RG. n. 458/2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI GENOVA SEZIONE SECONDA nelle persone dei magistrati:
dott. NOME COGNOME Presidente dott. NOME COGNOME Consigliere relatore dott. NOME COGNOME Consigliere riuniti in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente:
SENTENZA N._1395_2024_- N._R.G._00000458_2023 DEL_21_11_2024 PUBBLICATA_IL_21_11_2024
nella causa d’appello contro la sentenza n. 918/2023 del Tribunale di Genova, depositata in data 13.04.2023, notificata in data 14.04.2023, promossa da:
rappresentato e difeso dall’Avv.to NOME COGNOME in forza di procura allegata all’atto di appello, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Chiavari (GE), INDIRIZZO APPELLANTE contro rappresentato e difeso dall’Avv.to NOME COGNOME in forza di procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Genova, INDIRIZZO
COGNOME in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv.to NOME COGNOME in forza di mandato in atti, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Genova, INDIRIZZO
CONCLUSIONI
DELLE PARTI PER L’APPELLANTE “Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello di Genova, contrariis reiectis:
– in via principale e nel merito, in accoglimento del presente appello e integrale riforma della sentenza:
Dichiarare ed accertare che il sinistro per cui è causa è avvenuto per colpa esclusiva del sig. per non aver rispettato l’obbligo di diligenza nella condotta di guida posto a suo carico, non utilizzando le necessarie cautele richieste dalla comune prudenza, in relazione alla situazione del traffico e dei luoghi avendo proceduto a velocità eccessiva in relazione alle condizioni del traffico e per non aver operato le necessarie manovre per evitare di travolgere il pedone, nonostante la presenza dello stesso fosse visibile. Respingere conseguentemente ogni domanda dallo stesso formulata in quanto infondata e in accoglimento della domanda riconvenzionale formulata dal convenuto appellante condannare l’attore, in via solidale con la al risarcimento dei danni subiti da parte dell’appellante che si indicano in € 5.000,00 o nella somma maggiore o minore ritenuta di Giustizia.
In subordine dichiarare ed accertare che il sinistro di cui è causa è avvenuto per colpa preponderante del signor e comunque per colpa di entrambe le parti.
Determinare il grado di responsabilità delle parti nella causazione del sinistro per cui è causa, condannandole conseguentemente al risarcimento dei danni reciprocamente subiti in proporzione al grado di responsabilità su ciascuna delle stesse gravanti.
In accoglimento dei motivi di appello proposti rideterminare l’importo risarcitorio in favore del signor erroneamente determinato nella sentenza impugnata.
In estremo subordine, in accoglimento del motivo di appello proposto, ridurre le spese del giudizio liquidate in favore di sulla base del D.M. 55/2014 come modificato dal D.M. 147/2022.
Spese ed onorari di entrambi i gradi a carico della parte soccombente”
PER L’APPELLATO “Piaccia alla Ill.ma Corte d’Appello adita, ogni contraria e/o diversa istanza, deduzione eccezione e conclusione disattesa e respinta, previe le declaratorie tutte del caso:
– in via preliminare:
, per le causali esposte in parte narrativa, l’ordinanza emessa in data 27 giugno 2023 con la quale è stata accolta parzialmente l’istanza avversaria di sospensione della provvisoria esecuzione della sentenza di primo grado se del caso rideterminando in senso più favorevole al Sig. la percentuale di limitazione dell’esecuzione della sentenza appellata;
– in INDIRIZZO
• respingere l’appello proposto dal sig. e, conseguentemente, confermare integralmente la sentenza resa dal Tribunale di Genova in data 13/04/2023 Nr. 918/2023 (R.G.N. 7886/2020;
• rigettare tutte le domande formulate in via riconvenzionale dal sig. nei confronti del sig. in quanto infondate in fatto e in diritto e non provate;
– in via subordinata:
• nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento di qualsivoglia domanda risarcitoria formulata dal sig. nei confronti del sig. e di conseguente condanna di quest’ultimo al risarcimento dei danni, accertare e dichiarare che (già è obbligata a garantire, manlevare e tenere indenne il sig. da ogni conseguenza pregiudizievole e da qualsiasi obbligazione risarcitoria allo stesso eventualmente riferita, con condanna diretta ex art. 1917, comma 2, c.c. della sopra citata società di assicurazione a corrispondere direttamente al sig. il risarcimento dovuto, con liberazione e manleva del sig. da ogni responsabilità e/o obbligo risarcitorio e/o rimborso spese, anche legali, eventualmente a suo carico; • condannare (già al pagamento delle spese di lite del sig. ai sensi dell’art. 1917, comma 3, c.c. Con vittoria delle spese del presente giudizio, anche del primo grado”.
PER LA APPELLATA “Piaccia all’Ecc.ma Corte d’Appello di Genova, contrariis reiectis, ❖ nel merito:
confermare integralmente l’impugnata sentenza n. 918/2023 depositata dal Tribunale di Genova in data 13 aprile 2023, respingendo ogni e qualsiasi avversaria pretesa in quanto inammissibile, infondata in fatto e diritto.
DEL PROCESSO Con atto di citazione ritualmente notificato, conveniva in giudizio per sentirlo condannare al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non, patiti a causa del sinistro avvenuto il giorno 12/11/2019.
In tale data l’attore, mentre percorreva alla guida del motociclo Yamaha TARGA_VEICOLO, di proprietà di INDIRIZZO a Genova, diretto verso levante, era entrato in collisione con il pedone , intento ad attraversare la strada dalla direzione mare verso la stazione ferroviaria di Brignole, nonostante il semaforo pedonale proiettasse luce rossa.
