REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di Potenza, sezione Civile, riunita in Camera di Consiglio nelle persone dei signori Magistrati: ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 176/2020 pubblicata il 30/03/2020
nel giudizio in grado di appello iscritto al n. /2009 Ruolo Generale avente ad oggetto “Nullità di testamento olografo” e vertente tra:
XXX
rappresentata e difesa dall’avv. ed elettivamente domiciliata in presso lo studio dell’avv.
APPELLANTE
CONTRO
YYY e ZZZ
rappresentati e difesi dagli avv. ed elettivamente domiciliati in presso lo studio dell’avv.
APPELLATI
Conclusioni delle parti: come da rispettivi atti
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il Tribunale di Lagonegro, con sentenza non definitiva depositata il 5 novembre 2008, ha dichiarato la nullità del testamento olografo di ***, pubblicato con atto per notaio del 30.7.2002; ha dichiarato XXX esclusa per indegnità dalla successione di suo marito ***; ha dichiarato aperta la successione legittima di quest’ultima, rimettendo la causa sul ruolo per l’espletamento delle operazioni divisionali YYY e ZZZ avevano convenuto in giudizio XXX, rappresentando che:
a) loro padre, ***, era deceduto in il 3.5.2002;
b) lo stesso, dopo aver divorziato dalla loro madre, ***, aveva contratto nuovo matrimonio con XXX, dalla quale non aveva avuto figli;
c) il 30.7.2002 la XXX aveva chiesto la pubblicazione del testamento olografo del de cuius, dichiarando che la scheda testamentaria era da essa detenuta;
d) con detto testamento la XXX era stata nominata erede universale di ***;
e) tale testamento, tuttavia, non era stato redatto né sottoscritto da ***;
f) essi avevano denunciato la falsità del testamento alla Procura della Repubblica di Sala Consilina;
g) la XXX aveva fatto scientemente uso del testamento falso, chiedendone la pubblicazione.
Gli attori hanno agito pertanto per sentir dichiarare la falsità del testamento olografo di *** e l’indegnità di XXX a succedere al marito, per aver confezionato il testamento falso ovvero per averne fatto scientemente uso; per sentir sciogliere la comunione ereditaria tra essi attori, eredi legittimi del ***, previa riduzione delle disposizioni testamentarie.
XXX si era costituita in giudizio, sostenendo l’autenticità del testamento impugnato e deducendo che tra il de cuius e la figlia ZZZ non vi erano buoni rapporti; che il testatore l’aveva nominata erede universale in considerazione delle donazioni effettuate in favore della prima moglie e dei figli. Aveva pertanto concluso per il rigetto della domanda.
2. Con la sentenza impugnata, il Tribunale di Lagonegro ha affermato:
a) che gli attori hanno proposto un’azione di accertamento negativo della validità del testamento, con la conseguenza che incombe su di loro, ex art. 2697 c.c., l’onere di provarne la falsità;
b) che sono stati prodotti numerosi documenti con la sottoscrizione del *** e che altri documenti sono stati acquisiti dal CTU, tutti utilizzati quali scritture di comparazione;
c) che il CTU ha accertato che tra la scheda testamentaria e le sottoscrizioni autentiche esaminate vi sono somiglianze precise di aspetti dimensionale e strutturali, ma anche divergenze relative al ritmo grafico, alla qualità del tratto, alla natura ed alla qualità del movimento, le quali divergenze non possono essere giustificate dallo stato emotivo dello scrivente, ma conducono necessariamente ad affermare una “diversità di mano”;
d) che, alla luce di tanto, il CTU ha affermato con “certezza” che la scheda testamentaria oggetto di causa è stata falsificata, attraverso una “imitazione diretta per lucido”, consistita nel ricopiare un modello autentico, ottenuto attraverso la composizione di frammenti autografi, posto su una superficie trasparente;
e) che, a tale stregua, il Tribunale ritiene adeguatamente dimostrato che il testamento oggetto di impugnazione non è autografo;
f) che non assume rilievo decisivo il fatto che la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Sala Consilina abbia chiesto l’archiviazione del processo penale;
g) che deve essere dichiarata l’indegnità a succedere della contenuta XXX giacché, sebbene non vi sia prova del fatto che la XXX abbia falsificato o abbia concorso alla falsificazione, ella certamente fece uso della scheda testamentaria falsa, chiedendone la pubblicazione, essendo consapevole della falsità;
h) che, difatti, la XXX non ha fornito alcuna possibile indicazione circa la provenienza del testamento olografo, dichiarando, in sede di interrogatorio formale, che lo stesso le era stato consegnato direttamente da ***, dichiarazione evidentemente non credibile, non essendovi alcun motivo per ritenere che il de cuius abbia consegnato alla propria moglie un testamento apocrifo.
