N. R.G. 1086/2016
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI MILANO
Sezione prima civile nelle persone dei seguenti magistrati:
dr. NOME COGNOME Presidente dr. NOME COGNOME Consigliere dr.
NOME COGNOME Consigliere rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA N. 2810_2017_- N._R.G._00001086_2016 DEL_15_06_2017 PUBBLICATA_IL_21_06_2017
nella causa iscritta al n. r.g. 1086/2016 promossa in grado d’appello (C.F. ), elettivamente domiciliata in 20135 presso lo studio dell’avv. , che la rappresenta e difende come da delega in atti APPELLANTE CONTRO (C.F. ), elettivamente domiciliato in presso lo studio dell’avv. , che lo rappresenta e difende come da delega in atti C.F. C.F. APPELLATO avente ad oggetto:
Mutuo
sulle seguenti conclusioni.
Per “Piaccia alla Corte Ecc.ma, ogni contraria e diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, in accoglimento dell’appello proposto con il presente ricorso e in parziale riforma della sentenza di primo grado:
in via istruttoria:
1) rigettare le richieste testimoniali poiché i testimoni indicati tutti parenti di primo grado dell’appellato e per l’esattezza:
padre e madre dell’appellato.
Pertanto mai dichiarerebbero fatti in contrasto agli interessi del figlio.
2) Rigettare le richieste testimoniali poiché i genitori non potevano essere al corrente delle attività e delle operazioni bancarie del figlio al punto di poterne discriminare le conseguenze e gli effetti.
3) Rigettare le richieste testimoniali poiché non attinenti ai fatti di causa e le ragioni di appello.
In INDIRIZZO
Accogliere per i motivi tutti dedotti in narrativa il proposto appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza n. 1765/2016 emessa dal Tribunale di Milano Sez. VI Civile in data , Giudice Dott. NOME COGNOME COGNOME R.G. 39155/13, accogliere tutte le conclusioni avanzate in primo grado che qui si riportano.
1) Accertare e dichiarare la carenza di legittimazione attiva dell’attore poiché non provata ne dimostrata la dazione di danaro.
2) Accertare e dichiarare la carenza di legittimazione attiva dell’attore poiché non provato ne dimostrato l’obbligo di restituzione assunto dalla convenuta.
3) Accertare e dichiarare l’insussistenza del credito vantato dal signor nei confronti della signora 4) Accertare e dichiarare i prelievi fatti dall’attore dai conti della convenuta senza motivazioni o spese familiari.
5) Accertare e dichiarare l’arricchimento senza causa del signor a danno della signora 6) Per l’effetto rigettare tutte le domande attoree.
7) Per l’effetto accertare e dichiarare l’inesistenza dell’oggetto della domanda e la sua illiceità poiché indirizzata ad un indebito arricchimento per l’attore.
8) Per l’effetto dichiarare parte convenuta libera da ogni obbligazione nei confronti di parte attrice.
In via subordinata:
1) Accertare e dichiarare che nulla è dovuto dalla signora avendo la stessa agito, in ogni caso, in conformità al disposto di cui all’art. 143 c.c. e non a tutela di un interesse personale.
2) Per l’effetto rigettare tutte le domande attoree.
3) Per l’effetto accertare e dichiarare l’inesistenza dell’oggetto della domanda e la sua illiceità poiché indirizzata ad un indebito arricchimento per l’attore.
4) Per l’effetto dichiarare parte convenuta libera da ogni obbligazione nei confronti di parte attrice.
In ogni caso:
1. Condannare l’appellato al pagamento delle spese, diritti ed onorari di causa del primo e del secondo grado, spese generali oltre I.V.A. a C.P.A. come per legge, tutti con distrazione.
” Per “Voglia l’Ecc.ma Corte adita, respinta ogni contraria o diversa istanza, domanda o eccezione, così giudicare:
In via preliminare:
– dichiarare inammissibili, ai sensi dell’art. 345 c.p.c. le domande ed eccezioni nuove formulate dall’appellante in ragione di quanto meglio esposto in atti;
– dichiarare inammissibile, ai sensi dell’art. 342 c.p.c., l’appello proposto dalla sig.ra per le ragioni di cui in atti;
– In INDIRIZZO
– rigettare, in quanto inammissibili ed infondati, tutti i motivi di appello proposti dalla sig.ra per le ragioni di cui in atti, confermando integralmente la sentenza n. 1765/2016 (rep.
n. 1324/2016) resa dal Tribunale di Milano in data e depositata in data , con conseguente conferma di tutte le statuizioni in essa contenute;
– respingere, con la miglior formula, tutte le domande svolte dall’appellante contro per i motivi meglio esposti in atti.
