RG.
n. 558/2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI GENOVA SEZIONE SECONDA nelle persone dei magistrati:
dott. NOME COGNOME Presidente dott. NOME COGNOME Consigliere relatore dott. NOME COGNOME Consigliere riuniti in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente:
SENTENZA N._1359_2024_- N._R.G._00000558_2023 DEL_13_11_2024 PUBBLICATA_IL_14_11_2024
nella causa d’appello contro la sentenza n. 354/2023 del Tribunale di Savona, pubblicata il 17/05/2023, notificata il 19/05/2023, promossa da:
rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Savona, in forza di procura in atti, elettivamente domiciliato presso il suo studio in Albenga (SV), alla INDIRIZZO APPELLANTE contro , rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME del foro di Imperia, in forza di procura allegata alla comparsa in appello, elettivamente domiciliati presso il suo studio in Imperia, INDIRIZZO APPELLATI nonchè contro , rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME del foro di Savona, in forza di procura allegata alla comparsa in appello, elettivamente domiciliata presso il loro studio in Savona (SV), INDIRIZZO
CONCLUSIONI
DELLE PARTI PER L’APPELLANTE “Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello di Genova, contrariis reiectis:
– in via principale e nel merito, accogliere per i motivi tutti dedotti in narrativa della citazione Giudice Unico Dott. NOME COGNOME pubblicata il 17/05/2023, notificata a parte l 19/05/2023, rigettare la domanda attorea in quanto infondata in fatto ed in diritto, conseguentemente disattendere tutte le eccezioni e le istanze sollevate dagli appellati dinanzi il Tribunale e la Corte di appello per tutti i motivi meglio esposti in corso di causa.
Con vittoria di spese e compensi oltre il rimborso forfettario per spese generali oltre IVA e CPA come per legge relativi ad entrambi i gradi di giudizio a favore del sottoscritto avvocato antistatario.
” PER GLI APPELLATI “Piaccia a codesta Ecc.ma Corte d’Appello, contrariis reiectis:
previa ove occorra, modifica dell’ordinanza istruttoria emessa in data 3.7.2022, nella parte in cui non ammette i capitoli di prova n. 1, 2, 3, 4, 5, 6, 8, dedotti nella seconda memoria ex art. 183 c.p.c. con i testi ivi indicati, capitoli e lista testi che si trascrivono in calce, e previa conseguente ammissione di detti capi di prova ed assunzione delle prove stesse con i testi in detta memoria indicati;
e correzione dell’errore materiale della sentenza di primo grado, nella parte in cui non ha dato atto del fatto che, pur ritualmente citata, la convenuta non si è costituita nel giudizio di primo grado;
dato atto ed accertato che, per quanto esposto in premessa, l’esplosione verificatasi alle ore 03:15, circa, del giorno 16 gennaio 2016, negli immobili di proprietà di , di cui in premessa, si è verificata per fatto e colpa di questi ultimi, nei termini meglio chiariti in atti e nell’impugnata sentenza, e nella loro duplice qualità di proprietari e custodi (ex art. 2051 c.c.) e locatori di detti immobili;
respingere gli appelli e le eccezioni, difese, domande, istanze tutte proposte dalle controparti , siccome tutti infondati in fatto ed in diritto;
confermare l’impugnata sentenza;
e quindi confermare la condanna dei signori , in solido, personalmente o comunque come per legge, a risarcire ai concludenti i danni tutti, patrimoniali e non patrimoniali da essi concludenti patiti e patiendi a causa di quanto sopra lamentato, nella misura quantificata dai nominati C.T.U., o in quell’altra meglio e determinata da codesta Corte d’Appello, anche in via equitativa, il tutto con interessi legali e rivalutazione C.T.U. e C.T.P., come da fatture, proforma di fattura e contabili di bonifici eseguiti dagli attori prodotti con il presente atto” PER L’APPELLATA Piaccia all’Ecc.ma Corte d’Appello adita, reiectis adversis, così giudicare: I)
In via pregiudiziale e cautelare, inaudita altera parte, per le ragioni di cui in premessa sospendere la provvisoria esecutorietà della sentenza impugnata;
II)
In via pregiudiziale e cautelare, sospendere e/o revocare la provvisoria esecutorietà della sentenza impugnata;
III)
In via principale, annullare la sentenza impugnata, rimettendo la causa al Tribunale di Savona ai sensi degli artt. 102 e 354 c.p.c., per le ragioni di cui in premessa.
IV)
In ogni caso, con vittoria di spese, oneri di assistenza legale, I.V.A. e C.P.A. di legge comprese.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 05/07/2021, ritualmente notificato il 15/07/2021, convenivano in giudizio chiedendone la condanna al risarcimento del danno quantificato in € 380.437,00 conseguente allo scoppio verificatosi il 16 gennaio 2016 nell’alloggio dei convenuti che aveva causato, oltre alla morte di sei persone, la distruzione dell’intera palazzina di cui erano proprietari di alcune porzioni sia gli attori che i convenuti.
