Tribunale Ordinario di Milano Sezione Lavoro
Il Giudice letti gli atti e i documenti della causa iscritta al n. 12207/2024 RGL pendente tra sciogliendo la riserva assunta ha emesso la seguente
ORDINANZA N._R.G._00012207_2024 DEL_01_01_2025 PUBBLICATA_IL_01_01_2025
EX ART. 700 C.P.C.
Con ricorso ex articolo 700 c.p.c. ha convenuto in giudizio il signor chiedendo di ordinare a quest’ultimo, con provvedimento emesso anche inaudita altera parte, di astenersi da ogni attività di concorrenza vietata dal patto sottoscritto in data 18.1.2023 e in particolare, di astenersi dallo svolgimento e dal proseguimento dell’attività concorrenziale contrattualmente vietata.
Con decreto inaudita altera parte in data 4.11.2024 il giudice ha emesso l’invocato provvedimento.
Si è costituito in giudizio il sig. chiedendo la revoca del provvedimento di inibitoria già concesso e il rigetto del ricorso.
Ha infatti così concluso:
“Voglia l’Ill.mo Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, contrariis reiectis, e previa ogni declaratoria del caso e di legge in via principale respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, accertare e dichiarare l’inammissibilità e/o infondatezza del ricorso ex art 700 c.p.c. con istanza ex art 669 boni iuris e/o del periculum in mora, per tutti i motivi esposti in narrativa, e per l’effetto revocare e/o modificare il decreto del 04.11.2024.
Con vittoria di spese, competenze, rimborso forfettario oltre iva e cpa di legge”.
In punto di diritto, ha eccepito la nullità del patto sotto diversi e autonomi profili:
(i) per la non congruità del corrispettivo;
(ii) per essere il Patto sottoposto a condizione meramente potestativa in relazione sia alla clausola che prevede il venir meno del Patto stesso in caso di modifica delle mansioni, sia alla clausola che prevede la facoltà di recesso dal medesimo da parte di (iii) per l’indeterminatezza dell’oggetto conseguente all’eccessiva ampiezza delle limitazioni imposte.
Ha chiesto il rigetto del ricorso per assenza dei presupposti:
del fumus, oltre che per le ragioni sopra elencate, anche per insufficienza di allegazioni e prove atte a dimostrare la violazione del patto di non concorrenza e assenza di periculum in mora.
Esperito con esito negativo il tentativo di conciliazione, dopo alcuni rinvii in pendenza di trattative, la causa è stata discussa all’udienza del 19.12.2024.
*** Esaminati gli atti e i documenti di causa, sentite le difese delle parti, il Tribunale ritiene che – entro i limiti della delibazione sommaria e provvisoria propria della fase cautelare – siano sussistenti i presupposti di cui all’art. 700 c.p.c. per la conferma del provvedimento emesso inaudita altera parte e per l’accoglimento del ricorso.
Fumus boni iuris In ordine alla validità del patto.
Come noto secondo il costante orientamento della Suprema Corte “nel rapporto di lavoro subordinato il patto di non concorrenza è nullo se il divieto di attività successivo alla risoluzione del rapporto non è contenuto entro limiti determinati di oggetto, di tempo e di luogo;
l’ampiezza del vincolo, infatti, deve essere tale da comprimere l’esplicazione della concreta professionalità del lavoratore in limiti che non ne compromettano la possibilità di assicurarsi un guadagno idoneo alle esigenze di vita.
Con particolare riferimento all’ammontare ed alla congruità del corrispettivo dovuto in caso di patto di non concorrenza (Cassazione 14 maggio 1998 numero 4891) ha altresì precisato che, contenuta nell’articolo 2125 c.c. va riferita alla pattuizione non solo di compensi simbolici, ma anche di compensi manifestamente iniqui o sproporzionati in rapporto al sacrificio richiesto al lavoratore e alla riduzione delle sue possibilità di guadagno, indipendentemente dall’utilità che il comportamento richiestogli rappresenta per il datore di lavoro, come da suo ipotetico valore di mercato (Cassazione numero 7835 del 2006) Nel caso di specie il patto sottoscritto, prevede un corrispettivo pari al 50% della RAL l’importo di detto corrispettivo, pertanto, appare senz’altro adeguato a compensare in misura proporzionata i limiti posti alla libertà del lavoratore di ricollocarsi sul mercato. Nel caso di specie infatti l’importo erogato è conforme e addirittura superiore, alla percentuale del 10% della retribuzione prevista come congrua dalla Cassazione (cassazione 7835 del 2006) Come noto, la congruità dell’importo deve essere valutata in relazione alla portata temporale e territoriale della limitazione, infatti, scopo dell’indennità è remunerare l’impegno del lavoratore a non esercitare una determinata attività.