A seguito dell’impatto egli perdeva il controllo del mezzo, andando a collidere con il veicolo Mercedes TARGA_VEICOLO e riportando gravi lesioni fisiche al volto che richiedevano l’effettuazione di un intervento chirurgico.
Durante il periodo di degenza ospedaliera e nella successiva convalescenza non aveva potuto svolgere la propria attività lavorativa e, inoltre, aveva sviluppato una sindrome post traumatica caratterizzata da disturbi ansioso- depressivi.
Con comparsa di risposta depositata il 29/12/2020, si costituiva in giudizio , eccependo l’improcedibilità dell’azione avversaria, non essendo stato formulato nei suoi confronti il preventivo invito alla negoziazione assistita.
Nel merito, contestava la sussistenza di una propria responsabilità, sostenendo che il sinistro fosse ascrivibile allo stesso nei confronti del quale svolgeva domanda riconvenzionale per il risarcimento dei danni non patrimoniali subiti a causa dell’investimento.
Alla luce delle difese avversarie, l’attore chiedeva di essere autorizzato a chiamare in causa la propria compagnia di assicurazione, , al fine di essere garantito dalla domanda riconvenzionale svolta nei suoi confronti da parte convenuta.
Autorizzata la chiamata, si costituiva in giudizio con comparsa del 05/07/21 chiedendo respingersi la domanda riconvenzionale del convenuto.
Previo esaurimento del procedimento di negoziazione assistita, il giudizio veniva istruito mediante l’assunzione delle prove orali ammesse con ordinanza del 19/05/2022 ed espletamento di CTU medico legale su entrambe le parti, con conferimento del relativo incarico alla Dott.ssa COGNOME, altresì, formulata la proposta ex art. 185 bis c.p.c., con esito negativo, dopodiché la causa era rinviata all’udienza del 13/04/2023 ai sensi dell’art. 281sexies c.p.c. Il Tribunale con la sentenza impugnata così provvedeva: “dichiara la responsabilità parte convenuta, , al pagamento, a favore di della somma di € 39.142,75 oltre a rivalutazione monetaria ed interessi legali come indicato in parte motiva, a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, nonché dell’importo di € 5.308,93 oltre a rivalutazione ed interessi al tasso legale come indicati in parte motiva, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale.
Respinge la domanda riconvenzionale avanzata da parte convenuta.
Dichiara non luogo a provvedere sulla domanda di manleva formulata da nei confronti di Condanna al pagamento delle spese di giudizio che liquida, a favore di in € 545,00 per esborsi e in € 3.809,00 per compensi, oltre al 15% di spese forfettarie, IVA e CPA come per legge, e, favore di persona del legale rappresentante pro tempore, in € 3.809,00 per compensi, oltre al 15% di spese forfettarie, IVA e CPA come per legge.
Pone definitivamente a carico di parte convenuta le spese di CTU, così come già liquidate con decreti del 6/12/2022 e del 9/1/2023”.
Il Tribunale affermava che risultava sia documentalmente tramite la relazione della Polizia Municipale, sia mediante l’escussione dei testimoni, che aveva attraversato la strada con semaforo rosso, passando rapidamente attraverso le auto incolonnate e tale ultima circostanza aveva fatto in modo che il pedone non fosse visibile con sufficiente anticipo dall’attore, il quale non aveva potuto evitare l’impatto.
In ragione della emersa condotta negligente del pedone, senza che fossero emersi profili di imprudenza nella condotta di il primo giudice affermava che l’attore aveva superato la presunzione dell’art. 2054, I comma c.c., stante la rapidità con la quale il pedone aveva effettuato l’attraversamento e non era emerso che l’attore stesse procedendo in violazione delle norme del codice della strada.
In relazione al quantum il Giudice richiamava la consulenza tecnica d’ufficio e determinava il danno sulla base delle tabelle di Milano e accoglieva altresì la richiesta di personalizzazione del danno stesso formulata dall’attore in quanto dall’istruttoria era emerso che aveva modificato in senso peggiorativo le proprie abitudini di vita.
Liquidava, altresì, a favore dell’attore, che aveva subito in tutto un ricovero ospedaliero di quattro giorni, un danno da lucro cessante per ottanta giorni in € 5.123,72.
Respingeva la domanda riconvenzionale avanzata da parte convenuta, che condannava al pagamento delle spese del giudizio sia nei confronti la predetta sentenza ha interposto appello al fine di ottenerne la riforma, rassegnando le conclusioni di cui in epigrafe e articolando i motivi di seguito indicati.
Si sono costituiti separatamente in giudizio contestando l’appello e chiedendo la conferma della sentenza di primo grado.
In seguito alla proposizione da parte dell’appellante di ricorso ex artt. 283 e 351 c.p.c., veniva aperto il relativo sub-procedimento di inibitoria il quale si concludeva con ordinanza del 27/06/2023 che sospendeva l’esecuzione della sentenza impugnata limitatamente al pagamento in favore di e a carico di di somme superiori al 50% di quelle liquidate dal Tribunale per danni e spese legali.
Successivamente con ordinanza del giorno 11/10/2023 la Corte fissava udienza di rimessione della causa in decisione al giorno 21/01/2025, anticipandola poi con decreto del 16/02/2024 al 05/11/2024, assegnando alle parti i termini ex art. 352 c.p.c. per la precisazione delle conclusioni e per il deposito di comparse conclusionali e note di replica, all’esito dei quali la causa veniva trattenuta in decisione.
