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Consegna merce e disconoscimento DDT

La Corte ha stabilito che il disconoscimento formale della sottoscrizione apposta sui documenti di trasporto (DDT) non preclude la possibilità di provare l’avvenuta consegna della merce con altri mezzi, inclusa la prova testimoniale. La parte che ha emesso i DDT, pur non potendo avvalersi degli stessi come prova privilegiata della consegna, ha l’onere di dimostrare tale circostanza con ogni mezzo ammesso dalla legge.

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Pubblicato il 15 marzo 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE D’APPELLO DI VENEZIA TERZA SEZIONE CIVILE

La Corte di Appello di Venezia, riunita in camera di consiglio nelle persone dei Magistrati Dott. NOME COGNOME Presidente Dott. NOME COGNOME Consigliere Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere rel./est.

ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A N._359_2025_- N._R.G._00001329_2022 DEL_03_03_2025 PUBBLICATA_IL_03_03_2025

Nella CAUSA CIVILE in grado di appello iscritta al n. 1329 del Ruolo Generale dell’anno 2022 TRA (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliata presso il suo studio, come da mandato difensivo in atti;

Parte appellante (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. COGNOME elettivamente domiciliato presso il suo studio, come da mandato difensivo in atti;

Parte appellata C.F. Oggetto: appello avverso la sentenza n. 542/2022 del Tribunale di Rovigo pubblicata in data 15/06/2022, notificata in data 16/06/2022

CONCLUSIONI

Per parte appellante Nel merito:

– Confermarsi il decreto ingiuntivo n. 866/2020 D.I. emesso dal Tribunale di Rovigo in data 27.9.2020, oggetto di opposizione, per tutti i motivi di cui in atti.

– In ogni caso, accertarsi che è creditrice nei confronti di corrente in 35040 Merlara (PD), INDIRIZZO, int. 2, P. I.V.A. , in persona dell’omonimo titolare, nato a Terrazzo (VR) il 02.09.1958, C.F. residente in 35040 Merlara (PD), INDIRIZZO, int. 2, dell’importo di €. 13.585,60 per le forniture di cui sopra, oltre agli interessi così come previsti per decorrenza e misura di saggio dagli artt. 4 e 5 del D. Lgs. 231/02, o la somma maggiore o minore ritenuta di giustizia, per tutte le ragioni in fatto e in diritto indicate in atti. – Per l’effetto, condannarsi , corrente in 35040 Merlara (PD), INDIRIZZO, int. 2, P. I.V.A. , in persona dell’omonimo titolare, nato a Terrazzo (VR) il 02.09.1958, C.F. , residente in 35040 Merlara (PD), INDIRIZZO, int. 2, al pagamento in favore di della somma di €. 13.585,60, oltre agli interessi così come previsti per decorrenza e misura di saggio dagli artt. 4 e 5 del D. Lgs. 231/02, o la somma maggiore o minore ritenuta di giustizia, per tutte le ragioni in fatto e in diritto indicate in atti. – Rigettarsi tutte le domande ed eccezioni avversarie, per i motivi in fatto e in diritto esposti in atti.

C.F. C.F. In ogni caso:

Con vittoria di spese e compensi di lite di entrambi i gradi di giudizio, oltre accessori di legge.

In via istruttoria:

Si richiamano le istanze istruttorie formulate con l’atto di citazione in appello, qui da intendersi integralmente trascritte, già ammesse con ordinanza del 7.11.2022.

Per parte appellata Nel merito:

1) Rigettare l’avverso appello in quanto infondato in fatto e in diritto;

2) Dichiarare inammissibili i capitoli di prova orale formulati dall’appellante per le ragioni indicate nella memoria ex art. 183 comma 6 n. 3 c.p.c. depositata nel giudizio di primo grado dal signor In INDIRIZZO

3) nella denegata e non creduta ipotesi in cui i capitoli di prova per testi formulati da controparte venissero in tutto o in parte ammessi, si chiede di essere ammessi alla prova contraria sui capitoli di prova di controparte eventualmente ammessi, indicandosi quali testi i signori , come da richiesta formulata nella memoria ex art. 183, comma VI, n. 3 c.p.c. In ogni caso:

Condannarsi l’appellante alla rifusione delle spese di lite e onorari oltre accessori di legge.

