REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI ROMA SECONDA
SEZIONE CIVILE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA Così composta:
NOME COGNOME de Courtelary Presidente NOME COGNOME Consigliere Relatore NOME COGNOME Consigliere riunita in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente
SENTENZA CORTE_DI_APPELLO_DI_ROMA N._622_2025_- N._R.G._00004727_2020 DEL_30_01_2025 PUBBLICATA_IL_30_01_2025
Nella causa civile in grado d’appello iscritta al n. 4727 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2020 vertente TRA ( C.F. elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende per mandato in atti APPELLANTE C.F. APPELLATA
OGGETTO : impugnazione sentenza 23885/2019 del Tribunale di Roma,
sezione specializzata imprese, resa nel procedimento r.g. 19242/2017 – cessione partecipazioni sociali – P. DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato il nove marzo 2017 conveniva dinanzi al Tribunale di Roma, sezione specializzata imprese, relazione all’accordo del trenta giugno/primo luglio 2015 con cui il convenuto si era impegnato a cedere il 100% della partecipazione sociale della.
La cessione era avvenuta il primo luglio 2015 e il sei dicembre 2016 era stata incorporata in In allegato all’accordo di trasferimento quote era stato presentato uno stato patrimoniale aggiornato al due maggio 2015 da cui emergevano perdite per € 178.007,00, rimanenze per € 360.550,00 e crediti iscritti nell’attivo circolante per € 275.264,00.
Il capitale sociale di €50.000,00 era stato totalmente azzerato per cui l’ingresso in società dell’attrice sarebbe avvenuto ripianando le perdite e sottoscrivendo la ricapitalizzazione.
In data primo luglio 2015 si era tenuta era l’assemblea sociale ( socio unico ) con cui era stata approvata la situazione patrimoniale al due maggio 2015 ed era stato stabilito di ripianare le perdite, di ricostituire e aumentare il capitale sociale a €199.566,00;
il capitale era stato effettivamente sottoscritto dall’attrice.
Dopo l’assemblea peraltro, secondo la ricostruzione effettuata nell’atto di citazione, erano emerse criticità con riferimento alla voce “Rimanenze”.
Le stesse infatti, imputate a corrispettivi per lavori eseguiti, in realtà erano risultate prive di documentazione a supporto.
A seguito di richiesta di chiarimenti il convenuto aveva specificato trattarsi di lavori aggiuntivi nell’ambito di un appalto, per interventi di restauro delle Terme di Diocleziano, stipulato con la Soprintendenza dei Beni Culturali e rispetto a cui era stato già da tempo richiesto un incremento del corrispettivo originario.
La mancanza di documentazione a supporto e l’assenza di pagamento avevano però comportato che in sede di bilancio al trentuno dicembre 2015 la posta fosse rettificata e portata a zero.
L’attrice, deducendo un inadempimento contrattuale, chiedeva quindi la condanna del convenuto al pagamento di € 360.550,00 oltre accessori.
si costituiva, sosteneva l’indeterminatezza della richiesta, eccepiva la prescrizione e decadenza dall’azione e comunque affermava l’infondatezza della pretesa.
Con sentenza 23885/2019 il Tribunale, sulla base dei documenti prodotti, così statuiva:
“1) Condanna il Sig. al pagamento, in favore della della complessiva somma di € 360.055,00 oltre interessi, nella misura legale, dalla data del 4 ottobre 2016 fino all’effettivo soddisfo;
2) condanna parte convenuta alla refusione, in favore di parte attrice, delle spese legali del presente giudizio che liquida in €. 12.500,00 per compensi ed in €. 1.250,00 per esborsi oltre rimborso forfettario spese generali al 15%, iva e cpa come per legge”.
proponeva appello e concludeva chiedendo :
““Voglia l’Ecc.ma Corte adita, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, in via preliminare:
sospendere l’efficacia esecutiva della sentenza del Tribunale di Roma, Sezione Specializzata in materia di Impresa, Giudice estensore Dott. NOME COGNOME, n. 23885 del 12.12.2019, ai sensi e per gli effetti dell’art. 283 c.p.c. per le ragioni di cui in narrativa.
