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Codice Civile
Codice Penale

Contestazioni alla consulenza tecnica d’ufficio

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO La Corte di Appello di Bari, Sezione Seconda Civile, riunita in camera di consiglio, con l’intervento dei magistrati: ha pronunciato la seguente SENTENZA Sentenza n. 92/2019 pubblicata il 16/01/2019 nella causa civile di appello promossa da: XXX (c.f.), rappresentata e difesa dall’Avv. (c.f.) e Avv. (c.f.), con domicilio […]

Pubblicato il 18 January 2019 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte di Appello di Bari, Sezione Seconda Civile, riunita in camera di consiglio, con l’intervento dei magistrati:

ha pronunciato la seguente

SENTENZA Sentenza n. 92/2019 pubblicata il 16/01/2019

nella causa civile di appello promossa da:

XXX (c.f.), rappresentata e difesa dall’Avv. (c.f.) e Avv. (c.f.), con domicilio eletto in,

APPELLANTE

contro ditta YYY, in persona del legale rapp.p.t. Sig., c.f., rappresentato e difeso dall’Avv. (c.f.), con domicilio eletto in presso l’Avv., APPELLATO

CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da verbale d’udienza di precisazione delle conclusioni del 14 settembre 2018.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione del 29 novembre 2015 la ditta YYY conveniva in giudizio innanzi il Tribunale di Foggia – Sezione Distaccata di Manfredonia – la signora XXX chiedendo che venisse dichiarata responsabile in ordine al mancato pagamento del compenso dovuto alla ditta attrice per i lavori ristrutturazione eseguiti all’immobile di sua proprietà; responsabile della mancata restituzione di attrezzatura edile di proprietà della YYY; condannare quindi la convenuta al pagamento della somma di €uro 7.160,00, oltre alla restituzione dell’attrezzatura o al pagamento del suo controvalore commerciale, pari ad €uro 629,33, con condanna al pagamento delle spese di lite. Si costituiva in giudizio la XXX, contestando la domanda attorea e spiegando domanda riconvenzionale per €uro 6.300,00, somma richiesta a titolo di penale per la mancata esecuzione di lavori edili commissionati nei tempi previsti dal contratto stipulato dalle parti. Effettuata l’attività istruttoria, tra cui una consulenza tecnica d’ufficio, la causa veniva trattenuta per la decisione e con sentenza 281/2016 il Tribunale di Foggia condannava XXX al pagamento della somma di €uro 5.229,59, oltre al pagamento delle spese di lite, ponendo definitivamente a suo carico le spese di consulenza tecnica d’ufficio. Veniva altresì’ rigettata la domanda riconvenzionale

Avverso la predetta sentenza proponeva appello la Signora XXX articolando i seguenti motivi: a) risoluzione per inadempimento della controparte; non imputabilità dei fatti risolutori all’appellante; mancata prova della domanda introduttiva; testimonianze avverse non attendibili; b) indicazioni di prove documentali sull’abbandono del cantiere; inadempimento provato in capo alla ditta; c) riconoscimento della penale richiesta e accoglimento della domanda riconvenzionale; d) sulla quantificazione operata dalla consulenza tecnica d’ufficio; e) sulla condanna delle spese processuali. Chiedeva pertanto la riforma della sentenza appellata con rigetto della domanda di parte attrice, accoglimento della domanda riconvenzionale, pagamento della consulenza tecnica d’ufficio a carico della ditta YYY e condanna al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio. In via subordinata, chiedeva in caso di rigetto del gravame, la compensazione delle spese del primo grado, con conferma nel resto della appellata sentenza.

Si costituiva in giudizio la appellata ditta YYY Michele eccependo la inammissibilità dell’appello per violazione dell’art. 342 c.p.c.; prendeva specifica posizione su ciascuno dei motivi di appello e concludeva per il suo rigetto con conferma della sentenza gravata e condanna alle spese del grado.

All’udienza del 2 dicembre 2016 il Collegio si riservava la delibazione della eccezione di inammissibilità dell’appello ex art. 342 c.p.c. alla decisione della causa e disattendeva l’eccezione di inammissibilità dell’appello ex art. 348 bis c.p.c.

All’udienza del 14 settembre 2018, sulle conclusioni delle parti così come riportate a verbale, la causa veniva trattenuta in decisione con la concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.

Motivi della decisione

In via preliminare va affrontata l’eccezione di inammissibilità dell’appello ex art. 342 c.p.c., sollevata da parte appellata nella sua prima difesa.

La stessa non è fondata alla luce della interpretazione degli artt. 342 c.p.c. e 434 c.p.c. data dalla Corte di Cassazione a SS.UU. con sentenza 27199 del 16 novembre 2017, dalla quale non v’è motivo di discostarsi.

Nel merito, l’appello non è fondato.

