fbpx
Generic filters
Parola esatta ...
Cerca nei titolo
Search in excerpt
Filtra per categoria
Codice Civile
Codice Penale

Compenso per lo svolgimento di mansioni superiori

Compenso per lo svolgimento di fatto di mansioni superiori, non è condizionato alla sussistenza dei presupposti di legittimità di assegnazione.

Pubblicato il 15 November 2022 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI ROMA
III SEZIONE LAVORO

composta dai Magistrati:

il giorno 28 settembre 2022, a seguito di trattazione scritta ex art. 83, co. 7 lett. h) del D.L. n.

18/2020, convertito in L. n. 18/2020, come successivamente modificato dall’art. 221, co. 4 della L.

n. 77/2020 di conversione del D.L. n. 34/2020 con termine di efficacia poi prorogato, ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 3576/2022 pubblicata il 27/10/2022

nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 1791/2018 del Ruolo Generale Civile – Lavoro e Previdenza

TRA

XXX

con gli Avv.ti

APPELLANTE

E

COMUNE DI YYY

in persona del legale rappresentante il Sindaco pro-tempore, con l’Avv.to

APPELLATO

OGGETTO: Appello avverso la sentenza del Tribunale del lavoro di YYY n. 1695/2017, pubblicata il 12 dicembre 2017 e non notificata.

CONCLUSIONI: Come dagli atti delle parti.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’originario ricorso ai sensi dell’art. 414 cpc XXX, premesso di aver prestato servizio alle dipendenze del Comune di YYY dal 23 luglio 1973 fino al 30 aprile 2008 con inquadramento nel livello C1 e mansioni di istruttore tecnico, esponeva di aver svolto mansioni superiori ascrivibili al livello D a decorrere gennaio 1997 e chiedeva:

1. accertare e dichiarare che il sig. XXX per le mansioni svolte e le responsabilità attribuitegli ha diritto a vedersi riconosciuto, quantomeno dal 1 gennaio 1998, o dalla diversa data ritenuta di giustizia, l’inquadramento in D4 del CCNL Enti Locali e dal gennaio 2003, o dalla diversa data ritenuta di giustizia, l’inquadramento in D6, o comunque nel diverso inquadramento che sarà ritenuto di giustizia;

2. per l’effetto condannare l’Ente convenuto a corrispondere al ricorrente le differenze retributive tra quanto percepito e quanto avrebbe dovuto percepire se correttamente inquadrato e con le decorrenze indicate nel capo che precede, nei livelli D4 e D6, differenze che, in base ai conteggi in uno al presente atto, sono pari ad Euro 46.057,44 (quarantaseimilacinquantasette/44) e comunque al pagamento di quel diverso importo ritenuto di giustizia;

3. condannare comunque l’Ente convenuto a corrispondere al ricorrente le differenze retributive tra quanto percepito e quello che avrebbe dovuto percepire in forza del corretto inquadramento stabilito dal Tribunale;

4. condannare l’Ente convenuto al pagamento della rivalutazione e degli interessi sulle differenze retributive comunque determinate, dalle singole maturazioni al saldo;

5. condannare l’Ente convenuto a versare i contributi previdenziali sulle differenze retributive dovute al ricorrente;

6. condannare l’Ente convenuto a corrispondere al sig. XXX in forza delle differenze retributive riconosciutegli, l’integrazione sul TFR che dovrà essere ricalcolato anche con l’ausilio di una CTU.”.

Nel contraddittorio con il Comune di YYY, con la sentenza in oggetto il Tribunale condannava l’ente datore di lavoro a pagare al lavoratore € 15.000,00 a titolo di risarcimento del danno per l’avvenuto svolgimento di mansioni superiori e compensava integralmente tra le parti le spese di lite. A fondamento, poneva le seguenti ragioni;

– è provato dalle deposizioni testimoniali e dai documenti di causa che dal gennaio 1998 fino alla cessazione del rapporto di lavoro, avvenuta il 30 aprile 2008, il ricorrente ha svolto mansioni superiori di responsabile del servizio Ufficio Manutenzioni alle dirette dipendenze del dirigente, incrementando negli anni esperienza di coordinamento e numero d’incarichi da svolgere in autonomia esecutiva e gestionale;

– il detto periodo supera il limite di tolleranza consentito dall’ordinamento per lo svolgimento di mansioni superiori. Tuttavia, si tratta di svolgimento di mansioni superiori illegittimo, in quanto nel pubblico impiego, salvo casi particolari, il passaggio definitivo da una qualifica ad altra superiore può avvenire soltanto per concorso pubblico. Pertanto, il ricorrente non ha diritto alla qualifica superiore;