Si costituiva in giudizio il quale resisteva alla domanda ex adverso proposta assumendone l’infondatezza in diritto in relazione ai principi previsti dall’art. 2051 del codice civile con riferimento alla corretta linea di demarcazione delle rispettive responsabilità del locatore e del conduttore.
Il convenuto rilevava che la causa dello scoppio fosse addebitabile esclusivamente a un atto del conduttore dell’appartamento, e provocato da beni che, non essendo “opere murarie o impianti in esse conglobati”, erano esclusi dal dovere di custodia del proprietario-locatore e, quindi, dalla loro responsabilità ex art. 2051 c.c..
La causa veniva istruita con l’acquisizione di documenti, con l’audizione di testimoni e con l’esecuzione di un consulenza tecnica affidata ai professori architetto, e , ingegnere, dell’Università di Genova.
Ultimata l’istruzione, la causa veniva discussa e decisa all’udienza del giorno 16/05/2023 ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c. “accerta e dichiara che l’esplosione verificatasi il 16 gennaio 2016, negli immobili descritti in citazione di proprietà di si è verificata per fatto e colpa di questi ultimi;
2.- conseguentemente condanna , in solido, al risarcimento del danno che liquida in €. 348.168,00 per la ricostruzione degli immobili ed in €. 694,50 mensili per la durata del mancato utilizzo da computarsi dal momento dello scoppio (16 gennaio 2016) fino a quando non sarà pagato il risarcimento relativo alla ricostruzione degli immobili”;
condannava, altresì, i convenuti, in solido fra loro, al pagamento delle spese processuali e al pagamento delle spese di CTU.
Affermava il Tribunale che, all’esito degli accertamenti peritali, risultavano provate le gravissime carenze nell’immobile di proprietà dei convenuti in cui erano presenti significative irregolarità edilizie;
detto immobile era risultato privo di specifici provvedimenti autorizzativi, non accatastato, privo di abitabilità, con impianti di adduzione del gas costruiti non a regola d’arte da personale non qualificato, che aveva commesso notevoli errori tecnici in maniera del tutto insufficiente a garantire un adeguato livello di sicurezza e, non a caso, condotto in locazione “in nero” dall’inquilino che aveva perso la vita a seguito dello scoppio.
Tali anomalie si ponevano quanto meno in termini di concausa del tragico scoppio.
La deduzione difensiva dei convenuti diretta ad attribuire, in coerenza con l’esito e le motivazioni del giudizio penale, la responsabilità dello scoppio alla “maldestra sostituzione” da parte del conduttore del tubo di collegamento tra il rubinetto del gas inglobato nel muro ed il piano di cottura della cucina dello stesso conduttore, era stata smentita dagli accertamenti peritali, che, avvalendosi anche di minuziose prove di laboratorio dettagliatamente descritte, avevano escluso proprio la ricorrenza della causa in precedenza ipotizzata dal consulente del Pubblico Ministero, che aveva consentito ai convenuti di essere scagionati in sede penale. Proseguiva il Tribunale affermando che i consulenti del Tribunale, analizzando i quattro “scenari” già ipotizzati dal consulente del PM come possibili cause dello scoppio (1.- perdita per mancanza di tenuta di un elemento riconducibile agli impianti di distribuzione;
2.- perdita per guasto di un apparecchio utilizzatore;
3.- perdita di una bombola GPL;
4.- perdita riconducibile ad un elemento di collegamento tra gli impianti fissi ed un apparecchio utilizzatore), hanno escluso essersi verificato lo scenario numero 4 relativo all’elemento di collegamento tra gli impianti fissi ed un apparecchio utilizzatore, ritenendo i restanti “equiprobabili” nella verificazione del danno (a esclusione dello scenario n. 4 limitatamente ).
Aggiungeva il Tribunale che le gravi anomalie riscontrate in sede peritale comportavano, pertanto, il riconoscimento da parte del Tribunale della responsabilità ai sensi dell’art. 2051 del codice civile dei convenuti quali proprietari dell’alloggio e degli impianti in esso conglobati in cui si era verificato lo scoppio.
Affermava, ancora, che, quand’anche si fosse voluto individuare una qualche corresponsabilità dell’inquilino deceduto nell’esplosione, i proprietari, in conformità ai principi dettati dagli artt. 40 e 41 c.p., non sarebbero comunque sfuggiti alla responsabilità solidale prevista dall’art. 2055 del codice civile per l’intero danno.
Avverso la predetta sentenza ha interposto appello l fine di ottenerne la riforma, rassegnando le conclusioni di cui in epigrafe e articolando i motivi di seguito indicati.
