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Codice Penale

Conferma revoca decreto ingiuntivo per avvenuto pagamento

La sentenza analizza il tema dell’eccezione di pagamento nei confronti di un decreto ingiuntivo, valutando le prove documentali presentate dalle parti per determinare l’avvenuto pagamento di una fattura. Si sottolinea l’importanza dell’imputazione dei pagamenti e si applica il principio generale secondo cui, in mancanza di una prova certa sulla causale, i pagamenti vanno imputati alle fatture più risalenti. Infine si ribadisce la non debenza di interessi su crediti ritenuti insussistenti.

Pubblicato il 19 July 2024 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO DI ANCONA Composta dai signori Magistrati:
NOME COGNOME Presidente COGNOME
Consigliere COGNOME Relatore Ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._903_2024_- N._R.G._00000412_2022 DEL_08_06_2024 PUBBLICATA_IL_10_06_2024

Nella causa civile iscritta al n. 412/2022 RGC promossa in persona le legale rapp.te p.t. , con sede in Roma alla C.F.:
rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME e con questi elettivamente domiciliata presso il loro studio in Grottammare (AP), alla (appellante) NEI CONFRONTI DI , in persona del legale rapp.te p.t.
, con sede in San Donato la sentenza n. 102/2022 del 17.02.2022 del Tribunale di Ascoli Piceno, resa in procedimento n. 577/2019 RGC.
OGGETTO: opposizione a decreto ingiuntivo.
CAUSA posta in decisione con provvedimento del 18.03.2024.

CONCLUSIONI

DELLE PARTI:
Le parti hanno concluso come da rispettive note di trattazione scritta.

RAGIONI DI FATTO

E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

Con atto di citazione in appello dinanzi a questa Corte (già ha impugnato la sentenza in epigrafe con la quale era stato revocato il decreto ingiuntivo dalla stessa ottenuto nei confronti di e parzialmente accolta l’opposizione da quest’ultima proposta avverso il medesimo.

Si è costituita in giudizio per resistere all’appello e chiedere la conferma della decisione gravata.

Con ordinanza del giorno 08.03.2023 la Corte ha rigettato l’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza presentata dalla parte appellante.

La causa è stata trattenuta in decisione, a seguito di trattazione scritta, con provvedimento del 16.01.2024.

La presente motivazione è redatta in maniera sintetica secondo quanto previsto dall’art. 132 cpc, dall’art. 118 disp.
att. cpc e dall’ art. 19 del d.l. 83/2015 convertito con l. 132/2015 che modifica il d.l. 179/2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 17.12.2012 nonché in osservanza dei criteri di funzionalità, flessibilità, deformalizzazione tardiva e inammissibile in quanto sollevata in primo grado solo nelle memorie ex art. 183, co. VI, n. 1) cpc, dacchè invece in atto di opposizione la difesa dell’ingiunta era stata di altro tenore.

In ogni caso, e a prescindere da tale aspetto, avrebbe errato il Tribunale di Ascoli Piceno nel ritenere la documentazione al riguardo depositata da controparte idonea a provare l’avvenuto pagamento.

Al contrario, deduce l’appellante, i documenti da cui si desumerebbe l’avvenuto pagamento della fattura non sono delle contabili bancarie di bonifico, ma dei meri documenti contabili di parte, dai quali pertanto non è affatto possibile ritenere provato l’effettivo avvenuto pagamento.

Inoltre, dalla documentazione invece depositata agli atti di primo grado dalla stessa appellante – e non valutata dal Tribunale perché ritenuta tardiva – si evidenzierebbe chiaramente come i veri bonifici effettuati (e che la imputa a pagamento della fattura in contestazione) recavano causali del tutto differenti, appunto, dal pagamento di tale fattura.

