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Codice Civile
Codice Penale

Condanna fideiussori per saldo negativo conto corrente

Il tribunale ha condannato i fideiussori di una società fallita al pagamento del saldo negativo di un conto corrente, rigettando l’eccezione di nullità parziale delle fideiussioni per asserita conformità allo schema ABI. Il giudice ha ritenuto che, anche in presenza di clausole potenzialmente nulle, i fideiussori avrebbero comunque prestato la garanzia e ha evidenziato il rispetto del termine semestrale di cui all’art. 1957 c.c. per l’estinzione della fideiussione.

Pubblicato il 08 September 2024 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile

N. R.G. 5590/2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI VENEZIA
I SEZIONE CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. NOME COGNOME ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._3017_2024_- N._R.G._00005590_2021 DEL_03_09_2024 PUBBLICATA_IL_04_09_2024

nella causa civile promossa da (C.F. ), con l’avv. NOME COGNOME e l’avv. NOME COGNOME (C.F. (C.F. (C.F. (C.F. (C.F. ), con l’avv. COGNOME e l’avv. NOME COGNOME contro (C.F. ), contumace OGGETTO:
Bancari (deposito bancario, cassetta di sicurezza, apertura di credito bancario)

CONCLUSIONI

DELLE PARTI:
come da verbale d’udienza del 14.02.2024 C.F. C.F. C.F. C.F. C.F.

MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Con ricorso ex art. 702 bis cpc depositato in data 15.07.2021, ha agito in giudizio nei confronti di e della quali fideiussori della società RAGIONE_SOCIALE al fine di ottenere la condanna in solido dei predetti al pagamento della somma di euro 163.590,89 oltre interessi.

A sostegno delle pretese, la ricorrente ha dedotto:
che in data 26/05/2010 la società RAGIONE_SOCIALE aveva sottoscritto con la contratto di conto corrente n. 230/1356-0, a valere sul quale era stata concessa l’apertura di alcune linee di credito;
che a garanzia del puntuale adempimento delle obbligazioni assunte dalla predetta società, tutti i convenuti si erano costituiti fideiussori sino alla concorrenza di euro 400.000,00;
che in data 07/02/2012, a causa dell’andamento anomalo del rapporto creditizio, la aveva comunicato ai debitori la decadenza dal beneficio del termine e conseguente messa in mora degli stessi;
che con sentenza n. 42 del 10/07/2013 la società obbligata principale era stata dichiarata fallita e che, con provvedimento del 13.10.2020, il fallimento era stato chiuso per insufficienza di attivo ex art. 118 l.f.
su istanza del curatore;
che, alla data di chiusura del conto, il c/c intestato alla società presentava un saldo debitore pari ad € 149.511,12, così come risultante da certificazione conforme alle scritture contabili ai sensi dell’art. 50 D.lgs. 1 settembre 1993, n. 385, T.U.B., nonché dagli estratti conto e scalari da inizio rapporto alla revoca;
che in data 15.11.2018 nell’ambito di un’operazione di cessione di crediti pecuniari di titolarità di aveva stipulato con quest’ultima un contratto di cessione di crediti pecuniari individuabili “in blocco” ai sensi della Legge sulla Cartolarizzazione e dell’art. 58 del TUB, con conseguente acquisto pro soluto dei crediti in titolarità al cedente e derivanti da finanziamenti concessi sotto varie forme;
che della cessione era stato dato avviso in Gazzetta Ufficiale, parte seconda, 1/12/2018, foglio delle inserzioni n. 140;
che alla data della cessione, la Società odierna ricorrente vantava nei confronti dei debitori un credito di € 163.590,89, oltre interessi, anche moratori, dal dovuto al soddisfo.

Nel costituirsi in giudizio, e la hanno eccepito la nullità totale o parziale delle fideiussioni per conformità delle stesse allo schema ABI del 2003, dichiarato illegittimo per violazione dell’art. 2 l. 287/1990, con conseguente estinzione delle fideiussioni per decorrenza del termine di cui all’art. 1957 c.c. Non si è costituito in giudizio A seguito della conversione del rito in giudizio ordinario di cognizione e della concessione dei termini ex art. 183 comma 6 cpc, la causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 14.02.2024 dal nuovo giudice istruttore medio tempore divenuto assegnatario del fascicolo. La domanda attorea è fondata e va accolta.