I MOTIVO:
errata ricostruzione dei fatti operata dalla sentenza impugnata Con il primo motivo l’appellante lamenta l’erronea ricostruzione dei fatti e quindi l’ingiustificata attribuzione delle responsabilità a proprio carico in quanto i CTU si erano limitati ad indicare e valutare le quattro ipotesi già individuate dai consulenti incaricati nel procedimento penale Ing. procedimento nel quali essi, proprietari e locatori, erano stati assolti dai reati loro ascritti.
Dei quattro scenari individuati quali possibili cause dello scoppio individuati solo il primo era riferibile ai proprietari e locatori, mentre i restanti tre erano riferibili all’inquilino.
Non era vero, poi, come affermato dal Tribunale, che i consulenti abbiano escluso quale concausa che la perdita di GPL fosse riconducibile ad un elemento di collegamento tra impianti fissi ed un apparecchio utilizzatore, posto che avevano escluso solo che il distacco del tubo di portata fosse riconducibile alla pressione di esercizio, ma non che dipendesse da erronea operazione di sostituzione da parte del conduttore.
La nozione di incremento di rischio affermata dai CTU non era stata specificata.
Le quattro ipotesi, invero, erano state ritenute tutte equiparabili.
L’appellante richiama la ricostruzione cronologica del fatto basata sulla relazione dei Carabinieri prodotta in giudizio, non tenuta in considerazione dal primo giudice, dalla quale era emerso che l’inquilino, abitante nell’immobile risalente al 2011, nelle ore precedenti allo scoppio, aveva acquistato una bombola di gas e due metri di tubo per la conduzione di tale gas, e che tale tubo era stato rinvenuto tra le macerie con le fascette di chiusura ancora infilate alle due estremità, non avendo effettuato correttamente i relativi collegamenti, ricostruzione considerata la più probabile in sede penale e che aveva portato all’assoluzione degli appellanti in detta sede. Le molteplici e gravi non conformità dell’impianto di distribuzione del gas, secondo i ct del MOTIVO:
errata interpretazione della responsabilità ex art. 2051 c.c. L’appellante lamenta che il Tribunale abbia travisato il principio sancito dalla Cassazione citata in motivazione in merito alle responsabilità del locatore e del conduttore ai sensi dell’art. 2051 c.c. per cui, in caso di danni cagionati a terzi provenienti da un immobile locato, qualora venga accertato che il nocumento derivi da omessa manutenzione ordinaria o, in ogni caso, dal mancato tempestivo intervento del conduttore su apparati di cui abbia la diretta disponibilità, le conseguenti responsabilità risarcitorie gravano unicamente sul conduttore medesimo. L’appellante rileva la contraddittorietà della sentenza impugnata nella quale il Tribunale, da un lato, richiama giurisprudenza di legittimità che, nel rispetto del principio sopra enunciato, ha ritenuto il danno causato da infiltrazioni d’acqua a seguito della rottura di un tubo flessibile esterno all’impianto idrico, sostituibile senza necessità di interventi demolitori sui muri, responsabilità esclusiva del conduttore in quanto custode del predetto tubo e, dall’altro, non riconosce, nel caso di specie, per i danni causati dallo scoppio in seguito alla sostituzione del tubo del gas esterno all’impianto, la responsabilità esclusiva del conduttore, autore della sostituzione. III MOTIVO:
errata interpretazione al nesso causale Con tale motivo l’appellante censura la sentenza del Tribunale nella parte in cui non ha fatto corretta applicazione della regola del “più probabile che non”, ed afferma che nessuna delle quattro ipotesi è risultata provata, ritenendole semplicemente “non escludibili”.
In ambito civilistico, data l’assenza di una specifica definizione, si è fatto ricorso alle teorie sviluppate in diritto penale per delineare il concetto giuridico del nesso causale in conformità ai principi dettati dagli artt. 40 e 41 c.p. che sanciscono la responsabilità del soggetto per l’evento dannoso, laddove la sua condotta venga riconosciuta come causa o concausa del suo verificarsi.
Nel diritto civile l’art. 41 c.p. va interpretato nel senso di escludere il rapporto causale allorquando il risultato consegua alla sopravvenienza di un avvenimento eccezionale e straordinario;
in questa circostanza, la causa sopravvenuta può dirsi valida a escludere il nesso eziologico di causalità.
Ciò che sostanzialmente varia tra norme penali e norme civili è la regola di natura probatoria.
In sede civile vige la regola del “più probabile che non”, detta anche regola della “preponderanza dell’evidenza”.