***
3. Avverso tale sentenza ha proposto tempestivo appello XXX.
Si sono costituiti YYY e ZZZ, chiedendo il rigetto dell’appello.
Assunta la causa in decisione all’udienza del 4 dicembre 2018, con ordinanza del 2 aprile 2019 questa Corte ha disposto la rimessione della causa in istruttoria, essendo necessario assumere chiarimenti da parte del CTU nominato nel corso del giudizio di primo grado, ai fini di contrastare tutte le osservazioni critiche mosse alla relazione di consulenza da parte del CTP e, ancor più penetrantemente, le ragioni (indicandole specificatamente) per le quali debbano essere disattese le conclusioni di segno opposto alle quali è pervenuto il consulente nel corso del procedimento penale indicato (dr.ssa ***).
Depositata la relazione integrativa di CTU, all’udienza del 15 ottobre 2019, infine, la causa è stata nuovamente trattenuta in decisione, con assegnazione alle parti dei termini di legge per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
4.1 Con il primo motivo, l’appellante impugna la statuizione sulla falsità del testamento impugnato.
Oggetto di censura sono, in particolare, le conclusioni alle quali è pervenuto il CTU.
L’appellante deduce, a tal riguardo:
a) che il consulente non abbia considerato le osservazioni contenute nella consulenza tecnica di parte redatta dal prof. ***, né la perizia redatta dalla dott.ssa *** su incarico della Procura della Repubblica preso il Tribunale di Sala Consilina, nell’ambito del procedimento penale instaurato a seguito della querela sporta dagli attori;
b) che il consulente si è limitato alla semplice verifica di un testamento olografo senza indagare i delicati e intimi rapporti familiari esistenti tra il compianto sig. ***, la sua seconda moglie, XXX, ed i suoi due figli di primo letto, ed in particolare la complessità e la burrascosità di tali rapporti;
c) che non sono stati messi in luce gli elementi soggettivi ed oggettivi che hanno potuto influire sulla scrittura;
d) che non è stata effettuata alcuna indagine, né sono stati indicati i dati anagrafici, culturali e sociali della persona cui è stato attribuito lo scritto;
e) che non è stato raccolto materiale grafico di comparazione idoneo;
f) che non è stato tenuto in alcuna considerazione neanche il materiale di comparazione descritto nelle numerose consulenze di parte;
g) che nonostante sia stata prospettata una falsificazione diretta per lucido del testamento esaminato, non è stata eseguita alcuna indagine diretta ad accertare contraffazioni mediante ricalco o alterazioni di carattere meccanico o chimico, limitandosi ad un esame al microscopio e ad un’elaborazione con scanner, mentre invece ad esempio la dottoressa pepe ha utilizzato un microstereoscopio binoculare a riflessione , uno scanner è una lampada a luce solare 5000 k, non evidenziando alcunché e giungendo a conclusioni diametralmente opposte;
h) che il documento contestato non è stato descritto dal punto di vista storico e lessicale.