*** Parte appellante ha articolato i seguenti motivi I MOTIVO:
violazione dell’art. 2054 c.c., dell’art. 2697 c.c. e degli artt. 115 e 116 c.p.c. Con il primo motivo l’appellante censura la sentenza nella parte in cui il Tribunale ha affermato che abbia superato la presunzione di responsabilità posta a suo carico dall’art. 2054 c.c. sulla base:
-dell’erronea lettura del rapporto della P.M. per il quale il suo attraversamento pedonale era avvenuto solo “verosimilmente” con il rosso;
– della dichiarazione del teste , ritrattata e falsa, come emergeva dai documenti del procedimento penale a suo carico per falsa testimonianza;
– della dichiarazione “sospetta” della teste , presentatasi spontaneamente quattro giorni dopo il fatto presso i Vigili Urbani quale teste estranea e risultata poi amica da lunga data dell’attore abitante nella stessa strada, dichiarazione anch’essa inattendibile;
– senza tener conto delle dichiarazioni della teste , per la quale egli era fermo al momento in cui è stato urtato e ben visibile e che il procedeva a velocità non moderata.
Inoltre, secondo l’appellante, il primo giudice non avrebbe tenuto in alcun conto di elementi – la circostanza che lo scooter, dopo aver urtato il pedone, aveva proseguito la propria corsa arrestandosi dopo 15,80 mt.
contro una vettura ferma;
– la circostanza del traffico intenso;
– la circostanza che egli al momento in cui è stato travolto aveva percorso l’intero passaggio pedonale lungo circa 80 metri e non era coperto alla vista dalle vetture ferme;
– la circostanza che il traffico intenso, il passaggio pedonale e la presenza della stazione ferroviaria dovevano far prevedere ragionevolmente anche una condotta anomala di attraversamento da parte del pedone.
Conseguentemente, secondo l’appellante, una corretta e completa valutazione della prova e una corretta applicazione dell’art. 2054 c.c. avrebbero dovuto portare a una diversa pronuncia e all’accoglimento della domanda riconvenzionale dell’appellante per i danni patiti.
Il motivo è parzialmente fondato.
Occorre ricordare che, secondo il consolidato insegnamento della giurisprudenza della Corte Suprema, in materia di responsabilità civile da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, in caso di investimento di pedone la responsabilità del conducente è esclusa quando risulti provato che non vi era, da parte di quest’ultimo, alcuna possibilità di prevenire l’evento, situazione ricorrente allorché il pedone abbia tenuto una condotta imprevedibile ed anormale, sicché l’automobilista si sia trovato nell’oggettiva impossibilità di avvistarlo e comunque di osservarne tempestivamente i movimenti. Tanto si verifica quando il pedone appare all’improvviso sulla traiettoria del veicolo che procede regolarmente sulla strada, rispettando tutte le norme della circolazione stradale e quelle di comune prudenza e diligenza (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 4551 del 22/02/2017);
l’accertamento del comportamento colposo del pedone investito da veicolo non è sufficiente per l’affermazione della sua esclusiva responsabilità, essendo pur sempre necessario che l’investitore vinca la presunzione di colpa posta a suo carico dall’art. 2054, comma 1, c.c., dimostrando di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno e tenendo conto che, a tal fine, neanche rileva l’anomalia della condotta del primo, ma occorre la prova che la stessa non fosse ragionevolmente prevedibile e che il conducente avesse adottato tutte le cautele esigibili in relazione alle circostanze del caso concreto (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 8663 del 04/04/2017). La Corte Suprema, al riguardo, ha affermato che occorre tener conto della presunzione di colpa a carico del conducente del veicolo e, ove il giudice si trovi a dover valutare e pari al 100%;
b) accertare in concreto la colpa del pedone;
c) ridurre progressivamente la percentuale di colpa presunta a carico del conducente via via che emergono circostanze idonee a dimostrare la colpa in concreto del pedone (v. Cass., 4/4/2017, n. 8663; Cass., 18/11/2014, n. 24472; Cass. 19/2/2014 n. 3964; Cass. 2241/2019).
Il dovere di attenzione del conducente teso all’avvistamento del pedone trova il suo parametro di riferimento (oltre che nelle regole di comune e generale prudenza) nel principio generale di cautela dettato dall’art. 140 cod. strada che informa la circolazione stradale e si sostanzia, essenzialmente, in tre obblighi comportamentali:
quello di ispezionare la strada dove si procede o che si sta per impegnare;
quello di mantenere un costante controllo del veicolo in rapporto alle condizioni della strada e del traffico;
quello, infine, di prevedere tutte quelle situazioni che la comune esperienza comprende, in modo da non costituire intralcio o pericolo per gli altri utenti della strada (in particolare, proprio dei pedoni) (cfr. Cass. Pen.Sez. 4, n. 33207 del 02/07/2013, Corigliano, R v. 255995).
Trattasi di obblighi comportamentali posti a carico del conducente anche per la prevenzione di eventuali comportamenti irregolari dello stesso pedone, vuoi genericamente imprudenti, vuoi in violazione degli obblighi comportamentali specifici, dettati dall’art. 190 cod. strada.
Il conducente, infatti, ha, tra gli altri, anche l’obbligo di prevedere le eventuali imprudenze o trasgressioni degli altri utenti della strada e di cercare di prepararsi a superarle senza danno altrui (cfr. Cass. Pen. n. 1207 del 30/11/1992, Cass. Pen. N. 29799/2015).
Ne discende che il conducente del veicolo può andare esente da responsabilità, in caso di investimento del pedone, non per il solo fatto che risulti accertato un comportamento colposo (imprudente o in violazione di una specifica regola comportamentale) del pedone, risultando una tale condotta, invero, concausa dell’evento lesivo, ma occorre che la condotta del pedone configuri, per i suoi caratteri, una vera e propria causa eccezionale, atipica, non prevista né prevedibile, che sia stata da sola sufficiente a produrre l’evento (cfr. art. 41, secondo comma, cod. pen.). Ciò che può ritenersi solo allorquando il conducente del veicolo investitore (nella cui condotta non sia ovviamente ravvisabile alcun profilo di colpa, vuoi generica vuoi specifica) si sia trovato, per motivi estranei ad ogni suo obbligo di diligenza, nella oggettiva impossibilità di avvistare il pedone e di osservarne, comunque, tempestivamente i movimenti, attuati in modo rapido, inatteso, imprevedibile.