FATTO E DIRITTO Il primo grado di giudizio Con atto di citazione in opposizione ritualmente notificato il 9 novembre 2020 conveniva in giudizio, dinnanzi al Tribunale di Rovigo, al fine di ottenere la revoca del decreto ingiuntivo n. 866 del 28 settembre 2020 con cui gli era stato ingiunto il pagamento di € 13.585,60, oltre interessi di mora ex artt. 4 e 5 d.lgs. 231/02 e spese di procedimento monitorio, a saldo di diverse fatture emesse tra il 2018 e il 2019 per la fornitura di prodotti per l’agricoltura.

Deduceva di non aver mai ricevuto né ordinato la maggior parte dei prodotti indicati nelle fatture azionate, incompatibili a suo dire con la propria attività di agricoltura biologica e disconosceva, ai sensi degli artt. 214 e 215 cpc, le sottoscrizioni apposte su alcuni dei DDT allegati al ricorso monitorio (puntualmente elencati a pag. 4 e 5 dell’atto di citazione).

Quanto alle rimanenti forniture, l’opponente pur non contestando di averle ricevute, eccepiva l’assenza di accordo sul prezzo, in sua tesi fuori mercato, applicato ai prodotti.

Con comparsa di risposta depositata il giorno 8 marzo 2021 si costituiva in giudizio che, preliminarmente, precisava di non aver mai voluto attribuire la paternità di tutte le sottoscrizioni dei DDT all’opponente, essendo detto incombente affidato nella prassi a dipendenti, addetti preposti o a familiari, adducendo altresì che in alcuni documenti era specificato che la consegna era “a cura del destinatario”, sicché in tali casi la merce veniva ritirata direttamente dal sig. (o dalla di lui moglie) presso il punto vendita di Nel merito, contestava l’asserita incompatibilità dei prodotti forniti e affermava che i prezzi venivano pattuiti verbalmente. Con la sentenza n. 542/2022 resa ex art. 281 sexies cpc, pubblicata il 15 giugno 2022, il Tribunale di Rovigo revocava il decreto ingiuntivo n. 866/2020 in parziale accoglimento dell’opposizione, stante la mancata prova della consegna della merce relativa ai DDT disconosciuti dall’opponente ai sensi dell’art. 214 cpc, essendo detti documenti inutilizzabili ai fini della decisione, non avendo né proposto istanza di verificazione, né indicato la presenza di sottoscrizioni imputabili a terzi, invece utilizzabili in via indiziaria, rigettando inoltre le prove testimoniali richieste dall’opposta. Riteneva comunque dovuto, rigettando sul punto l’opposizione, l’importo di € 1.577,29, corrispondente al valore della fornitura la cui avvenuta consegna poteva invece ritenersi dimostrata.

Compensava per 3/4 le spese di lite, ponendo il rimanente a carico di Il giudizio di appello Con atto di appello tempestivamente notificato il 4 luglio 2022, impugnava la predetta sentenza, notificatagli da controparte il 16 giugno 2022, sulla base dei seguenti motivi di appello.

4.1

Con il primo motivo, rubricato “Erronea pronuncia sulla necessità di promuovere il procedimento di verificazione ex art. 261 cpc. Erronea motivazione e omessa ammissione delle istanze istruttorie ai fini del decidere”, evidenziava che la prova della consegna è libera, sicché in caso di disconoscimento della sottoscrizione dei DDT la prova può essere offerta tramite procedimento di verificazione o tramite il ricorso alla prova testimoniale (ove il riferimento alle bolle deve ritenersi consentito), richiamando a sostegno della propria tesi la pronuncia n. 14594 del 2007 della Cassazione. Richiamava poi una serie di elementi circostanziali da cui desumere che tutta la merce era stata ricevuta dal 4.2 Con il secondo motivo censurava la sentenza anche nella parte in cui aveva compensato in parte le spese di lite, ponendo solo la restante parte a carico del Si costituiva in giudizio la parte appellata, la quale instava per la conferma della gravata sentenza, riproponendo tutto quanto già dedotto ed eccepito in primo grado.

In particolare, affermava che trattavasi di prodotti mai ordinati né consegnati, in ogni caso incompatibili con la propria attività di coltivazione biologica di pomacee e frutta a nocciolo.