In ogni caso:
con vittoria di spese e compensi professionali, oltre rimborso forfettario in misura del 15%, i.v.a.
e c.p.a.
In via istruttoria:
Si chiede ammettersi prova per testi, come già formulata nella memoria ex art. 183, co 6 n. 2 c.p.c. agli atti del primo grado di giudizio, sui seguenti capitoli di prova:
1) Vero che il sig. intimorito dal cognato , si vide costretto, in data , ad effettuare il bonifico di €.
6.026,23 relativo alla rata di mutuo, contratto dalla sig.ra relativo all’immobile di esclusiva proprietà di quest’ultima?
2) Vero che il sig. chiamò i suoi genitori raccontando loro l’accaduto?
3) Vero che le movimentazioni sui conti correnti intestato a RAGIONE_SOCIALE. intestato a erano relativi a fondi di esclusiva proprietà di così come le movimentazioni dal c/c IW RAGIONE_SOCIALE. , intestato a , al c/c RAGIONE_SOCIALE. intestato a erano relative a fondi di esclusiva proprietà di 4) Vero che la sig.ra aveva solo il reddito da lavoro dipendente , che veniva accreditato sul conto corrente?
Si indicano a testi: genitori dell’attore.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza n. 1765/2016, pubblicata in data , il Tribunale di Milano, definitivamente pronunciando sulla causa promossa da contro , così decideva:
“- in parziale accoglimento delle domande proposte da nei confronti di , condanna quest’ultima a pagare all’attore la somma complessiva di €30.978,35, oltre a interessi e rivalutazione monetaria dalla data di ciascun esborso (e, quindi, dal quanto a euro 6.026,23;
dal quanto a euro 5.067,06 e dal quando a euro 5.385,06;
nonché dal quando a euro 14.500) al saldo;
– condanna la convenuta a rifondere l’attore delle spese di lite, liquidate in complessivi euro 4.609,1, oltre i.v.a.
e c.p.a.
, di cui euro 540,00 per spese generali ed euro 469,13 per rimborso spese.
” Avverso tale pronuncia proponeva appello , lamentando l’erroneità ed ingiustizia del decisum ed instando per la sua riforma in virtù dei seguenti motivi di appello:
a) Erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui non ha ritenuto contestati i fatti dedotti da b) Erroneità della sentenza nella parte in cui ha accolto la domanda attorea volta a condannare controparte alla restituzione di somme oggetto di indebito arricchimento;
c) Erroneità della sentenza nella parte in cui ha ritenuto i rapporti patrimoniali tra i coniugi estranei al giudizio.
si è costituito nel presente giudizio, instando per il rigetto delle domande formulate dall’appellante e, conseguentemente, per la conferma della sentenza oggetto di gravame.
La Corte, con ordinanza del , ha accolto l’istanza di sospensiva e ha rinviato per le precisazioni delle conclusioni all’udienza del ;
all’udienza del ha assegnato alle parti i termini di 55 giorni per il deposito delle comparse conclusionali e di ulteriori 20 giorni per le rispettive repliche.
Espletato l’incombente, decideva la causa nella camera di consiglio del
MOTIVI DELLA DECISIONE
Occorre premettere che avevano contratto matrimonio in data e che, a seguito dei ricorsi dai predetti rispettivamente proposti in data e in data , era stata emessa la sentenza di separazione il Nel giudizio di primo grado, con atto di citazione notificato in data , ha agito al fine di ottenere la condanna di alla restituzione di somme a lei concesse a titolo di mutuo e, in subordine, alla restituzione delle medesime in quanto oggetto di arricchimento senza causa.
Il Tribunale di Milano, in parziale accoglimento delle domande proposte da non ritenendo fornita la prova in ordine al titolo negoziale posto alla base dei pagamenti effettuati e non potendo dunque accogliere la domanda principale volta ad ottenere la condanna alla restituzione delle somme asseritamente oggetto di mutuo, ha accolto la domanda proposta in via subordinata e ha condannato alla restituzione di € 30.978,35 in quanto oggetto di arricchimento senza causa.