I lavori per cui vi è contestazione derivano dal contratto di appalto intercorso in data 11 dicembre 2004, con il quale la Sig.ra XXX affidò all’impresa YYY l’esecuzione di opere edili a corpo per un importo di €uro 17.000,00, somma che avrebbe dovuto essere corrisposta secondo le modalità indicate in contratto, per stati di avanzamento. I lavori avrebbero dovuto essere portati a compimento in sessanta giorni (entro il 4 marzo 2005) e per ogni giorno di ritardo veniva pattuita una penale di €uro 100,00. Con lettera del 30 marzo 2005 la Sig.ra XXX contestava la mancata conclusione dei lavori e la manifestata volontà da parte della ditta YYY di non voler proseguire nell’esecuzione degli stessi. Invitava pertanto la odierna appellata a riprendere ed ultimare i lavori edili entro quindici giorni dalla predetta comunicazione, con preavviso che in mancanza il contratto sarebbe stato risolto per inadempimento dell’appaltatore. Da ultimo, comunicava l’intenzione di avvalersi della penale e comunicava che era a disposizione presso il domicilio di essa XXX la somma prevista quale secondo acconto. Tali circostanze – come rilevato dal Giudice di prime cure – non sono contestate tra le parti.

Alla predetta nota replicava l’impresa YYY ritenendo che la sospensione dei lavori era stata determinata dalla indecisione manifestata dalla committente e dal di lei coniuge circa la modalità di esecuzione degli stessi, che al contrario l’appaltatore aveva manifestato l’intenzione di riprendere quanto prima, avendo anche altri lavori da portare a compimento, e che la risoluzione del contratto sarebbe stata consensuale. Declinava pertanto ogni responsabilità in ordine alla imputabilità della risoluzione, ritenendo, al contrario, che il comportamento della committente aveva impedito di fatto la prosecuzione dei lavori, non avendo fornito i materiali a suo carico né la documentazione tecnica necessaria.

Con il primo articolato motivo l’appellante pertanto contesta la ricostruzione del fatto così come operata in sentenza, ritenendo provato l’abbandono del cantiere da parte della ditta YYY. Sul punto si è svolta una articolata e completa prova testimoniale. Il teste ***, marito della XXX in regime di separazione dei beni, riferisce di avere avuto rapporti con il YYY il quale gli avrebbe chiesto l’autorizzazione a lasciare il cantiere per dieci giorni, per poi completare i lavori, anche se non fece più ritorno, nonostante i suoi ripetuti solleciti; che anzi avrebbe affermato che non intendeva riprendere i lavori. La predetta circostanza sarebbe poi stata ripetuta anche in presenza di terzi. Orbene, nonostante le osservazioni svolte sul punto dall’appellante, la testimonianza resa dal marito della XXX è stata considerata dal Giudice di prime cure non pienamente credibile. Sul punto l’appellante ritiene che al contrario la predetta testimonianza, in uno a quella resa dal teste ***, fosse condivisibile e sostenuta da riscontri oggettivi.

In tema di valutazione della prova va richiamato il principio ribadito di recente dalla Corte di Cassazione, sezione VI – sott. III, con l’ordinanza 16467 del 4 luglio 2017: “La valutazione delle risultanze delle prove ed il giudizio sull’attendibilità dei testi, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori non accolti, anche se allegati dalle parti; tale attività selettiva si estende all’effettiva idoneità del teste a riferire la verità, in quanto determinante a fornire il convincimento sull’efficacia dimostrativa della fonte-mezzo di prova “. Va pertanto condivisa la valutazione di scarsa credibilità della testimonianza resa dal teste ***, atteso che lo stesso, pur essendo in regime di separazione dei beni con la committente/appellante, ha svolto, per sua stessa ammissione, un ruolo attivo, avendo avuto più contatti con la ditta YYY; recandosi presso il suo cantiere e partecipando ad una riunione presso lo studio del geom. ***. Tali circostanze sono sufficienti a minare la sua attendibilità.

Per quanto riguarda il teste ***, la sua testimonianza è stata ritenuta generica. Lo stesso riferisce di avere sentito in sua presenza il sig. YYY riferire al sig. *** la sua volontà di non portare a termine i lavori interrotti e tanto sarebbe avvenuto nella stessa data in due circostanze: dapprima in Vieste, presso un cliente del ***, e successivamente presso lo studio di un tecnico, ove il *** accompagnò il sig. ***. Orbene la predetta testimonianza va necessariamente confrontata con quella resa dai testi addotti da parte attrice, lavoratori alle dipendenze della ditta YYY, che parte appellante ritiene per ciò solo poco credibili. In merito a tale affermazione si richiama la Giurisprudenza innanzi citata. Il teste *** dichiara di avere assistito personalmente a più interruzioni dei lavori, da parte della sig.ra XXX, e che in sua presenza la predetta avrebbe chiesto alla ditta YYY di sospendere i lavori. Altre circostanze che lo stesso riporta sono riferibili a fatti appresi da terzi. Dello stesso tenore è la prova testimoniale resa dal teste ***, il quale conferma – per conoscenza diretta – la circostanza relativa alla mancanza di alcuni strumenti lasciati nel cantiere. Conferma altresì che in data 15 marzo il sig. *** si recò presso un cantiere della ditta YYY in Vieste in uno al fratello della XXX per chiedere di riprendere i lavori interrotti e agli stessi sarebbe stato riferito che ciò sarebbe potuto avvenire non prima di un mese. Sostanzialmente conforme anche la testimonianza resa dal teste ***. Il teste ***, sempre addotto da parte attrice, confermava a sua volta le circostanze riferite ai lavori eseguiti ed alla loro quantificazione. Tale quadro istruttorio non può essere superato dalla documentazione in atti, atteso che trattasi di corrispondenza intercorsa tra le parti con la quale ciascuna di esse ha inteso fare affermare e prevalere la propria versione dei fatti. Il primo motivo di appello, pertanto, non può essere accolto.