Solo in tal caso, infatti, l’incidente potrebbe ricondursi, eziologicamente, proprio ed esclusivamente alla condotta del pedone, avulsa totalmente dalla condotta del conducente ed operante in investitore prevista dall’art. 2054 c.c., comma 1, non opera in contrasto con il principio della responsabilità per fatto illecito, fondata sul rapporto di causalità fra evento dannoso e condotta umana (tra le altre, Cass., 13 marzo 2009, n. 6168), e non preclude l’indagine in ordine all’eventuale concorso di colpa, ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 1, del pedone investito, sussistente laddove il comportamento di quest’ultimo sia stato improntato a pericolosità ed imprudenza. Con riferimento poi al caso di investimento da parte del pedone col semaforo rosso, la Corte Suprema si è espressa nel senso che:
“In caso di investimento pedonale, la circostanza che il pedone abbia repentinamente attraversato un incrocio regolato da semaforo per lui rosso non vale ad escludere la responsabilità dell’automobilista, ove tale condotta anomala del pedone fosse – per le circostanze di tempo e di luogo, che avrebbero consigliato una maggiore prudenza e in particolare una minore velocità – ragionevolmente prevedibile” (cfr. Cass. n. 3964/2014; 524/2011).
Nel caso in esame, se alla luce delle dichiarazioni rese nell’immediatezza dei fatti da può ritenersi accertato che abbia attraversato le strisce pedonali col semaforo rosso, o, quanto meno quando il semaforo stava per diventare rosso (cfr. in tal senso anche quanto dichiarato nell’immediatezza ai verbalizzanti da ), incorrendo così nella violazione sancita dal codice stradale, deve, altresì rilevarsi che la strada che il pedone ha attraversato è una via estremamente trafficata, situata nel centro cittadino, davanti ad una delle due stazioni della città di Genova, di collegamento tra il centro e le zone più a levante della città, quindi arteria di scorrimento urbano assai praticata. Da un lato, ossia dalla zona da cui proveniva il , vi sono le pensiline e le fermate di molti autobus cittadini, dall’altra è situata la stazione ferroviaria raggiungibile attraversando tale strada, ed ove, per come emerso dall’istruttoria, stava dirigendosi il per prendere il treno.
E’, quindi, una strada molto frequentata dai pedoni, sia da coloro che escono dalla ferrovia per recarsi nel centro di Genova, sia da coloro che dal centro intendono prendere il treno, e che sono quindi costretti ad attraversarla.
E’ quindi un fatto ampiamente notorio che tale strada venga attraversata continuamente da pedoni, trovandosi in una zona fortemente urbanizzata e costituendo quindi uno dei punti di massima commistione del traffico veicolare con quello pedonale proprio per la presenza della stazione ferroviaria.
In tali condizioni non si può sostenere che non fosse prevedibile l’attraversamento di un pedone:
anzi, proprio il fatto che le auto fossero in coda veicolare le quali il conducente del motociclo circolava nel procedere verso levante (“ arrivavo da ponente/INDIRIZZO e partito dal semaforo mi immettevo con lo scooter in INDIRIZZO direzione Nervi, circolando tra le macchine che impegnavano le corsie che erano intasate dal traffico”, cfr. dichiarazioni rese dal alla polizia locale dopo il sinistro), doveva indurre quest’ultimo a porre in essere una cautela ancora maggiore in quanto il traffico praticamente fermo (“le corsie erano intasate dal traffico” dichiarazioni, del l’attraversamento era occupato “da autovetture in coda” , e quindi la possibilità di passare tra le autovetture praticamente ferme, costituiva una occasione invitante, per i pedoni, per tentare un attraversamento non corretto e doveva suggerire al conducente della moto di procedere con ancor più prudenza ed attenzione. In altri termini il conducente della moto doveva usare una particolare attenzione in quanto percorreva una strada in un contesto fortemente urbanizzato, necessariamente attraversata ogni giorno da migliaia di persone che si recano a prendere il treno, di facile accesso per i pedoni (nessuna barriera separa il marciapiede dalla strada), tenuto conto altresì dello spazio esistente tra il marciapiede e il luogo dell’investimento, avvenuto non a ridosso del marciapiede, ma certamente dopo che il ha attraversato, quanto meno, una delle due carreggiate direzione levante deputate al traffico veicolare, spazio tale da rendere avvistabile l’attraversamento del pedone. Era, quindi, altamente probabile che qualche pedone attraversasse anche senza l’autorizzazione semaforica:
ed era quindi un fatto facilmente prevedibile.
Se quindi certamente può confermarsi il giudizio del Tribunale in ordine alla imprudente condotta del pedone, posta altresì in violazione delle regole di condotta sancite dal codice della strada, che ha attraversato a passo svelto l’attraversamento pedonale col rosso o in procinto di diventare tale, deve escludersi che tale condotta, effettuata, appunto su di un attraversamento pedonale deputato al passaggio dei pedoni diretti alla stazione ferroviaria, abbia avuto efficacia causale esclusiva del sinistro, non condividendo la Corte il giudizio espresso dal Tribunale in ordine al fatto che abbia superato la presunzione di cui all’art. 2054 c.c., tanto meno in ordine al fatto di aver tenuto una velocità adeguata alla condizione dei luoghi come sopra descritti e di traffico intenso, dovendosi anche tener conto che dalla planimetria allegata al rapporto della polizia locale emerge che lo scooter, dopo aver investito il pedone, ha proseguito la propria corsa arrestandosi dopo 15.80 metri contro una vettura ferma, ossia il Mercedes condotta da , velocità che non , frenare e compiere manovre salvifiche di tal chè l’impatto, ove non evitato, con alta probabilità non avrebbe avuto le conseguenze che poi vi sono state “circolando tra le macchine” in coda, anche alla luce del principio per cui l’utente della strada deve tener conto anche della possibilità dell’imprudenza altrui. Non risulta, quindi, che abbia fornito la prova rigorosa della regolarità della propria condotta di guida, necessaria a svincolarsi dalla presunzione codicistica, emergendo invece una velocità non adeguata, da parte sua, in violazione di alcune specifiche norme del cds (art. 141, che impone al conducente di regolare la velocità in prossimità d’intersezioni, nell’attraversare centri abitati o nel percorrere tratti fiancheggiati da edifici), sia dei precetti della comune prudenza.
