N. R.G. 3038/2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di TORINO Tribunale delle Imprese Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
dott. NOME COGNOME Presidente rel. dott. NOME COGNOME dott. NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._775_2025_- N._R.G._00003038_2023 DEL_14_02_2025 PUBBLICATA_IL_14_02_2025
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 3038/2023 promossa da:
con il patrocinio dell’avv. NOME COGNOME e dell’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in INDIRIZZOINDIRIZZO Torino, presso lo studio dei predetti difensori ATTORE contro , in qualità di titolare della ditta RAGIONE_SOCIALE NOME di COGNOME NOME, con il patrocinio dell’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato in INDIRIZZO Torino CONVENUTO Oggetto: concorrenza sleale interferente.
CONCLUSIONI
Per parte attrice:
– voglia l’ill.mo Tribunale, – respinta ogni avversa eccezione e contestazione;
– accertati i comportamenti illeciti di cui in narrativa;
– previa ammissione, in parziale riforma dell’ordinanza a data 11/10/2023, dei capi di prova per interpello e testi dedotti in memoria 20.7.2023;
– inibire la parte convenuta la continuazione di tutti i comportamenti contestati e di ogni altro comportamento integrante concorrenza sleale a danno dell’attrice;
– disporre ogni altro provvedimento opportuno ad eliminare le conseguenze della condotta tenuta dalla convenuta, e disporre altresì una somma dovuta per ogni violazione e/o inosservanza successivamente constatata e/o per ritardo nell’esecuzione dei provvedimenti contenuti nell’emananda sentenza;
– condannare la convenuta a risarcire tutti i danni, patrimoniale e non patrimoniali, arrecati a parte attrice a causa dei fatti di cui in narrativa, oltre a rivalutazione ed interessi anche anatocistici sino al saldo effettivo;
– disporre la pubblicazione, a cura dell’attrice ed a spese della convenuta, della emananda sentenza su almeno un quotidiano a diffusione locale;
– con vittoria di spese e competenze di causa Per parte convenuta:
In via pregiudiziale – Accertare e dichiarare la nullità della procura alle liti del 16 gennaio 2023, dell’atto di citazione notificato in data 30 gennaio 2023 e della notifica dell’atto di citazione.
In via preliminare ed istruttoria Ammettere i capitoli di prova dedotti dall’esponente sub nn. 1-8 della memoria ex art. 183 n. 2 c.p.c. Nella denegata ipotesi di ammissione delle prove avversarie si chiede di essere ammessi alla prova contraria con lo stesso teste già indicato nella memoria ex art. 183 n. 2 c.p.c. Nel merito – Rigettare le domande avversarie in quanto infondate in fatto ed in diritto.
In ogni caso – Con vittoria di onorari e spese di giudizio, oltre IVA e CPA come per legge.
MOTIVAZIONE Con atto di citazione ritualmente notificato la conveniva in giudizio il sig. in qualità di titolare della ditta RAGIONE_SOCIALE San Michele, rappresentando che la propria compagine sociale era costituita dal sig. , che possedeva una quota minoritaria del 49%, e dal sig. per la quota residua;
che la società aveva per oggetto sociale lo svolgimento di attività di onoranze funebri ed altre accessorie, che la società era amministrata dal 2008 da un Consiglio di amministrazione composto dai due soci predetti e dalla sig.ra e che fino al settembre 2020 vi faceva parte anche la sig.ra che i rapporti tra i due soci si erano deteriorati a causa di profonde divergenze sulla gestione dell’attività;
che in data 16.12.2020 il sig. figlio del signor e della sig.ra apriva presso la Camera di Commercio di Torino una propria ditta individuale, avente ad oggetto l’attività di procacciatore d’affari nel settore dei servizi di pompe funebri;
che nel marzo 2021 modificava la ditta predetta variando l’attività in quella di pompe funebri e attività connesse e modificando altresì la denominazione stessa in “RAGIONE_SOCIALE Ghione RAGIONE_SOCIALE”;
che l’apertura della nuova attività di era cronologicamente successiva all’avvio della procedura di scioglimento della Società attrice, in data 18.12.2020 e ad opera il padre , socio e presidente del consiglio di amministrazione, in assenza di qualsivoglia previa deliberazione da parte degli organi societari;