Peraltro la stessa soc. (condebitrice della , ora dichiarata fallita, da cui sarebbero stati effettuati i pagamenti contestati) aveva riconosciuto espressamente con pec del 05.10.2018 di essere quantomeno debitrice della somma di € 72.060,81=. Con un secondo motivo di doglianza poi la censura altresì il capo della sentenza in cui è stato escluso il credito portato dalle fatture nn.
141/2018 e 187/2018;
il primo relativo agli interessi moratori commerciali sul credito complessivo ingiunto, il secondo relativo alla mancata riconsegna dei bancali su cui le merci erano state trasportate.

Costituendosi in appello al fine di ottenere il rigetto dello stesso e la conferma della decisione impugnata, ha variamente ribadito la propria impostazione ’altro non modifica gli essenziali ed imprescindibili criteri di ammissibilità dell’impugnazione, che ovviamente dovranno continuare ad essere rispettati.

In questo senso, per potersi ritenere ammissibile, l’atto di appello, oltre ad individuare i capi della decisione sottoposti a critica, deve contenere, assieme ad una parte volitiva (quella volta ad ottenere la riforma della decisione, appunto), anche una parte argomentativa, e cioè una individuabile e percepibile censura dei passaggi motivazionali della sentenza gravata.

Ora – come è del resto reso evidente dalle stesse difese svolte da parte appellante nel merito dell’appello – non vi è alcun dubbio che l’impugnazione in esame – salvo quanto in seguito precisato sul secondo motivo di appello – rispetti almeno sufficientemente i requisiti richiesti, consentendo ai protagonisti del processo (controparte e giudice) di individuare agevolmente quali siano, e per quale motivo, le decisioni contestate della sentenza.

Né può essere applicato l’art. 348bis cpc atteso che l’esame dell’impugnazione merita un oggettivo approfondimento.

Ciò posto, il primo motivo di impugnazione è infondato nel merito e deve essere rigettato.

Premesso, innanzitutto, che non può considerarsi tardiva (sol perché formulata nelle memorie ex art. 183, VI co. , n. 1) cpc) l’eccezione di pagamento della fattura n. 46/2018 della (già e ciò per il semplice fatto che tale deduzione deve ascriversi al novero delle eccezioni in senso lato e non in senso stretto (cfr. Cass., 14654/2015; Cass., 17196/2018), come tali sottratte al regime perentorio delle preclusioni (previsto invece per le seconde) e pertanto valutabili eventualmente anche d’ufficio dal Giudice (cfr. Cass., 22371/2021).
Ferma dunque l’ammissibilità della sfornita di prova della relativa effettuazione).

In realtà, il contrasto tra le parti non riguarda l’avvenuta effettuazione dei bonifici (il primo di € 40.000,00= del 17.07.2018;
il secondo di € 18.015,21= del 09.10.2018;
il terzo di € 12.744,79= del 27.11.2018), quanto invece la relativa causale, circa la quale nel corso del processo di primo grado le parti si sono confrontate mediante la produzione (parte appellante opposta con le proprie memorie ex art. 183, VI co.
, n. 3) cpc e parte appellata opponente all’udienza successiva al deposito delle ripetute note) di altrettante contabili riportanti causali sorprendentemente differenti tra loro (quelle prodotte dall’appellante opposta come “acconto vostre fatture scadute”, “saldo 1 rata piano di rientro” e saldo 2 rata piano di rientro più acconto 3 rata”;
quelle dell’appellata opponente, recanti, invece, tra l’altro, la menzione della fattura 46/2018 progressivamente saldata con i tre pagamenti).

Ciò posto, a prescindere dal contrasto documentale, e fermo restando che in realtà entrambe le produzioni al riguardo eseguite dalle parti debbono considerarsi certamente tardive ed inammissibili perché effettuate ampiamente al di fuori dei termini processuali consentiti per le produzioni documentali (è appena il caso di evidenziare che le produzioni della non possono ritenersi “a prova contraria” per il sol fatto che le stesse ben avrebbero potuto e dovuto essere effettuate con la memoria 183 n. 2 anche a seguito della formulazione dell’avversa eccezione di pagamento con la memoria 183 n. 1), ritiene la Corte che comunque l’ulteriore documentazione agli atti del giudizio consenta di raggiungere ugualmente una convincente conclusione sulla imputazione dei pagamenti in esame.