Sussiste pertanto l’invocato concorso di responsabilità del conducente e del pedone che, ad avviso della Corte, può determinarsi nella misura del 50% ciascuno in ragione della gravità delle rispettive colpe e della misura paritaria del concorso causale nella determinazione del sinistro, ritenuta parimenti negligente ed imprudente la condotta del pedone che ha impegnato l’attraversamento pedonale col rosso o molto prossimo al rosso e del conducente della moto che, circolando tra le vetture ferme a velocità non adeguata allo stato dei luoghi e alle condizioni del traffico, non è riuscito a porre una ben possibile manovra di emergenza. Pertanto è tenuto al risarcimento in favore dell’attore nella misura del 50%.
A sua volta – quale conducente del mezzo, in ragione della domanda riconvenzionale del è tenuto al relativo risarcimento nella misura del 50%.
– quale assicuratrice per la RAGIONE_SOCIALEa.
del mezzo dalla cui circolazione è stato causato il danno – è tenuta a manlevare il di quanto questi dovrà versare per effetto della presente sentenza, ovvero, secondo le richieste dell’assicurate al pagamento diretto in favore del II MOTIVO:
ulteriore violazione dell’art. 2697 c.c., errata liquidazione del danno in favore dell’attore.
II.1Con tale motivo l’appellante censura la liquidazione dell’invalidità temporanea in misura superiore a quella tabellare giustificata “in considerazione del fatto che il ha dovuto sottoporsi ad un intervento chirurgico al volto” poiché il sarebbe stato ricoverato solo per quattro giorni.
Il motivo è infondato.
sia delle menomazioni anatomo-funzionali che delle sofferenze oggettive “standard”, presumendosi, in base ad una evidente massima d’esperienza che la vittima di un illecito patisca sempre, nella vicinanza dello stesso, quanto meno, una sofferenza dell’animo correlata all’ansia della guarigione e alla compromissione delle attività della vita ordinaria.
Detto importo può essere personalizzato fino al 50% e quindi incrementato fino a raggiungere un massimo di € 149,00 in presenza di interventi chirurgici, periodi di ricovero o periodi di immobilizzazione, che abbiano aggravato l’obiettiva lesività del fatto nel periodo considerato e la sofferenza soggettiva della vittima.
Risulta documentalmente che il il 21/11/2019 è stato ricoverato presso il reparto di Chirurgia Maxillo-Facciale dell’Ospedale Policlinico San Martino con diagnosi di:
“Frattura chiusa della parete inferiore dell’orbita.
” e nella stessa giornata sottoposto ad intervento chirurgico di sbrigliamento tessuti orbitari e ricostruzione del pavimento mediante placca orbitale in materiale riassorbibile con tamponamento nasale e confezionamento di gessetto, che ha aggravato l’obiettiva lesività del fatto nel periodo considerato e la sofferenza soggettiva della vittima, circostanza che giustifica la personalizzazione della i.t.
nei termini stabiliti dal primo giudice.
II.2
Inoltre – prosegue l’appellante – il Tribunale avrebbe errato nel riconoscere il danno da una presunta compromissione della qualità della vita, poiché tale voce di danno non sarebbe stata identificata dal Consulente Tecnico di Ufficio, il quale ha escluso con certezza che “l’invalidità riportata dall’attore influisca sulle abituali attività non lavorative e sulla vita di relazione”.
Ancora, dalla perizia è emerso che l’appellato aveva avuto precedentemente un ulteriore grave incidente in motocicletta.
Pertanto, secondo l’appellante, la condanna del al risarcimento per presunta compromissione della qualità della vita conseguente al sinistro è priva di sostegno probatorio e di adeguata motivazione.
Il motivo è infondato.
Come affermato dalla Corte Suprema (Cass. n. 2788/2019), il giudice deve necessariamente valutare le conseguenze subite dal danneggiato incidenti sul piano dinamico-relazionale della sua vita (che si dipanano nell’ambito della relazione del soggetto con la realtà esterna, con tutto ciò che, in altri termini, costituisce “altro da sé”).
La misura standard del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato dagli organi giudiziari di merito (oggi secondo il sistema c.d. del punto variabile) può inoltre essere aumentata, nella sua componente dinamico-relazionale, in presenza di conseguenze dannose del tutto anomale, eccezionali e affatto peculiari, posto che le conseguenze giustificano alcuna personalizzazione in aumento del risarcimento.
In questo senso – prosegue la Cassazione – va ribadito che ai fini della c.d. “personalizzazione” del danno forfettariamente individuato (in termini monetari) attraverso i meccanismi tabellari cui la sentenza abbia fatto riferimento spetta al giudice far emergere e valorizzare, dandone espressamente conto in motivazione in coerenza alle risultanze argomentative e probatorie obiettivamente emerse all’esito del dibattito processuale, specifiche circostanze di fatto, peculiari al caso sottoposto ad esame, che valgano a superare le conseguenze “ordinarie” già previste e compensate dalla liquidazione forfettizzata assicurata dalle previsioni tabellari; da queste ultime distinguendosi siccome legate all’irripetibile singolarità dell’esperienza di vita individuale nella specie considerata, meritevoli in quanto tali di tradursi in una differente (più ricca e, dunque, individualizzata) considerazione in termini monetari, rispetto a quanto suole compiersi in assenza di dette peculiarità (Cass., 21/09/2017, n. 21939).