Nel merito: riformare la sentenza e per l’effetto respingere tutte le domande proposte da nei confronti dell’Arch. in quanto inammissibili, improcedibili e, comunque, infondate in fatto e in diritto per i motivi esposti.
Con vittoria delle spese e compensi professionali di lite, oltre IVA e CPA, come per legge, di entrambi i gradi di giudizio.
” L’appellata non si costituiva.
La Corte con ordinanza depositata il tre marzo 2021 respingeva l’istanza di sospensiva.
All’esito dell’udienza del tredici gennaio 2025, trattata in forma scritta come da decreto del venticinque novembre 2024, la Corte riservava la decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’impugnazione è tempestiva.
La sentenza infatti è stata pubblicata il dodici dicembre 2019 e non risulta essere stata notificata per cui, considerando il termine ordinario di sei mesi, la sospensione straordinaria per il periodo di emergenza RAGIONE_SOCIALE dal nove marzo all’undici maggio 2020 (art. 83, DL 18/2020 e art. 36, c. 1, DL 23/2020) e la sospensione feriale dal primo al trentuno agosto 2020 il dies ad quem è il quindici settembre 2020 data in cui è stata generata la ricevuta di accettazione e consegna dell’atto di appello all’indirizzo pec del difensore di primo grado dell’appellata avv. NOME COGNOME Passando al merito.
Il Tribunale ha qualificato le pattuizioni relative alla garanzia della correttezza delle poste riguardanti il patrimonio sociale come un negozio autonomo anche se collegato al patto di subentro nella partecipazione societaria.
Ha poi ritenuto non veritiera la posta attiva qualificata come rimanenze e ha condannato l’odierno appellante a pagare una somma corrispondente al relativo importo.
Con il primo motivo l’appellante sostiene che la sentenza sarebbe errata “…per aver operato un’errata ricostruzione dei fatti, con riferimento alla consapevolezza in capo a della contabilizzazione di lavori extra contrattuali e per non aver considerato ulteriori attivi non valorizzati nella situazione contabile considerata nell’operazione di acquisizione della partecipazione”.
In particolare riguardo al primo profilo si sostiene che il Tribunale non avrebbe considerato come nelle rimanenze avrebbero dovuto essere conteggiati anche automezzi e attrezzature di cantiere per € 234.432,85.
Non sarebbe stato poi considerato come il valore SOA ( indicato nel bilancio al trentuno maggio 2015 al valore di € 1.198,36 ) nel bilancio al trentuno dicembre 2016 aveva acquisito un valore più che decuplicato e pari a € 163.780,00.
Con riguardo al secondo profilo si sostiene che controparte fosse ben consapevole del fatto che le rimanenze erano legate a lavori extra contratto tanto che nella relazione del Sindaco unico del diciotto maggio 2016 era affermato :
“il Consiglio di amministrazione, nella sua “migliori imputazioni” delle rimanenze relative a varianti sui lavori commissionati dalla Sopraintendenza speciale per i beni archeologici di Roma, effettuate alla data del 31 dicembre 2015;
si è in attesa di verificare l’effettiva possibilità di recupero delle stesse.
Tali rettifiche erano peraltro già presenti nella situazione patrimoniale del 2 maggio 2015, utilizzata ai fini del trasferimento della partecipazione alla nuova proprietà e nel presente Bilancio si è ritenuto prudenzialmente di abbattere le componenti di ricavo corrispondenti”
Si sostiene poi che il fatto di assenza di documentazione derivava proprio dalla natura delle opere, eseguite al di fuori di contratto, che la supposta mancanza di contabilità relativa ai lavori eseguiti, invece, non era mai stata dedotta né tantomeno dimostrata per cui la sentenza sarebbe stata sul punto errata;
la controparte non avrebbe poi dedotto l’insussistenza di elementi per agire per il riconoscimento del credito nei confronti della per i beni archeologici di Roma per lo meno sotto il profilo dell’ingiustificato arricchimento ai sensi dell’art. 2041 c.c..
