità del regime previdenziale per il lungo periodo, il contributo di solidarietà potrà essere variato nei criteri nelle percentuali di applicazione, valutando, altresì, anche l’effetto equitativo tra le varie coorti” (comma 2).
Il contributo di solidarietà è stato prorogato per il quinquennio 1.1.2014-31.12.2018 dalla delibera della n. 3713 e per il quinquennio 1.1.2019- 31.12.2023 dalla delibera 10/17/AdD.
In effetti, l’art. 1, comma 486, l. 147/13 ha disposto che “a decorrere dall’1 gennaio 2014 e per un periodo di tre anni, sugli importi dei trattamenti pensionistici corrisposti da enti gestori forme previdenza obbligatorie complessivamente superiori a quattordici volte il trattamento minimo , è dovuto un contributo di solidarietà a favore delle gestioni previdenziali obbligatorie, pari al 6 per cento della parte eccedente il predetto importo lordo annuo fino per la parte eccedente l’importo lordo annuo di venti volte il trattamento minimo e al 18 per cento per la parte eccedente l’importo lordo annuo di trenta volte il trattamento minimo fini dell’applicazione della predetta trattenuta è preso a riferimento il trattamento pensionistico complessivo lordo per l’anno considerato”. Tuttavia, sulla illegittimità del contributo di solidarietà si è ormai ampiamente pronunciata la giurisprudenza.
La questione è stata definitivamente risolta dalla Corte di Cassazione con una serie di recenti sentenze (Cass. 31875/18, 20/19, 180/19, 423/19, 603/19, 982/19, 2018/19), di contenuto pressoché identico (emesse anche giudizi relativi all’analogo contributo di solidarietà applicato dalla , che hanno confermato l’orientamento già seguito da questo Tribunale e dalla Corte d’Appello di Brescia (v. fra le molte, C.d. NOME COGNOME, sent. 49/20).
particolare, sentenza 31875/18 ritenuto preliminarmente “opportuno indicare la base giuridica ed il parametro di legittimità cui rapportare l’art 22 del Regolamento, entrato in vigore dall’1/1/2004 e che ha introdotto il contributo di solidarietà, partendo dal processo di delegificazione, che ha presso le mosse dalla legge delega n. 537/1993, e dalla conseguente individuazione dei poteri regolamentari della A riguardo va ricordato che :
a) il Governo di finanza pubblica) – per quel che qui interessa – “ad emanare ( )uno o più decreti legislativi diretti a riordinare (o sopprimere) enti pubblici previdenza assistenza”, attenendosi, tra l’altro, al principio e criterio direttivo seguente:
“privatizzazione degli enti stessi, nelle forme dell’associazione o della fondazione, con garanzie di autonomia gestionale, organizzativa, amministrativa e contabile, ferme restandone le finalità istitutive e l’obbligatoria iscrizione e contribuzione agli stessi degli appartenenti alle categorie di personale a favore dei quali essi risultano istituiti”.
b) il D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, in attuazione della delega conferita dalla L. 24 dicembre 1993, n. 537, ha ribadito che Casse “privatizzate”” hanno autonomia gestionale, organizzativa e contabile nel rispetto dei princìpi stabiliti dal presente articolo nei limiti fissati dalle disposizioni del presente decreto in relazione alla natura pubblica dell’attività svolta che” gestione economico-finanziaria deve assicurare l’equilibrio di bilancio mediante l’adozione di provvedimenti coerenti alle indicazioni risultanti dal bilancio tecnico redigersi con periodicità almeno triennale”. Per far ciò l’art. 1, comma 4, in combinato disposto con l’art. 2, comma 2, e art. 3, comma 2, del predetto decreto legislativo, ha previsto un potere regolamentare delle Casse non incompatibile con il sistema delle fonti potendo fonte primaria costituita dal decreto ministeriale) ad introdurre norme generali ed astratte ed a tal proposito si è parlato di “sostanziale delegificazione affidata dalla legge alla autonomia degli enti previdenziali privatizzati, entro i limiti ad essa imposti (cfr, Cass. 16 novembre 2009, n. 24202) e si è aggiunto “anche deroga disposizioni legge precedenti”. c) Tali disposizioni del D.Lgs.