– poiché non ha diritto alla qualifica superiore, il lavoratore non ha diritto nemmeno alle differenze retributive per la prestazione più qualificata che ha adempiuto. Questo fatto fonda però il suo diritto al risarcimento del danno, che va liquidato nella somma di € 15.000,00, calcolata considerando quale parametro equitativo i conteggi elaborati nel ricorso e considerando altresì: a) la differenza tra la retribuzione per il livello rivestito dal XXX e quello corrispondente alle mansioni svolte, dunque il livello D1 da gennaio 1998 e il livello D2 da gennaio 2002. Infatti, il XXX non possiede il diploma di laurea, titolo richiesto dal CCNL per l’inquadramento superiore, e comunque, non avendo superato un concorso pubblico per ricoprire la qualifica superiore, non ha dimostrato di avere competenze e capacità sufficienti a prevalere nella concorrenza con altri aspiranti. Tuttavia, il livello inquadramentale può essere aumentato da gennaio 2002, stante l’esperienza acquisita dal lavoratore, il suo buon operato e lo svolgimento di maggiori compiti; b) l’incidenza delle differenze retributive sul t.f.r.; c) la mancata contestazione da parte del ricorrente dell’allegazione dell’amministrazione resistente di aver pagato somme superiori a quelle da lui indicate come dovute; -l’abbattimento del 50% dell’importo così liquidato, giacché il ricorrente ha svolto mansioni superiori illegittimamente e giacché il superamento del concorso, in caso di bando per la qualifica superiore, è ipotetico;

– l’eccezione di prescrizione non è accoglibile, in quanto l’amministrazione resistente si è costitutiva tardivamente in giudizio, incorrendo nelle decadenze del rito in applicazione.

In data 12 giugno 2018 XXX depositava tempestivo ricorso di appello ai sensi dell’art. 434 cpc e chiedeva che, in riforma della sentenza, le domande fossero integralmente accolte. A sostegno, formulava i seguenti motivi d’impugnazione:

1. violazione e falsa applicazione dell’art. 2103 cc in relazione alla attribuzione al lavoratore del livello D2 e D1 nonché degli artt. 115, 116 cpc;

2. violazione e falsa applicazione degli artt. 1226, 1227, 1175 cc e 432 cpc in relazione alla qualificazione come risarcimento del danno delle differenze retributive

3. violazione e falsa applicazione degli artt. 1226, 1227, 1175 cc e 432 cpc in ordine all’erronea quantificazione del risarcimento del danno;

4. violazione del principio di non contestazione ex art. 115 cpc;

5. violazione e falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 91, 92, 112 e 132 cpc, 118 disp att. cpc.

Il Comune di YYY depositava memoria di costituzione nel grado e resisteva all’appello, formulando eccezioni in rito e in merito.

La causa, istruita nel grado con c.t.u. contabile, è stata decisa come in dispositivo a seguito di trattazione ex art. 221, co. 4 del D.L. n. 34/2020, convertito in L. n. 77/2020 e s.m., in sostituzione dell’udienza del 28 settembre 2022.

Preliminarmente, osserva la Corte che l’appello non è tardivo perché, come risulta dallo “storico” del fascicolo telematico, il ricorso ex art. 434 cpc è stato depositato il 12 giugno 2018, dunque nel rispetto del termine di sei mesi decorrente dal 12 dicembre del 2017, data di pubblicazione della sentenza impugnata, pacificamente non notificata (art. 327 cc).

Nel merito, l’appello è in parte fondato e va accolto nei limiti che si esporranno.

In specie, con riguardo ai motivi di appello dal n. 1 al n. 4, trattati in modo congiunto per la loro connessione, osserva la Corte che l’art. 52, co. 1 del D.Lgs. n. 165/2001, nel testo anteriore alla riforma di cui al D.Lgs. n. 150/2009 (in vigore dal 15 novembre 2009) e quindi applicabile ratione temporis alla fattispecie controversa (si rammenta, relativa al periodo da gennaio 1998 fino ad aprile 2008), stabiliva: “1. Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni equivalenti nell’ambito dell’area di inquadramento ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive. L’esercizio di fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell’inquadramento del lavoratore o dell’assegnazione di incarichi di direzione.

3. Si considera svolgimento di mansioni superiori, ai fini del presente articolo, soltanto l’attribuzione in modo prevalente, sotto il profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni.”.