Ebbene nel caso di specie il periodo di interdizione è delimitato a 24 mesi dalla cessazione del rapporto nel solo ambito territoriale di Regione Emilia Romagna, Con l’ulteriore indicazione che il territorio interessato dal divieto fosse non solo quello legato allo svolgimento fisico dell’attività vietata ma anche quello di produzione degli effetti delle condotte vietate.
Alla luce di quanto sopra non colgono nel segno le considerazioni in ordine alla mancanza di congruità del corrispettivo.
Il sig. ha inoltre sostenuto sussistere la nullità del patto in quanto subordinato a condizione meramente potestativa.
Ha osservato che al punto 9 del patto, si prevedeva nel caso che il lavoratore fosse stato assegnato a ruolo e/o mansioni diverse, da valutarsi e determinarsi unilateralmente ed esclusivamente da parte della banca ( “.. .
non Le fosse più chiesto di interagire, direttamente o indirettamente con la clientela della banca rispetto alla vendita di prodotti finanziari della medesima ”), la risoluzione del patto, fatta salva la volontà dello stesso istituto di mantenere in essere il patto.
Risoluzione, dunque, secondo quanto sostenuto dal lavoratore, rimessa all’esclusivo e totale arbitrio della ricorrente con compromissione dell’equilibrio Secondo quanto sostenuto dalla difesa di parte convenuta, tale clausola comporterebbe un’indeterminatezza temporale del vincolo assunto dal prestatore di lavoro, configurandosi come una condizione meramente potestativa, che determina ex art. 1353 cod. civ. la nullità del Patto.
Tali considerazioni non sono condivisibili poichè è del tutto logico attribuire alla Banca la facoltà, nel caso in cui nel corso del rapporto le mansioni vengano variate, di rinunciare al patto, che resterebbe privo di causa.
La facoltà di recesso dal patto di non concorrenza da parte della banca datrice di lavoro, esercitabile unicamente con preavviso, non introduce nel contratto un’indebita sperequazione a danno del lavoratore, tanto più se si considera che, proprio in virtù della formulazione della clausola, resterebbe salva per lo stesso l’acquisizione di quanto già percepito a titolo di corrispettivo del patto, pur a fronte del venir meno dell’obbligazione a suo carico.
La formulazione, secondo la giurisprudenza, rende tale clausola perfettamente legittima.
Nè sono condivisibili le considerazioni del convenuto circa l’eccessiva estensione del patto, che inibisce l’esercizio della attività di promotore comprendendo attività di gestione di portafogli finanziari di clientela, anche istituzionale e di intermediazione finanziaria.
In sostanza tale previsione secondo il convenuto limiterebbe totalmente la libertà del dipendente.
Tali osservazioni non colgono nel segno.
Come noto secondo l’orientamento maggioritario della giurisprudenza, il patto non deve essere necessariamente circoscritto alle mansioni precedentemente svolte, ma può avere un contenuto più ampio e riguardare ogni attività in potenziale concorrenza con quella del datore di lavoro, sempre che sia garantito all’ex dipendente la possibilità di svolgere un’attività lavorativa adeguata alla sua concreta professionalità senza comprometterne ogni potenzialità reddituale.
La suprema Corte, infatti, ha precisato “il patto di non concorrenza previsto dall’articolo 2125 codice civile, può riguardare una qualsiasi attività lavorativa che possa competere con quella del datore di lavoro e non deve, quindi, limitarsi alle sole mansioni espletate dal lavoratore nel corso del rapporto.
Esso, perciò, è nullo solo allorché la sua ampiezza sia tale da comprimere l’esplicazione della concreta professionalità del Nel caso di specie l’attività interdetta è assolutamente circoscritta poiché al convenuto è stato inibito l’esercizio della sola attività di gestione portafogli finanziari e intermediazione finanziaria, in un ambito territoriale circoscritto, con l’obbligo di non acquisire clienti in precedenza gestiti.
Il sig. infatti, si era impegnato in ogni caso anche al di fuori dei limiti territoriali, a non svolgere attività di acquisizione, presentazione di clientela da lui stesso precedentemente a qualsiasi titolo seguita o gestita.
Le limitazioni previste sono del tutto legittime e coerenti con le finalità del patto, volto proprio a prevenire lo sviamento di clientela.
Alla luce di tutto quanto sopra esposto si deve concludere circa la piena validità del patto di non concorrenza stipulato tra le parti.
In ordine alla violazione del Patto si osserva quanto segue.