Occorre invero considerare che con pec del 05.10.2018 la (condebitrice della ) aveva inviato a (ora la proposta cui fa riferimento la proposta del 05.10.2018.

Tale estratto conto riporta chiaramente pagata, per € 40.000,00=, la fattura n. 46/2018 di cui all’ingiunzione opposta (a fronte dell’importo della fattura di € 67.063,40= viene infatti indicato un debito residuo per € 27.063.40=).

Ora, la , con comunicazione pec del 06.10.2018, pur contestando l’ammontare totale del debito, ebbe ad accettare la rateazione proposta.

Tale accettazione non può che riguardare anche l’imputazione del pagamento di € 40.000,00= alla fattura n. 46/2018, così come riportato nell’estratto conto allegato alla proposta di rientro della.

Pur affermando cioè la (ora che il proprio credito fosse superiore perché relativo anche a fatture precedenti rispetto a quelle azionate con il decreto ingiuntivo – come poi ha ribadito nello stesso atto di appello – essa non ha però contestato alla l’avvenuta imputazione del pagamento di € 40.000,00= alla fattura 46/2018, imputazione indiscutibilmente evidenziata nell’estratto conto allegato alla proposta di rientro di quest’ultima, peraltro pure accettata.

La fattura n. 46/2018, dunque non può non essere considerata pagata per almeno appunto € 40.000,00=. Quanto poi ai successivi pagamenti effettuati da in adempimento del ripetuto piano di rientro (i bonifici di € 18.015,21= del 09.10.2018 e di € 12.744,79= del 23.11.2018, per complessivi € 30.760,00=), in assenza di una prova certa sulla relativa causale (e dunque di una certa e formale diversa imputazione da parte della debitrice ), essi non possono che essere imputati alle fatture via via più risalenti di cui all’estratto conto allegato alla proposta del 05.10.2018, secondo il principio generale. E poiché anche in tal caso il documento più risalente (quantomeno con riferimento alla scadenza del pagamento secondo quanto riportato nel ripetuto estratto conto) è proprio la fattura n. 46/2018, anche il relativo importo residuo della stessa, pari ad € 27.063,40= ulteriori argomentazioni e comunque senza proporre censure di sorta alla motivazione resa sul punto dal Tribunale di Ascoli Piceno.

Ciò a maggior ragione per il fatto che la sentenza impugnata ha pure parzialmente riconosciuto (limitandolo agli interessi dovuti sulla fattura n. 55/2018) il credito di cui alla fattura 141/2018.

Ferme le considerazioni che precedono, si osserva che comunque le conclusioni cui in merito è pervenuto il Tribunale di Ascoli Piceno appaiono assolutamente condivisibili, posto che, da un lato, gli accessori di cui si tratta non possono certamente essere riconosciuti su crediti ritenuti insussistenti e, dall’altro, l’oggetto di cui alla fattura n. 187/2018 è indiscutibilmente estraneo alla responsabilità di cui all’art. 7ter del D.Lgs. 286/2005 in base al quale soltanto è in astratto predicabile la posizione debitoria della Non appare fondata infine neppure l’ultima doglianza relativa alla regolazione di lite del primo grado, anch’essa pienamente condivisibile attesa la sostanziale soccombenza reciproca tra le parti.

La sentenza di primo grado va dunque integralmente confermata sebbene sulla base della – parzialmente diversa – motivazione sin qui resa.

Quanto alle spese di lite del presente grado, invece, esse debbono essere poste a carico esclusivo dell’appellante, unico soccombente;
esse sono liquidate in dispositivo.

PQM

La Corte di Appello di Ancona, definitivamente pronunciando, in riforma della decisione impugnata, così provvede:
• Dichiara la sussistenza delle condizioni per il pagamento, da parte dell’appellante, di ulteriore importo a titolo di contributo unificato.
Così deciso in Ancona nella Camera di Consiglio del 21.05.2024.
Il Giudice Ausiliario Relatore Il Presidente Avv. NOME COGNOME Dott. NOME COGNOME

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