I punti sui quali questa Corte è chiamata a decidere sono i seguenti:
1. La mancata contestazione dei fatti dedotti da e l’avvenuta dazione di somme di denaro;
2. La configurabilità dell’arricchimento senza causa;
3. La rilevanza degli altri rapporti patrimoniali tra i coniugi.
1) Sulla mancata contestazione dei fatti dedotti da e l’avvenuta dazione di denaro:
Con il primo motivo di appello, parte appellante ha lamentato l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui ha ritenuto non contestati i fatti dedotti da considerando pertanto pacifico l’avvenuto pagamento ad opera di quest’ultimo di alcune rate del mutuo riguardante l’immobile di sua proprietà, nonché il pagamento della somma necessaria per l’acquisto del posto auto, sempre di sua proprietà.
al contrario, ha evidenziato la correttezza della sentenza di primo grado, ribadendo l’assenza di qualsivoglia contestazione ad opera di in ordine al versamento di somme di denaro.
Il Collegio ritiene che, anche a prescindere dalla specifica contestazione ad opera di , i pagamenti eseguiti dal risultano pacifici alla luce dei documenti prodotti da questi in primo grado (doc. 4-14 fascicolo Correttamente, dunque, il giudice di primo grado ha posto alla base della propria decisione tale circostanza.
Il presente motivo di appello, pertanto, è infondato.
2) Sulla sussistenza dell’arricchimento senza causa:
Con il secondo motivo di appello, parte appellante ha censurato la sentenza del giudice di prime cure nella parte in cui ha erroneamente accolto la domanda di arricchimento senza causa proposta in via subordinata dall’attore.
In particolare, ha sostenuto che non fossero ravvisabili gli elementi costitutivi previsti dall’art. 2041 c.c. e, nello specifico, l’assenza di una giusta causa richiesta dalla norma stessa.
Nel caso di specie, il pagamento da parte di di alcune rate del mutuo e di una quota del prezzo del posto auto sarebbe avvenuto, sempre secondo parte appellante, in ottemperanza ai doveri morali e sociali assunti dai coniugi con il matrimonio e costituirebbe dunque un adempimento di una obbligazione naturale.
Pertanto, ai sensi dell’art. 2034 c.c., non dovrebbe essere ammessa la ripetizione di tali somme.
Parte appellata, al contrario, ha sostenuto la correttezza del decisum.
In particolare, ha evidenziato come la non modesta entità della prestazione in denaro eseguita escluderebbe, a priori, che essa possa essere qualificata come adempimento di un’obbligazione naturale tra coniugi non soggetta a ripetizione.
Inoltre, sempre secondo quando assunto dal risulterebbe esclusa la “spontaneità” dei pagamenti, stante le asserite minacce ricevute dal fratello dell’ex coniuge volte a costringerlo a pagare le rate del mutuo oggetto del giudizio.
Il motivo è fondato.
Il Collegio, preliminarmente, osserva come nel giudizio di primo grado non sia stata fornita alcuna prova delle asserite minacce ricevute dal fratello dell’odierna appellante e dell’eventuale incidenza delle stesse sulla decisione di di effettuare i pagamenti.
La spontaneità di questi ultimi, pertanto, non può essere posta in dubbio.
Il presente Collegio ritiene, tuttavia, che il giudice di primo grado non abbia valutato in modo esauriente le circostanze di fatto.
Essenziale è anzitutto premettere che, affinché l’azione generale di arricchimento ex art. 2041 c.c. possa essere esperita, sia necessario verificare che la locupletazione di un soggetto a danno dell’altro sia avvenuta senza una giusta causa.
Noto è altresì che, qualora l’arricchimento sia conseguenza di un adempimento di un’obbligazione naturale, non sia dato invocare la mancanza o l’ingiustizia della causa (Cass., sent. n. 11330 del 2009).
La Corte di Cassazione, a tal proposito, ha recentemente ribadito il consolidato orientamento secondo il quale i doveri morali e sociali che trovano la loro fonte nella formazione sociale costituita dalla convivenza more uxorio refluiscono sui rapporti di natura patrimoniale, nel senso di escludere il diritto del convivente di ripetere le eventuali attribuzioni patrimoniali effettuate nel corso o in relazione alla convivenza (Cass., sent. n. 1277/2014).
