La contestazione dell’addebito nell’ambito dell’esercizio del potere disciplinare presuppone che il datore abbia notizia dei fatti, non che i fatti siano definitivamente ed irreversibilmente accertati. 7 della legge 20 maggio 1970 n. 300, la quale non si esaurisce necessariamente in un giustificazione del comportamento ben potendo riguardare la stessa sussistenza dei fatti, e generando nel datore il successivo legittimo convincimento dell’infondatezza della contestazione), e la stessa autonomia del procedimento penale.
La contestazione dell’addebito nell’ambito dell’esercizio del potere disciplinare presuppone che il datore abbia notizia dei fatti, non che i fatti siano definitivamente ed irreversibilmente accertati.
Di ciò costituiscono riscontro la necessità dell’immediatezza (incompatibile con un tale accertamento), la stessa difesa (ex art. 7 della legge 20 maggio 1970 n. 300, la quale non si esaurisce necessariamente in un giustificazione del comportamento ben potendo riguardare la stessa sussistenza dei fatti, e generando nel datore il successivo legittimo convincimento dell’infondatezza della contestazione), e la stessa autonomia del procedimento penale.
La contestazione ha per oggetto l’addebito, non le relative prove.
Ciò è dirsi in modo particolare per quanto riguarda i fatti che, svolgendosi al di fuori dell’azienda ed essendo estranei al lavoro, sfuggono alla diretta cognizione del datore.
A tal fine, per la stessa finalità della contestazione (consentire che il lavoratore fornisca la giustificazione), è sufficiente che il datore indichi la fonte della sua conoscenza.
E, per l’attendibilità del riferimento e l’intrinseca potenziale rilevanza dei fatti, questa fonte può ben esaurirsi in un articolo di giornale.
Cassazione Civile, Sezione Lavoro, Sentenza n. 22236 del 23 ottobre 2007
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?
Prenota un appuntamento.
La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.
Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.
Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.
Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.