che aveva inizialmente stabilito la sede della propria attività allo stesso indirizzo già sede di un’unità locale della ed aveva successivamente aperto una propria unità locale nello stesso stabile già sede storica della che in molteplici occasioni la convenuta si era servita indebitamente di mezzi, locali e delle ulteriori risorse dell’odierna attrice per la propria attività;
che nel contempo svarianti clienti della che si erano recati negli uffici della stessa società per chiedere dei servizi ricevevano, da parte di e dai suoi genitori, il sig. e la sig.ra il suggerimento di rivolgersi alla RAGIONE_SOCIALE San Michele;
che le condotte contestate integravano atti di concorrenza sleale sanzionati dall’art. 2598, nn. 1 e 2 c.c.;
che, in particolare, l’uso per la denominazione della ditta dei termini , la pubblicizzazione della nuova attività con il richiamo sul proprio sito web ad “esperienza, in realtà familiari ed esterne”, l’apertura dell’identica attività nel medesimo stabile in None e in un numero civico contiguo a quello della sede sociale e l’utilizzo surrettizio di beni e di risorse della erano idonee a creare confusione nel pubblico dei consumatori ingenerando l’impressione di una continuità con la realtà imprenditoriale attorea. Parte attrice chiedeva, pertanto, previo accertamento delle condotte contestate, di inibire tali atti, di condannare la convenuta ad eliminare le conseguenze dannose cagionate, a risarcire i danni patiti e di disporre la pubblicazione dell’emananda sentenza.
Si costituiva in qualità di titolare della ditta RAGIONE_SOCIALE, contestando la fondatezza delle deduzioni attoree e rilevava, in particolare, che, dopo un primo momento di inattività causato dalla necessità di ottenere le autorizzazioni amministrativa necessarie, iniziava a svolgere la propria attività di pompe funebri;
che in data 9 aprile 2021 veniva registrato il nome a dominio “***.it”;
che sin dall’inizio veniva impiegato il marchio figurativo riportato in atti per la promozione, anche on line, della suddetta attività;
che la non aveva mai operato in concorrenza con la ditta RAGIONE_SOCIALE, posto lo stato di scioglimento ed inattività della prima a partire dal 18.12.2020;
che, a riprova di tale inattività, il sig. alla richiesta della clientela di usufruire dei servizi offerti dalla Società, li indirizzava verso le RAGIONE_SOCIALE;
che il sig. era titolare, a partire dal 1.04.2022, di un’impresa individuale, con sede in None, avente ad oggetto l’attività di procacciatore d’affari;
che, sulla base di quanto emerso dalla visura camerale, lo scioglimento della Società era stato oggetto di deliberazione;
che l’ultimo bilancio depositato dalla Società risaliva al 2017;
che dalla visura suddetta emergeva la cessazione della sede legale della Società in None a partire dal 27.10.2022, seguita dalla cessazione della sede dell’unità locale il 17.02.2023;
che la sede della era sita in INDIRIZZO, mentre quella della ditta RAGIONE_SOCIALE era situata al numero civico INDIRIZZO;
che non erano mai stati utilizzati mezzi locali e risorse della Società;
che non erano mai state poste in atto, tanto direttamente quanto indirettamente, condotte di sviamento della clientela a favore della ditta individuale;
che l’attività della ditta era stata avviata senza alcun coinvolgimento economico od operativo dei genitori del sig. In punto di diritto la convenuta eccepiva, in via pregiudiziale, la nullità della procura alle liti conferita dal sig. i cui poteri erano limitati agli atti di ordinaria amministrazione, con conseguente carenza del potere di rappresentanza sostanziale della Società attrice nel presente giudizio stante la riconducibilità dell’incarico conferito alla categoria degli atti di straordinaria amministrazione; ne derivava, pertanto, la nullità dell’atto di citazione e della relativa notifica con l’impossibilità di provvedere alla ratifica della procura ex art. 182 c.p.c. da parte del Consiglio di Amministrazione posto lo stato di scioglimento ed inattività della Società attrice.