n. 509 cit., non hanno , peraltro, attribuito agli emanandi regolamenti delle Casse la configurazione di regolamenti di delegificazione di cui alla L. n. 400 del 1988, art. 17, comma 2, (che indica i regolamenti delegificazione come quelli “destinati a sostituire, in materie non coperte da riserva assoluta legge, preesistenti disposizioni legislative statali, in conformità a nuove norme generali regolatrici della materia stabilite con legge, e con effetto di abrogazione differita delle disposizioni legislative sostituite) sicché ad essi – e, quindi, anche all’emanando Regolamento della Cassa di previdenza ragionieri – non è stato consentito di derogare a disposizioni collocate a livello primario, quali sono quelle dettate proprio per Casse “privatizzate”, a cominciare dalla L. n. 335 del 1995, art.3, comma 12, che ha natura di norma imperativa inderogabile dall’autonomia normativa delle Casse privatizzate. Quest’ultima disposizione (L. n. 335/1995 art 3 , comma 12, Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare) – che, nella sua formulazione di legittimità della norma regolamentare in esame sancisce testualmente:
“Nel rispetto dei principi di autonomia affermati dal d.lgs n. 509/1994, relativo agli enti previdenziali privatizzati, allo scopo assicurare l’equilibrio di bilancio in attuazione di quanto previsto dall’art. 2, comma 2, del predetto decreto legislativo, la stabilità delle rispettive gestioni è da ricondursi ad un arco temporale non inferiore a 15 anni.
In esito alle risultanze e in attuazione di quanto disposto dall’art. 2, comma 2, del predetto decreto, sono adottati dagli enti medesimi provvedimenti variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti rendimento ogni altro criterio determinazione del trattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti.
Nei regimi pensionistici gestiti dai predetti enti, periodo di riferimento per la determinazione della base pensionabile è definito, ove inferiore, secondo i criteri fissati all’art. 1, comma 17, per gli enti che gestiscono forme di previdenza sostitutive e al medesimo art. 1, comma 18, per gli altri enti.
fini dell’accesso pensionamenti anticipati di anzianità, trovano applicazione le disposizioni di cui all’art. 1, commi 25 e 26, per gli enti che gestiscono forme di previdenza sostitutive, e al medesimo art. 1, definito ai sensi della presente legge”.
La norma, quindi, richiama le disposizioni di cui al Dlgs n 509/1994 art 2 cit., spec.
commi 1 e 2), ribadendone i principi di autonomia e lo scopo di assicurare l’equilibrio di bilancio degli enti previdenziali privatizzati.
In coerenza con le indicazioni risultanti dal bilancio tecnico (funzionali alla garanzia di stabilità delle gestioni, da ricondursi ad un arco temporale non inferiore a 15 anni), poi, gli stessi enti risultano contestualmente abilitati ad adottare – “nel rispetto del principio del pro rata, in relazione alle anzianità già maturate” provvedimenti “variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione del coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico”. e) Da quanto sopra esposto risulta, pertanto, una sostanziale delegificazione – affidata dalla legge alla autonomia degli enti previdenziali privatizzati, entro i limiti ad essa imposti per disciplina, tra l’altro, del rapporto contributivo del rapporto previdenziale concernente le prestazioni a carico degli stessi enti – anche in deroga a disposizioni di legge precedenti.
Al pari delle disposizioni di legge nelle stesse materie gli atti di delegificazione – adottati dagli enti, entro i limiti della propria autonomia – sono soggetti, altresì, a limiti costituzionali.
Coerentemente, sindacato giurisdizionale – su tali atti di delegificazione dipende la loro idoneità a realizzare l’effetto perseguito, di abrogare, appunto, o derogare disposizioni di legge e, dall’altro, dei limiti costituzionali, in funzione della (eventuale) caducazione degli atti medesimi (art 1418 e 1324 cc), per contrasto con norme imperative.
Lo stesso sindacato giurisdizionale – circa il rispetto dei limiti imposti all’autonomia degli enti, appunto, e dei limiti costituzionali – investe (anche) gli atti di delegificazione, posti in essere dagli enti sulla base della legislazione successiva.