In materia, la Suprema Corte, con orientamento consolidato, ha affermato i seguenti principi di diritto:

– il diritto a ricevere le retribuzioni proprie delle mansioni superiori rispetto a quelle di formale inquadramento sorge, di tempo in tempo, in ragione del loro concreto esercizio e non dà luogo a modificazioni definitive del rapporto sotto il profilo dell’acquisizione della corrispondente migliore qualifica (Cass. n. 18901/2019);

– il diritto al compenso per lo svolgimento di fatto di mansioni superiori, da riconoscere nella misura indicata nell’art. 52, co. 5 del D.Lgs. n. 165 del 2001, non è condizionato alla sussistenza dei presupposti di legittimità di assegnazione delle mansioni, posto che una diversa interpretazione sarebbe contraria all’intento del legislatore di assicurare comunque al lavoratore una retribuzione proporzionata alla qualità del lavoro prestato, in ossequio al principio di cui all’art. 36 della Costituzione. L’unica possibilità di poter non corrispondere la relativa maggiore retribuzione si ha solo quando l’espletamento sia avvenuto all’insaputa o contro la volontà dell’ente, oppure quando sia il frutto di una fraudolenta collusione tra dipendente e dirigente, o in ogni ipotesi in cui si riscontri una situazione d’illiceità per contrasto con norme fondamentali o generali o con principi basilari pubblicistici dell’ordinamento (Cass. n. 2277/2021).

Esaminando le questioni controverse in questo quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, osserva allora la Corte che è in radice inconfigurabile il diritto del XXX al superiore inquadramento a fronte dello svolgimento di mansioni superiori, sicché sul punto la statuizione del Tribunale è esente da censure.

Con riguardo, invece, al diritto dell’appellante alla retribuzione per le dette mansioni, osserva la Corte che il Tribunale ha accertato il disimpegno da parte del XXX di compiti più qualificati rispetto a quelli intranei al livello C, di suo formale inquadramento, e ha ascritto la prestazione ai superiori livelli D1 da gennaio 1998 e D2 da gennaio 2002, nondimeno inferiori rispetto ai livelli oggetto di domanda.

La statuizione è stata impugnata soltanto dal XXX per ottenere una pronuncia a sé più favorevole, ma non anche dal Comune di YYY, pur -parzialmente- soccombente sul punto, con la conseguenza che, nel grado, la questione al vaglio dev’essere indagata prendendo le mosse da questa insopprimibile premessa.

Pertanto, nel mentre va affermato il diritto del lavoratore alla retribuzione prevista dal CCNL del comparto quanto meno per il livello D1 da gennaio 1998 e per il livello D2 da gennaio 2002, incombeva all’appellante dimostrare, al medesimo fine, che le mansioni in parola fossero piuttosto riferibili ai più elevati livello D4 dal gennaio 2002 e livello D6 dal gennaio 2003, come preteso.

Tuttavia, l’appellante non ha assolto l’onere probatorio in questione.

Infatti, l’art. 5 del CCNL di comparto, rubricato “Progressione economica all’interno della categoria”, stabilisce che la progressione all’interno della categoria D avviene “secondo la disciplina dell’art. 12, comma 3, previa selezione basata sugli elementi di cui al precedente punto c), utilizzati anche disgiuntamente, che tengano conto del:

– diverso impegno e qualità delle prestazioni svolte, con particolare riferimento ai rapporti con l’utenza;

– grado di coinvolgimento nei processi lavorativi dell’ente, capacità di adattamento ai cambiamenti organizzativi, partecipazione effettiva alle esigenze di flessibilità;

– iniziativa personale e capacità di proporre soluzioni innovative o migliorative dell’organizzazione del lavoro”.

Dunque, la progressione all’interno del livello D non è automatica, ovverosia connessa alla mera permanenza del lavoratore nel livello inferiore per un certo periodo di tempo, ma consegue a una valutazione delle prestazioni e dei risultati raggiuti dai dipendenti, da eseguire secondo specifici criteri previsti dal CCNL.

Tuttavia, nel caso di specie l’appellante non ha evidenziato al tema impugnatorio i criteri, secondo i quali l’ente datore di lavoro avrebbe attribuito ai propri dipendenti il livello D4 e il livello D6 con le decorrenze indicate e, tanto meno, ha evidenziato al tema impugnatorio la prova del possesso da parte sua dei requisiti necessari al fine, il che preclude alla Corte ogni indagine circa la sussistenza o meno nel caso concreto dei requisiti costitutivi del diritto del XXX alla correlativa retribuzione. Per concludere in senso contrario non vale neppure la difesa dell’appellante, secondo cui la pretesa azionata troverebbe fondamento nell’evenienza che il Comune di YYY non ha contestato il contenuto dell’originario ricorso, in cui il XXX ha argomentato circa il suo svolgimento di mansioni superiori.