4.2 Il ctu, con la relazione di consulenza depositata nel corso del giudizio di primo grado, ha affermato che, ad una prima fase dell’indagine, l’esame complessivo degli aspetti formali del grafismo ha messo in luce una sostanziale omogeneità dei parametri esteriori che a prima vista porterebbe ad attribuire caratteristiche di coerenza ai tracciati di esame (p. 24 relazione depositata il 4.4.2008).
Ciononostante, l’analisi dei parametri attinenti alla natura interiore del gesto grafico e l’osservazione rigorosa a forte ingrandimento hanno rivelato forzature e anomalie che conducono ad un movimento “costruito” non genuino, non spontaneo, di artificiosa natura.
Attraverso la comparizione con venticinque scritture di comparizione, costituite tuttavia da sole firme apposte dal de cuius in calce a diversi documenti, il ctu ha rilevato similarità nella modalità di rapportarsi sulla orizzontalità del rigo (p. 36), nella modalità di attivare la pendenza (p. 37), tra le ampiezze, i rapporti proporzionali delle masse grafiche e, parzialmente, la dinamica curva/angolo (p. 38); ha tuttavia ravvisato diversità dovute a lentezza e gestualità non spontanea perché frutto di artificiosità compositiva (p. 39), rilevando l’incedere sicuro della firma autografa, benché vergata quattro anni dopo la data indicata nel testamento e l’incertezza espressa dai tracciati del grafismo in verifica (p. 40).
Il ctu ha concordato con il consulente di parte, quando ha affermato che è vero che il grafismo in esame dà una prima impressione di omogeneità e che, se osservato nell’insieme, porterebbe a sostenere la naturalezza, aggiungendo tuttavia che certamente non è dato ravvisare la spontaneità del tracciato, emergendo forzatura del gesto palesando artificio compositivo (p. 42).
Il ctu ha concluso che si sono riscontrati anomali raccordi, punti di sosta, giustapposizioni, tratti con oscillazioni, elementi indicativi di non spontaneità del gesto, con distribuzione pressoria “anomala”, affermando pertanto che le diversità relative ad elementi di natura intrinseca portano ad escludere con certezza l’autografia (p. 44-45).
In particolare, il CTU ha affermato che ci troviamo di fronte ad un falso ottenuto con l’imitazione diretta per lucido, ovvero realizzato attraverso una fase preparatoria consistente nell’ideare il testo e nell’acquisizione del materiale autografo che viene utilizzato per la composizione del testo base, a volte anche a piccoli frammenti ritagliando da originali parole, sillabe o singole lettere, cui segue una fase in cui il testo preparato per l’imitazione viene posto su una superficie trasparente e ricopiato. In tale operazione, tuttavia, il falsario non può procedere con rapidità ed è costretto a soste e interruzioni per “aggiustamento” della mano (p. 46).
4.3 Con la relazione depositata del 6.9.2019, depositata a seguito dei chiarimenti richiesti da questa Corte, il ctu ha affermato con riferimento alle osservazioni critiche del CTP:
a) che la scheda testamentaria fa registrare una gestualità impacciata, un tratto rigido, una piattezza pressoria, una lentezza esecutiva, soste e riprese innaturali, tutti elemento che non esprimono né naturalezza, né coerenza interna;
b) che le interruzioni, le riprese e le giustapposizioni aritmiche, le “strozzature” del tratto per sosta con variazione cromatica e di spessore, la presenza di movimenti realizzati a piccoli spostamenti della punta scrivente della penna non consentono di attribuire caratteristiche di spontaneità al grafismo;
c) sulla considerazione del CTP, secondo il quale sarebbe del tutto inaccettabile l’affermazione che il testamento è frutto di una falsificazione diretta per lucido, la quale è caratterizzata da modalità ed effetti per nulla riscontrabili nell’olografo, di aver avuto a disposizione l’originale del documento in verifica e di aver visionato in originale tutto il grafismo a comparazione, con ciò avendo avuto una migliore rilevazione degli elementi di confrontabilità con la grafia in verifica; che inoltre le similarità e le divergenze sono state puntualmente rilevate e dimostrate.