6. Ciò premesso va rilevato che questa Corte ha esposto con riferimento a fattispecie analoga relativa Alla stessa (Cass 25212/09 ) che “L’autonomia degli stessi enti, tuttavia, incontra un limite fondamentale, imposto dalla stessa disposizione che la prevede (ossia dal predetto d.lgs n 509/1994 ad 2), la quale definisce espressamente i tipi di provvedimento da adottare, identificati, appunto, in base al loro contenuto (“variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico nel rispetto del principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti”). Esula, tuttavia, dal novero (una sorta di numerus clausus) degli stessi provvedimenti – e risulta incompatibile, peraltro, con il “rispetto del principio del pro rata (…)” disciplina del regime previdenziale), che introduca – a prescindere dal “criterio determinazione del trattamento pensionistico” – la previsione di una trattenuta a titolo “contributo solidarietà” sui trattamenti pensioni già quantificati attribuiti.
Ed invero sul punto deve evidenziarsi che imposizione “contributo solidarietà” sui trattamenti pensionistici già in atto non integra, all’evidenza, ne’ una “variazione delle aliquote contributive”, ne’ una “riparametrazione dei coefficienti di rendimento”.
alla stessa conclusione deve pervenirsi, tuttavia, con riferimento ad “ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico”.
La previsione relativa intende riferirsi, infatti, a tutti i provvedimenti, che – al pari di quelli specificamente identificati nominativamente (di “variazione delle aliquote contributive”, appunto, “riparametrazione dei coefficienti rendimento”) – incidano su “ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico”.
Ne esula, quindi, qualsiasi provvedimento, che – lungi dall’incidere sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico da adottarsi nel rispetto o tenuto conto del principio del pro rata, ai sensi delle successive formulazioni dell’art 3, comma 12, I. n 335/1995 e finalizzato al solo riequilibrio finanziario rispetto ai limiti di stabilità imposti dalla legge – imponga una trattenuta detto trattamento già misura.
7. Né a diverse conclusioni e dunque alla legittimità della trattenuta, si può giungere attraverso il richiamo alla L.n.
296/2006 di modifica dell’art 3, comma 12, L. n. 335/1995 in quanto detta norma incide sul sistema del pro rata che è estraneo alla tematica del contributo di solidarietà.
La citata sopravvenuta normativa non può, pertanto, essere intesa nel senso preteso dalla di fonte del potere di introdurre prestazioni patrimoniali a carico dei pensionati, quale è il contributo di solidarietà.
Quanto alla disposizione di cui all’art. 1 comma 488 della L. n. 147/2013, qualificata come di interpretazione autentica, – secondo cui :
“L’ultimo periodo della L. 27 dicembre 2006, n. 296, art. 1, comma 763, si interpreta nel senso che gli atti deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al medesimo comma 763 ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della L. 27 dicembre 2006, n. 296, intendono legittimi efficaci condizione che siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine”, va rilevato che questa Corte (cfr Cass 6702/2016, ord. 7568/2017) già affermato che “quest’ultimo intervento legislativo non incide sulla soluzione della presente questione, dal momento che la norma in esame pone come condizione legittimità degli atti che essi siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario a lungo termine, mentre sicuramente tale finalità provvisorio e limitato nel tempo, cosi come affermato dalla stessa ricorrente”. ulteriormente considerato che, comunque, non può prescindersi dalla considerazione che la norma di cui all’ultimo periodo dell’art 1, comma 763, L. 27 dicembre 2006, n. 296, non può che riguardare i provvedimenti che hanno inciso sui criteri di determinazione del trattamento pensionistico dei professionisti iscritti alla e non già la materia che esula dai poteri delle Casse, quale quella in esame.
8. Appare utile, al fine di confermare l’estraneità del contributo solidarietà ai criteri di determinazione del trattamento pensionistico e conseguentemente anche al principio del necessario rispetto del pro rata, richiamare, altresì, la recente sentenza della Corte Costituzionale n 173/2016 che, nel valutare l’analogo prelievo disposto dall’art 1, comma 486, L n 147/2013, ha affermato che si è in presenza di “prelievo inquadrabile nel genus delle prestazioni patrimoniali imposte per legge, di cui all’art. Cost., avente finalità contribuire agli oneri finanziari del sistema previdenziale (sentenza n. 178 del 2000; ordinanza del 2003)”. Sulla base delle considerazioni che precedono deve concludersi nel senso che esula dai poteri riconosciuti dalla normativa la possibilità per le Casse di emanare un contributo di solidarietà in quanto, come si è detto, esso, al di là del suo nome, non può essere ricondotto ad un «criterio di determinazione del ” (così, in motivazione, Cass. civ. 31875/18).