Evidenziava, inoltre, la sperequazione tra gli ordinativi richiesti per il 2017 (per un importo complessivo di € 3.641,42) e le somme ingiunte per due annualità, di importo pari a € 13.585,60.

A sostegno dell’infondatezza del gravame, citava inoltre della giurisprudenza della Cassazione successiva a quella riportata dall’appellante, in particolare le S.U. n. 3086 del 2022, secondo cui “ la mancata proposizione dell’istanza di verificazione, al pari della successiva rinuncia alla stessa, privando il documento disconosciuto di ogni inferenza probatoria, ne preclude al giudice la valutazione ai fini della formazione del proprio convincimento ”.

A scioglimento della riserva assunta all’esito della prima udienza di comparizione, il Collegio ammetteva tutte le prove orali formulate da rinviando la causa all’udienza istruttoria del 14 marzo 2023 e del 9 maggio 2023 per l’escussione dei testi e per l’interrogatorio formale dell’appellato.

Esaurita l’istruttoria, la causa veniva rinviata all’udienza cartolare di precisazione delle conclusioni.

Depositate dall’appellante le note scritte, all’udienza del 24 giugno 2024, la causa veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni delle parti come riportate in epigrafe, con concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche.

Entrambe le parti depositavano gli scritti conclusivi.

Esame dei motivi di impugnazione Così ricostruiti i fatti e le posizioni delle parti, può dunque procedersi all’esame dei motivi di impugnazione.

7.1

Il primo motivo di impugnazione è fondato, in quanto se è vero che per effetto del disconoscimento formale delle sottoscrizioni i relativi documenti di trasporto non possono essere utilizzati direttamente per provare l’avvenuta consegna, essa può comunque essere dimostrata liberamente e con ulteriori mezzi probatori, sicché l’assunzione di prova orale deve ritenersi senz’altro ammissibile, dovendosi applicare alla fattispecie in esame il principio di diritto enunciato nella sentenza della Cassazione n. 14594 del 2007, secondo cui: “Nei contratti aventi oggetto la consegna una quantità di merce da una parte all’altra prova della consegna all’acquirente è libera, nel senso che essa può essere fornita con ogni mezzo, salvo i limiti imposti dalla legge, anche quando siano state rilasciate bolle di consegna;

ne consegue che, nel caso in cui la sottoscrizione apposta su tali bolle sia stata disconosciuta, la parte può scegliere se proporre istanza di verificazione di scrittura privata, affidando all’esito del relativo procedimento la dimostrazione della consegna, oppure, alternativamente, chiedere di provare la consegna con altri mezzi, ivi inclusa la prova testimoniale (nella quale è peraltro ammesso il riferimento alle bolle), non potendosi risolvere in una limitazione delle facoltà probatorie della parte la predisposizione di una prova documentale astrattamente idonea a favorirla. ” (nello stesso senso, vedasi altresì Cass. civ. n. 10210 del 2013:

“Non vi è dubbio che la prova della consegna della merce è libera nel senso che può essere fornita con ogni mezzo, salvo i limiti posti dalla legge, e tale rimane anche quando siano state rilasciate bolle di consegna.

La situazione non muta se le bolle sono disconosciute;

in tale caso, la parte può proporre istanza di verificazione, affidando all’esito dell’istanza la prova della consegna, o alternativamente chiedere di provare con altri mezzi la consegna”).

Va, inoltre, osservato, in merito all’inutilizzabilità invocata dall’appellato dei DDT disconosciuti nell’ambito della prova testimoniale, che il disconoscimento della sottoscrizione dei documenti impedisce che questi possano godere dell’efficacia probatoria privilegiata che l’art. 2702 cc accorda alle scritture private, ma non comporta la totale inservibilità dei predetti in relazione al loro contenuto e ai fatti ivi allegati:

sul punto, deve segnalarsi una recente pronuncia ove la Suprema Corte nell’ambito della querela di falso ha chiarito che “La falsità accertata della sottoscrizione in 8 calce ad un documento non impedisce di considerarlo un principio di prova per scritto al fine dell’ammissione ex art. 2724 n. 1 c.c. della prova per testimoni, laddove la provenienza del documento dalla parte contro cui è prodotto sia desumibile in modo plausibile da altre circostanze” (cfr. Cass. civ. n. 25276 del 2023).