Nel caso di specie, nonostante il CTU – in modo peraltro assai sintetico – abbia escluso che la I.P. (valutata nella misura del 15%) influisca sulle abituali attività non lavorative e di relazione del soggetto – dal testimoniale emerge che prima del sinistro praticasse sport in modo assai intenso, in quanto andava in bicicletta tutte le domeniche, uscendo al mattino e tornando la sera;
praticava anche il running, dedicandosi alla corsa serale per due ore circa una o due volte la settimana, e faceva escursioni in montagna, attività che ha cessato dopo il sinistro, anche per problemi alla vista ( ).
La personalizzazione può essere riconosciuta ove la lesione abbia avuto riflessi pregiudizievoli rispetto a tutte le attività, le situazioni e i rapporti in cui la persona esplica se stessa nella propria vita, non soltanto, quindi, con riferimento alla sfera produttiva, ma anche con riferimento alla sfera spirituale, culturale, affettiva, sociale, sportiva, e a ogni altro ambito e modo in cui il soggetto svolge la sua personalità e cioè a tutte le attività realizzatrici della persona umana.
Nel caso in esame, i problemi alla vista, riferiti dai testi trovano un supporto probatorio nella documentazione medica, quale risultante dalla CTU ove emerge che sin dalla mattina successiva al sinistro, allorchè il veniva sottoposto a visita oculistica con riscontro di: “OD edema ed ecchimosi palpebrale, iperemia congiuntivale, cornea trasparente.
CA presente profonda in quiete, no COGNOME, pupilla centrata regolare reagente alla luce, lente in situ, tono normale.
Motilità:
con apertura forzata delle palpebre si osserva limitazione nella così emerge nei documenti successivi:
-Ad un successivo controllo oculistico in data 19/11/2019 veniva sottoposto ad esmi specialistici e certificato:
“Esami eseguiti:
studio della motilità oculare….
ODV:
9/10 scarsi nat.
OSV:
9/10 nat.
Studio della motilità oculare:
al cover test fissante OO si evidenzia esotropia OD con piccola componente verticale S/D, visibile in destroversione.
Al test del vetro rosso diplopia omonima e verticale in posizione primaria.
Alla versione si apprezza modesta limitazione dell’elevazione e destroversione OD.
Eseguito test di COGNOMENOMECOGNOME che conferma quanto riscontrato all’esame della motilità:
deficit di abduzione OD per restrizione del RM OD con associata minima componente verticale.
ODLAF:
ecchimosi palpebrale, lieve iperemia congiuntivale, cornea trasparente, CA in quiete, pupilla centratta regolare e normoreagente alla luce, lente in situ.
OSLAF:
annessi e segmento anteriore nei limiti della norma.
OOT:
15 mmHg (Apl).
ODF (midriasi):
retina aderente in tutti i settori, non si osservano lesioni regmatogene….
-Venivano altresì rilasciate le seguenti richieste:
“Richiesta:
studio della motilità oculare… Quesito clinico:
controllo preoperatorio in paziente con frattura del pavimento orbitario destro.
Riferita diplopia.
Intervento chirurgico in programma per il 21.11.19.
In data 18.01 ore 9,20 in programma” e “Richiesta:
visita ortottica.
Quesito clinico:
controllo preoperatorio in paziente con riferita diplopia in frattura del pavimento orbitario destro….
-dopo l’intervento alla visita di Chirurgia Maxillo Facciale di controllo del 29/11/2019 veniva certificato:
“Rimozione steri-strip dorso nasale.
Buona conformazione della piramide nasale.
Persiste lieve deviazione con concavità verso dx, che a detta del paziente potrebbe essere pre-esistente.
Respirazione buona.
Persiste edema ed ecchimosi palpebrale e chemosi congiuntivate.
Motilità oculare presente ma il paziente riferisce persistenza di diplopia, in un quadro di lento miglioramento.
Si richiede test di NOME COGNOME per obiettivare il quadro.
Successivamente si eseguirà visita di controllo maxillo-facciale.
Seguiranno altri test di Hess a distanza di circa 1 mese uno dall’altro.
” -In data 18/12/2019 la Dott.ssa rilasciava certificato di malattia con prognosi assegnata sino al 19/01/2020.
Il test di NOME COGNOME deponeva per paralisi muscolare.
maggiormente evidente in sguardo in basso nell’ambiente.
Il test evidenzia miglioramento del deficit di abdzione in OD.
” -In data 13/01/2020 il p. veniva sottoposto a visita di controllo presso la U.O. Chirurgia Maxillo Facciale dell’Ospedale Policlinico San Martino:
“Paziente operato nel novembre migliorato rispetto al test precedente (preoperatorio).
Residua anche lieve deficit nel movimento verso il basso.
Il paziente riferisce diplopia nello sguardo estremo verso dx e verso il basso.
Si consiglia di proseguire la ginnastica oculare e di eseguire nuovo test di COGNOME tra circa 2 mesi……
-Ad una visita di controllo presso la U.O.C. Clinica Oculistica dell’Ospedale Policlinico San Martino in data 25/05/2020 veniva certificato:
Visitato in data odierna presenta il seguente quadro clinico:
ODV:
+1.00=10/10, add + 3=IDW – OSV:
+0.50=10/10 add +3=IDW – nei limiti.