Nel merito parte convenuta rilevava l’inesistenza di alcun rapporto di concorrenza con la ditta individuale poiché la società si trovava in stato di scioglimento e quindi col solo scopo di definire i rapporti in corso e non di intraprendere nuovi affari sul mercato.
La convenuta rilevava, inoltre, che era proprio l’art. 2563 c.c. ad imporre che la ditta contenesse “almeno il cognome o la sigla dell’imprenditore”, e che la stessa ditta era stata integrata con indicazioni idonee a differenziarla, così come previsto dall’art. 2564 c.c. Si evidenziava, infine, l’inidoneità delle condotte compiute a creare confusione con l’attività dell’attrice, e, con specifico riferimento alla contiguità delle sedi delle rispettive attività, la scelta della ditta sulla località della sede era stata determinata dalla valutazione degli immobili disponibili idonei a svolgere il tipo di attività d’interesse e che la stessa collocazione era stata scelta da altre imprese concorrenti. Veniva quindi domandato, anzitutto, di dichiarare nulla la procura alle liti così come l’atto di citazione avversario e di rigettare le domande avversarie in quanto infondate in fatto ed in diritto.
All’udienza del 18.05.2023 parte attrice contestava la fondatezza dell’eccezione relativa all’invalidità della procura, mentre parte convenuta ribadiva le argomentazioni già esposte e chiedeva fissarsi udienza di precisazione delle conclusioni e, in subordine, chiedeva la concessione dei termini di cui all’art. 183 c.p.c. Il giudice istruttore, verificata la regolare costituzione del contraddittorio, concedeva alle parti i termini di cui ai nn. 1, 2 e 3, comma 6 dell’art. 183 c.p.c. Nelle proprie memorie ex art. 183 c.p.c. parte attrice contestava la fondatezza dell’eccezione di nullità della procura rilevando come tutti gli atti rientranti nell’oggetto sociale e preordinati al perseguimento degli obiettivi statutari dovevano essere considerati “ordinari”, potendo quindi essere compiuti dagli amministratori.
Venivano altresì contestate le altre difese addotte dalla convenuta e si deducevano svariati capitoli di prova per testi.
Parte convenuta nelle rispettive memorie ex art. 183 c.p.c. ribadiva le argomentazioni già in atti ed evidenziava come gli asseriti atti di concorrenza sleale erano stati messi in atto successivamente all’avvenuto scioglimento della Società attrice, avvenuto in data 18.12.2020.
Veniva inoltre rimarcato il carattere generico delle contestazioni attoree, con particolare riferimento al lamentato storno di clientela o l’uso indebito di beni o risorse della Società, che impedivano altresì il pieno esercizio del diritto di difesa della convenuta.
Nella memoria n.2 ex art. 183 c.p.c. la convenuta chiedeva l’ammissione di prova per testi sui capi di prova dedotti in atto.
Nella terza memoria, infine, si rilevava la non contestazione dell’attrice sull’inattività della Società dedotta dal Ghione e si contestava l’ammissibilità dei capi di prova dedotti dall’attrice.
Il giudice istruttore, a seguito delle note scritte depositate, respingeva i capi di prova dedotti da ambo le parti e fissava udienza per la precisazione delle conclusioni al 22.10.2024.
Il giudice tratteneva la causa a decisione ed assegnava alle parti i termini di cui all’art. 190 c.p.c. Le parti processuali nelle rispettive comparse conclusionali e relative repliche riepilogavano le argomentazioni già precedentemente addotte ed insistevano nell’accoglimento delle conclusioni formulate.
È anzitutto necessario affrontare l’eccezione pregiudiziale di carattere processuale avanzata dalla convenuta.
Si è eccepito, in particolare, il difetto di potere di rappresentanza sostanziale in giudizio dell’amministratore delegato della stante la limitazione statutaria dei propri poteri ai soli atti di ordinaria amministrazione, tra i quali non si potrebbe annoverare il conferimento dei poteri di cui alla procura alla lite in atti;
tale difetto di potere deriverebbe altresì dallo stato di scioglimento in cui versa la predetta Società che impedirebbe agli amministratori di compiere atti in contrasto con la finalità liquidatoria.