In ultima analisi, il richiamo svolto dall’appellato al principio enunciato con la sentenza n. 3086 del 2022 delle S.U. non risulta conferente al caso di specie, in quanto ammettere la deposizione dei testimoni sulle circostanze allegate nei documenti disconosciuti non equivale certo ad accordare agli stessi efficacia probatoria, essendo la prova dei fatti ivi allegati inferita per mezzo delle testimonianze assunte.

7.2

L’accoglimento del primo motivo di gravame sull’ammissibilità delle prove orali rigettate dal Tribunale, che ha comportato l’espletamento dell’attività istruttoria di assunzione dei testimoni da parte di questa Corte, determina la necessità di riesaminare nel merito la sussistenza del credito portato dal decreto ingiuntivo, alla luce delle risultanze delle prove assunte nel corso dell’istruttoria svoltasi nel presente giudizio, ancorché debba darsi atto del passaggio in giudicato del capo di sentenza che ha accertato il credito per la minor somma di € 1.577,29, risultante dalle fatture n. 84 del 28 febbraio 2018, n. 1140 del 31 luglio 2018; n. 87 del 28 febbraio 2019 e n. 684 del 31 maggio 2019, non avendo svolto appello incidentale sul punto. 7.3 Il credito ingiunto da ed oggetto dalle fatture allegate al ricorso monitorio deve ritenersi sussistente.

Posta la pacifica esistenza di un rapporto commerciale tra le parti, il complessivo compendio probatorio acquisito consente di ritenere raggiunta la prova sia con riguardo all’effettuazione degli ordinativi dei prodotti oggetto delle fatture, sia in merito all’effettiva consegna della merce.

Sotto il primo profilo, va osservato che le dichiarazioni rese dai testi , agronomo e consulente della società appellante e , agente con deposito e responsabile di magazzino presso , sentiti entrambi sui medesimi, specifici, capitoli di prova, convergono nel confermare l’esistenza di un accordo per la fornitura della merce indicata nelle fatture azionate.

Infatti, il primo teste, non solo ha esaustivamente dato conto della specifica destinazione di ciascun prodotto alle colture dell’attività di impresa dal , fornendo indicazione del tipo di prodotti forniti e delle loro caratteristiche, smentendo l’allegazione dell’opponente di inutilizzabilità degli stessi nelle proprie colture, ma ha riconosciuto di aver personalmente inoltrato via mail e su richiesta verbale del la totalità degli ordini di cui al doc. 4 prodotto da , salvo poi precisare, per quanto concerne la merce non ricompresa nel documento, che richiedeva anche le forniture autonomamente, recandosi presso la sede di o telefonando (vedasi a titolo esemplificativo la risposta al capitolo n. 6 “Posso solo dire che i prodotti venivano ordinati da se non tramite me e tramite i miei ordinativi, direttamente da lui come ho già detto”¸ nonché il capitolo n. 32 “Preciso ancora che le modalità di ordine erano quattro. O mandavo una mail io.

O chiamavo in ditta io.

O chiamava direttamente.

Oppure lui stesso si recava presso il magazzino e chiedeva il prodotto di cui aveva bisogno”).

L’utilizzo di questi diversi canali per la formalizzazione degli ordini ha trovato poi pieno riscontro nella testimonianza di (sentito sul cap. 1 così rispondeva:

“Confermo che effettuava ordini nel periodo indicato.

A volte gli ordini li faceva ed a volte li faceva tramite il nostro tecnico che lo seguiva per la consulenza tecnica aziendale.

A volte ordinava telefonicamente, a volte veniva direttamente in magazzino, a volte ordinava telefonicamente per suo conto.

Di solito ordinava telefonicamente”), il quale dal canto suo ha confermato di aver ricevuto tutte le richieste di forniture di cui alle fatture azionate e di aver preparato la merce.

A ciò deve aggiungersi che lo stesso , in sede di interrogatorio formale, ha ammesso di aver ordinato alcuni dei prodotti oggetto dalle fatture azionate, fermo il disconoscimento dei DDT ad esse correlati (come, ad esempio, la merce di cui alle fatture n. 251/18, 261/18, 477/18, 489/18 etc.).