La società ricorrente ha allegato che l’ex dipendente, nel periodo successivo alle rassegnate dimissioni, ha intrapreso nuova collaborazione lavorativa con la concorrente RAGIONE_SOCIALE, operando all’interno dell’area interdetta, contattando clienti già appartenenti al portafoglio della ricorrente in costanza di rapporto.
A prova di tale affermazione la società ricorrente ha prodotto documentazione dalla quale risulta che in stretta contiguità temporale con le dimissioni, il convenuto ha contattato clientela appartenente al portafoglio gestito nell’interesse della ricorrente.
Tutte le richieste di disinvestimento vedono come destinataria RAGIONE_SOCIALE.
In particolare la ha prodotto tabulati dai quali risultano accessi anomali ai sistemi aziendali e interrogazioni massime sul portafoglio clienti seguito in (con 933 interrogazioni Pi.
Co !) (doc. 13) Numerose richieste di disinvestimento provenienti dalla clientela precedentemente gestita ed infatti, in data 28 ottobre 2024 sono pervenute alla Banca le prime raccomandate di disinvestimento, per un controvalore di oltre 1milione di euro, da parte dei clienti appartenenti ai nuclei NDG NUMERO_CARTA. F e NDG NUMERO_CARTA M.L.E. Dalla documentazione prodotta risulta che le richieste di disinvestimento sono tutte redatte nel medesimo format ed inviate dal medesimo ufficio postale in orari ravvicinati Tanto basta per violare sia l’impegno a non svolgere attività in concorrenza, sia l’impegno di non esercitare attività o assumere mansioni di tipo analogo a quelle svolte presso la banca ricorrente e sicuramente anche l’impegno di non acquisire o cercare di acquisire la clientela precedentemente gestita. Sul punto questo Tribunale ha già avuto modo di chiarire “la circostanza che il sig. abbia svolto o meno in concreto un ruolo attivo nel provocare l’esodo della clientela dalla precedente alla nuova datrice di lavoro è tuttavia priva di rilievo, in quanto la violazione del patto di non concorrenza risulta comunque integrata per il sol fatto che lo stesso sta continuando ad intrattenere rapporti con i clienti acquisiti e/o gestiti nel corso del rapporto di lavoro con la Banca ricorrente”.
(Trib. Milano, Dott. COGNOME, 16.1.17, n. 1139 La violazione del patto, anche sotto il profilo territoriale, è integrata dalla realizzazione nell’area inibita, degli effetti (concorrenziali) che il patto intende scongiurare.
sul periculum in mora Sussiste anche il secondo dei requisiti necessari affinché venga concesso il provvedimento invocato.
Sul punto si condivide l’orientamento già espresso da questo Tribunale secondo cui “Ai fini della concessione di un provvedimento cautelare ex art. 700 c.p.c. per violazione di un patto di non concorrenza stipulato ai sensi dell’art. 2125 c.c., il datore di lavoro è tenuto a provare il periculum in mora che va individuato nel mero inadempimento del patto, senza che sia necessaria anche la prova dell’ulteriore danno effettivo, Trib. Milano, Rel. Dott.ssa COGNOME decreto del 5.6.2018, Rg n. 4837.
Come correttamente osservato dalla difesa di parte ricorrente, infatti, ciò rileva nella valutazione nel requisito dell’urgenza non è solo il valore patrimoniale mobiliare che per iniziativa dell’ex dipendente stia già passando al suo nuovo datore di lavoro, ma anche la circostanza in sé che “senza tutela anticipatoria verrebbe sostanzialmente vanificata la ratio stessa del patto in commento, ovvero evitare attività concorrenziale…e non semplicemente ottenere un risarcimento del danno nell’ipotesi di intervenuta violazione del patto stesso” (così Trib. Milano, Dott. COGNOME, ord. del 11.9.2019, n. 21372) Il pericolo di un danno irreparabile nel caso di sviamento di clientela consiste nella perdita definitiva di clientela, evento che non potrebbe trovare adeguato ristoro neppure nella condanna al pagamento della penale contrattualmente pattuita, all’esito del giudizio a Il ricorso pertanto merita accoglimento e la tutela invocata deve essere confermata.
P Q M
Conferma il decreto emesso in data 4.11.2024 nel quale ordina a di astenersi dallo svolgimento e o dalla prosecuzione di attività contrarie al patto di non concorrenza sottoscritto in favore di in data 18.1.2023, costituite dallo sviamento e dalla gestione di clienti appartenenti al portafoglio gestito nel corso del rapporto con la ricorrente Condanna il convenuto a rifondere alla ricorrente le spese di lite che liquida in euro 6.500,00 oltre accessori di legge.
Si comunichi alle parti.
Milano, 1.1.2025 Il Giudice NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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