In base a tale dettame, il tema del nesso causale in ambito civile diviene la misura della relazione concreta di tipo probabilistico tra comportamento e fatto, sempre che, come nel caso di specie, non sia intervenuto un nuovo evento, ossia il cambio del tubo del gas da parte del conduttore, che Con tale motivo l’appellante sostiene che la domanda di parte attrice era stata formulata sulla base dell’art. 2051 c.c., mentre il Tribunale, non avendo trovato alcun fondamento normativo per l’accoglimento della domanda così come era stata proposta, avrebbe modificato il fatto costituivo, basando la sua pronuncia sull’art. 2055 c.c. per supplire alle difficoltà applicative al caso di specie dell’art. 2051 nonché degli artt. 40 e 41 c.p. Da qui deriverebbe la nullità della pronuncia dovuta a un’arbitraria modifica dei fatti costitutivi operata dal Giudice.
V MOTIVO:
errata qualificazione di una delle parti Con tale motivo l’appellante ha rilevato che il Tribunale ha considerato costituita una parte rimasta contumace, cioè , con ciò violando le sue facoltà difensive, come l’inosservanza dei CC.TT.UU di darle comunicazione dell’inizio delle operazioni peritali e di farla partecipare al relativo contraddittorio.
Si costituivano in giudizio , i quali contestavano tutto quanto dedotto in appello e chiedevano la conferma della sentenza di primo grado.
Con ordinanza del 31.10.2023 la Corte respingeva l’istanza di sospensiva dell’appellante per insussistenza dei relativi presupposti e ordinava l’integrazione del contraddittorio nei confronti di che era rimasta contumace in primo grado senza che, peraltro, il Tribunale la dichiarasse tale.
In data 01.12.2023 si costituiva in giudizio la quale chiedeva, in via pregiudiziale e cautelare, anche inaudita altera parte, la sospensione della provvisoria esecutorietà della sentenza impugnata e, in via principale, l’annullamento della sentenza per non essere stato integrato il contraddittorio nei confronti degli eredi di nel corso del processo di primo grado, e chiedeva rimettersi la causa al Tribunale di Savona ai sensi degli artt. 102 e 354 c.p.c. Con ordinanza del 03.04.2024 la Corte, provvedendo sull’istanza di sospensiva di , affermava che l’assunto della stessa, in ordine alla nullità della sentenza ex art. 102 e 354 c.p.c., non sembrasse prima facie prospettarsi in termini di assoluta evidenza in considerazione della natura solidale dell’obbligazione risarcitoria fatta valere dagli originari attori nei confronti di , non potendo neppure trascurarsi l’eccezione dedotta da parte appellata (anche alla luce della mancata proposizione di tempestivo appello incidentale) del passaggio in giudicato della sentenza nei confronti della stessa. La Corte respingeva, quindi, l’istanza di sospensiva proposta dall’appellata per quanto sopra, veniva fissata udienza di rimessione della causa in decisione al giorno 22.10.2024, assegnando alle parti i termini ex art. 352 c.p.c. per la precisazione delle conclusioni e per il deposito di comparse conclusionali e note di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I motivi di appello possono essere esaminati congiuntamente fra loro in quanto strettamente connessi, inerendo la valutazione dell’accertamento del nesso causale e della responsabilità degli appellanti, quali proprietari e locatori dell’appartamento, condotto in locazione da , da cui pacificamente è scaturita l’esplosione.
L’appello, ad avviso della Corte, è infondato, seppure con la parziale diversa argomentazione che segue.
In ordine alle cause dell’esplosione, pacificamente partita dall’appartamento condotto in locazione da quale conseguenza della dispersione di un ingente quantitativo di GPL e del suo successivo innesco, che ha determinato il crollo dell’immobile contraddistinto dal civico INDIRIZZO di INDIRIZZO sito nella INDIRIZZO del Comune di Arnasco (oltre che la morte di sei persone), sono state subito individuate nel corso delle indagini penali ( relazione del 10/10/2016 a firma del Ing. e dell’ Ing. i cui al Procedimento N: 249/16/21 RGPM, pagina 118), quattro possibili cause, così riassunte nella relazione dei consulenti del P.M., e poi riprese dai CTU in sede civile:
-Scenario
1: Perdita per mancanza di tenuta di un elemento riconducibile agli impianti di distribuzione.
-Scenario
2: Perdita per guasto di un apparecchio utilizzatore.
-Scenario
3: Perdita da una bombola di GPL.
-Scenario
4: Perdita riconducibile ad un elemento di collegamento tra gli impianti fissi ed un apparecchio utilizzatore.