Deve, inoltre, ritenersi accertata, poiché confermata dalle convergenti deposizioni testimoniali sul punto, l’avvenuta consegna della merce.

Nel corso dell’istruttoria è emerso, infatti, che anche in questo caso la traditio veniva eseguita con differenti modalità.

Avveniva, infatti, tramite trasporto a cura dei vettori di presso l’azienda del o per mezzo del ritiro da parte del presso i magazzini del fornitore.

Nel primo caso, il teste confermato la consegna, da lui personalmente o dal proprio collega, di alcuni dei prodotti, pur in taluni casi in assenza del , secondo però le sue istruzioni (vedasi la risposta al cap. 3 “Preciso che io avvisavo che stavo effettuando la consegna e, in un paio di occasioni, lo ho chiamato e lui mi ha detto che non c’era ma di lasciare i prodotti sotto il porticato della sua proprietà”;

vedasi nello stesso senso la risposta al cap. 41 del teste :

“Non conosco , io so solo che quando andiamo in azienda se non c’è il titolare ma persona di sua fiducia la consegniamo a lei.

NOME Come prassi so che se arriviamo e non c’è il cliente lo chiamiamo e magari lui dice dove lasciarlo e a chi far firmare il DDT.

”).

Pure il teste , sentito su tutti i capitoli di prova, ha affermato di aver preparato la totalità degli ordinativi, precisando che in alcuni casi era lui stesso a curare la consegna della merce, in altri invece essa era affidata come ai vettori di.

Debbono infine valorizzarsi le affermazioni rese dal nel corso dell’interrogatorio formale, avendo egli ammesso di aver ricevuto la merce segnata in relazione ad alcuni dei DDT disconosciuti:

sul cap. 11 (in riferimento alla fattura n. 489/18) affermava:

“Ho ricevuto il ed il gli altri no”;

sul cap. 19 (in riferimento alla fattura n. 984/18) affermava:

“Sul primo DDT (B2 1196)

riconosco la mia firma quindi l’ l’avevo evidentemente ordinato”;

sul cap. 21 (in riferimento alla fattura n. 1139/18) affermava:

“ Mentre sul secondo DDT (B3 NUMERO_DOCUMENTO) la firma è la mia e i prodotti li ho ricevuti.”;

sul cap. 25 (in riferimento alla fattura 1259/18) affermava:

“La firma sul DDT (B3 NUMERO_DOCUMENTO) è simile alla mia, non la riconosco per certo, ma i prodotti li ho ricevuti”;

sul cap. 33 (in riferimento alla fattura n. 477/19) affermava:

“Non conosco il motivo per cui la firma non ci sia, io la mettevo sempre, comunque il prodotto lo avevo ricevuto.

”;

sul cap. 39 (in riferimento alla fattura n. 685/19) affermava “Del primo DDT (B2 CODICE_FISCALE) la firma non è la mia, ma lo Spada lo ho ricevuto.

Del secondo DDT (B2 NUMERO_DOCUMENTO) la firma non è la mia, ma l’ lo ho ricevuto.

”;

sul cap. 41 (in riferimento alla fattura n. 848/19) affermava:

“Del primo DDT (B2 1298)

non riconosco la mia firma, però non sono sicuro al 100% perché la firma che c’è assomiglia alla mia, e comunque l’Intrepid lo ho effettivamente ricevuto”;

sul cap. 43 (in riferimento alla fattura n. 1023/19) affermava:

“Del primo DDT (B3 570)

riconosco come mie tutte e tre le firme.

Del secondo DDT (B3 NUMERO_DOCUMENTO) non è chiaramente la mia firma.

Del terzo DDT (B2 CODICE_FISCALE) riconosco la mia firma, quindi, anche se non ricordo il nome è probabile che lo abbia usato e comunque lo ho ricevuto”.

A ciò deve aggiungersi che, a ben vedere, i documenti di trasporto n. B3 636 del 23 luglio 2018, il n. B2 993 del 17 maggio 2019, il n. B2 1298 dell’11 giugno 2019 e il n. B2 1660 del 10 luglio 2019, non sono stati invero nemmeno effettivamente disconosciuti dal , non essendo questi ricompresi nell’elenco di cui a pag. 4 e 5 dell’atto di citazione in opposizione, sicché la consegna deve ritenersi provata non solo in forza delle prove testimoniali acquisite, ma altresì in ragione del riscontro documentale.