Preliminarmente, sulla pretesa nullità totale/parziale delle fideiussioni sottoscritte dai convenuti per conformità allo schema ABI, si osserva che, a dispetto della forma originariamente utilizzata dai convenuti (“domanda riconvenzionale”), trattasi in realtà di mera eccezione riconvenzionale, in quanto finalizzata unicamente a paralizzare la domanda di pagamento introdotta con il ricorso ex art. 702 bis cpc, il cui esame pertanto compete a questo Tribunale.

L’art. 33 della legge n. 287/1990, che fonda la competenza delle sezioni specializzate in materia di Impresa, infatti, per espressa disposizione si applica solo alle azioni di nullità, e non già alle eccezioni.

Tanto premesso, occorre a questo punto osservare, in via del tutto dirimente ai fini del decidere, che come affermato di recente dalle Sezioni Unite della Cassazione con l’arresto n. 41994/2021, la nullità del contratto a valle deve essere valutata dal giudice alla stregua degli articoli 1418 e ss. c.c.: in particolare, “alla nullità parziale dell’accordo o della deliberazione a monte corrisponde la nullità parziale del contratto di fideiussione a valle che ne riproduca le previsioni colpite da tale forma di invalidità, e limitatamente alle clausole riproduttive di dette previsioni, salvo che la parte affetta da nullità risulti essenziale per i contraenti, che non avrebbero concluso il contratto “senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità”, secondo quanto prevede – in piena conformità con le affermazioni della giurisprudenza europea, riferite alla normativa comunitaria – il diritto nazionale (art. 1419, primo comma, cod. cic.).

E sempre che di tale essenzialità la parte interessata all’estensione della nullità fornisca adeguata dimostrazione”.

Evidenza, questa, di ben difficile riscontro nel caso di specie, posto che tali clausole risultano in concreto funzionali all’interesse della banca e non dei fideiussori, imponendo a questi ultimi maggiori obblighi.

Deve dunque concludersi, in assenza di una rigorosa allegazione e prova del contrario, che i convenuti avrebbero in ogni caso prestato la garanzia, anche senza le predette clausole, sicché la nullità non può che essere eventualmente parziale e travolgere, pertanto, eventualmente solo quelle clausole che risultano espressione dell’intesa concorrenziale vietata, ove dimostrata.

Prendendo le mosse dalle clausole di “reviviscenza” e di “sopravvivenza”, le quali potrebbero in ipotesi porsi in violazione con la normativa antitrust, va detto che le stesse neppure risultano concretamente azionate dall’istituto di credito:
nulla di specifico, infatti, è stato allegato in proposito dai convenuti.

Quanto al termine di cui all’art. 1957 c.c., che secondo la tesi dei convenuti dovrebbe trovare concretamente applicazione nella fattispecie in esame per la nullità della clausola di cui all’art. 6 delle fideiussioni da essi sottoscritte, con conseguente decadenza del creditore garantito, trattasi a ben vedere di scadenza comunque rispettata da L’iniziativa semestrale, infatti, può essere adottata per evitare la decadenza in esame sia nei confronti del debitore principale che nei confronti del garante (cfr. Cass. n. 24296/2017), ogniqualvolta si tratti di fideiussione solidale quale è quella in esame, ove peraltro è stato espressamente stabilito alla clausola n. 7 l’obbligo del fideiussore di pagare quanto spetti alla banca “a semplice richiesta scritta”. Sul punto, la giurisprudenza di legittimità ha da tempo chiarito che la clausola con cui il garante si impegna a soddisfare il creditore “a semplice richiesta scritta” va interpretata come deroga pattizia alla forma con cui l’onere di avanzare istanza entro il termine di cui all’art. 1957 c.c. deve essere osservato (vale a dire con la proposizione di un’azione giudiziaria).