Sulla base poi dell’ipotesi di innesco ritenuta più probabile La sentenza penale del GUP del Tribunale di Savona n. 488/2018 del 28/12/2018, confermata dalla sentenza della Corte di Appello di Genova n 1752/2019, ritenuto che gli esiti delle indagini non consentissero di giungere all’affermazione di responsabilità degli imputati, odierni appellanti, quali comproprietari e locatori dell’appartamento in uso al per i reati di incendio ed omicidio (artt. 113, 40 c. 1 e 2, 43 c. 1 terza ipotesi, 434 c. 2 e 449 c. 1, 589 c,1 e 4 c.p.c.) loro ascritti in relazione alle molteplici difformità e violazione delle norme di legge rilevate nell’impianto di adduzione del gas, dichiarava non luogo a provvedere nei loro confronti. Davano atto i giudici penali che l’ipotesi ritenuta più poco meno di 2 mt, rinvenuto nella sua cucina, e acquistato il giorno precedente all’evento, tubo che, connesso in modo precario, si era sfilato dal terminale portagomma conico liberando un flusso di gas in ambiente dell’ordine di alcuni litri/ora sufficiente a provocare l’accumulo nel lasso di tempo durante il quale il si è assentato dall’appartamento, di un quantitativo di GPL compatibile con gli esiti dell’esplosione osservata.
In sostanza, per i tecnici del P.M. il disastro era addebitabile ad una “perdita riconducibile ad un elemento di collegamento tra gli impianti fissi ed un apparecchio utilizzatore” da loro individuato nella (malaccorta) sostituzione del tubo di gomma che univa il piano cottura della cucina del ll’attacco dell’impianto di distribuzione, realizzata utilizzando il tubo acquistato il giorno prima.
Il giudice penale, dava, poi, atto delle possibili cause alternative circa l’origine della fuga di gas individuate dai tecnici, i quali avevano esaminato, appunto, tutte le restanti possibili ipotesi circa la l’origine della fuga di gas, tra cui le rilevate molteplici e gravi non conformità degli impianti di distribuzione gas nello stabile rispetto alle regole dell’arte e alla normativa, non conformità che ritenevano “possibile” anche se “non molto probabile” quale causa alternativa della perdita di gas all’origine della deflagrazione, conclusione cui ha aderito il giudice penale, dichiarando non luogo a procedere nei confronti degli imputati. Osserva la Corte.
Non è in discussione che la predetta sentenza non ha alcuna efficacia extrapenale, a nulla rilevando che il giudice penale, per pronunciare la sentenza di proscioglimento, abbia dovuto accertare i fatti e valutarli giuridicamente e che il giudice civile, pur tenendo conto degli elementi di prova acquisiti in sede penale, deve interamente ed autonomamente rivalutare il fatto in contestazione (cfr. ancora da ultimo Cass. n. 16422/2024).
La CTU svolta in sede civile – deputata oltre che alla quantificazione del danno, alla verifica della presenza di anomalie e/o irregolarità di natura urbanistico edilizia significative ai fini di causa;
ad individuare le cause dello scoppio avvenuto il 16/01/2016, alla “ attribuzione a ciascuna causa e concausa individuata un valore percentuale, secondo criteri e principi civilistici in tema di responsabilità civile”, nonché a “eseguire la prova a pressione su reperti o materiali assimilabili suggerita dal ctp Ing. nel corso del processo penale e mai eseguita (come si desume dal punto 3 delle osservazioni a firma Ing. )”;
”ed inoltre eseguire la prova che gli ipotetici collegamenti effettuati in laboratorio il 15/06/2016 sono in grado di sopportare la pressione del gas”;
“… e quindi indicare anche in percentuale tremenda esplosione e ai conseguenti gravissimi danni che gli esponenti hanno subito a causa di essa” – ha preso le mosse dagli accertamenti penali, e quindi dalle quattro possibili cause sopra indicate, giungendo all’affermazione che nessuno dei quattro ”scenari” poteva essere escluso.
I CTU hanno eseguito la prova suggerita dal ctp di parte (Ing. ) diretta a escludere che l’ipotesi più verosimile dell’innesco fosse un “non ben riuscito tentativo di sostituzione del tubo in parola” (cfr. pag. 127 relazione c.t. P.M.), prova chiesta sull’assunto che la debole forza prodotta dalla pressione del gas (di circa 23 grammi) non avrebbe assolutamente potuto causare lo sfilamento della gomma (pari a 10-15 chilogrammo) e quindi che questa non potesse essere stata la causa della perdita.
Afferma al riguardo il ctp nella sua relazione (pag. 13) che “dette connessioni/inserimenti dei terminali porta gomma nel tubo (pur se parziali) sono largamente sufficienti a sopportare il modestissimo sforzo/pressione esercitata dal gas durante il normale esercizio (corrispondente a pochi grammi…)…”.