Va, infine, precisato che non può ritenersi efficace il disconoscimento formulato con la citazione nel primo grado della merce in relazione ai DDT B3 603 del 4 luglio 2018, B3 775 del 9 novembre 2018 e B3 219 del 16 aprile 2019, essendo gli stessi privi di alcuna sottoscrizione.

Infatti, già con la comparsa di costituzione e risposta in primo grado, l’odierno appellante aveva evidenziato che per tali forniture era prevista la consegna a carico del destinatario, come espressamente indicato nei documenti.

L’avvenuto ritiro della merce da parte del , personalmente presso la sede di , è stato poi confermato dal teste In conclusione, in ragione del complessivo compendio probatorio in atti sia documentale che soprattutto oggetto dell’analitica prova orale svolta, valutato unitamente al contegno processuale dell’appellato (che, come detto, ha ammesso la ricezione di parte della merce di cui è causa, di cui invece aveva disconosciuto la sottoscrizione dei relativi DDT), deve ritenersi accertata la sussistenza integrale del credito vantato da sicché, in riforma della gravata sentenza, deve condannarsi al pagamento del credito oggetto del decreto ingiuntivo n. 866 del 2020 emesso dal Tribunale di Rovigo, decreto che, tuttavia, essendo stato revocato, non può essere oggetto di mera conferma in questa sede (Cass. Civ. n. 20868/2017). 7.4 Il secondo motivo di appello, vertente sulle spese di lite, è assorbito dalla riforma della sentenza impugnata.

Conclusioni e spese di lite Va, dunque, accolto l’appello proposto, con accertamento della sussistenza del complessivo credito azionato da con il procedimento monitorio e condanna di al pagamento della somma pari ad € 13.585,60, oltre interessi di mora ex artt. 4 e 5 d.lgs. 231/02.

Alla riforma della sentenza consegue la riforma della statuizione delle spese di lite, spese che devono essere poste per entrambi i gradi a carico dell’appellato soccombente e vengono liquidate in dispositivo secondo i parametri di cui al DM 55/2014 e succ. mod. nei valori tra minimi e medi (minimi per la fase trattazione di primo grado, non essendo stata svolta istruttoria e minimi per la decisionale, definita con sentenza resa ex art. 281 sexies c.p.c.; minimi per le fasi studio, istruttoria e decisionale per l’appello, in ragione dell’effettiva attività difensiva) delle controversie del valore del decisum, oltre alle spese del procedimento monitorio, come già liquidate, essendo le medesime dovute in ragione dell’esito del giudizio.

La Corte di Appello di Venezia, terza sezione civile, definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe indicata, ogni diversa e contraria domanda, istanza ed eccezione disattesa e/o comunque assorbita, così decide:

Accoglie l’appello e per l’effetto in riforma della sentenza impugnata:

a) Condanna a pagare ad la somma di € 13.585,60, oltre interessi così come previsti per decorrenza e misura di saggio dagli artt. 4 e 5 del D. Lgs. 231/02 fino al saldo, detratto quanto già versato in esecuzione della sentenza di primo grado, oltre alle spese del procedimento monitorio pari ad euro 540,00 per compensi, 15% per spese generali, Iva e Cpa come per legge ed euro 145,50 per esborsi;

b) Condanna al pagamento a favore di delle spese di lite del primo grado di giudizio che liquida in euro 3.387,00 per compensi professionali, oltre al 15% per rimborso forfettario delle spese generali, oltre IVA e CPA come per legge, detratto quanto già versato in esecuzione della sentenza di primo grado.

Condanna al pagamento a favore di delle spese di lite del presente grado di giudizio che liquida in euro 3.366,00 per compensi professionali, oltre al 15% per rimborso forfettario delle spese generali, oltre IVA e CPA come per legge, oltre esborsi (CU e marca).

Così deliberato in Venezia, nella camera di consiglio del 9 dicembre 2024

Il Consigliere estensore Il Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Dott. NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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