In altre parole, deve ritenersi che – ogniqualvolta le parti concordino il “pagamento a prima richiesta scritta” dal garante al creditore garantito – l’osservanza dell’onere di cui alla citata disposizione è soddisfatto dalla stessa richiesta di pagamento formulata dal creditore al fideiussore, prescindendo dalla proposizione di un’azione giudiziaria (così Cass. n. 7345/1995 in motivazione, richiamata da Cass. n. 13078/2008), che – si ribadisce – può essere indifferentemente rivolta, a scelta del creditore, contro l’uno o l’altro dei due condebitori solidali, e dunque anche contro il fideiussore, con effetti ugualmente idonei ad impedire l’estinzione della fideiussione (cfr., da ultimo, Cass. n. 22346/2017: “in una pattuizione contrattuale in cui la garanzia si stabilisce a prima richiesta e, nel contempo, si prevede l’applicazione del primo comma dell’art. 1957 cod. civ., il criterio di esegesi di cui all’art. 1363 cod. civ. impone di leggere il rinvio a detta norma, tanto più se espresso, come nella specie, con un riferimento al termine di cui ad essa e non ad altro dei suoi contenuti, nel senso che il termine debba osservarsi con una mera richiesta stragiudiziale e non nel senso che si debba osservare con l’inizio dell’azione giurisdizionale”). Detta clausola costituisce valida manifestazione di autonomia negoziale, esprimendo la volontà delle parti di rendere superflua, al fine di evitare che maturi la decadenza di cui all’art. 1957 c.c., l’iniziativa giudiziaria che, invece, è ordinariamente necessaria, a norma della citata disposizione, per escludere l’estinzione della garanzia (cfr. Cass. n. 7345/1995 e Cass. n. 22346/2017).

Oltretutto, l’art. 6 – correlando l’estinzione della fideiussione non alla scadenza dell’obbligazione principale, ma all’integrale soddisfacimento di questa, ed esentando il creditore dall’onere di escutere il debitore principale – rende inoperante la previsione che pone a carico del creditore l’onere di coltivare con diligenza le istanze proposte contro quest’ultimo.
Ciò comporta che in tale particolare ipotesi di solidarietà passiva, il creditore, che ha la facoltà di rivolgersi per il pagamento all’uno o all’altro dei coobbligati, è esentato al tempo stesso dall’onere di proporre tempestivamente le sue istanze nei confronti del debitore principale ed, altresì, di continuarle con diligenza.

D’altro canto, tale previsione non si pone in contrasto con la ratio dell’art. 1957 c.c., giacché il fideiussore viene reso edotto entro il termine semestrale dell’esistenza del debito garantito e del suo inadempimento, potendo così adottare tutte le iniziative ritenute utili a conservare integre le ragioni di surrogazione ex art. 1949 c.c., o di regresso ex art. 1950 verso il debitore principale (cfr. Corte d’Appello di Venezia, sent. n. 438/2024 del 01-03- 2024).

Fatta tale premessa in diritto, deve osservarsi in via di fatto che in data 7.02.2012 risulta inviata sia l’intimazione di pagamento con richiesta di rientro dalle posizioni debitorie, che vale ad individuare la scadenza delle obbligazioni contratte dalla debitrice principale, sia la comunicazione di detta intimazione con richiesta di pagamento ai garanti (cfr. doc. 3 fasc.
ricorrente).

L’avvenuta ricezione delle predette missive da parte dei garanti, oltre che risultare documentalmente, non è stata tempestivamente contestata dai medesimi, i quali si sono limitati a sottolineare il mancato esperimento da parte del creditore di iniziative di carattere giudiziale.

Le ragioni esposte, dunque, giustificano il rigetto dell’istanza ex art. 210 c.p.c. formulata dai convenuti in memoria ex art. 183 comma 6 n. 2 cpc: la questione della conformità o meno della fideiussione firmata dai predetti al modello ABI diviene, infatti, irrilevante nel momento in cui comunque si sia affermato il rispetto del termine semestrale di cui all’art. 1957 c.c. In assenza di contestazioni relative all’importo azionato, dunque, la domanda di deve essere integralmente accolta, con conseguente condanna dei convenuti in solido al pagamento della somma richiesta, oltre che delle spese di lite.

PQM

Il Tribunale di Venezia in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nella presente controversia, ogni diversa domanda o eccezione attesa:
accoglie le domande attoree e, per l’effetto, condanna al pagamento in favore di della somma di euro 163.590,89, oltre interessi come da domanda;
condanna i convenuti in solido al pagamento in favore di delle spese di lite, che liquida in euro 11.674,50, di cui euro 406,50 a titolo di spese ed euro 11.268,00 per compensi, oltre spese generali, iva e cpa.
Così deciso in Venezia, in data 3 agosto 2024 IL GIUDICE Dott. NOME COGNOME

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