I CTU nominati nel giudizio civile hanno escluso, sulla base delle prove eseguite in laboratorio, che si possa essere prodotto il distacco del tubo per effetto della pressione di esercizio, confermando sul punto l’assunto del ctp Ing. (“Le prove successive, utilizzando range di pressioni via via crescenti, hanno permesso di determinare che la pressione limite al quale si produce, in effetti, il distacco del tubo in un tempo incompatibile con quello del disastro è di circa 4 bar che corrisponde ad oltre 133 volte la pressione di normale regime di funzionamento dell’impianto” pag. 23 CTU), ritenendo “pertanto, estremamente improbabile che un tale evento si possa essere verificato in occasione del disastro” (pag. 23 CTU). All’esito della relazione d’ufficio, i CTU hanno quindi affermato che “Si rileva che tutti gli scenari identificati in sede peritale non possono essere esclusi a priori e che, in assenza di ulteriori dettagli ogni scenario, ad esclusione dello scenario 4 nella sola ipotesi di distacco per effetto della pressione nominale di esercizio che è stata provata essere incapace di generare il distacco del tubo di portata del gas, può essere considerato equiprobabile.
In riferimento allo scenario 4 ed allo scenario 1 le esposte illegittimità e l’evidenza della non esecuzione a regola d’arte dell’impianto di distribuzione del gas e l’imperizia con il quale è stato realizzato hanno determinato un incremento del rischio rispetto alla tremenda esplosione e ai conseguenti gravissimi danni che gli esponenti hanno subito a causa di essa.
”, pag. 25 CTU.
Osserva la Corte, in primo luogo, che va accolto il rilievo mosso dalla parte appellante, sia ascrivibile alla “maldestra sostituzione” da parte del conduttore del tubo di collegamento tra il rubinetto del gas inglobato nel muro ed il piano cottura della cucina dello stesso conduttore.
La prova a pressione su reperti o materiali assimilabili suggerita dall’Ing. è stata condotta ed ha escluso che il distacco del tubo di portata del gas si sia prodotto per il solo effetto della pressione di esercizio dell’impianto, senza poter automaticamente escludere altre cause per le quali il tubo del gas si sia staccato, quali l’erronea operazione di sostituzione da parte del conduttore.
Tuttavia questo rilievo non consente di modificare il giudizio espresso dal Tribunale.
Ed invero, nel contesto sopra descritto, pur a fronte di una iniziale affermazione da parte dei CTU che le quattro ipotesi fossero tutte equiprobabili (pag. 25) -, sulla base degli accertamenti svolti anche in sede penale -, sono state valutate dai CTU, in seguito, come determinanti “un incremento del rischio rispetto alla tremenda esplosione” rispetto alle altre la n. 1 (Perdita per mancanza di tenuta di un elemento riconducibile agli impianti di distribuzione), e la n. 4 ( Perdita riconducibile ad un elemento di collegamento tra gli impianti fissi ed un apparecchio utilizzatore “ad esclusione dello scenario 4 nella sola ipotesi di distacco per effetto della pressione nominale di esercizio che è stata provata essere incapace di generare il distacco del tubo di portata del gas), come emerso a seguito delle prove di laboratorio espletate. Risulta, infatti, con riferimento allo scenario 1 quale dato di fatto affermato dai CTU, “come ampiamente documentato, dalla citata relazione e dalla relazione della Legione Carabinieri Liguria Compagnia di Alassio del 29/06/2016 Nr. 55/2- 39 (cfr. Conclusioni) che gli impianti di adduzione del gas siano stati realizzati non a regola d’arte, non da personale qualificato e con notevoli errori tecnici in maniera del tutto insufficiente a garantire un adeguato livello di sicurezza.
La regola dell’arte deve intendersi come il complesso delle regole tecniche cui attenersi per assicurare uno standard minimo di accettabilità sia di un progetto, sia di un impianto, sia di un componente in termini di utilizzabilità, durata, affidabilità e sicurezza” (pag. 16 CTU civile).
In particolare emerge dalla relazione dei P.M. che ”gli impianti erano realizzati con modalità e materiali certamente non a regola d’arte e non rispondenti a quanto previsto dalla normativa tecnica pertinente.
Sono elementi costruttivi non conformi:
i raccordi con sigillatura mediante canapa e grasso, la pratica di annegare raccordi filettati nella muratura, 7129/92 per la mancata predisposizione del letto di sabbia o di altre soluzioni atte a proteggere la tubazione ,oltre che per la impossibilità di rintracciare la tubazione se non con lo scasso del manto.
Inoltre l’architettura degli impianti era del tutto difforme dai dettami della regola dell’arte, e, a parere degli scriventi, pericolosa.
Risulta infatti che la distribuzione del gas nelle unità abitative fruite dalla famiglia e nel basso fabbricato lato Savona, fosse in capo ad un unico punto di consegna e, in conseguenza, sottostante un unico contatore …la cui utenza era intestata a e di fatto imputata a secondo contatore..
contabilizzava il gas consumato verosimilmente da e dall’utenza sita nel basso fabbricato.
Questa struttura di impianto non solo configura una possibile truffa verso sulla cui utenza erano imputati tutti i consumi delle unità suddette, ma comporta un serio pericolo di esplosione” (la sottolineatura è dell’ufficio) (cfr. perizia Prof. pag. 118-120).