Con riferimento alla perizia della dott. ***, redatta su incarico del PM della Procura della Repubblica di Sala Consilina, il CTU ha affermato:
a) che il perito ha utilizzato materiale di comparazione diverso;
b) che il perito ha evidenziato lievi scuotimenti nervosi, alcune variazioni dimensionali, qualche irregolarità fisionomica, leggere modificazione del ritmo, anomalie evidenzianti il particolare stato emotivo del testatore;
c) che tuttavia gli elementi di divergenza rilevati non sono riconducibili allo stato emotivo.
***
5. Come è agevole rilevare, le conclusioni alle quali è pervenuto il CTU sono insanabilmente contrastanti non solo con quelle del consulente tecnico di parte, ma anche con le altre dell’ausiliario nominato nel corso del procedimento penale, scaturito dalla denuncia presentata dagli odierni appellati.
La Corte deve, a tal riguardo, rilevare che i chiarimenti richiesti non hanno fornito elementi che possano condurre a privilegiare le conclusioni del CTU rispetto alle altre.
Il punto sul quale si incentra maggiormente la critica mossa dall’appellante, e che rimane del tutto privo di riscontro, è quello relativo alla conclusione del CTU, a parere del quale ci troveremmo di fronte ad un falso ottenuto con l’imitazione diretta per lucido.
Il CTU, tuttavia, anche di fronte ad una espressa richiesta di chiarimento sul punto, non ha indicato attraverso quali esami strumentali rigorosamente condotti sia giunto a tale esito.
Conclusione che, pertanto, deve ritenersi affidata a una mera suggestione, con la quale si è cercato di offrire adeguata spiegazione ai rilievi riguardanti una gestualità impacciata, un tratto rigido, una piattezza pressoria, una lentezza esecutiva, soste e riprese innaturali.
***
6. Di fronte a tale insanabile incertezza, occorre considerare che la giurisprudenza di legittimità afferma che nel procedimento di verificazione della scrittura privata, il giudice di merito, ancorché abbia disposto una consulenza grafica, ha il potere-dovere di formare il proprio convincimento sulla base di ogni elemento istruttorio obiettivamente conferente, comprese le risultanze della prova testimoniale e la valutazione del complessivo comportamento tenuto dalla parte cui la sottoscrizione sia attribuita, senza essere vincolato ad alcuna graduatoria fra le varie fonti di accertamento della verità. Invero, la consulenza tecnica sull’autografia di una scrittura privata disconosciuta, da un lato, non costituisce un mezzo imprescindibile per la verifica dell’autenticità della sottoscrizione, come si desume dalla formulazione dell’art. 217 cod. proc. civ., mentre, dall’altro, non è suscettibile di conclusioni obiettivamente certe, tenuto conto del carattere irripetibile della forma della scrittura umana (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 15686 del 27/07/2015).
Alla luce di tale principio, occorre partire da una fondamentale considerazione contenuta nella sentenza impugnata, che questa Corte condivide: è stato affermato che gli attori hanno proposto un’azione di accertamento negativo della validità del testamento, con la conseguenza che incombe su di loro, ex art. 2697 c.c., l’onere di provarne la falsità.
Pertanto, di fronte all’impossibilità di giungere a conclusioni obiettivamente certe attraverso la CTU espletata (ampiamente confutata dalle due altre perizie indicate, con osservazioni e conclusioni che sono rimaste sostanzialmente valide), incombeva sugli attori l’onere di provare la falsità del testamento attraverso altri elementi, anche in ipotesi indiziari, ma idonei tuttavia a supportare le conclusioni, obiettivamente incerte, del consulente.
Elementi che difettano del tutto nel caso di specie.
Viceversa, altri elementi di natura indiziaria, allegati dall’odierna appellante e non adeguatamente contestati, conducono a conclusioni di segno opposto.
Essi sono rappresentati:
a) dalla oggettiva lunghezza del testo impugnato.