L’eccezione è priva di pregio e non può trovare accoglimento.
Si ritiene, infatti, che il conferimento della procura speciale in atti sottoscritta dal sig. sia riconducibile nell’alveo degli atti di ordinaria amministrazione che l’amministratore delegato, per previsione statutaria, poteva compiere senza la preventiva autorizzazione consiliare, poiché, come una diffusa giurisprudenza ha avuto modo di rilevare, rientra nella categoria di atti anzidetta il conferimento di un incarico professionale per l’assistenza legale giudiziale che sia “coerente con l’oggetto sociale, in quanto esecutiva dell’attività imprenditoriale esercitata dall’ente sociale nella gestione” (Trib. Firenze, sent. del 26.05.2021, n. 1444). Nel caso di specie la procura conferita appare coerente con quello che è l’oggetto sociale della società, la cui esecuzione e perseguimento non può non includere anche le azioni giudiziali volte a tutelarne la posizione commerciale sul mercato e a far valere, quindi, diritti specificamente correlati all’attività economica dell’ente sociale.
Neppure il disposto dell’art. 2486 c.c., che a seguito del verificarsi di una causa di scioglimento limita i poteri degli amministratori al compimento degli atti di gestione con finalità conservativa dell’integrità del patrimonio sociale, priva l’amministratore predetto del potere di rappresentanza processuale necessario, poiché l’azione promossa ha l’evidente scopo di preservare il valore di avviamento della Società, che si sostiene essere stato leso dalla condotta della convenuta.
Risolte tali questioni preliminari è necessario valutare la fondatezza della lamentata concorrenza sleale prospettata dall’attrice.
Giova rammentare che affinché si possa configurare un illecito anticoncorrenziale è necessario che tra il soggetto attivo, che mette in atto la condotta sleale, e quello passivo, che viceversa la subisce, sussiste un rapporto di concorrenza, che la giurisprudenza maggioritaria riconduce all’esistenza di una “comunanza di clientela”.
La sussistenza di tale elemento, che è oggetto di specifica contestazione da parte della convenuta, costituisce un presupposto indefettibile per l’applicazione della disciplina di cui all’art. 2598 c.c. e seguenti.
Il rapporto predetto, conformemente alla natura dell’illecito concorrenziale quale illecito di pericolo, può sussistere anche soltanto in via meramente potenziale, “ravvisabile sia in relazione ad una possibile estensione o espansione nel futuro dell’attività imprenditoriale concorrente, purché nei termini di rilevante probabilità, sia nell’ipotesi preparatoria all’esercizio dell’impresa, quando si pongano in essere fatti diretti a fare inizio all’attività produttiva” (Trib. Roma, sent. del 29.09.2023, n. 13819). Si rileva altresì che dalla documentazione prodotta si evince l’identità delle attività svolte dalle rispettive imprese, consistenti nella fornitura di servizi di onoranze funebri ed attività accessorie compiute, per di più nel medesimo ambito territoriale.
La ditta convenuta ha ripetutamente contestato l’esistenza di tale requisito adducendo che la protratta inattività della Società attrice, derivante dallo stato di liquidazione in cui versa sin dal dicembre 2020, e desumibile dalla stessa visura camerale prodotta da quest’ultima (pag. 4), la escluda dal novero delle imprese in rapporto di concorrenza nel settore di mercato di comune interesse.
La Suprema Corte ha avuto occasione di esprimersi, con una pronuncia ormai risalente, su un caso analogo, statuendo che la qualità di concorrente “non è ravvisabile in capo a società in liquidazione, la quale non è abilitata ad intraprendere nuovi affari, resta in vita con il solo obiettivo di definire i rapporti in corso, estinguere le passività e ripartire le attività residue (artt. 2272 e segg. cod. civ.), e, quindi, esce dal novero delle imprese in potenziale conflitto.
” (Cass. sent. del 30.08.1994, n. 7577).