A ciò si aggiunga che, come emerge dalla risposta dei CTU in sede civile alle osservazioni dell’ Ing. , secondo cui ” se fosse stata presente l’apertura di aerazione dei locali in prossimità del pavimento prescritta dalla norma, anche verificandosi la fuga di gas lo scoppio non sarebbe avvenuto perché dall’apertura medesima la letale miscela esplosiva sarebbe fuoriuscita all’esterno”, i CTU analizzano anche tale difformità (mancanza di apertura destinata ad areazione/ventilazione e smaltimento delle fughe di Gas così come previsti dalla normativa vigente, di cui la pre relazione ne fa cenno al punto 3 laddove si evidenzia la possibile disapplicazione di alcuni principi elementari di sicurezza collegabili ai manufatti edilizi) e precisano che “Al di là di ogni dimostrazione scientifica l’eventuale mancanza di fori di areazione, in quanto mancato rispetto di prescrizioni di legge, è di per sé da considerare causa, o concausa, di quanto avvenuto il 16 gennaio 2016”. Ricorrono, pertanto, dati di fatto precisi gravi e concordanti, e non meramente ipotetici o supposti come probabili dai quali indurre il nesso di causa tra le difformità e illegittimità dell’impianto del gas, sicuramente riconducibili alla proprietà in base ai principi, ricordati anche dal Tribunale per cui “in tema di danni da cose in custodia, poiché la responsabilità ex art. 2051 c.c. implica la disponibilità giuridica e materiale del bene che dà luogo all’evento lesivo, al proprietario dell’immobile locato sono riconducibili in via esclusiva i danni arrecati a terzi dalle strutture murarie e dagli impianti in esse conglobati, di cui conserva la custodia anche dopo la locazione, mentre grava sul solo conduttore la responsabilità per i danni provocati dagli accessori e dalle altre parti dell’immobile, che sono acquisiti alla sua ( pur escluso lo scenario 4 nella sola ipotesi di distacco per effetto della pressione nominale di esercizio che è stata provata essere incapace di generare il distacco del tubo di portata del gas) del tubo di gomma, acquistato il giorno prima dal rinvenuto sul luogo del disastro unitamente a fascette stringitubo agli estremi con segni di abrasione sulla superficie interna, tubo che univa il piano cottura della cucina del all’impianto di distribuzione, quale causa maggiormente accreditata in ambito penale. Vanno, infatti, al riguardo condivise le argomentazioni del Tribunale sul nesso di causa, e sull’applicabilità dei principi di cui agli artt. 40 e 41 c.p. in materia di concorso di cause – tali da costituire il presupposto della responsabilità solidale ex art. 2055 c.c. condivisibilmente affermata dal Tribunale -, posto che, come sul punto adeguatamente argomentato dalla Difesa della parte appellata, e come affermato dalla Corte Suprema (cfr. Cass. n. 19033/2021) In tema di responsabilità civile “in base al quale in presenza di più possibili e diverse concause di un medesimo fatto, qualora nessuna di esse appaia né del tutto inverosimile né risulti con evidenza avere avuto efficacia esclusiva rispetto all’evento assurgendo a causa unica e determinante del medesimo è compito del giudice valutare quale tra le medesime risulti “più probabile che non” determinativa dell’evento, e non già negare l’esistenza della prova del nesso causale per il solo fatto che il danno sia teoricamente ascrivibile a varie alternative ipotesi ( v. Cass., 20/2/2018, n. 4024; Cass., 22/10/2013, n. 23933 ). E’ pertanto erroneo ritenere non provato il nesso eziologico tra condotta e danno per il solo fatto della sussistenza di più cause possibili ed alternative, atteso che in tal caso il giudice non può sottrarsi al compito di stabilire quale tra esse debba ritenersi quella “più probabile” in concreto ed in relazione alle altre, e non già in astratto ed in assoluto cfr. Cass., 22/10/2013, n. 23933 );
e in ogni caso, escludere che le varie ipotesi causali possano essere “concorrenti”, dovendo tenersi in proposito in rilievo che è erroneo anche ritenere che una mera ipotesi non possa essere sufficiente a fondare un giudizio di causalità, atteso che nella singola concreta e specifica vicenda del caso pure un evento improbabile può ritenersi “causa” d’un evento, se tutte le altre possibili cause siano ancor meno probabili ( v. Cass., 20/2/2018, n. 4024 ).