Il secondo motivo di appello viene assorbito dal rigetto del primo, atteso che la corrispondenza a firma del legale della appellante non può assurgere al rango di prova documentale dell’abbandono del cantiere o dell’inadempimento della ditta.

Il terzo motivo è anch’esso assorbito, atteso che, condividendosi le conclusioni raggiunte dal Giudice di prime cure, non può esservi accoglimento della domanda riconvenzionale.

Il quarto motivo riguarda l’ammontare dei lavori eseguiti, così come quantificati dal consulenza tecnica d’ufficio. Sul punto tuttavia vanno accolte le osservazioni svolte dall’appellata, la quale rileva che solo con l’appello la sig.ra XXX ha avuto a dolersi delle risultanze dell’accertamento tecnico. In effetti all’udienza del 26 gennaio 2012 il procuratore di parte attrice si limitò a contestare la consulenza tecnica d’ufficio, ritenuta eccessivamente generosa nel riconoscimento di somme all’attore, senza operare alcuna contestazione specifica. All’udienza del 21 gennaio 2014, in sede di precisazione delle conclusioni, non venne formulata alcuna osservazione. Nella memoria conclusionale di primo grado la difesa della XXX formulò contestazioni generiche, chiedendo che dal totale dei lavori, così come valutati dal consulenza tecnica d’ufficio, venissero detratti gli acconti corrisposti, quantificando pertanto la somma eventualmente dovuta alla ditta attrice in euro 5.229,59, corrispondente a quella poi riconosciuta in sentenza alla ditta YYY.

Per quanto riguarda le contestazioni alla consulenza tecnica d’ufficio, le stesse sono soggette a termini precisi, così come chiarito, da ultimo, dalla sentenza del 5 dicembre 2017 n. 29099 della II Sezione Civile della S.C.: Le contestazioni ad una relazione di consulenza tecnica d’ufficio costituiscono eccezioni rispetto al suo contenuto, e dunque sono soggette al termine di preclusione di cui dell’art. 157 c.p.c., comma 2: conseguentemente, esse devono essere dedotte, a pena di decadenza, nella prima istanza o difesa successiva al suo deposito. E’ evidente che, data la natura di eccezione, le contestazioni devono essere mosse in maniera specifica e puntuale, non potendo essere limitate ad una generica doglianza.

Anche il quarto motivo di appello, pertanto, non può essere accolto.

Il quinto motivo, costituito da una richiesta subordinata di compensazione delle spese, è assorbito dal rigetto dei precedenti, costituendo il rigetto della domanda avversaria di restituzione delle attrezzature una richiesta minima tale da non integrare la sussistenza di giusti motivi di compensazione.

L’appello pertanto non può essere accolto. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, in applicazione del D.M. 55/2014, con applicazione della fascia sino a 26.000,00 €uro, escludendosi, per il gravame, la voce n. 3, perchè in appello la causa è passata direttamente dalla fase introduttiva a quella decisionale, senza espletamento di attività istruttorie e/o di trattazione. Le competenze riferite alla fase decisionale vengono liquidate ai minimi tariffari, atteso che la comparsa conclusionale è consistita in una riproduzione della comparsa di costituzione e non sono state depositate repliche.

P.Q.M.

La Corte d’Appello di Bari, Seconda Sezione Civile, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da XXX nei confronti di DITTA YYY, avverso la sentenza n° 281/2016 pronunciata a definizione del giudizio /2005 dal Tribunale di Foggia (già Sezione distaccata di Manfredonia), ogni contraria istanza, eccezione, deduzione disattesa, così provvede

1) rigetta l’appello e per l’effetto, conferma integralmente la sentenza appellata;

2) condanna l’appellante al pagamento delle spese di lite in favore dell’appellato e le liquida in €uro 2.867,00, oltre rimborso forfetario, CPA ed Iva, se dovuta, come per legge;

3) dichiara che nei confronti dell’appellante ricorrono le condizioni per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione a norma dell’articolo 13 comma 1 bis d.p.r. 30 maggio 2002 numero 115. Così deciso in Bari il 11 gennaio 2019

Il Relatore

Il Presidente

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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