La riforma compiuta dal D.Lgs. 6/2003 ha poi introdotto l’art. 2487-ter c.c. che, stabilendo che “La società può in ogni momento revocare lo stato di liquidazione”, permette ad un’impresa di rientrare, almeno astrattamente, nel novero delle imprese potenzialmente in conflitto.
Dal carattere reversibile dello stato di liquidazione deriva, quindi, attualmente la possibilità per l’ente interessato di riprendere pienamente lo svolgimento della propria attività, altrimenti limitata agli atti conservativi del patrimonio sociale e funzionali alla sua liquidazione.
Deve però ritenersi, in applicazione dei principi di diritto enunciati dalla giurisprudenza, che la revoca dello stato di liquidazione e la ripresa dell’attività che comporta il ripristino del rapporto concorrenziale, debbano qualificarsi come ragionevolmente probabili.
Tale probabilità non può essere rinvenuta nel caso di specie atteso che dalla documentazione prodotta e dalle allegazioni della convenuta, non contestate dall’attrice e pertanto da ritenersi pacifiche, emerge uno stato di prolungata inattività della RAGIONE_SOCIALE tale da poter escludere la reale probabilità di ripristino del rapporto concorrenziale in discorso.
Tramite un confronto della documentazione fotografica prodotta, raffigurante l’esterno della sede dell’ente sito in None, in INDIRIZZO sia nel suo periodo di operatività che nella sua attuale condizione di inattività, risulta evidente l’asportazione dell’insegna e la rimozione (almeno dal 2022), dalla vetrata esterna dei locali, di ogni indicazione precedente circa lo svolgimento dell’attività di onoranze funebri.
Risulta altresì documentalmente provata la cessazione, a maggio 2020, dell’unità locale sita a Airasca, in INDIRIZZO e la chiusura, nell’ottobre 2020, dell’ulteriore unità locale a Candiolo, in INDIRIZZO e, infine, la cessazione, il 06.10.2022, dell’attività stessa “di pompe funebri e attività connesse” (doc. 7 convenuta, pag. 16).
Ad ulteriore sostegno dell’allegata inerzia della società, la ditta convenuta ha allegato, senza che vi sia stata alcuna specifica contestazione attorea, che l’ultimo bilancio approvato risale al 2017.
Tutti gli elementi sopra esposti fanno propendere nel ritenere che lo stato di inattività della società attrice sia così significativo, per durata ed entità dell’inerzia documentata, da consentire di giudicare come ragionevolmente improbabile la ripresa del rapporto concorrenziale, la cui inesistenza esclude a priori la possibilità di avvalersi della disciplina di cui all’art. 2598 c.c. e seguenti.
In ogni caso, se anche si volesse considerare sussistente il rapporto concorrenziale in discorso, in ragione della mera astratta possibilità che possa essere revocato lo stato di scioglimento, la lamentata concorrenza sleale risulta parimenti infondata per le ragioni che seguono.
La società attrice attribuisce alla ditta RAGIONE_SOCIALE la commissione di atti di concorrenza sleale ai sensi dell’art. 2598 nn. 1 e 3 cc, tramite una serie complessiva di condotte così riassumibili:
i) l’uso, per la denominazione della ditta e dell’insegna, dei termini “RAGIONE_SOCIALE” e “RAGIONE_SOCIALE”;
ii) la pubblicizzazione dell’attività sul proprio sito web di “esperienza, in realtà familiari ed esterne”;
iii) lo svolgimento dell’attività, identica a quella dell’attrice, in uno stabile contiguo a quello di INDIRIZZO e nel medesimo di INDIRIZZO;
iv) nello storno della clientela e nell’uso surrettizio delle risorse aziendali della Società.
Con riferimento alla prima ipotesi di illecito lamentata riconducibile all’art. 2598 c.c., n.1, e consistente nell’uso “di nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o i segni distintivi legittimamente usati da altri”, si richiede di verificare in concreto se la condotta complessiva del secondo operatore, per le specifiche modalità impiegate, sia idonea a creare confusione con i segni distintivi altrui e tra le rispettive attività.