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, allorquando non si pervenga a ravvisare la sussistenza di una causa sopravvenuta idonea a determinare in via autonoma ed esclusiva il danno evento (cfr. Cass., 28/9/2018, n. 23450; Cass., 6/5/2015, n. 9008; Cass., 13/1/2015, n. 280; Cass., 23/9/2013, n. 21715; Cass., 17/2/2011, n. 3847; Cass., 21/7/2003, n. 11316), il problema del concorso , non esclude il rapporto di causalità fra dette cause e l’evento, essendo quest’ultimo riconducibile a tutte, tranne che si accerti l’esclusiva efficienza causale di una di esse ( v. Cass., 28/7/2017, n. 18753; Cass., 14/7/2011, n. 15537; Cass., 2/2/2010, n. 2360 ), trattandosi di ipotesi di concorso di più cause efficienti nella determinazione del danno ( cfr. Cass., 9/4/2014, n. 8372; Cass., 3/3/2010, n. 7618; Cass., 9/11/2006, n. 23918. Cfr. altresì Cass., 11/5/2012, n. 7404 )”.
Le due cause come sopra individuate (n. 1 e 4, esclusa dallo scenario 4 la sola ipotesi di distacco per effetto della pressione nominale di esercizio che è stata provata essere incapace di generare il distacco del tubo di portata del gas) sono quelle da individuarsi quale concausa e che hanno determinato rispetto alle altre la maggiore probabilità di rischio (l’incremento del rischio di cui hanno dato atto i CTU).
Sono invece meno probabili cause dell’innesco le restanti due ipotesi (scenario 2 e 3 ).
In ordine a queste due ipotesi, in effetti, è emerso che la bombola di GPL è stata rinvenuta chiusa (pag. 121 ct Ing. , e quanto agli apparecchi utilizzatori il piano cottura aveva le valvole di sicurezza funzionanti e chiuse;
la caldaia a gas era scollegata dall’impianto gas (pag.120 ct), di tal chè si tratta di ipotesi non suffragate da adeguate conferme.
Ne consegue che la sentenza, sia pure con la precisazione di cui in parte motiva, va confermata.
Va, infatti, disatteso l’assunto della parte appellata per cui la sentenza debba considerarsi nulla ex artt. 102 e 354 c.p.c. per il fatto che non abbiano partecipato al giudizio gli eredi del corresponsabile Non può essere messo in discussione il diritto dei danneggiati di agire in giudizio nei confronti di ciascuno dei responsabili, essendo evidente il diritto di pretendere l’adempimento dell’intera prestazione verso ciascuno dei responsabili in solido.
L’esistenza di un vincolo di solidarietà passiva ai sensi dell’art. 2055 cod. civ. tra più convenuti in un giudizio di risarcimento dei danni non genera mai un litisconsorzio necessario, avendo il creditore titolo per valersi per l’intero nei confronti di ogni debitore, con conseguente possibilità di scissione del rapporto processuale che può utilmente svolgersi anche nei riguardi di uno solo dei coobbligati, per cui non è configurabile, sul piano processuale, inscindibilità delle cause.
Né è fondato l’assunto per cui l’applicazione dell’art. 2055 c.c. determini un diverso “nomen iuris”.
L’art. 2055 c.c. vale solo a configurare un vincolo solidale fra gli autori di un illecito in via concorrente fra loro.
E’ infondato anche l’ultimo motivo di appello, posto che la mancata dichiarazione di contumacia della parte regolarmente citata ma non costituita non invalida la successiva e provato dalla copia dell’atto di citazione di primo grado, che è stato ritualmente notificato alla stessa convenuta, circostanza del resto mai dalla stessa posta in discussione.
Può, quindi, essere accolta l’istanza di correzione dell’errore materiale della sentenza di primo grado, richiesta dalla parte appellata nella parte in cui non ha dato atto del fatto che, pur ritualmente citata, la convenuta non si è costituita nel giudizio di primo grado.
Ne consegue che l’appello va respinto, con conseguente conferma della sentenza impugnata, per quanto di ragione.
Le spese di lite del grado seguono la soccombenza e sono a carico, in via solidale fra loro, dell’appellante dell’appellata , liquidate in base al DM. N. 55/2014, esclusa la fase istruttoria non tenutasi.
Si ravvisano i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
definitivamente pronunciando nella causa d’appello contro la sentenza n. 354/2023 del Tribunale di Savona, pubblicata il 17/05/2023, notificata il 19/05/2023, la Corte così provvede:
-respinge l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata, per quanto di ragione;
-dispone la correzione dell’errore materiale della sentenza impugnata, nella parte in cui non ha dato atto del fatto che, pur ritualmente citata, la convenuta non si è costituita nel giudizio di primo grado;
-condanna , in solido fra loro, alla rifusione delle spese di lite del grado in favore di , che liquida in euro 10.000,00 per compensi, oltre spese forfetizzate, iva e cpa.
Si dà atto, in ragione del rigetto dell’appello, della sussistenza dei presupposti per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 115/2002.
Genova, 29/10/2024 IL CONSIGLIERE ESTENSORE IL PRESIDENTE Dott. NOME COGNOME Dott. NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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