Per quanto riguarda il primo profilo ossia la mancata valutazione delle rimanenze e dei SOA il motivo è inammissibile poiché del tutto al di fuori delle questioni trattate in primo grado;
anche poi a volerlo ritenere ammissibile, il motivo è comunque privo di pregio sotto tutti i profili sulla base dei seguenti rilievi.
In primo luogo sono incontestati sia la necessità della rettifica in sede di bilancio, sia che la rettifica fosse corretta.
In secondo luogo l’effettiva conoscenza della criticità da parte dell’acquirente al momento della cessione o il fatto che avrebbe potuto facilmente esserne consapevole effettuando le opportune verifiche preventive in realtà, al contrario di quanto sostiene l’appellante, è stato oggetto di contestazione specifica in primo grado:
dinanzi al Tribunale infatti ha dedotto, senza che vi sia stata contestazione sul punto, che solo in sede di assemblea e quindi dopo la cessione aveva avuto contezza di tutta la documentazione sociale relativa ai contratti e alla contabilità dei lavori;
la due diligence preventiva comunque non rientrava tra gli obblighi previsti contrattualmente e i dati di bilancio erano formalmente corretti.
In terzo luogo lo stesso appellante nella lettera del ventotto aprile 2016 riportava dette quanto riguarda l’affermazione secondo cui l’appellata si sarebbe dovuta attivare per il recupero del credito la stessa risulta non condivisibile sia in quanto esula dall’ambito della garanzia resa dal venditore sia in quanto l’acclarata mancanza di documentazione rendeva di fatto il credito inesigibile.
Per quanto riguarda la relazione del sindaco unico di maggio 2016 la stessa deve poi essere interpretata non nel senso di presenza della rettifica già nello stato patrimoniale di maggio 2015 quanto della presenza in detto stato solo delle poste da rettificare tanto che si specifica che l’abbattimento è avvenuto solo in sede di redazione del bilancio.
La sentenza di primo grado deve pertanto essere confermata.
Nulla per le spese attesa la contumacia dell’appellata.
Per quanto riguarda l’applicabilità dell’art. 13 comma 1 quater dpr 115del 2002 ( introdotto dall’art 1 comma 17 l. 228/2012 ) la Corte deve dare atto della sussistenza del presupposto processuale a seguito della presente statuizione di rigetto;
sono peraltro sempre fatti salvi gli accertamenti successivi demandati all’amministrazione giudiziaria.
Come infatti affermato da Cass. ss. UU 4315/2020 con statuizione che il Collegio ritiene di adottare “In tema di raddoppio del contributo unificato a carico della parte impugnante ex art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, l’attestazione del giudice dell’impugnazione della sussistenza del presupposto processuale per il versamento dell’importo ulteriore (c.d. doppio contributo) può essere condizionata all’effettiva debenza del contributo unificato iniziale, che spetta all’amministrazione giudiziaria accertare, tenendo conto di cause di esenzione o di prenotazione a debito, originarie o sopravvenute, e del loro eventuale venir meno. ”
La Corte, definitivamente pronunciando, dichiarata la contumacia di respinge l’appello e per l’effetto conferma la sentenza 23885/2019 del Tribunale di Roma Nulla per le spese del grado.
impugnazione ( art. 13 comma 1 quater dpr 115 del 2002 introdotto dall’art. 1 comma 17 l. 228/2012 ) salvo l’accertamento dell’effettiva debenza del contributo unificato iniziale, demandato all’amministrazione giudiziaria Roma, camera di consiglio del tredici gennaio 2025
IL CONSIGLIERE ESTENSORE
IL PRESIDENTE NOME COGNOME NOME COGNOME
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