Siamo di fronte ad uno scritto nel quale il testatore non si limita a disporre dei suoi beni in favore della XXX, ma ricostruisce le sue vicende terrene, rievocando il suo primo matrimonio, il concepimento di tre figli, l’acquisto di beni in comune con la prima moglie, la “divisione” di quei beni tra i figli.
Tale natura dello scritto appare oggettivamente poco consono con chi nutra lo scopo di falsificazione, essendo più ragionevole pensare che il falsificatore si limiti ad un testo scarno, in cui è richiesto quindi uno sforzo di imitazione più contenuto, e non dilungarsi a descrivere fatti e circostanze non decisivi ai propri fini;
b) dalla circostanza che il testatore avesse già in precedenza disposto di altri beni in favore dei figli.
Tale circostanza depone in favore della ipotesi che il ***, avendo già soddisfatto la quota di spettanza dei figli, intendesse privilegiare con le sue ultime volontà la seconda moglie, senza con ciò penalizzare i primi;
c) dalla circostanza che non sono stati chiariti a sufficienza la natura e il tipo di relazioni che il testatore intratteneva, all’epoca di redazione del testamento e nel periodo immediatamente precedente alla morte, con i figli.
Tale elemento avrebbe giovato ad una ricostruzione del clima familiare, in tal modo consentendo di interpretare se le volontà espresse nel testamento potessero o meno essere ritenute coerenti con la natura e l’intensità delle relazioni.
***
7. Consegue a tali considerazioni l’accoglimento del primo motivo di appello, con assorbimento del secondo, con il quale l’appellante ha censurato la pronuncia relativa alla sua indegnità a succedere.
È evidente, difatti, che venendo meno il presupposto della falsità del testamento, non c’è spazio per immaginare l’uso consapevole dell’atto falsificato. ***
8. La disciplina delle spese di lite è operata sulla scorta del principio di soccombenza.
Trattandosi appello proposto avverso sentenza non definitiva, occorre considerare che in tema di spese processuali, il giudice del gravame che, in via definitiva, decida sull’appello avverso una sentenza non definitiva, esaurisce, con la sua pronuncia, l’ambito del “thema decidendum”, chiudendo il processo davanti a sé e, pertanto, deve statuire sulle spese del giudizio di secondo grado, restando la liquidazione di quelle di primo grado affidata al giudice corrispondente, che dovrà provvedervi all’atto della emanazione della sentenza definitiva (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 25286 del 11/11/2013).
Gli odierni appellati devono pertanto essere condannati al pagamento delle spese in favore di parte appellante.
La liquidazione dei compensi è effettuata alla stregua degli artt. 1, 2, 4 e 28 del Decr. Min Giustizia 10.3.2014 n. 55 (cfr. Corte Cost., ord. n. 261/2013), tenuto conto del valore della causa e dello scaglione fino a 26.000,00 euro.
Le spese relative alla CTU, liquidate come da separata ordinanza, rimangono ugualmente a carico delle parti appellate, in solido. P.Q.M.
la Corte di Appello, definitivamente pronunciando sull’appello proposto con atto depositato il 18.12.2009 da XXX, avverso la sentenza del Tribunale di LAGONEGRO n. /2008, depositata il 5 novembre 2008, nei confronti di YYY e ZZZ, nel contraddittorio delle parti così provvede in riforma dell’impugnata sentenza:
1) accoglie l’appello e per l’effetto rigetta la domanda proposta da YYY e ZZZ di nullità del testamento olografo di ***, pubblicato con atto per notar del 30 luglio 2002;
2) condanna in solido YYY e ZZZ al pagamento delle spese del presente grado di giudizio in favore di XXX, che liquida in complessivi euro 6.361,80 (di cui euro 829,80 per spese generali), oltre Iva e Cassa;
3) pone a definitivo carico di YYY e di ZZZ le spese di CTU, liquidate come da separata ordinanza.
Così deciso in Potenza nella Camera di Consiglio svolta per via telematica il 23 marzo 2020.
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