OOM:
esoforia in posizione primaria, esotropia in posizione estrema di sguardo dx e sx, non diplopia in posizione primaria.
Minimo deficit di elevazione in adduzione OD.
Conclusione:
non diplopia in posizione primaria, solo il posizione estrema di sguardo, ad oggi nessun provvedimento terapeutico no indicazione chirurgica di strabismo.
Controllo tra 6 mesi sc.
” -In data 27/05/2020 ad un successivo controllo presso la U.O. Chirurgia Maxillo Facciale dell’Ospedale Policlinico San Martino veniva certificato:
“… Rivalutazione in paziente noto per frattura del pavimento orbitario destro e frattura ossa nasali e setto nasale a novembre del 2019.
Al controllo in data odierna permane lieve deviazione della piramide nasale, con lieve limitazione del flusso aereo nasale a sinistra per convessità verso sinistra del setto nasale.
Buona simmetrizzazione dei bulbi oculari.
MOE conservati, riferita persistenza di diplopia nello sguardo verso destra e nei campi estremi di sinistra.
Eseguita valutazione oculistica, non eseguito nuovo test di COGNOME– COGNOME.
Il collega oculista non ritiene indicato al momento intervento chirurgico sulla muscolatura estrinseca oculare.
Eseguirà controllo clinico dal colleta tra 6 mesi….
Si consiglia eseguire test di COGNOME…..
” -Un esame eseguito presso la Clinica Oculistica dell’Università di Genova datato 22/07/2020 rilevava:
“Diagnosi:
paralisi muscolare.
Quadro compatibile con esotropia a sguardo in basso.
Esoforia in posizione primaria.
-Attualmente il p. lamenta il persistere della diplopia in OD laterale e in basso a dx, difficoltà visita, vertigini, cefalea, deviazione del setto nasale con difficoltà alla respirazione e russamento.
Ne consegue, alla luce dei problemi alla vista che emergono dalla documentazione medica e da quanto riferito dai testi, che vi sono stati dei riflessi negativi dovute a problemi alla vista emersi documentalmente e conseguiti al sinistro sulla precedente attività sportiva, e che ad avviso della Corte possa essere confermato l’importo riconosciuto dal Tribunale a tal titolo, CoNe consegue che sulla base dell’accertato concorso di responsabilità nella misura del 50%, l’importo risarcitorio spettante a deve essere rideterminato nell’importo di euro 19.571,37 (50% di euro 39.142,75), oltre accessori, previa devalutazione, come stabilito dal Tribunale. II.3 Infine, l’appellante lamenta la erronea quantificazione del danno da lucro cessante, in quanto calcolato sulla base del reddito lordo e non sulla base del reddito netto dell’appellato.
Il motivo è fondato nei termini che seguono.
Come affermato in più riprese dalla Corte Suprema (cfr. Cass. N. 11759/2018; Cass. N. 5958/2023) è principio di diritto che « L’art. 4 del d.l. 23 dicembre 1976, n. 857, come modificato dalla legge di conversione 26 febbraio 1977, n. 39, nel disporre che in caso di danno alle persone, quando agli effetti del risarcimento si debba considerare l’incidenza dell’inabilità temporanea o dell’invalidità permanente su un reddito di lavoro comunque qualificabile, tale reddito si determina, per il lavoro dipendente, sulla base del reddito da lavoro maggiorato dei redditi esenti e delle detrazioni di legge e, per il lavoro autonomo, sulla base del reddito netto risultante più elevato tra quelli dichiarati dal danneggiato ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche degli ultimi tre anni, attribuisce rilievo alla stregua della sua testuale formulazione al reddito da lavoro netto dichiarato dal lavoratore autonomo ai fini dell’applicazione della sopraindicata imposta ed ha riguardo, quindi, non al reddito che residua dopo l’applicazione dell’imposta stessa ma alla base imponibile di cui all’art. 3 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, e cioè all’importo che il contribuente è tenuto a dichiarare ai fini dell’imposta sopraindicata, dovendo inoltre intendersi per reddito dichiarato dal danneggiato quello risultante dalla differenza fra il totale dei compensi conseguiti (al lordo delle ritenute d’acconto) ed il totale dei costi inerenti all’esercizio professionale – analiticamente specificati o, se consentito dalla legge, forfettariamente conteggiati – senza possibilità di ulteriore decurtazione dell’importo risultante da tale differenza, per effetto del conteggio delle ritenute d’imposta sofferte dal professionista». (Cass. 18855/ 2008; Cass. 11759/ 2018).
In sostanza, il reddito netto cui fare riferimento è quello costituito dalla differenza ricavi costi, vale a dire dall’insieme dei ricavi dedotti i costi sostenuti, con la conseguenza che gli oneri deducibili e le deduzioni in generale concorrono a formare il reddito netto.
Ne consegue che, sulla base dell’esame della dichiarazione dei redditi considerata dal Tribunale (dichiarazione 2018 relativa al reddito più elevato), il reddito da prendere in deve quindi essere calcolato in euro 4.213,69 (in luogo di euro 5.123,72 conteggiato dal Tribunale.
Spetta quindi a l’importo di euro 2.106,84 (pari al 50% di euro 4.213,69), oltre accessori come stabilito dal Tribunale.
Prima di esaminare l’ultimo motivo di appello, inerente le spese, va a questo punto accolta, nei limiti di cui all’accertamento relativo al concorso di responsabilità, la domanda riconvenzionale proposta da.