Come si vede, diversamente da quanto sostenuto da parte resistente, la Suprema Corte ha valutato anche la previsione di cui all’art. 1, comma 488, l. 147/13, evidenziandone l’ininfluenza, in quanto “la norma pone come condizione di legittimità degli atti che essi siano finalizzati assicurare l’equilibrio finanziario lungo termine, mentre sicuramente tale finalità non rappresenta connotato del contributo straordinario di solidarietà, proprio perché di carattere provvisorio e limitato nel tempo” (così, in motivazione, Cass. civ. 31875/18).
Ed il fatto che il contributo di solidarietà, originariamente previsto per un quinquennio, venga periodicamente prorogato dalla per successivi quinquenni, non vale a mutarne il carattere provvisorio.
quindi confermato l’orientamento circa l’illegittimità della trattenuta operata quale “contributo di solidarietà” per le motivazioni già ampiamente esposte nella citata giurisprudenza, nonché per quelle recentemente ribadite dalla Corte d’Appello di Brescia, risultando ininfluente l’epoca liquidazione della pensione, circostanza rilevante solo fini della prescrizione.
In relazione a quest’ultimo aspetto, richiamandosi sul punto le decisioni della Corte d’Appello di Brescia, va affermata la natura decennale della che, rispetto ai periodi per cui è causa, non risulta maturata alcuna prescrizione (v., tra le molte, C.d. NOME Brescia sent. RAGIONE_SOCIALE– Zonca).
La Corte d’Appello di Brescia ha pure escluso che le somme trattenute a titolo di contributo di solidarietà possano essere compensate con quelle corrispondenti al contributo di solidarietà di fonte legale e di cui all’art. 24, comma 4, D.L. 201/11, art.24, comma 24, considerato che tale contributo, neppure in questo caso, era mai stato applicato al pensionato.
Infine, la Corte d’Appello di Brescia, in ordine alla decorrenza degli interessi legali, chiarito che questi sono dovuti dalla domanda amministrativa con cui il pensionato ha chiesto la restituzione delle somme illegittimamente trattenute, con la precisazione che quando la domanda amministrativa, come nel caso in esame, non è stata proposta, non può che valere la domanda giudiziale (v., tra le molte, C.d. NOME Brescia sent. RAGIONE_SOCIALE– Zonca).
Di conseguenza, la va condannata alla restituzione di quanto trattenuto al ricorrente a titolo di contributo di solidarietà dall’1.1.2019 al 31.12.2023, nella misura non contestata di € 30.558,58, oltre alle trattenute effettuate successivamente sino alla data dell’attuale pronuncia, con gli interessi dalla notifica del ricorso introduttivo del giudizio.
Il mancato deposito di note di trattazione scritta effettuati, non essendone nota l’entità.
La domanda può quindi essere accolta nei termini appena evidenziati.
spese processuali, liquidate orma considerazione della serialità della questione, seguono la soccombenza.
Tribunale Bergamo, composizione monocratica ed in funzione di giudice del lavoro, definitivamente pronunziando sulla causa 1009/24 R.G. R.G.:
1. Condanna la alla restituzione, in favore di delle somme trattenute a titolo di contributo di solidarietà dall’1.1.2019 al 31.12.2023, nella misura 30.558,58, oltre alle trattenute successivamente effettuate sino alla data della presente pronuncia, con gli interessi dalla data di notifica del ricorso introduttivo del giudizio;
2. Condanna la convenuta alla refusione delle spese di lite, liquidate in complessivi € 1.500,00 per compensi professionali, oltre iva, cpa e rimborso spese generali come per legge, con distrazione favore del procuratore antistatario.
Bergamo, 26 settembre 2024 Il Giudice del Lavoro Dott.ssa NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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