Occorre innanzitutto coordinare la disciplina concorrenziale in discorso con quella che regola la denominazione della ditta per valutare correttamente se l’adozione della ditta “RAGIONE_SOCIALE Ghione RAGIONE_SOCIALE” integri l’illecito prospettato.
La ditta, come è ben noto, consiste nel nome commerciale dell’imprenditore e deve contenere, ai sensi dell’art. 2463, co.2, c.c., “almeno il cognome o la sigla dell’imprenditore”.
L’inclusione del cognome risulta, quindi, un atto obbligato che di per sé non può, pertanto, considerarsi illecito o scorretto.
È comunque vero che, in base a quanto statuito dal successivo art. 2564 c.c., “Quando la ditta è uguale o simile a quella usata da un altro imprenditore e può creare confusione per l’oggetto dell’impresa e per il luogo in cui questa è esercitata, deve essere integrata o modificate con indicazioni idonee a differenziarla”.
Posta l’assoluta identità dell’oggetto degli enti coinvolti e del luogo di esercizio dell’attività, la convenuta ha correttamente adempiuto all’onere di differenziazione della propria ditta inserendo degli elementi idonei a distiguerla e ad escludere così il rischio confusorio.
Questi elementi devono rinvenirsi nella dicitura “RAGIONE_SOCIALE Luca” che segue il sintagma “RAGIONE_SOCIALE” che, viceversa, stante il suo carattere spiccatamente descrittivo, è inidoneo a generare la condizione di confusione richiesta dalla fattispecie.
Nemmeno l’ulteriore utilizzo dell’insegna della convenuta, seppur dotata del patronimico integra l’illecito concorrenziale lamentato, né ai sensi dell’art. 2598, n.1, c.c., né in virtù del disposto di cui al numero 3) del predetto articolo.
L’insegna adottata dalla convenuta, che coincide altresì col proprio marchio non registrato, consta in un segno complesso di colore bianco su sfondo nero, composto da una componente figurativa, consistente in un’ala stilizzata il cui prolungamento inferiore si allunga fino a delineare un ovale incompleto che racchiude, al suo interno, la componente denominativa – “RAGIONE_SOCIALE San Michele” – posta in posizione centrale, con il nome del santo che spicca per posizionamento e dimensione rispetto al resto del segno; l’indicazione “di viceversa, che costituisce l’unico elemento che potrebbe evocare l’attività dell’attrice, è inserita, con un carattere dalle dimensioni ridotte, nella parte inferiore interrompendo la linea che costituisce l’ovale, ed assume un rilievo marginale nella percezione del segno da parte dei consumatori.
L’insegna attorea era costituita, invece, da un segno complesso di colore giallo chiaro su sfondo rosso, in cui la componente denominativa , con il patronimico che sovrastava l’indicazione descrittiva di maggiori dimensioni, era contornata da una linea che perimetrava il segno, facendogli assumere una conformazione di massima simile a quella di un rettangolo.
In definitiva, nonostante la presenza in entrambe le insegne del patronimico , questo assume un diverso rilievo nei due segni e, più in generale, la differenza complessiva dell’insegna della convenuta rispetto a quella a suo tempo adottata dall’attrice, rende la prima inidonea a produrre confusione con l’insegna o la ditta attorea.
Per quanto concerne, invece, l’asserita confusione o collegamento generati con l’attività dell’attrice tramite il richiamo ad esperienze passate sul sito della ditta San Luca, è necessario evidenziare che la pagina web interessata è riconducibile al dominio registrato “***.it”, in cui spicca l’indicazione caratterizzante del santo, mentre la scritta stessa oggetto di contestazione – “esperienza, in realtà familiari ed esterne” – è oltremodo generica ed impedisce di creare un qualsivoglia collegamento o allusione alla società attrice, all’attività di questa o ad una qualche presunta continuazione della precedente attività, ormai cessata, della Per quanto riguarda la sovrapposizione dei locali aziendali verificatasi in INDIRIZZO si osserva che non ha mai avuto luogo alcuna coesistenza delle rispettive attività, atteso che risulta documentalmente provato che l’unità locale dell’attrice all’indirizzo in discorso è cessata il 14.05.2020, mentre l’iscrizione della ditta san Michele risale al 16.12.2020. Pertanto, considerato quanto sopra, e vista la successiva apposizione all’esterno dei locali della specifica e legittima insegna “RAGIONE_SOCIALE di Ghione A.” e della funzione di “mera rappresentanza” di tale sede non destinata ad attività a contatto col pubblico, si ritiene che tale condotta sia conforme ai principi di correttezza professionale ed escluda il rischio confusorio prospettato.