Infatti, in tema di “mancata contestazione” ex art. 115 cpc sono consolidati i seguenti principi di diritto:

– i “fatti”, cui si applica l’art. 115 cpc, sono più propriamente le “circostanze di fatto” allegate dall’attore a sostegno della pretesa e non pure i “fatti giuridici”, ossia la valutazione di conformità a una certa fattispecie giuridica che di quelle circostanze è offerta dalla parte. Tanto meno detta norma si applica alle mere difese svolte dall’attore nell’esplicare la causa petendi e alle deduzioni volte a qualificare giuridicamente i fatti storici controversi o anche a circoscrivere l’esatta applicazione della normativa di riferimento (Cass. nn. 17966/2016, 21075/2016, 16970/2018, 21460/2019, 16970/2018, n. 1562/2013);

– l’operatività del principio di non contestazione, con conseguente relevatio dell’avversario dall’onere probatorio, postula che la parte, dalla quale è invocato, abbia per prima ottemperato all’onere processuale, posto a suo carico, di provvedere a una puntuale allegazione dei fatti di causa, in merito ai quali l’altra parte è tenuta a prendere posizione (Cass. n. 20525/2020);

– i fatti, che una parte allega, possono essere considerati pacifici, dispensando colui che li deduce dal relativo onere probatorio, quando vengono esplicitamente ammessi dall’altra o quando questa ha impostato il suo sistema difensivo su elementi e argomentazioni che risultano di per sé incompatibili con il disconoscimento di quei fatti. (Cass. n. 31402/2019).

Pertanto, a nulla rileva l’evenienza che nel ricorso ex art. 414 cpc il XXX avesse dedotto che le mansioni di fatto svolte fossero proprie del livello inquadramentale superiore rivendicato, trattandosi all’evidenza di valutazione giuridica che non imponeva alla controparte alcun onere di contestazione e, dunque, non sollevava l’attore dall’onere di dimostrare i fatti costituiti della domanda ex art. 2697 cc.

Resta quindi accertato in giudizio che il XXX ha svolto mansioni superiori proprie del livello D1 da gennaio 1998 fino a dicembre 2001 e del livello D2 da gennaio 2002 fino ad aprile 2008, con suo diritto alla retribuzione corrispondente alla prestazione di lavoro svolto, da accertare senza dubbio alla stregua del trattamento previsto dal CCNL del comparto (art. 45 D.Lgs. n. 165/2001). Per determinare il quantum debeatur la Corte ha ammesso c.t.u. contabile sul seguente quesito: “Il c.t.u., tenuto conto del trattamento retributivo previsto dal CCNL Comparto Enti Locali vigente pro tempore per il livello D1 da gennaio 1998 fino a dicembre 2001 e per il livello D2 da gennaio 2002 fino ad aprile 2008:

– determini la retribuzione dovuta all’appellante per i titoli riportati nell’originario conteggio in relazione all’intero periodo gennaio 1998 – aprile 2008;

– detragga quanto pagato dall’amministrazione per detti titoli, negli importi che l’appellante ha ammesso di aver incassato sia nel predetto conteggio sia nei propri atti e di quelli corrisposti dall’ente datore di lavoro giusta il doc. 4 fascicolo primo grado appellato;

– dica se sussistano o meno differenze a credito dell’appellante;

– determini altresì, in relazione al t.f.s. (o, previa verifica del caso concreto, in relazione al t.f.r.) corrisposto all’appellante, l’incidenza degli emolumenti spettanti all’appellante per lo svolgimento di mansioni categoria D1 e D2 nei limiti di quelli inseribili nella base di calcolo del trattamento liquidatorio secondo le previsioni di legge e di CCNL.” Il c.t.u. ha così risposto:

“Effettuati i riscontri di cui sopra, il credito maturato dal lavoratore:

– per retribuzione ordinaria, straordinario e festività è pari a complessivi euro 23.669,15 (vedere allegate tabelle da n. 1 a n. 11).

– Espletate le opportune verifiche si è potuto constatare che il sig. XXX ha maturato un credito per mensilità aggiuntiva pari a euro 2.399,27 (vedere allegata tabella n. 12).

– Per quanto sopra esposto si rileva un conguaglio per ferie in favore del Comune appellato per euro 790,70 (vedere allegata tabella n. 13).

– Le risultanze delle verifiche espletate sono contenute nell’allegata tabella n. 14, con evidenza di un maggior credito vantato dalla parte appellante per complessivi euro 3.985,33.