Dalla CTU emerge, quanto ai danni alla persona patiti dall’appellante (nato a Genova il 31/12/1993) tenuto conto delle conclusioni della esperita CTU medico legale che appaiono condivisibili in quanto congruamente motivate, in seguito ad indagini accurate e tecnicamente corrette, che il predetto, in seguito al sinistro ha riportato ” riportava trauma cranico e policontusioni ” oltre agli ulteriori postumi meglio descritti nell’elaborato che qui integralmente si richiama, lesioni che hanno comportato, secondo la valutazione espressa dal C.T.U. incaricato con riferimento al danno biologico temporaneo, un periodo di inabilità temporanea totale di gg. 3 (tre), un periodo di inabilità temporanea parziale al 50% di gg. 15 (quindici) ed un successivo periodo di inabilità temporanea parziale al 25% di gg. 15 (quindici), nonché postumi di natura permanente tali da incidere sulla integrità psico-fisica (danno biologico) del soggetto nella misura del 1%. Non vi sono dubbi circa la sussistenza del nesso di causalità fra la i danni subiti dal ed il trauma subito per effetto dell’incidente di cui è causa.
Le spese mediche congrue sono pari a euro 30,00.
Utilizzando le tabelle ministeriali relative agli anni 2019-2020, in relazione all’età di 25 anni del all’epoca del sinistro, si ottengono le seguenti somme:
euro 753,20 a titolo di I.P.;
euro 142,47 a titolo di i.t.t.
; euro 534,26 a titolo di i.t.p.
al 75%;
euro 356,18 a titolo di i.t.p.
al 50%.
E così in totale euro 1816,11.
Nessuna somma può essere riconosciuta a titolo di danno morale considerata la minima i.p.
Ne consegue che l’importo spettante a ammonta ad euro 908.05, pari al 50% dell’importo di cui sopra, oltre rivalutazione ed interessi di natura compensativa sulla somma annualmente rivalutata decorrenti quanto all’it dal giorno del sinistro e quanto all’i.p. dalla guarigione clinica connessa al termine dell’inabilità temporanea, oltre interessi corrispettivi dalla sentenza al saldo.
va condannata a tenere indenne di quanto questi è tenuto a pagare a in conseguenza della presente sentenza per Venendo alle spese di lite (valutato anche il III MOTIVO: violazione dell’art. 91 c.p.c. in relazione al DM 147/2022 basato sulla considerazione che la domanda riconvenzionale avanzata dal aveva un valore di € 2.313,16 e che il Giudice di primo grado con la propria sentenza ha condannato l’appellante al pagamento delle spese di lite anche in favore della Compagnia di Assicurazione, applicando lo scaglione di valore compreso tra 26.000,00 e 52.000,00, scaglione, che se corretto in relazione alla domanda del invece errato in relazione alla domanda del ), la Corte osserva che in forza del noto principio per cui in caso di riforma totale o parziale della sentenza di primo grado il giudice deve procedere d’ufficio ad un nuovo regolamento delle spese processuali ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite da ultimo (Cass. N. 6259/014), si ravvisano le ragioni per compensare le spese di lite di entrambi i gradi di giudizio nella misura del 50%, in ragione della soccombenza reciproca fra con conseguente condanna di al pagamento delle spese di lite in favore di nella misura del restante 50%, e parimenti con condanna di , che ha diritto di essere manlevato anche delle spese dalla propria compagnia, al pagamento in favore di del 50%, in base allo scaglione riferito alla somma del quantum oggetto delle statuizioni di condanna, posto che la domanda principale e quella riconvenzionale si sommano fra loro (Cass. n. 10367/2024). Le spese sono liquidate sulla base del D.M. n. 55/2014, come aggiornato.
Le spese di sono liquidate al minimo quanto alla fase decisionale, stante l’omesso deposito delle note conclusive da parte di è tenuta al pagamento delle spese di lite in favore del proprio assicurato ex art. 1917 c.c.
definitivamente pronunciando nella causa d’appello contro la sentenza n. 918/2023 del Tribunale di Genova, depositata in data 13.04.2023, notificata in data 14.04.2023, la Corte così provvede:
-in parziale accoglimento dell’appello e in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiara che alla determinazione dell’incidente stradale di cui è causa occorso in data 12/11/2019 hanno concorso nella misura del 50% ciascuno, e, per l’effetto, ridetermina l’importo risarcitorio spettante a al pagamento in favore di dell’importo di cui sopra, oltre accessori come stabilito dal Tribunale;
-in parziale accoglimento della domanda riconvenzionale, condanna pagamento in favore di dell’importo di euro 908,05, oltre accessori come indicato in motivazione;
-condanna a tenere indenne di quanto questi è tenuto a pagare a in conseguenza della presente sentenza per capitale, accessori, spese di lite e di CTU, e al pagamento diretto ex art. 1917 2 comma, c.c. in favore di quanto dovuto da in favore di -compensa le spese di lite fra al 50%, e condanna al pagamento in favore di della residua frazione del 50%, che liquida, quanto al primo grado, in euro 2.800,00 per compensi, oltre spese forfetizzate, iva e cpa, e, quanto al secondo grado, in euro 2.300,00 per compensi, oltre spese forfetizzate, iva e cpa; -compensa
le spese di lite fra al 50%, e condanna , con diritto alla manleva della propria Compagnia, al pagamento della residua frazione del 50%, che liquida in euro 2.800,00 per compensi, oltre spese forfetizzate, iva e cpa, e, quanto al secondo grado, in euro 1.500,00 per compensi, oltre spese forfetizzate, iva e cpa;
-condanna al pagamento delle spese di lite in favore di che liquida, quanto al primo grado, in euro 3.500,00 per compensi, oltre spese forfetizzate, iva e cpa;
e, quanto al presente grado, in euro 2.300,00 per compensi, oltre spese forfetizzate, iva e cpa;
-divide le spese di CTU fra le parti nella misura del 50% ciascuno.
Genova, 12/11/2024 IL PRESIDENTE EST.
Dott.ssa NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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