Appare utile specificare come, sebbene il ragionamento della Suprema Corte sia stato condotto con riguardo ai rapporti derivanti dalla convivenza more uxorio, allo stesso non possa che attribuirsi medesima valenza altresì con riguardo ai rapporti derivanti dal matrimonio, in forza del quale i coniugi assumono tutti i doveri di cui all’art. 143 c.c., tra cui anche quello di contribuire, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, ai bisogni della famiglia. Dall’altro lato, sempre secondo quanto statuito dalla Suprema Corte, l’ingiustizia dell’arricchimento potrebbe invece configurarsi in presenza di prestazioni di un convivente more uxorio a favore dell’altro che esulino dal mero adempimento delle obbligazioni nascenti dal rapporto di convivenza – il cui contenuto va parametrato sulle condizioni sociali e patrimoniali dei componenti della famiglia di fatto – e travalicanti i limiti di proporzionalità e adeguatezza (Cass., sent. n. 11330 del 2009, in seguito richiamata da Cass., sent. n. 18632 del 2015).
Ne consegue che la ripetibilità delle somme versate in costanza di rapporto di convivenza, e dunque anche di matrimonio, dovrà essere esclusa solo qualora l’esborso, considerate le condizioni patrimoniali dei conviventi, risulti ingente e non proporzionato all’entità del patrimonio di una delle parti.
Nel caso all’esame del Collegio va anzitutto rilevato che, nel periodo in cui furono effettuati i pagamenti da parte di a beneficio di compreso tra il 2005 e il 2008, i due risultavano ancora sposati, essendo la sentenza di separazione di primo grado intervenuta solo in data Ciò premesso, al fine di escludere il pagamento delle somme in oggetto dall’alveo delle obbligazioni naturali derivanti da rapporto di coniugio, il giudice di primo grado avrebbe dovuto verificare la sussistenza del requisito della proporzionalità delle stesse in relazione alle condizioni patrimoniali della coppia. Nello specifico, le somme versate da all’epoca dirigente dell con un reddito annuo lordo di circa € 70.000, tenuto conto delle sue condizioni patrimoniali, non risultano superare quei limiti di ragionevole entità che possono integrare una normale obbligazione naturale spontaneamente eseguita in costanza di matrimonio.
Inoltre, considerato che le somme in oggetto costituiscono solo una parte del mutuo, nel giudizio di primo grado parte attrice ben avrebbe potuto provare, qualora avesse voluto dimostrare una reale sproporzione tra i contributi economici dei coniugi, di aver contribuito con il proprio denaro in maniera preponderante rispetto alla convenuta al pagamento di ulteriori rate del mutuo stesso o comunque alle ulteriori spese relative all’abitazione.
Solo qualora questi avesse fornito prova dell’ingenza dell’esborso, e dunque dell’ingiustizia dell’arricchimento richiesta dall’art. 2041
c.c., si sarebbe potuto qualificare la dazione di denaro oggetto del contendere come arricchimento senza causa.
In assenza di tale prova, il cui onere doveva essere assolto dall’attore, è da ritenersi che il pagamento effettuato da rientri nei normali obblighi di solidarietà scaturenti dal rapporto di matrimonio e, come tale, non possa essere soggetto alla disciplina di cui all’art. 2041 c.c..
Per tutte le ragioni suesposte, il presente motivo di appello è fondato e, conseguentemente, in riforma della sentenza impugnata, va rigettata la domanda di arricchimento senza causa proposta da L’accoglimento del presente motivo di appello fa ritenere assorbito l’ulteriore motivo proposto dall’appellante.
Per tutte le suesposte ragioni l’appello va accolto e, conseguentemente, la sentenza impugnata va integralmente riformata nei termini sopra indicati.
Le spese del primo grado di giudizio e del presente grado di appello seguono la soccombenza, totale in capo all’appellato, e si liquidano come in dispositivo.
La Corte d’Appello di Milano, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da avverso la sentenza n. 1765/2016 del Tribunale di Milano, così provvede:
1. accoglie l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, rigetta la domanda di arricchimento senza causa proposta da 2. condanna alla rifusione delle spese del primo grado di giudizio, in favore di., che si liquidano nella misura complessiva di euro 4.600,00 (di cui euro 4.000,00 per compensi ed euro 600,00 quale rimborso per spese forfettarie), oltre accessori di legge;
3. condanna alla rifusione del presente grado d’appello, in favore di. , che si liquidano nella misura complessiva di euro 6.900,00 (di cui euro 6.000,00 per compensi ed euro 900,00 quale rimborso per spese forfettarie), oltre accessori di legge.
Così deciso in Milano, nella Camera di Consiglio del Il Consigliere est. Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME
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Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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