Spettano al sig. XXX complessivi euro 29.263,05 per le differenze di cui sopra. Tutti gli importi debbono ritenersi al lordo degli oneri e delle ritenute come per legge.”

La Corte condivide le conclusioni del consulente tecnico dell’Ufficio, in quanto elaborate in piena concordanza con il quesito posto e in quanto esenti da errori tecnico-giuridici o contabili, osservando altresì che le parti non le hanno contestate.

Pertanto, al XXX spettano complessivamente € 29.263,05 per differenze retributive, oltre agli accessori secondo il regime stabilito dall’art. 22, co. 36 della L. n. 724/1994 dalla maturazione dei singoli crediti al saldo effettivo (maggior somma tra la rivalutazione monetaria e interessi legali: v. Corte Costituzionale n. 459/2000, Cass. n. 13624/2020.).

Con riguardo alla domanda di pagamento della contribuzione dovuta per prestazione di lavoro svolta di fatto, osserva la Corte che si tratta di una conseguenza di legge di quanto accertato (sul diritto ai contributi ex art. 2126 cc, v. ex aliis Cass. n. 3314/2019), senza che sia pertanto necessaria una specifica pronuncia sul punto, restando ovviamente tutelato il diritto del lavoratore nei limiti della prescrizione di legge (art. 3, co. 9 L. n. 335/1995).

Infine, osserva la Corte che l’esame dell’ultimo motivo di appello è assorbito dalla regolamentazione delle spese del giudizio, che va eseguito in questo grado secondo l’esito complessivo della lite in conseguenza della parziale riforma della sentenza in oggetto, scaturente dalle osservazioni che si sono svolte (Cass. n. 9064/2018).

Pertanto, l’appello va accolto in parte e, in parziale riforma della sentenza impugnata, che nel resto dev’essere confermata:

– va dichiarato che l’appellante ha diritto all’inquadramento nel livello D1 del CCNL Comparto Enti Locali da gennaio 1998 fino a dicembre 2001 e nel livello D2 da gennaio 2002 fino ad aprile 2008;

– il Comune di YYY va condannato a pagargli le differenze retributive maturate a tal titolo determinate in complessivi € 29.263,05, oltre alla maggior somma tra la rivalutazione monetaria e gli interessi legali dalla maturazione dei singoli crediti al saldo.

Le spese del doppio grado di giudizio sono poste a carico dell’amministrazione appellata per la misura prevalente, sebbene non integrale, della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo ex D.M. n. 55/2014 e s.m.:

– tenuto del valore della controversia determinato sulla scorta del decisum;

– in relazione alle fasi effettivamente da compensare (compresa la fase istruttoria, svolta in entrambi i gradi);

– secondo il valore compenso tra il minimo e il medio dello scaglione di riferimento, tenuto conto, pur in assenza di specifici profili di novità e apprezzabile criticità nell’oggetto del contendere, del numero delle questioni trattate e dell’impegno professionale procuratorio.

Dette spese sono distratte in favore dei procuratori dell’appellante per dichiarazione di antistatarietà (art. 93 cpc).

Le spese di c.t.u., liquidate con separato provvedimento, sono poste a carico solidale delle parti nei confronti del consulente tecnico dell’ufficio e a carico esclusi della parte appellata, in prevalenza soccombente, nei loro rapporti interni.

PQM

In parziale riforma della sentenza impugnata, che conferma nel resto:

Dichiara che l’appellante ha diritto all’inquadramento nel livello D1 del CCNL Comparto Enti Locali da gennaio 1998 fino a dicembre 2001 e nel livello D2 da gennaio 2002 fino ad aprile 2008 e condanna il Comune di YYY a pagargli le differenze retributive maturate a tal titolo determinate in complessivi € 29.263,05, oltre alla maggior somma tra la rivalutazione monetaria e gli interessi legali dalla maturazione dei singoli crediti al saldo.

Condanna la parte appellata a rifondere all’appellante le spese del doppio grado di giudizio, che liquida in € 5.000.00 per il giudizio di primo grado e in € 5.500,00 per il giudizio di secondo grado, oltre 15% spese generali, IVA e CPA, con distrazione in favore dei procuratori antistatari.

Pone le spese di c.t.u., liquidate con separato provvedimento, a carico solidale delle parti nei confronti del consulente dell’ufficio e a carico esclusivo della parte appellata nei rapporti interni.

Roma, 28 settembre 2022

Il Consigliere Estensore Il Presidente

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

LexCED
Desideri approfondire l’argomento ed avere una consulenza legale?

Articoli correlati