Tali condotte, anche complessivamente considerate, sono inidonee a creare confusione con i nomi, i segni o l’attività della stante l’esistenza di numerosi elementi differenzianti che fanno deporre nel ritenere che i consumatori possano percepire la convenuta come un’ulteriore concorrente dell’attrice e non come il medesimo ente o uno ulteriore a questo in qualche modo collegato.
In merito, invece, alla coesistenza delle rispettive sedi operative site None, in INDIRIZZO occorre premettere che, in linea di principio, l’apertura di un punto vendita nelle prossime vicinanze di quello di un concorrente non costituisca, di per sé, un illecito concorrenziale, soprattutto se la scelta di posizionamento del negozio può essere giustificata alla luce di ragioni o di necessità di carattere tecnico.
La concentrazione di punti vendita da parte di imprese diverse nei medesimi luoghi è, in realtà, un fenomeno tutt’altro che inedito o patologico, soprattutto in alcuni settori, come quello della ristorazione o dei beni di lusso, in cui gli operatori cercano di aggregare il pubblico interessato a quei beni e servizi specifici.
Parte convenuta ha giustificato la propria scelta adducendo che tale decisione era stata condizionata dalla valutazione degli immobili disponibili ed idonei a svolgere una simile attività, e che, viste le modeste dimensioni del comune di None, questi erano numericamente esegui;
si è inoltre sostenuto che, a prova di quanto rappresentato, nel raggio di 300 metri vi fossero altre due sedi di Onoranze funebri concorrenti.
Tali circostanze di fatto non sono state oggetto di specifiche contestazioni dell’attrice e possono così considerarsi pacifiche.
La condotta in discorso potrebbe, comunque, essere idonea a generare confusione con l’attività di un concorrente se associata ad ulteriori pratiche, nel caso di specie assenti per le ragioni sopra esposte, idonee a far apparire i locali del secondo operatore come collegati a quelli del primo o a questo appartenenti.
Nel caso concreto è provato che la ditta RAGIONE_SOCIALE abbia adottato una serie di misure, come l’adozione una denominazione e un’insegna, idonee a distinguere la propria attività sul mercato da quelle attorea e ad evitare lo stato di confusione prospettato.
Tutte le condotte sopra analizzate, sia se valutate singolarmente che a seguito di una considerazione complessiva, non violano i principi di correttezza professionale di cui all’art. 2598 c.c. poiché compiuti nel rispetto della disciplina speciale sopra menzionata e a seguito di valutazioni fondate su esigenze tecniche legate all’esercizio dell’attività svolta.
Infine, risultano generiche e non provate le ulteriori allegazioni attoree in merito allo storno di clientela compiuto e all’utilizzo “surrettizio” delle risorse aziendali della Società da parte della convenuta.
Non può altresì trovare accoglimento la domanda della convenuta di condanna ex art. 96 c.p.c. atteso che la natura delle questioni trattate non consente di ravvisare i presupposti per l’applicazione della norma invocata.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
Rigetta le domande attoree;
Condanna parte attrice al pagamento delle spese processuali di controparte, quantificate in complessivi € 10.860,00, di cui € 2.127,00 per la fase di studio, € 1.416,00 per la fase introduttiva, € 3.738,00 per la fase di trattazione ed € 3.579,00 per la fase decisionale, oltre I.V.A., C.P.A. e 15% per spese generali.
Cosi deciso nella camera di consiglio del Tribunale di Torino del 7 febbraio 2025
Il Presidente relatore dott. NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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